Forma e termini del giudizio di omologa del concordato fallimentare e poteri del tribunale

30 Marzo 2012

Il termine per la richiesta di omologazione e quello per le eventuali opposizioni alla omologazione del concordato fallimentare sono stabiliti dall'art. 26 l. fall. in forza del rinvio operato dall'art. 129, comma 3, l. fall. e, pertanto, ai sensi dell'art. 36-bis l. fall., essi non sono soggetti alla sospensione feriale dei termini processuali.
Massima

Il termine per la richiesta di omologazione e quello per le eventuali opposizioni alla omologazione del concordato fallimentare sono stabiliti dall'art. 26 l. fall. in forza del rinvio operato dall'art. 129, comma 3, l. fall. e, pertanto, ai sensi dell'art. 36-bis l. fall., essi non sono soggetti alla sospensione feriale dei termini processuali.

Il procedimento di omologazione del concordato fallimentare, in assenza di opposizioni e/o di vizi rilevabili d'ufficio da parte del tribunale, non ha natura contenziosa e, pertanto, la comparizione delle parti dinanzi al tribunale non è necessaria, potendosi svolgere il procedimento sulla base dei documenti previsti dalla legge ed acquisiti nel fascicolo.

In assenza di opposizioni all'omologazione, il tribunale deve limitarsi a verificare d'ufficio la regolarità formale di tutti gli atti della procedura, la sussistenza delle condizioni di ammissibilità della proposta, l'esito della votazione ed il raggiungimento delle maggioranze, essendogli precluso qualunque controllo sulla convenienza della proposta di concordato.

Il caso

Innanzi al Tribunale di Piacenza viene presentato un ricorso per concordato fallimentare senza classi, il quale, previa acquisizione del parere del curatore fallimentare e del parere favorevole del comitato dei creditori, viene sottoposto al voto dei creditori raggiungendo la maggioranza dei voti favorevoli all'approvazione del concordato. Durante il periodo feriale (agosto) il curatore deposita la relazione ex art. 129, comma 1, l. fall. sull'esito della votazione. Il ricorrente presenta tempestivamente l'istanza di omologazione del concordato fallimentare; il comitato dei creditori deposita la relazione motivata. Il tribunale, “rilevato che non sono state proposte opposizioni entro il termine perentorio di giorni dieci dal ricevimento dell'ultima notifica - secondo quanto previsto dall'art. 26 l. fall. richiamato dall'art. 129 l. fall.”, pronuncia la omologazione del concordato fallimentare.

