Concordato preventivo e incompetenza per territorio

24 Luglio 2015

In tema di concordato preventivo l'incompetenza può essere rilevata d'ufficio dal Giudice entro l'udienza di omologazione.
Massima

In tema di concordato preventivo l'incompetenza può essere rilevata d'ufficio dal Giudice entro l'udienza di omologazione.

Il caso

La decisione in commento è di rilevante interesse sul piano processuale poiché affronta la questione, rispetto alla quale non constano precedenti editi, concernente il momento entro il quale nella procedura di concordato preventivo deve essere rilevata l'incompetenza del Tribunale adito, la sussistenza della competenza del quale diventerà, in difetto, incontestabile.
Più in particolare, il Tribunale di Teramo, nel ritenere che tale rilievo possa avvenire fino all'udienza di omologazione del concordato, compie una serie di non trascurabili considerazioni più generali sulla questione avendo riguardo all'evoluzione della giurisprudenza di legittimità sulla stessa con riferimento alla procedura fallimentare e tenendo conto dei recenti approdi della stessa rispetto al concordato preventivo.

Le questioni giuridiche


La tesi tradizionale: l'inoperatività dell'art. 38 c.p.c. nelle procedure camerali.
Nell'ambito dei procedimenti in camera di consiglio l'ampio novero di poteri istruttori officiosi attribuiti al Tribunale comporta, con rispetto alla specifica questione che ne occupa, la possibilità di rilevare in ogni momento del procedimento, anche a prescindere da un'eccezione di parte, l'incompetenza per territorio (comunque inderogabile nei procedimenti camerali), con conseguente inoperatività della disciplina stabilita dall'art. 38 c.p.c. L'inapplicabilità dell'art. 38, comma 1, c.p.c. nei procedimenti in camera di consiglio è stata argomentata sia per la non assimilabilità della competenza camerale a quella ordinaria, sia per la diversa struttura del procedimento, incompatibile con il regime delle preclusioni, di talché l'incompetenza potrebbe essere rilevata, su eccezione di parte o d'ufficio, in ogni momento del procedimento, anche in sede di reclamo (cfr. ARIETA, Procedimenti in camera di consiglio, in Dig. disc. priv., sez. civ., XIV, Torino, 1996, 455).
Sulla scorta di siffatto principio, era stato più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità, anche con riferimento alle procedure concorsuali, l'assunto secondo cui il Tribunale può dichiarare la propria incompetenza territoriale anche oltre il limite temporale previsto all'art. 38, comma 1, c.p.c., ovvero la prima udienza di trattazione, atteso che detta norma trova applicazione soltanto nei procedimenti giurisdizionali contenziosi disciplinati dal codice di procedura civile e non è di per sé suscettibile di applicazione analogica nei procedimenti giurisdizionali disciplinati da leggi speciali, salvo l'eventuale richiamo da parte di queste ultime, e che, comunque, nell'ambito delle procedure concorsuali (in cui il giudice è investito di notevoli poteri inquisitori e di impulso, sì che lo svolgimento delle stesse non è nella piena disponibilità delle parti, con riflessi anche sul contraddittorio tra queste) non è riscontrabile una udienza avente struttura e funzione analoghe alla prima udienza di trattazione nel procedimento ordinario (così, Cass., sez. I, 6 ottobre 2005, n. 19496, con riguardo alla domanda di un imprenditore di ammissione alla procedura di amministrazione controllata).
L'evoluzione della giurisprudenza di legittimità con riguardo ai procedimenti per la dichiarazione di fallimento. Più di recente, invece, la S.C. ha chiarito che la disposizione di cui all'art. 38 c.p.c., nel testo di cui all'art. 4 l. 26 novembre 1990 n. 353, che ha introdotto una generale barriera temporale alla possibilità di rilevare tutti i tipi di incompetenza, fissandola nella prima udienza di trattazione, deve ritenersi applicabile non soltanto ai processi di cognizione ordinaria, ma anche ai processi di tipo camerale, qualora questi siano utilizzati dal legislatore per la tutela giurisdizionale di diritti e, pertanto, la questione d'incompetenza territoriale ex art. 9 l. fall. deve essere eccepita o rilevata non oltre l'udienza di comparizione, obbligatoriamente convocata ex art. 15 l. fall., nel procedimento per la dichiarazione di fallimento (Cass. 2 aprile 2012, n. 5257).
Tale pronuncia, pur relativamente recente, si iscrive nel solco della giurisprudenza sia della Corte Costituzionale sia di legittimità, da tempo consolidata, che, a fronte delle severe critiche di parte della dottrina circa la compatibilità tra il c.d. contenitore neutro del procedimento camerale e la tutela dei diritti soggettivi (la dottrina che si è espressa criticamente circa la compatibilità tra il giudizio camerale nella sua configurazione tradizionale e la tutela dei diritti è pressoché sconfinata; si può pertanto rinviare, senza alcuna pretesa di esaustività, a DENTI, I procedimenti camerali come giudizi sommari di cognizione: problemi di costituzionalità ed effettività della tutela, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1990, 1097; MONTESANO, “Dovuto processo” su diritti incisi da giudizi camerali e sommari, in Riv. dir. proc., 1989, 915; FAZZALARI, Procedimento camerale e tutela dei diritti, in Riv. dir. proc., 1988, 909; PROTO PISANI, Usi e abusi della procedura camerale (appunti sulla tutela giurisdizionale dei diritti e sulla gestione di interessi devoluta al giudice), in Riv. dir. civ., 1990, 393; CIVININI, I procedimenti in camera di consiglio, Torino, 1994; CANTAFIO, Procedimento ex art. 274 c.c. e dovuto processo su diritti, in Riv. dir. proc., 1999, 830; in senso contrario v., tuttavia, TISCINI, Il decreto presidenziale di nomina dei liquidatori di società e il ricorso straordinario: le Sezioni Unite compongono il contrasto (rebus sic stantibus), in Riv. dir. proc., 2003, spec. 965), ha affermato la legittima previsione di siffatto procedimento anche in tali ipotesi purché sia rispettato il contraddittorio tra le parti, i provvedimenti siano adeguatamente motivati e sussista la garanzia residuale del ricorso c.d. straordinario per cassazione exart. 