Sindacato del Tribunale sull’attuabilità del programma di risanamento o prosecuzione dell’attività d’impresa

04 Aprile 2012

L'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999 presuppone la possibilità di conservazione dell'impresa, conseguibile attraverso la cessione di complessi aziendali o il suo risanamento economico-finanziario. Non può farsi luogo all'apertura della procedura allorquando, dalla relazione del commissario giudiziale, non emerga la concreta attuabilità del programma di risanamento o di prosecuzione dell'attività d'impresa, e laddove sussista il rischio della indisponibilità dei mezzi finanziari occorrenti alla gestione dell'impresa sino alla cessione, giacché i diritti dei creditori sociali possono comprimersi solo a fronte della realizzazione degli obiettivi di risanamento e della salvaguardia dei livelli occupazionali.
Massima

L'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria di cui al D.Lgs. n. 270/1999 presuppone la possibilità di conservazione dell'impresa, conseguibile attraverso la cessione di complessi aziendali o il suo risanamento economico-finanziario. Non può farsi luogo all'apertura della procedura allorquando, dalla relazione del commissario giudiziale, non emerga la concreta attuabilità del programma di risanamento o di prosecuzione dell'attività d'impresa, e laddove sussista il rischio della indisponibilità dei mezzi finanziari occorrenti alla gestione dell'impresa sino alla cessione, giacché i diritti dei creditori sociali possono comprimersi solo a fronte della realizzazione degli obiettivi di risanamento e della salvaguardia dei livelli occupazionali.

Il caso

Dopo essere stata dichiarata fallita, una società capo-gruppo di imprese operanti nel settore edilizio chiede l'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ai sensi del D.Lgs. n. 270/1999 (c.d. legge Prodi bis). Nonostante una proroga del termine di deposito, la relazione del commissario giudiziale si rivela lacunosa e carente di elementi che possano consentire una positiva delibazione circa la sussistenza delle condizioni sostanziali di accesso, anche solo attraverso la cessione del complesso aziendale.
In particolare il Tribunale di Roma, previa interpretazione delle norme che disciplinano i presupposti di ammissibilità, singolarmente e alla stregua della ricostruzione sistematica dell'impianto normativo nel quale si collocano, rileva la genericità del parere positivo espresso dal commissario giudiziale, tanto sotto il profilo della situazione dell'impresa, quanto sul piano delle concrete prospettive di utile allocazione dell'azienda sul mercato.
Di qui, ricorrendone tutti i requisiti di carattere soggettivo ed oggettivo, la dichiarazione di fallimento ex art. 31 D.Lgs. n. 270/1999.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Giova anzitutto precisare, avuto riguardo al thema decidendum, che esso si riferisce esclusivamente al c.d. periodo di osservazione, ovverosia al secondo dei subprocedimenti (il primo è rappresentato dalla dichiarazione di insolvenza) nei quali si articola la fase introduttiva della procedura, di matrice e competenza squisitamente giurisdizionali.
L'esercizio, e l'ampiezza, del sindacato giudiziario durante il periodo di osservazione, segnatamente ai fini della valutazione della sussistenza delle condizioni di ammissione all'amministrazione straordinaria, non formano oggetto di discussione.
La sottrazione all'autorità amministrativa, in favore di quella giudiziaria, di ogni prerogativa riguardante l'apertura e la cessazione della procedura rappresenta, piuttosto, l'elemento caratterizzante della disciplina introdotta con la legge Prodi bis, che di fatto sottopone al vaglio giurisdizionale, all'esito del periodo di osservazione, anche la scelta del tipo di procedura e le sue finalità, recuperatorie o liquidatorie.
La decisione attinge evidentemente a tale potere, di cui è figlia la facoltà di discostarsi dal parere del commissario giudiziale (e del ministero, peraltro nell'occasione non espresso, al pari delle osservazioni dei creditori), che pure contraddistingue il caso di specie, nel quale il Tribunale ha completamente disatteso le conclusioni riportate nella relazione ex art. 28 D.Lgs. n. 270/1999.
Meno pacifica risulta la definizione della profondità di contenuto, in termini di attendibilità del giudizio di attuabilità del programma di risanamento o di prosecuzione dell'attività d'impresa (e dunque di prognosi delle concrete prospettive di realizzazione), che deve assumere la relazione stessa in funzione della decisione sulla ammissibilità della domanda di accesso alla amministrazione straordinaria.
Nella fattispecie, non senza dare evidenza alla proroga del termine di deposito accordata, il Tribunale di Roma mostra di aderire all'opzione più rigorosa, che trova peraltro puntuale conforto nei non frequenti precedenti giurisprudenziali specifici.
Nulla quaestio, viceversa, in ordine alla struttura della relazione del commissario giudiziale, del resto ben delineata dal citato art. 28 D. Lgs. n. 270/1999, ed alla sua importanza ai fini della valutazione delle condizioni di accesso alla procedura.
Sul punto, e in particolare sull'utilizzo, da parte del commissario, delle risultanze dell'attività già svolta dal curatore fallimentare (in luogo della “descrizione particolareggiata delle cause di insolvenza”) e sulla superficialità del giudizio positivo circa la possibilità di conseguire il riequilibrio dell'impresa, la soluzione appare del tutto lineare, oltre che ampiamente motivata.
Ancor più interessante, anche per le correlazioni e le interferenze con il concetto di risanamento (sul quale non si registra assoluta unanimità di opinione), risulta il capo di decisione avente ad oggetto le conseguenze sulla situazione finanziaria dell'impresa, derivanti dalla prosecuzione dell'attività per il tempo necessario alla cessione del complesso aziendale, e per esse il pregiudizio alle ragioni dei creditori.
Ancorché tale aspetto non costituisca autonomo elemento di convincimento, ma figuri bensì richiamato quale rafforzamento di una decisione assunta sulla scorta di più assorbenti rilievi, trattasi indubbiamente di un segnale ben preciso, volto com'è a definire perentoriamente la ratio dell'istituto, e le esigenze pubblicistiche sottese, e a delimitare con rigore i presupposti per poterne beneficiare.