I termini nel giudizio di omologazione

Com'è noto, la disciplina dettata dall'art. 129 per il procedimento di omologazione è stata integralmente “riformata” dal d.lgs. n. 5 del 2006 e poi successivamente “corretta” dal d.lgs. n. 169 del 2007. Prima della riforma fallimentare il giudizio di omologazione prendeva avvio d'ufficio con un provvedimento dello stesso giudice delegato, il quale, accertato il raggiungimento delle maggioranze di legge per l'approvazione del concordato, dichiarava aperto il giudizio di omologazione e fissava l'udienza di comparizione.
Nel nuovo assetto normativo l'iniziativa per l'apertura del giudizio di omologazione è rimessa esclusivamente in capo al proponente. Il secondo comma dell'art. 129 l. fall. stabilisce infatti che, “se la proposta è stata approvata, il giudice delegato dispone che il curatore ne dia immediata comunicazione al proponente, affinché richieda l'omologazione del concordato”.
Per quanto attiene invece al termine entro il quale detta richiesta di omologazione debba essere presentata, l'art. 129 l. fall. non fornisce alcuna espressa indicazione. Il secondo comma dell'art. 129 l. fall. si occupa, invece, di stabilire espressamente il termine per la presentazione delle opposizioni all'omologazione, prevedendo che il giudice delegato, “con decreto da pubblicarsi a norma dell'articolo 17, fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali opposizioni”. Il quarto comma dello stesso art. 129 prevede poi che, “se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni”, il tribunale pronuncia l'omologazione, presupponendo dunque che il proponente abbia presentato la richiesta di omologazione, ma senza nulla disporre in caso di mancata presentazione di tale richiesta.
Parte della dottrina (NORELLI, Il concordato fallimentare “riformato” e “corretto”, in Riv. es. forz., Milano, 2008, 100 ss.; GUERRERA, Il concordato fallimentare nella riforma: novità, problemi, prospettive anche alla luce del decreto correttivo, in Dir. Fall. 2007) ha ritenuto che il termine per l'istanza di omologazione debba essere rinvenuto nel comma 2 dell'art. 129 l. fall., laddove viene espressamente indicato un arco temporale (non meno di quindici giorni e non più di trenta giorni) entro il quale il giudice delegato deve assegnare il termine per le eventuali opposizioni. Sicché, in forza del citato art. 129, comma 2, l.fall., spetterebbe al giudice, preferibilmente con un unico provvedimento, assegnare sia il termine per le opposizioni che quello per l'istanza di omologazione. L'avvenuta approvazione della proposta di concordato, unitamente al provvedimento di assegnazione dei predetti termini, su disposizione del giudice delegato, dovrà essere comunicata dal curatore al proponente, ai fini della presentazione dell'istanza di omologazione, nonché al fallito ed ai creditori dissenzienti, ai fini della presentazione delle eventuali opposizioni all'omologazione. I termini così assegnati dal giudice delegato inizierebbero quindi a decorrere dalla suddetta comunicazione del curatore, mentre nei riguardi degli “altri interessati” la decorrenza avrà inizio dalla pubblicazione del decreto di fissazione del termine, che deve farsi a norma dell'art. 17, comma 2, l. fall., ossia dalla “annotazione” presso l'ufficio del registro delle imprese.