111, comma 7, Cost. (tra le molte v. C. Cost. n. 35/2002; C. Cost. n. 1/2002, in Foro it., 2002, I, 3305, con nota di PROTO PISANI ed in Giust. Civ., 2002, I, 1467, con nota di TOTA; v. anche C. Cost. 22 dicembre 1989 n. 573; C. Cost. 30 giugno 1988 n. 748; C. Cost. 17 aprile 1985 n. 103. In dottrina questa posizione è autorevolmente condivisa da PICARDI, Manuale del processo civile, Milano 2006, 481, il quale osserva che la scelta del legislatore a favore del procedimento camerale per la tutela di diritti o status sfugge al sindacato di costituzionalità a meno che sia viziata da irragionevolezza o violi singole previsioni della Carta fondamentale. In effetti, come hanno sancito anche le SS.U,U., il procedimento camerale costituirebbe un “contenitore neutro” utilizzabile per la tutela di diritti soggettivi purché sia assicurato il rispetto del principio del contraddittorio e sia consentito in via successiva il controllo della Corte di Cassazione, attraverso il ricorso ai sensi dell'art. 111, comma 7, Cost. (Cass, Sez. Un., 19 giugno 1996, in Giur. It., 1996, I, 1, 1300, con nota di CARRATTA, in Giust. Civ., 1996, I, 2203, con nota di GIACALONE, in Foro it., 1996, I, 3070, con nota di CIVININI, in Dir. famiglia, 1997, 529, con nota di AMBROSINI ed in Fam. e dir., 1996, 305, con nota di TOMMASEO). Sul punto cfr. anche COMOGLIO, Difesa e contraddittorio nei procedimenti in camera di consiglio, in Riv. dir. proc., 1997, spec. 731, il quale pone in evidenza che i problemi concernenti l'utilizzazione del rito di cui agli artt. 737 e ss c.p.c. per la tutela dei diritti si ridimensiona ove si riducano le distanze tra lo stesso ed il rito ordinario, in modo da assicurare, soprattutto con riferimento al principio del contraddittorio, il rispetto delle garanzie processuali espresse dall'art. 24 Cost.).
Invero, qualora il procedimento camerale sia previsto per la tutela dei diritti soggettivi rischierebbe di porsi in contrasto con i richiamati assunti un potere discrezionale dell'autorità giudiziaria tale da spingersi al punto di poter rilevare – con specifico riguardo alla questione in esame in questa sede – l'incompetenza sino al termine del procedimento ed a prescindere da un'eccezione di parte (non trascurabili appaiono in effetti le perplessità espresse in ordine alla compatibilità tra gli ampi poteri discrezionali attribuiti al giudice nello svolgimento dei procedimenti in camera di consiglio e l'art. 111 Cost.; cfr., tra gli altri, CHIARLONI, Il nuovo art. 111 Cost. e il processo civile, in Riv. dir. proc., 2001, 1010; PICCALUGA, L'inadeguatezza del modello camerale alla luce del novellato art. 111 Cost., in Giust. Civ., 2002, 1383; BELFIORE, Procedimento camerale e giusto processo, in Giust. Civ., 2002, 1385).
I principi affermati dal Tribunale di Teramo. Il Tribunale di Teramo, proprio partendo dai principi sanciti dalla Corte di Cassazione con riferimento all'operatività dell'art. 38 c.p.c. nella procedura fallimentare, condivisibilmente ritiene che tale disposizione trovi applicazione anche nell'ambito del concordato preventivo e, conseguentemente, si interroga su quale possa essere considerata la prima udienza, analoga a quella ex art. 183 c.p.c., entro la quale è possibile il rilievo dell'incompetenza territoriale inderogabile come nella fattispecie in esame ai sensi dell'art. 28 c.p.c.
In primo luogo, la pronuncia in rassegna esclude che l'incompetenza del Tribunale adito ai sensi dell'art. 161 l. fall. debba essere rilevata d'ufficio o eccepita in sede di ammissione della procedura di concordato preventivo assumendo che mancherebbe qualsivoglia contraddittorio prima della decisione del Tribunale, che finirebbe per avere luogo inaudita altera parte, perché non vi sarebbe alcuna udienza nella quale vagliare la questione che, poi, potrebbe essere fatta valere dalla parte interessata esclusivamente in sede di regolamento di competenza.
A questo punto, il Tribunale di Teramo osserva che nella procedura di concordato sono due i luoghi nei quali le questioni di competenza potrebbero essere astrattamente sollevate o rilevate d'ufficio nel contraddittorio tra le parti, ossia l'udienza fissata per l'adunanza dei creditori e quella fissata per il giudizio di omologazione.
Ciò premesso, la decisione in esame perviene alla conclusione che tale “luogo” debba essere individuato nell'udienza ex art. 180 l. fall. poiché:
a) l'udienza fissata per l'adunanza dei creditori è specificamente destinata alla discussione della proposta di concordato ed alle contestazioni dei crediti e nella stessa il giudice delegato non ha poteri istruttori e decide solo sommariamente delle questioni sull'ammissione provvisoria;
b) l'udienza di omologazione del concordato è invece l'udienza di prima comparizione dove si dà avvio all'istruzione della causa ai sensi degli artt. 183 e ss. c.p.c. ed è questa la sede nella quale potrà essere valutata per la prima volta nel contraddittorio tra le parti la sussistenza dei presupposti processuali della procedura di concordato preventivo, compresa quella relativa alla competenza del Tribunale adito.

