Applicabilità dell’art. 169-bis l. fall. alla fase di preconcordato e contraddittorio

23 Giugno 2015

La disciplina contenuta nell'art. 169-bis l. fall. è applicabile anche al concordato con riserva, dovendosi ritenere che il riferimento al “ricorso di cui all'art. 161” contenuto nell'art. 169-bis l. fall. riguardi non solo il primo, ma anche il sesto comma dell'art. 161. La ratio sottesa alla disciplina di cui all'art. 169-bis l. fall., infatti, comune agli istituti delle autorizzazioni al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione ex art. 167, comma 7, l. fall. e, nel concordato con continuità aziendale, ai pagamenti di creditori anteriori, consiste nel favor per l'accesso al concordato e nella protezione della fase preparatoria al piano, di talché lo strumento di cui all'art. 169-bis l. fall. non appare funzionale alla tutela del contraente in bonis dall'inadempimento del debitore in crisi, bensì é strumentale al modulo concordatario prescelto da quest'ultimo, anche a fronte del sacrificio degli interessi dei singoli creditori concordatari.
Massima

La disciplina contenuta nell'art. 169-bis l. fall. è applicabile anche al concordato con riserva, dovendosi ritenere che il riferimento al “ricorso di cui all'art. 161” contenuto nell'art. 169-bis l. fall. riguardi non solo il primo, ma anche il sesto comma dell'art. 161. La ratio sottesa alla disciplina di cui all'art. 169-bis l. fall., infatti, comune agli istituti delle autorizzazioni al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione ex art. 167, comma 7, l. fall. e, nel concordato con continuità aziendale, ai pagamenti di creditori anteriori, consiste nel favor per l'accesso al concordato e nella protezione della fase preparatoria al piano, di talché lo strumento di cui all'art. 169-bis l. fall. non appare funzionale alla tutela del contraente in bonis dall'inadempimento del debitore in crisi, bensì é strumentale al modulo concordatario prescelto da quest'ultimo, anche a fronte del sacrificio degli interessi dei singoli creditori concordatari. (massima Trib. Venezia)

In ordine alla decorrenza degli effetti della sospensione del contratto ai sensi dell'art. 169-bis l. fall., va osservato che tale norma attribuisce al giudice il potere di autorizzare e non di disporre direttamente lo scioglimento dei contratti pendenti, pertanto è necessario che l'istante, una volta ottenuta l'autorizzazione del giudice, manifesti la volontà di sciogliersi dal vincolo negoziale, anche implicitamente, attraverso la comunicazione del provvedimento autorizzatorio, non potendosi ritenere che gli effetti della sospensione retroagiscano al momento della presentazione dell'istanza, in quanto in tutte le fattispecie della legge fallimentare in cui l'attività del curatore, del commissario giudiziale o del debitore in concordato, è soggetta a provvedimenti autorizzativi del Tribunale, il rilascio dell'autorizzazione costituisce il mero presupposto per l'esercizio effettivo di tale attività. (massima Trib. Venezia)

La ratio della norma di cui all'art. 169-bis l. fall. è da individuarsi nel favor per l'accesso alla procedura di concordato, anche al fine di perseguire soluzioni non puramente liquidatorie o comunque più efficienti rispetto all'alternativa fallimentare. Tale norma conferma l'applicazione della regola generale della prosecuzione dei rapporti giuridici pendenti, nel senso che, diversamente dal fallimento, l'ammissione alla procedura del concordato non determina di regola effetti sospensivi o automaticamente interruttivi dei rapporti giuridici pendenti, ma comporta la sottoposizione di questi ultimi alla disciplina generale in tema di obbligazioni e contratti. (massima Trib. Ravenna)