Secondo altra parte della dottrina (CAVALAGLIO, sub art. 129 l. fall., in Il nuovo diritto fallimentare, diretto e coordinato da Jorio-Fabiani, II, Bologna, 2006; GUGLIELMUCCI, sub art. 129 l.fall., in Codice commentato del fallimento, diretto da Lo Cascio, Milano, 2008) il termine per la presentazione dell'istanza di omologazione non deve essere fissato dal giudice delegato, ma andrebbe rinvenuto nell'art. 26 l. fall., richiamato dal comma 3 dell'art. 129 l. fall.. Secondo tale dottrina, il termine per la presentazione dell'istanza di omologazione è dunque quello fissato dall'art. 26 l. fall. per la presentazione dei reclami avverso i decreti del giudice delegato e del tribunale, ossia dieci giorni, dovendosi estendere anche sul termine il richiamo all'art. 26 l. fall. operato dal terzo comma dell'art. 129 l. fall.. Il termine per le opposizioni sarebbe invece quello fissato dall'art. 129, comma 2, l. fall. Per quanto attiene poi alla decorrenza di tale termine, anche detta ultima dottrina concorda con la prima individuando nella comunicazione del curatore il dies a quo.
Tale ultima interpretazione sembra aver trovato conferma nella recente sentenza 10 febbraio 2011, n. 3274, della Corte di Cassazione, che ha così deciso: “Il procedimento per l'omologazione del concordato fallimentare come disciplinato dall'art. 129 legge fall., nel testo introdotto dal d.lgs. 9 gennaio n. 5 non prevede l'impulso d'ufficio, bensì l'iniziativa di parte, mediante ricorso ex art. 26 l. fall., rispetto alla quale, fissando il giudice delegato il solo termine per la presentazione delle opposizioni, appare ragionevole ritenere, in assenza di previsione più specifica, che il proponente gode non già dello stesso termine particolare e, quindi, derogatorio, assegnato agli interessati all'opposizione, bensì del termine di dieci giorni dalla comunicazione dell'approvazione, previsto dal cit. art. 26, in virtù del richiamo complessivo allo speciale giudizio camerale che il riferimento a tale norma comporta.”
Non emergono invece contrasti né in dottrina né in giurisprudenza sulla natura perentoria di tali termini. Sicché, ove il proponente non presenti affatto la richiesta di omologazione, il tribunale dovrà dichiarare inammissibili le opposizioni eventualmente proposte, mentre, nel caso in cui la richiesta di omologazione dovesse intervenire oltre il termine, il tribunale dovrà dichiararla improcedibile. In entrambe le ipotesi (mancata o tardiva presentazione della richiesta di omologazione), la proposta di concordato fallimentare, benché approvata dai creditori, dovrà ritenersi decaduta.
Con riferimento ai termini relativi alle eventuali opposizioni ed alla istanza di omologazione, il Tribunale di Piacenza sembra ritenere applicabile per entrambi quello di dieci giorni fissato dall'art. 26 l. fall. in forza del richiamo operato dall'art. 129, comma 3, l. fall. A pagina due del decreto in commento si legge infatti: “rilevato che non sono state proposte opposizioni entro il termine perentorio di giorni dieci dal ricevimento dell'ultima notifica - secondo quanto previsto dall'art. 26 l. fall. richiamato dall'art. 129 l. fall…”. Tale interpretazione non appare condivisibile per quanto sopra già evidenziato. Invero, il termine per le eventuali opposizioni viene espressamente stabilito dal comma 2 dell'art. 129 l. fall. (il giudice delegato “fissa un termine non inferiore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali opposizioni”) e, pertanto, non appare corretta la decisione assunta dal giudice delegato, avallata dal Tribunale di Piacenza in sede di omologazione, nell'assegnare il termine di dieci giorni per la presentazione delle eventuali opposizioni all'omologazione. Peraltro, anche a prescindere dal richiamo all'art. 26 l. fall., posto che il termine per le opposizioni ha natura perentoria, il giudice delegato non avrebbe comunque avuto il potere di abbreviarlo (cfr. art. 153 c.p.c.). Tale violazione di legge sembrerebbe tra l'altro rilevabile d'ufficio da parte del tribunale in sede di omologazione, in quanto andrebbe ad incidere negativamente sia sulla legittimità formale del procedimento di concordato fallimentare che, soprattutto, sul diritto di difesa dei potenziali opponenti, atteso che tale abbreviazione comporta una contrazione illegittima del diritto di difesa.