Osservazioni

La decisione in commento è apprezzabile nella misura in cui opera una ricostruzione della complessa questione processuale inerente l'operatività dell'art. 38 c.p.c. nelle procedure concorsuali, occupandosi quindi della stessa con peculiare riguardo al procedimento di concordato preventivo.
Peraltro, a nostro sommesso parere, l'esigenza sottesa all'art. 38 c.p.c., specie dopo la riforma realizzata dalla legge n. 69/2009, è quella di addivenire ad una sollecita decisione sulla questione di competenza anche in omaggio al principio di economia processuale ed all'esigenza di evitare incombenti istruttori inutili. In tale prospettiva la soluzione del Tribunale di Teramo volta a spostare in avanti il momento entro il quale è possibile il rilievo dell'incompetenza territoriale, sebbene inderogabile, non convince.
Invero, la pronuncia in epigrafe esclude decisamente che il termine ultimo per tale rilievo sia quello della fase anteriore all'ammissione alla procedura di concordato preventivo, assumendo un contrasto con i principi sanciti dalla Corte di Cassazione con riguardo alla procedura fallimentare.
Tuttavia non ci pare di rilevare tale contrasto, poiché proprio la decisione della Corte di legittimità n. 5257/2012 ravvisa nell'udienza prefallimentare il momento ultimo nel quale è possibile rilevare, in applicazione dell'art. 38 c.p.c., l'incompetenza per territorio del Tribunale adito, sicché, per converso, il “corrispondente” di tale udienza dovrebbe essere individuato, nel caso del concordato preventivo, nell'udienza camerale ex art. 162 l. fall. all'esito della quale, nel contradditorio con il debitore istante (ossia proprio con colui il quale ha in ipotesi errato nell'individuazione del Tribunale competente) l'autorità giudiziaria decide sull'ammissione alla procedura, decisione che postula una delibazione positiva in ordine alla sussistenza dei presupposti processuali, compresa la sussistenza della propria competenza.
In realtà, nella pronuncia in commento, eccepita tempestivamente l'incompetenza per territorio da uno dei creditori sin dalla fase antecedente all'ammissione del concordato, il Tribunale ha rigettato la stessa in detta sede “allo stato degli atti”, chiarendo che sarebbe stata riproponibile in seguito.
Ciò significa che, in concreto, sebbene - almeno a nostro sommesso parere - il principio espresso dalla massima in epigrafe non possa essere condiviso, nella fattispecie esaminata dal Tribunale di Teramo l'incompetenza era stata dedotta tempestivamente da una delle parti interessate, sicché, non venendo quindi in rilievo l'esercizio di un potere d'ufficio dell'autorità giudiziaria, per quest'ultima non si poneva in realtà alcuna ulteriore barriera preclusiva per un'eventuale decisione di incompetenza.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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