La circostanza che l'autorizzazione allo scioglimento (e alla sospensione) dei contratti pendenti sia affidata ad un organo giurisdizionale implica la possibilità di valutazione dell'eventuale carattere abusivo del ricorso allo strumento, nonché la possibilità di verifica in ordine alla coerenza dell'istanza di scioglimento rispetto al piano concordatario in concreto proposto. Pertanto, sotto tale profilo, è da ritenersi che l'istanza di cui all'art. 169-bis l. fall. sia percorribile anche nella fase preconcordataria, anche se essa, di regola, darà luogo in tale fase ad un provvedimento di semplice sospensione e non di scioglimento del rapporto. (massima Trib. Ravenna)

In caso di proposizione di istanza ai sensi dell'art. 169-bis l. fall., il contraddittorio con la controparte contrattuale non appare dover essere necessariamente preventivo, non risultando contraria ai principi processuali la scissione fra una fase d'urgenza inaudita altera parte ed una successiva, condotta nel contraddittorio tra le parti e volta all'approfondimento del merito della vicenda. (massima Trib. Ravenna)

I casi

I provvedimenti in commento esaminano, rispettivamente, una richiesta di autorizzazione allo scioglimento o, in subordine, alla sospensione di un contratto di factoring, avanzata da una farmacia contestualmente al deposito del ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall., e una richiesta di autorizzazione allo scioglimento di diversi contratti bancari e di alcuni contratti di leasing finanziario, presentata da una società unitamente al ricorso e al piano di concordato.
In particolare, l'istanza formulata al Tribunale di Venezia si colloca nella fase c.d. “di preconcordato”, intervenendo in un momento in cui la debitrice non aveva ancora provveduto a formulare e depositare il piano di concordato, e ha ad oggetto un contratto di factoring collegato ad un finanziamento già erogato da una società di factoring, del quale era stata pattuita la restituzione mediante la cessione al factor di crediti futuri che la farmacia stava maturando e avrebbe continuato a maturare nei confronti di una ASL locale. La debitrice, pertanto, adducendo la strumentalità delle risorse corrispondenti all'importo delle fatture emesse dalla farmacia a carico della ASL alla prosecuzione dell'attività, in prospettiva dell'esecuzione del concordato con continuità aziendale che la farmacia si proponeva di depositare, chiedeva l'autorizzazione per procedere allo scioglimento, o in subordine alla sospensione, del suddetto contratto.
Il Tribunale adito, dopo aver enunciato la ratio, nonché affermato l'applicabilità in via generale dell'art. 169-bis l. fall. anche alla fase di preconcordato, non reputando tuttavia compatibile con tale fase lo scioglimento del contratto, autorizzava la sospensione dello stesso per la durata di 60 giorni, esprimendosi altresì sul dies a quo di decorrenza del termine di sospensione.
Il decreto del Tribunale di Ravenna interveniva, invece, in una fase in cui il piano di concordato era già depositato unitamente al ricorso e all'istanza di scioglimento in questione. Nello specifico, la società debitrice chiedeva al Giudice Delegato di essere autorizzata allo scioglimento di alcuni contratti bancari e di leasing finanziario, scioglimento considerato funzionale all'esecuzione del concordato di natura puramente liquidatoria. Il Giudice Delegato, dopo aver esplicitato la ratio dell'istituto di cui all'art. 169-bis l. fall. e dopo averne sottolineato la diversità di fondo rispetto all'istituto di cui agli artt. 72 e ss. l. fall., si è soffermato sull'analisi degli strumenti di “bilanciamento” approntati dall'ordinamento a tutela della controparte contrattuale in bonis che subisca lo scioglimento o la sospensione del contratto, escludendo tuttavia che a quest'ultima debba essere assicurato un diritto ad un contraddittorio preventivo, potendo esso ben essere rimandato ad una fase successiva.