Sulla sospensione dei termini nel giudizio di omologazione

La regola generale dettata in tema di sospensione feriale dei termini processuali dall'art. 1 della legge 742/1969 prevede che tutti i termini processuali siano sospesi dal 1° agosto al 15 settembre di ogni anno. L'art. 3 della predetta legge 742/1969 prevede alcune eccezioni. In ambito fallimentare, le uniche eccezioni contemplate espressamente dal predetto articolo 3 sono due: procedimento per la dichiarazione di fallimento e opposizione alla dichiarazione di fallimento. Con la riforma organica del diritto fallimentare (d.lgs. 9.1.2006, n.5) è stato introdotto l'art. 36-bis il quale prevede un'ulteriore eccezione alla suddetta regola generale dettata in tema di sospensione feriale dei termini. Tale norma dispone infatti che tutti i termini processuali previsti dagli artt. 26 e 36 l. fall. non sono soggetti alla sospensione feriale. Si tratta di una norma eccezionale, che, pertanto, dovrebbe trovare applicazione limitatamente e tassativamente ai casi espressamente indicati, ossia ai termini processuali previsti dagli artt. 26 e 36 l. fall., non essendo consentita alcuna applicazione in via analogica o estensiva (art. 14 c.c. - disp. leggi in generale).
Con il decreto in esame, partendo dall'assunto secondo il quale sia il termine per le opposizioni che quello per la richiesta di omologazione sono riconducibili all'art. 26 l. fall., il Tribunale di Piacenza ha espressamente richiamato una circolare del Tribunale di Milano datata 11 giugno 2007, ritenendo che “…tra i procedimenti in relazione ai quali non opera la sospensione feriale dei termini vi sono la richiesta di omologazione del concordato fallimentare e l'opposizione all'omologazione del concordato fallimentare (cfr. in tal senso Trib. Milano, circolare 11 giugno 2007 sulla sospensione feriale dei termini processuali, in Fallimentitribunaledimilano.net)”. Tale interpretazione non appare pienamente condivisibile, scontando l'errato assunto a monte della stessa, secondo il quale il termine per le opposizioni all'omologazione vada rinvenuto nell'art. 26 l. fall. e non nell'art. 129, comma 2, l. fall.
A rigore, l'art. 36-bis l. fall. troverebbe applicazione limitatamente al termine per la richiesta di omologazione ove si dovesse aderire a quell'interpretazione secondo la quale detto termine è stabilito dall'art. 26 l. fall., in forza del rinvio operato dall'art. 129, comma 3, l. fall.. Non appare invece consentita l'applicazione dell'art. 36-bis l. fall. per le opposizioni all'omologazione, posto che detto termine processuale non è previsto dall'art. 26 l. fall., bensì dall'art. 129, comma 2, l. fall.
Tale soluzione potrebbe comportare un disallineamento temporale tra la richiesta di omologazione e le eventuali opposizioni all'omologazione che, tuttavia, non appare comportare particolari problemi processuali, neanche sotto il profilo pratico, posto che nella prassi il giudizio di omologazione e l'eventuale giudizio di opposizione alla omologazione sono procedimenti distinti, assumendo un diverso numero di ruolo generale anche se generalmente sono oggetto di un provvedimento di riunione.
Qualora, invece, si volesse cercare una soluzione unitaria ai fini della sospensione feriale dei termini, essa potrebbe essere rinvenuta esclusivamente aderendo a quell'interpretazione secondo la quale tali termini sono entrambi riconducibili al secondo comma dell'art. 129 l. fall., spettando al giudice delegato fissarli. Tale soluzione comporterebbe che per entrambi i termini non si applichi la norma eccezionale dettata dall'art. 36-bis l. fall.

