Condizioni di ammissibilità delle opposizioni e limiti della revisione di classi già formate

06 Aprile 2012

È ammissibile l'opposizione all'omologa di un concordato presentata oltre il termine di dieci giorni prima dell'udienza di cui all'art. 180, comma 1, l.fall. attesa la non perentorietà del termine (massima).
Massima

È ammissibile l'opposizione all'omologa di un concordato presentata oltre il termine di dieci giorni prima dell'udienza di cui all'art. 180, comma 1, l.fall. attesa la non perentorietà del termine.

Non può essere considerato creditore dissenziente, come tale legittimato a proporre opposizione avente ad oggetto la convenienza della proposta, il creditore che abbia espresso voto contrario successivamente all'adunanza.

La pronuncia del Tribunale sulla corretta formazione delle classi preclude ogni successiva ed ulteriore valutazione in ordine alle medesime classi.

Non può formarsi e deve pertanto essere dichiarata nulla una classe di creditori ai quali non si attribuisca alcuna percentuale di soddisfazione.

Il caso

Nell'ambito di una procedura di concordato preventivo, promossa congiuntamente a transazione fiscale ex art. 182-ter l. fall., il Tribunale di Milano viene a chiamato a pronunciarsi sulle opposizioni interposte da due creditori aventi ad oggetto la convenienza della procedura concordataria rispetto a quella liquidatoria. Il Tribunale, rigettate le opposizioni, si pronuncia favorevolmente all'omologa del concordato.

Le questioni giuridiche e la soluzione

In via preliminare, il Collegio si sofferma brevemente sull'ammissibilità delle interposte opposizioni. Con riferimento alla dedotta tardività, per essere l'opposizione stata proposta oltre il termine di dieci giorni prima dell'udienza ex art. 180, comma 1 l. fall., il Tribunale, aderendo all'orientamento espresso dalla Suprema Corte con la sentenza n. 18987/11, supera la preliminare eccezione di inammissibilità escludendo la perentorietà del termine. Tale assunto consegue direttamente al tenore letterale della norma - art. 180, comma 2, l. fall. - priva di qualsivoglia previsione circa la natura del termine per la costituzione delle parti nel procedimento di omologa del concordato.
Per converso il Tribunale addiviene alla conclusione di escludere la legittimazione degli opponenti che ebbero ad esprimere voto contrario in epoca successiva all'adunanza.
Anche in tal caso la determinazione muove in primis dalla lettera dell'art. 178, comma 3, l. fall. laddove prevede che, dopo la chiusura dell'adunanza, possano pervenire le sole adesioni le quali sono considerate ai fini del computo della maggioranza dei crediti. Il Tribunale dà atto che trattasi di principio consolidato in giurisprudenza teso a valorizzare la ratio di favorire l'iniziativa concordataria, agevolando il raggiungimento della maggioranza.
L'esclusione della validità del voto contrario tardivo comporta poi, quale ulteriore conseguenza, la carenza di legittimazione “a proporre opposizione avente ad oggetto la convenienza della proposta, essendo questa riservata ai creditori dissenzienti”, come previsto dall'art. 180, comma 4, l. fall.
Passando ad esaminare la regolarità della procedura, si premette innanzitutto che si è addivenuti alla proposta concordataria al vaglio del Tribunale attraverso una serie articolata di successive proposte e modifiche.
In particolare, da un'iniziale previsione di tre classi di creditori (con privilegio generale, per TFR, chirografari), si è infine giunti alla definitiva formazione di quattro classi, modificando le precedenti ed inserendo una categoria di creditori chirografari (cessionari) di fatto esclusi dal riparto.
In via preliminare il Collegio esclude la possibilità di pronunciarsi nuovamente sulla corretta formazione di quelle classi sulle quali, già nel corso della procedura, aveva espresso giudizio favorevole, attesa l'impossibilità di procedere ad una regressione della procedura “in assenza di specifica opposizione, ovvero in assenza di espressione contraria di voto”.
Nell'affrontare per la prima volta le questioni attinenti alla formazione della quarta classe di creditori, “reputa il collegio che non possa formarsi una classe di creditori ai quali non si attribuisca alcuna percentuale di soddisfazione”.
Il Tribunale, nell'escludere recisamente tale possibilità, rileva che la mancata soddisfazione si concreterebbe, nei fatti, in una rinunzia integrale al credito palesemente incompatibile con la finalità del concordato (ristrutturazione dei debiti e soddisfazione dei crediti). D'altro canto gli stessi creditori, del tutto privati della possibilità di realizzo, verrebbero altresì privati della possibilità di valutare la convenienza della proposta concordataria rispetto alla liquidazione.
Di qui la pronuncia di nullità della classe.