Le questioni giuridiche sottese

I due provvedimenti in commento offrono l'occasione per tornare su alcune questioni ormai ampiamente dibattute in dottrina e sulle quali la giurisprudenza si è più volte espressa, fino a formare orientamenti ormai pressoché consolidati.
La prima questione, funzionale alla decisione nel decreto del Tribunale di Venezia, e affrontata, invece, come mero obiter dictum dal giudice ravennate, attiene all'applicabilità dell'istituto di cui all'art. 169-bis l. fall. alla fattispecie del concordato con riserva. Circa tale compatibilità si è espressa, in linea generale, la giurisprudenza, ormai monolitica nell'affermare che il riferimento al ricorso di cui all'art. 161 l. fall. contenuto nell'art. 169-bis l. fall., riguardi tanto il primo quanto il sesto comma dell'art. 161, non potendosi escludere, sulla base della ratio stessa della norma, il ricorso a tale strumento anche nella fase di concordato prenotativo (App. Venezia, 20 novembre 2013, in ilFallimentarista.it; Trib. Pavia, 24 novembre 2014; Trib. Ravenna, 22 ottobre 2014; Trib. Busto Arsizio, 24 luglio 2014; Trib. Milano, 10 luglio 2014; Trib. Ravenna, 30 maggio 2014; Trib. Venezia, 27 marzo 2014; Trib. Terni, 27 dicembre 2013; Trib. Udine, 25 settembre 2013; Trib. Vercelli, 20 settembre 2013 tutte in ilcaso.it; contra App. Brescia, 19 giugno 2013, in ilcaso.it; Trib. La Spezia, 25 ottobre 2012, in Fall., 2013, 76; Trib. Verona, 31 ottobre 2012).
Entrambi i giudici sono, infatti, concordi nel ritenere che la ratio dell'art. 169-bis l. fall. debba essere individuata nel generale favor espresso dal legislatore per l'accesso alla procedura di concordato, nonché nell'esigenza di protezione della fase preparatoria del piano, al fine di perseguire soluzioni non puramente liquidatorie o comunque considerate più efficienti rispetto all'alternativa fallimentare. In tale ottica, l'istituto della sospensione dei contratti in corso di esecuzione, al pari di altri istituti quali l'autorizzazione al compimento di atti urgenti di straordinaria amministrazione ex art. 161, comma 7, l. fall., o i finanziamenti di cui all'art. 182-quinquies, comma 1, l. fall., o al pagamento di crediti anteriori di cui all'art. 182-quinquies, comma 4, l. fall., costituisce uno strumento in grado di agevolare il debitore concordatario nella scelta e nell'attuazione della soluzione reputata migliore per il superamento della crisi. Ciò considerato, l'istanza di cui all'art. 169-bis l. fall. risulta, pertanto, percorribile anche nella fase preconcordataria, seppure essa, come precisato dal Giudice Delegato di Ravenna, darà generalmente luogo a un provvedimento di sospensione e non di scioglimento del rapporto.
La seconda questione, sulla quale si è espresso il giudice veneziano, attiene alla decorrenza degli effetti della sospensione. Sul punto, il Tribunale ha osservato che l'art. 169-bis “attribuisce al giudice il potere di autorizzare e non di disporre direttamente lo scioglimento dei contratti pendenti”, essendo pertanto necessario che sia l'istante, una volta ottenuta l'autorizzazione dal giudice, a manifestare al contraente in bonis la volontà di sciogliersi dal vincolo negoziale. La pronuncia in esame aderisce, quindi, a quell'orientamento che, configurando il rilascio dell'autorizzazione come mero presupposto per l'esercizio effettivo della facoltà in capo all'imprenditore in crisi di