Il procedimento di omologazione semplificato

Il giudizio di omologazione, in assenza di opposizioni, pone a carico del tribunale il solo dovere di controllare “la regolarità della procedura e l'esito della votazione”. Per quanto attiene alla regolarità della procedura, il controllo richiesto al tribunale in sede di omologazione investe anzitutto il ricorso per concordato fallimentare e dunque la sussistenza dei requisiti formali che lo stesso deve contenere, ossia l'indicazione del tribunale, del giudice delegato, della procedura concorsuale, le generalità del proponente ed il piano di concordato che deve prevedere, oltre al rispetto delle cause legittime di prelazione, il pagamento in misura integrale dei crediti privilegiati (salvo perizia di un professionista ai sensi dell'art. 124, comma 3, l. fall. ovvero di insussistenza del bene su cui grava il privilegio), ed il pagamento, anche solo parziale, dei creditori chirografari. Nell'ipotesi in cui il proponente sia un creditore o un terzo e si sia avvalso, ai sensi dell'art. 124, comma 4, l. fall., della facoltà di limitare i propri impegni ai soli creditori ammessi allo stato passivo, il tribunale sembrerebbe tenuto a controllare, anche sulla base delle indicazione del curatore, che tale limitazione sia stata correttamente formulata. Spetta inoltre al tribunale controllare il rispetto delle modalità di svolgimento del procedimento e quindi verificare che il curatore abbia reso il parere tecnico; che il comitato dei creditori abbia reso il parere favorevole di convenienza; che il giudice delegato abbia verificato la ritualità della procedura; che il tribunale in sede collegiale, in caso di suddivisione dei creditori in classi, abbia verificato il corretto utilizzo dei criteri di formazione delle classi e le ragioni a supporto dei trattamenti differenziati offerti ai creditori allocati nelle diverse classi; che il giudice delegato abbia disposto la comunicazione ai creditori per l'espressione del voto nel rispetto dei termini (non inferiore a venti e non superiore a trenta giorni); che il curatore abbia trasmesso a tutti i creditori concorrenti, unitamente al proprio parere ed a quello del comitato dei creditori, la proposta di concordato, precisando che la mancata risposta verrà considerata come voto favorevole; che siano state raggiunte le maggioranze di legge; che i potenziali opponenti siano stati informati nei modi previsti dall'art. 129, comma 2, l. fall., del raggiungimento delle maggioranze, e che il giudice delegato abbia concesso il termine di legge per proporle (non inferiore a quindici e non superiore a trenta giorni); che il curatore abbia depositato la relazione sull'esito della votazione ex art. 129, comma 1, l. fall.; che il comitato dei creditori, ovvero in sua sostituzione il curatore, abbia depositato il parere definitivo indicato dall'art. 129, comma 2, l. fall. .
Non sembrano sussistere dubbi sul fatto che, in difetto di opposizioni all'omologazione, sia preclusa al tribunale ogni valutazione sulla convenienza della proposta di concordato.
Il decreto in commento non si discosta sul punto dall'orientamento largamente prevalente in dottrina ed in giurisprudenza. Invero, con la decisione in esame il Tribunale di Piacenza ha ritenuto che, in difetto di vizi rilevabili d'ufficio e/o di opposizioni all'omologazione, il procedimento perda la sua natura contenziosa, non essendovi controversie da dirimere. In tale ipotesi, il Tribunale di Piacenza ritiene che il procedimento di omologazione non vada svolto nelle forme stabilite dall'art. 26 l. fall., il quale invece è strutturato per le ipotesi in cui vi sia un reclamo e dunque una controversia, ma in forma semplificata, ossia emettendo il decreto di omologazione senza fissare l'udienza. In difetto di opposizioni e dunque di contraddittorio, nonché di vizi del procedimento rilevabili d'ufficio, l'udienza non avrebbe altro scopo che quello di consentire al proponente di confermare la richiesta di omologazione, mentre la soluzione per l'omologazione semplificata, senza fissazione dell'udienza, sembrerebbe maggiormente in linea con il dato letterale dell'art. 129, comma 4, l. fall., che non prevede la fissazione dell'udienza; con l'esigenza di celerità del procedimento dettata dalla legge delega 14.5.2005, n. 80; con le considerazioni, largamente condivise in dottrina ed in giurisprudenza, secondo le quali: a) il richiamo all'art. 26 l. fall. operato dall'art. 129, comma 3, l. fall. deve intendersi limitato alla forma del ricorso, ma non anche al procedimento e dunque alla fissazione dell'udienza; b) ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit: tale principio troverebbe applicazione facendosi riferimento al giudizio di omologazione del concordato preventivo, dove la norma corrispondente all'art. 129 l. fall., ossia l'art. 180 l. fall., prevede espressamente la fissazione dell'udienza. Del resto, il collegio ha senz'altro il potere di accedere anche d'ufficio al fascicolo fallimentare dal quale potrà estrapolare ogni atto e documento utile per la decisione. Nell'ipotesi in cui non dovessero essere rinvenuti i documenti o gli atti necessari per effettuare tutte le verifiche d'ufficio sopra indicate e quindi omologare il concordato, sarà allora necessario fissare l'udienza per acquisire, ove possibile, tali documenti mancanti e, qualora ciò non sia possibile, il tribunale dovrà rilevare d'ufficio il vizio di procedura, assumendo ogni decisione conseguente.
D'altronde la stessa relazione illustrativa al d.lgs. n. 5 del 9 gennaio 2006 evidenzia come l'art. 129 l. fall. preveda due distinti procedimenti: l'uno di “omologazione”, che attiene alle ipotesi in cui non vi siano opposizioni alla omologazione, e l'altro di “approvazione”, che attiene alle ipotesi in cui vi siano una o più opposizioni alla omologazione.
Il procedimento di “omologazione” segue un percorso più snello e più rapido rispetto a quello di “approvazione”; esso non prevede formalità, tant'è che la stessa relazione parla di “procedura semplificata”, ponendo a carico del tribunale il solo compito di “verificare la regolarità della procedura e l'esito della votazione prima di omologare il concordato con decreto motivato non soggetto a gravame” (così testualmente la relazione illustrativa al d.lgs. 5/2006 che riporta il testo dell'art. 129, comma 4, l. fall.).
Il procedimento di “omologazione” prende avvio su impulso del proponente e non prevede alcun contraddittorio. Sicché, viene meno l'esigenza di fissare un'udienza per la comparizione delle parti, non essendoci parti contrapposte da sentire in contraddittorio fra loro. La fissazione dell'udienza per la comparizione delle parti dovrà invece essere disposta dal tribunale anche in difetto di opposizioni ove questi, dall'esame del fascicolo, abbia riscontrato elementi atti a porre in dubbio la sussistenza delle condizioni di legge per l'omologazione del concordato fallimentare, dovendo il proponente essere posto nelle condizioni di potersi difendere rispetto ad una decisione contraria alla richiesta di omologazione. Tra le condizioni di legge andrebbero incluse non solo quelle afferenti la legittimità formale del procedimento di concordato, ma anche quelle afferenti la legittimità sostanziale tra cui le note patologie che possono invalidare il contratto in generale e che vengono dal legislatore sanzionate come cause di nullità.