Osservazioni

La pronuncia oggetto di esame appare particolarmente significativa sotto diversi aspetti.
In primis va segnalata l'attenta messa a fuoco delle condizioni di ammissibilità delle opposizioni.
In particolare viene superata l'obiezione di una presunta tardività dell'opposizione legata al superamento del termine di dieci giorni di cui all'art. 180, comma 2, l. fall. trattandosi di termine ritenuto non perentorio sulla scia dell'orientamento del Supremo Collegio (così Cass. 16 settembre 2011, n. 18987, ma in senso contrario in dottrina cfr. AMBROSINI, Il Concordato Preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2008, 130).
E sempre in argomento certamente condivisibile e in linea con il dettato normativo appare l'ulteriore precisazione dei limiti temporali oltre i quali il dissenso alla proposta non si configura come voto dissenziente, in quanto tale legittimante a proporre l'opposizione alla proposta concordataria.
Non vi è dubbio, peraltro, che l'aspetto più significativo della pronuncia sia quello relativo alla dichiarazione di nullità della classe di creditori per i quali non venga prevista alcuna percentuale di soddisfazione.
Le argomentazioni addotte a riguardo dal tribunale appaiono in questo senso pienamente convincenti e del tutto in linea con i limiti imposti dalla legge al giudizio di omologa.

Questioni aperte e conclusioni

Le considerazioni sopra svolte richiamano il tema dei limiti del giudizio di omologa fra esigenze di autonomia, da una parte, e controlli, dall'altra.
In particolare, in mancanza di opposizioni, il terzo comma dell'art. 180 l. fall. configura un procedimento finalizzato esclusivamente alla verifica della regolarità della procedura e dell'esito della votazione.
Come è noto, sul piano esegetico l'espressione “regolarità della procedura” è oggetto di contrastate interpretazioni oscillanti fra il puro riferimento alla regolarità formale e la verifica delle condizioni di ammissibilità della proposta. Quanto alla verifica dell'esito della votazione, secondo l'orientamento prevalente non ci si dovrebbe riferire al solo “rifacimento dei conti”, ma si potrebbe anche esaminare le questioni a monte del voto e la regolarità della votazione (in questo senso BOZZA, Il vecchio, l'attuale e (forse) il prossimo articolo 173 l.f., in Fall. 2007, 698).
Stando così le cose, può dunque concludersi che la decisione apparentemente “ortopedica” della proposta concordataria, consistente nell'eliminazione di una classe, con la conseguente prova di resistenza della votazione, rientra pienamente e senza dubbio alcuno nei poteri concessi al tribunale in sede di un giudizio di omologa senza opposizione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In giurisprudenza cfr. Trib. Biella (ord.), 27 aprile 2009, in Fall. 2010, 1, con nota di Minutoli; Trib. Roma (decr.), 27 gennaio 2009, ivi, 2010, 2, con nota di Penta; Trib. Milano (ord.) 4 dicembre 2008; Trib. Monza (ord.), 7 aprile 2009.
Per la dottrina cfr. Maffei-Alberti, sub art. 160, in Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2009, 912 e segg.; Sanzo-Bianchi, Manuale delle Procedure Concorsuali, Milano, 2007, 652-653; Ambrosini, Il concordato fallimentare e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2008, 107 e segg.

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