sospendere o sciogliersi dai rapporti contrattuali in corso di esecuzione, fa decorrere gli effetti della sospensione (o dello scioglimento) dal momento in cui quest'ultimo comunichi, anche implicitamente, la propria volontà al terzo contraente, secondo lo schema tipico degli atti negoziali recettizi (cfr. in senso conforme App. Genova, 10 febbraio 2014, ove peraltro si ammette che la dichiarazione di volontà è implicita nella notifica del provvedimento giudiziale che autorizza il debitore allo scioglimento; Trib. Modena, 7 aprile 2014, entrambe in ilcaso.it; in dottrina BENASSI, 2014). In precedenza, parte della giurisprudenza aveva dichiarato direttamente lo scioglimento (o la sospensione) dei contratti in corso di esecuzione (Trib. Monza, 27 novembre 2013; Trib. Piacenza, 8 giugno 2013; Trib. Piacenza 5 aprile 2013, tutte in ilcaso.it), facendo decorrere gli effetti del provvedimento dal deposito del ricorso prenotativo (Trib. Piacenza, 1 marzo 2013). Altra giurisprudenza aveva ritenuto che gli effetti decorressero dalla data della richiesta al tribunale da parte dell'imprenditore istante (Trib. Terni, 27 dicembre 2013, in ilcaso.it; Trib. Vicenza, 22 ottobre 2013, in fallimentiesocietà.it), ammettendo quindi una retrodatazione degli effetti del provvedimento giurisdizionale fin dalla data di proposizione della domanda, secondo quanto stabilito dall'art. 1453 c.c. (Trib. Monza, 27 novembre 2013, in ilFallimentarista.it). Ad oggi, la giurisprudenza sembra comunque orientata a conformarsi alla soluzione prospettata dal provvedimento in commento del giudice veneziano (in tal senso anche COSENTINO, 2014).
Infine, l'ultima questione degna di nota, affrontata questa dal giudice ravennate, attiene al contraddittorio con il contraente in bonis. A tal proposito, il giudice delegato ha escluso la necessità assoluta di instaurare un contradditorio preventivo con la controparte contrattuale, potendosi ammettere una scissione tra una fase di urgenza inaudita altera parte ed una successiva, condotta nel contraddittorio e volta all'approfondimento del merito della vicenda. In particolare, se da un lato il giudice ha considerato necessario il contraddittorio prima della pronuncia di scioglimento relativa ad un rapporto di una certa complessità, dall'altro lato ha sottolineato come lo stesso potrebbe negli altri casi utilmente integrarsi nel corso dell'udienza di cui all'art. 162 l. fall., previa apposita notifica dell'istanza, ovvero all'udienza di cui all'art. 174 l. fall., in occasione della quale potrebbe discutersi anche dell'entità dell'ammissione del terzo contraente al voto.
Il punto appare tutt'oggi controverso sia in dottrina sia in giurisprudenza, tanto che, nonostante l'intervento di rilevanti provvedimenti di alcune corti di appello (App. Milano, 4 febbraio 2015, in ilcaso.it; App. Venezia, 20 novembre 2013 in ilFallimentarista.it; App. Milano, 8 agosto 2013, in Dir. Fall., 2014, 11, con nota di INZITARI-RUGGIERO), è ancora possibile imbattersi in numerose pronunce delle corti di primo grado che, similmente al provvedimento in commento del giudice ravennate, affermano, a contrario, la non assoluta necessità del contradditorio con il contrante in bonis, seppur con diverse gradazioni e sfumature (Trib. Pavia, 24 novembre 2014; Trib. Rovigo, 11 settembre 2014; Trib. Terni, 27 dicembre 2013; Trib. Udine, 25 settembre 2013, in ilcaso.it).