Conclusioni

Dalle considerazioni sopra svolte deriva che il decreto in commento non può essere condiviso nella parte in cui ritiene che il termine per le opposizioni all'omologazione sia riconducibile, in forza del comma 3 dell'art. 129 l. fall., all'art. 26 l. fall., stante la disposizione prevista al riguardo dall'art. 129, comma 2, l. fall. Di conseguenza appare ugualmente non condivisibile l'applicazione dell'art. 36-bis l. fall. al termine per le opposizioni all'omologazione.
Risulta invece corretta e condivisibile la decisione in commento, nella parte in cui delinea il ruolo ed i poteri del tribunale nel giudizio di omologazione senza opposizioni.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In tema di termini nel processo di omologazione e sospensione feriale dei termini processuali si vedano gli artt. 129, 26 e 36-bis l. fall., nonché gli artt. 1 e 3 L. 742/1969. In giurisprudenza, si veda la sentenza 10 febbraio 2011, n. 3274 della Corte di Cassazione, in Fall., 403.
Sullo specifico argomento della procedura semplificata e della possibilità di procedere all'omologazione senza la fissazione dell'udienza, si segnala una sola decisione edita: Trib. Mantova, decreto 26 aprile 2007, pubblicato sul sito Ilcaso.it.
La dottrina che si è espressa sugli argomenti affrontati nella presente nota è molto vasta. Si segnalano in particolare: AMBROSINI, Il concordato fallimentare, in Ambrosini, Cavalli, Jorio, Il fallimento. Trattato diritto commerciale, diretto da Cottino, Vol. IX, Padova 2008; BLATTI, sub art. 129 l.fall., in La legge fallimentare, Commentario teorico pratico a cura di Ferro, Padova, 2007; CAVALAGLIO, sub art. 129 l.fall., in Il nuovo diritto fallimentare, diretto e coordinato da Jorio-Fabiani, II, Bologna, 2006; FABIANI, Contratto e processo nel concordato fallimentare, Milano, 2009; FERRO-RUGGIERO-DI CARLO, Concordato preventivo, concordato fallimentare e accordi di ristrutturazione dei debiti, Torino, 2009; GIANI, Il giudizio di omologazione, in Il concordato fallimentare a cura di Demarchi, Bologna, 2008; GUERRERA, Il concordato fallimentare nella riforma: novità, problemi, prospettive anche alla luce del decreto correttivo, in Dir. fall. 2007; GUGLIELMUCCI, sub art. 129 l.fall., in Codice commentato del fallimento, diretto da Lo Cascio, Milano, 2008; NORELLI, Il concordato fallimentare “riformato” e “corretto” in Riv. es. forz., Milano, 2008; P. FARINA-DI IULIO, Il concordato fallimentare, in Trattato di diritto delle procedure concorsuali, diretto e coordinato da Apice, II; PACCHI, Il concordato fallimentare. La disciplina nel nuovo diritto concorsuale: da mezzo di cessazione del fallimento a strumento di investimento, Milano, 2008; SANZO, Il concordato fallimentare, in Le nuove procedure concorsuali. Dalla riforma organica al decreto correttivo, a cura di Ambrosini, Bologna, 2008; ZANICHELLI, I concordati giudiziali, Torino, 2010.

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