Conclusioni

Come enunciato nel preambolo della motivazione, la decisione muove non solo, e non tanto, dalla ricognizione delle norme direttamente applicabili alla fattispecie, quanto, piuttosto, dalla ricostruzione sistematica dell'intera disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.
In sede di sintetico commento, va aggiunto che la decisione risulta del tutto coerente con l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale formatasi in materia.
La conclusione s'impone, anzitutto, con riferimento all'esercizio del vaglio giurisdizionale circa le condizioni sostanziali di ammissione alla procedura, che caratterizza, come si è accennato, la legge Prodi bis.
L'ampiezza del relativo potere, agevolata dalla struttura bi-fasica del procedimento (dichiarazione di insolvenza ed apertura della procedura), è tale da escludere che il tribunale, al cospetto di un'impresa in crisi, avente i requisiti dimensionali astrattamente idonei a consentirle l'accesso all'amministrazione straordinaria, sia vincolato alla scelta della procedura concorsuale da adottare.
D'altro canto, la profonda ‘giurisdizionalizzazione' della disciplina trova riscontro anche nel potere di disporre la cessazione della procedura in qualsiasi momento, e perciò anche nella fase amministrativa (non a caso su segnalazione del commissario straordinario), allorquando non possa essere utilmente proseguita.
Ugualmente condivisibile, e conforme ai più approfonditi contributi dottrinali, risulta l'accento posto sulla necessità che l'apertura e lo svolgimento della procedura presuppongano un programma chiaro e fattibile, assistito da adeguata copertura finanziaria.
E' noto che, rispetto alle tradizionali procedure concorsuali liquidatorie, nella disciplina riservata alle grandi imprese, in ragioni delle esigenze socio-economiche legate alla conservazione degli apparati produttivi ed alla salvaguardia dei livelli occupazionali, l'attenzione del legislatore si sia spostata dall'imprenditore, e dai suoi creditori, all'impresa oggettivamente intesa.
Di qui la (pacifica) compressione dei diritti dei creditori, in particolare di quelli anteriori all'apertura della procedura.
L'esperienza peraltro insegna, come ha dato atto anche la stessa decisione, che nella quasi totalità dei casi il programma prevede la cessione dell'azienda nel termine massimo di durata (un anno).
Nel contempo, l'attività prosegue generando spese di gestione, con correlativa assunzione di debiti prededucibili, in misura spesso tale da erodere gran parte dell'attivo.
Ecco perché il sacrificio delle ragioni dei creditori concorsuali si giustifica solo in presenza dell'attuazione del programma, e dunque della realizzazione delle ragioni sottostanti alla conservazione dell'impresa.
Ed ecco perché il requisito di concretezza deve caratterizzare sia il programma che il giudizio al riguardo espresso dal commissario giudiziale al termine della fase di osservazione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In ordine al sindacato giurisdizionale sulle concrete prospettive di recupero, si vedano Cass. 17 febbraio 2009, n. 3769; App. Milano 9 settembre 2002 e Trib. Pavia 25 luglio 2002 (in Fall., 2003, 442, con nota di N.D. Luisi, I limiti di sindacato del giudice ai fini dell'ammissione alla procedura di amministrazione straordinaria ex D.lgs. 270/1999); Trib. Torre Annunziata 14 novembre 2001 (ivi 2002, 1099, con nota di V. Napoleoni, Lo stato di insolvenza nella amministrazione straordinaria).
Afferma il potere di discostarsi dalle conclusioni del commissario giudiziale Trib. Novara 4 ottobre 2010 (in Corr. Merito, 2011, 247).
Tra le opere monografiche si segnalano, anche per l'implicito richiamo nella decisione commentata, R. Marraffa, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e tutela dei creditori, Milano, 2005, e G. Alessi, L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Milano, 2000.
Sulla materia in generale, ancorché con riferimento alla previgente disciplina, G. Oppo, Profilo sistematico dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, in Riv. dir. civ., 1981, 233.
Si vedano anche L. Stanghellini, La crisi d'impresa fra diritto ed economia. Le procedure di insolvenza, Bologna, 2007; A. Paluchowski, Codice del fallimento, a cura di Pajardi, Milano, 2004, 1794; A. Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2000, 1076; G. Lo Cascio, La nuova disciplina dell'amministrazione straordinaria, in Corr. giur. 1999, 1193.
Infine, anche per le prospettive di riforma, si veda l'assai recente contributo di F. Di Marzio, Leggi sull'amministrazione straordinaria, interessi protetti e diritti dei creditori, in Ilcaso.it.

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