L'applicabilità dell'art. 169-bis l. fall. al concordato con riserva

Circa l'applicabilità della disciplina di cui all'art. 169-bis l. fall. alla fase preconcordataria, si è assistito, a partire dalla sua introduzione avvenuta nel 2012, ad un'evoluzione del pensiero sia a livello giurisprudenziale sia a livello dottrinale, che pare essere oggi approdata a una soluzione pressoché condivisa.
E' infatti possibile, con buona approssimazione, individuare una prima fase in cui si era affermata la tendenza a considerare gli effetti definitivi dello scioglimento ex art. 169-bis incompatibili con il concordato in bianco, in base al rilievo che i caratteri di stabilità e definitività di una decisione sulla sorte dei contratti pendenti mal si concilierebbero con il carattere provvisorio e mutevole della fase di preconcordato, che ben può consentire al debitore di modificare la sua impostazione iniziale, essendo perfino autorizzato, all'esito di tale fase, a depositare un accordo di ristrutturazione ex art. 182-bis in luogo del piano di concordato (cfr. in dottrina LAMANNA, 2012; SCOGNAMIGLIO, 2013, e in giurisprudenza App. Brescia, 19 giugno 2013, in ilcaso.it; Trib. Belluno, 1 agosto 2013, in Fall., 2013, 1501; Trib. Piacenza, 5 aprile 2013, in ilcaso.it; Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012, in Fall., 2013, 74).
Si è quindi affermata una posizione postulante un'applicazione solo parziale dell'art. 169-bis al concordato con riserva. In base a tale indirizzo, solo la sospensione dei contratti in corso di esecuzione sarebbe compatibile con la fase prenotativa, considerato che la sospensione garantirebbe da un lato la funzione cautelativa propria del concordato con riserva, senza tuttavia generare effetti irreversibili sul rapporto contrattuale in corso di esecuzione (Trib. Venezia, 27 marzo 2014, in commento; Trib. Pavia, 24 novembre 2014; Trib. Milano, 11 settembre 2014, in ilcaso.it; Trib. Milano, 28 maggio 2014, in ilFallimentarista.it; Trib. Milano, 22 maggio 2014, in ilcaso.it; Trib. Roma, 20 febbraio 2013, in ilFallimentarista.it; Trib. Vercelli, 20 settembre 2013; Trib. Pistoia, 9 luglio 2013; Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, in ilcaso.it).
Ormai prevalente sembra però l'orientamento che predica la generale e astratta compatibilità dell'art. 169-bis con la fase prenotativa, principalmente sulla base di tre ordini di motivazioni di carattere, rispettivamente, letterale, sistematico e funzionale (cfr. in dottrina BENASSI, 2014; PATTI, 2013; in giurisprudenza ex multis App. Venezia, 11 marzo 2015; App. Milano, 4 febbraio 2015, entrambe in ilcaso.it; App. Genova, 10 febbraio 2014, in ilquotidianogiuridico.it; App. Venezia, 20 novembre 2013, in Dir. Fall., 2014, 147; Trib. Treviso, 24 febbraio 2015; Trib. Venezia 20 gennaio 2015; Trib. Busto Arsizio, 24 luglio 2014; Trib. Modena 7 aprile 2014, Trib. Terni, 27 dicembre 2013; Trib. Genova, 4 novembre 2013, in ilcaso.it).
Da un punto di vista letterale, il generico riferimento al ricorso di cui all'art. 161 l. fall. ricomprenderebbe tanto l'ipotesi di cui al comma 1, quanto l'ipotesi di cui al comma 6, essendo ormai netta la distinzione tra domanda, proposta e piano di concordato, adottata dal legislatore del 2012, sul modello della Chapter 11 statunitense. Il fatto che il legislatore non abbia esplicitamente escluso l'applicabilità di tale norma al concordato con riserva, varrebbe pertanto come conferma, a contrario, della sua compatibilità.
Da un punto di vista sistematico, la disciplina della sospensione e dello scioglimento dei contratti in corso di esecuzione farebbe capo a quell'insieme di disposizioni introdotte dal legislatore della riforma del 2012 per favorire il buon esito della domanda di concordato (PENTA, 2014).
Infine, da un punta di vista funzionale, l'applicabilità della disciplina dello scioglimento/sospensione dei contratti in corso di esecuzione alla fase prenotativa sembra discendere logicamente dalla stessa ratio dell'art. 169-bis, essendo essa strumentale al buon esito, o comunque ad un miglior esito, della procedura concordataria, reputata in ogni caso più efficiente rispetto a quella fallimentare.
La generale e astratta compatibilità dell'istituto necessita, in ogni caso, di essere valutata in concreto, soprattutto con riferimento all'ipotesi dello scioglimento, avendo particolare riguardo al livello di disclosure effettuata dall'imprenditore in concordato nelle more del deposito della proposta e del piano (in tal senso, Trib. Rovigo, 6 marzo 2014 in ilcaso.it; Trib. Monza, 16 gennaio 2013; Trib. Catanzaro, 23 gennaio 2013, entrambe in ilFallimentarista.it; Trib. Vercelli, 20 settembre 2013, in ilcaso.it). In linea generale, infatti, affinché il debitore istante possa ottenere un provvedimento di scioglimento del contratto in corso di esecuzione nella fase prenotativa, sarà necessario che egli metta a disposizione del giudice un approfondito bagaglio informativo, tale da consentire a quest'ultimo di valutare l'effettiva compatibilità dello scioglimento con il piano concordatario, nonché la sua funzionalità al perseguimento di un risultato efficiente per gli altri creditori concorsuali. Il differente grado di approfondimento della disclosure richiesta al debitore istante è comunque rimessa alla discrezionalità nonché alla prassi dei diversi tribunali.

Il contraddittorio con il contraente in bonis

Come anticipato sopra, circa la necessità o meno di instaurare un contraddittorio con il contraente in bonis prima di pervenire alla pronuncia sulla sospensione o sullo scioglimento di un contratto in corso di esecuzione secondo quanto prescritto dall'art. 169-bis l. fall., sono state espresse, in dottrina e in giurisprudenza, diverse opinioni, riconducibili in sintesi a tre orientamenti, tra i quali ancora oggi non è possibile identificare il prevalente.
Un primo orientamento afferma la inderogabilità del contraddittorio sul rilievo secondo cui, poiché lo scioglimento o la sospensione del contratto in corso di esecuzione sono idonei ad incidere sulla sfera giuridica del terzo contraente che presenta un interesse contrapposto a quello del debitore instante, con effetti tendenzialmente irreversibili (nel caso dello scioglimento) o comunque rilevanti (nel caso della sospensione), il relativo provvedimento deve essere assunto nel bilanciamento di tutti gli interessi in gioco (tipicamente quello dell'imprenditore concordatario, quello del contraente in bonis e quello dei creditori concorsuali) in una procedura che assicuri l'apporto conoscitivo di tutte le parti coinvolte. A sostegno di tale tesi è stato più volte invocato il principio del contraddittorio di cui all'art. 101 c.p.c., che, secondo l'orientamento della Corte di Cassazione, deve essere applicato, conformemente ai principi costituzionali del giusto processo, tutte le volte in cui l'esercizio del potere giurisdizionale sia idoneo ad incidere su un diritto di un controinteressato. Di conseguenza, il provvedimento assunto in violazione del principio di contraddittorio deve considerarsi nullo, non potendosi, secondo questo orientamento, sacrificare tale principio sulla base delle esigenze di celerità che tipicamente connotano le procedure volte a disciplinare la crisi di impresa. Né tantomeno, secondo tale tesi, la possibilità che il contraddittorio si attui soltanto in una fase di gravame, può giustificare una simile compressione dei diritti del contraente in bonis, da considerarsi comunque contraria all'art. 111 Cost. (in tal senso App. Milano, 4 febbraio 2015, in ilcaso.it; App. Venezia, 20 novembre 2013, in ilFallimentarista.it, con nota di RONDINONE, 2014; App. Milano, 8 agosto 2013, in Dir. Fall., con nota di INZITARI-RUGGIERO, 2014; Trib. Pavia, 24 novembre 2014 e 4 marzo 2014; Trib. Novara, 27 marzo 2013 e 3 aprile 2013; Trib. Monza, 21 gennaio 2013, in ilcaso.it; in dottrina PENTA, 2014; SCOGNAMIGLIO, 2013). Peraltro, si è posta in evidenza la costante necessità di verificare con il contraddittorio sia stata già proposta, in relazione ad un inadempimento pregresso del proponente, una domanda risolutoria o se possa considerarsi sussistente l'inadempimento del debitore proponente posto dalla controparte a base di una domanda di risoluzione, giacchè l'autorizzazione allo scioglimento non può riguardare contratti già risolti o di cui sia stata già chiesta la risoluzione e l'inadempimento costituisce presupposto necessario della decisione sulla qualificazione del rapporto come pendente (LAMANNA, 2013).
Un secondo orientamento, al contrario, partendo dal dato normativo che non prevede alcunché a riguardo, afferma la non necessità del contraddittorio, atteso che nelle procedure di risoluzione delle crisi di impresa, l'interesse dei singoli sarebbe posposto a quello della collettività dei creditori (in tal senso BENASSI, in Dir. Fall., 2014, 152), e pertanto al giudice sarebbe richiesto solo di valutare se vi sia convenienza o meno alla scioglimento o alla sospensione del contratto, nel solo interesse dei creditori concordatari, ovvero, in altri termini, se tale soluzione sia efficiente e funzionale ai fini della predisposizione e dell'esecuzione del piano concordatario (INZITARI-RUGGIERO, 2014, 15). Tale impostazione sarebbe confermata anche dalla ricostruzione dell'istituto di cui all'art. 169-bis l. fall. in termini di diritto potestativo in capo al debitore istante e di correlativo pati in capo al contraente in bonis, tenuto di fatto a subire gli effetti della decisione unilaterale del primo, e potendo beneficiare solo dell'indennizzo previsto dalla norma di legge. In tale ottica, il contraddittorio con il terzo contraente sarebbe assicurato solo nella fase di gravame eventualmente proposta con reclamo ex art. 26 l. fall., ovvero davanti al giudice ordinario, qualora l'ammontare dell'indennizzo (determinato dal debitore concordatario nel piano di concordato) non sia considerato congruo dal contraente in bonis (App. Trento, 4 novembre 2013; Trib. Rovigo, 11 settembre 2014; Trib. Udine, 25 settembre 2013, entrambe in ilcaso.it; in dottrina INZITARI – RUGGIERO, 2014; RONDINONE, 2014; in senso conforme anche COSENTINO, 2014). Sul punto pare interessante la ricostruzione proposta in dottrina (DI NOLA, 2013), e condivisa da un'isolata giurisprudenza (Trib. Rovigo, 6 marzo 2014, in Dir. Fall., 2014, 728, con nota di PENTA) secondo la quale il legislatore avrebbe strutturato la procedura di cui all'art. 169-bis l. fall. in un procedimento bifasico, in cui la prima fase sarebbe deputata alla valutazione del vantaggio/svantaggio per la procedura (o meglio per i creditori e la conservazione dell'impresa) arrecato dallo scioglimento o dalla sospensione, ovvero dalla conservazione, del contratto, mentre la seconda fase avrebbe ad oggetto l'equa composizione degli interessi in gioco, attraverso la determinazione del quantum dell'indennizzo, ad effetto compensatorio, a favore del contraente in bonis.
Infine, un terzo orientamento, in posizione intermedia tra gli altri due, ammette la possibilità, in casi di particolare urgenza, di emettere una pronuncia inaudita altera parte, salvo poi garantire un contraddittorio successivo con il contraente in bonis nell'udienza di cui all'art. 162 l. fall., ovvero in quella prevista dall'art. 174 l. fall., sullo schema già utilizzato dal nostro ordinamento con riferimento, per esempio, ai procedimenti cautelari di cui agli artt. 669-bis ss. c.p.c. (Trib. Pavia, 24 novembre 2014, in ilcaso.it; Trib. Ravenna, 22 ottobre 2014, in commento, e 28 gennaio 2014; Trib. Udine, 25 settembre 2013, in ilcaso.it; in dottrina BENASSI, Concordato preventivo e contratti pendenti, 2014; MANCUSO, 2014). Una simile interpretazione permetterebbe di contemperare le esigenze di celerità tipiche delle procedure di gestione delle crisi di impresa, con il principio del contraddittorio, consentendo al terzo contraente di esprimere le proprie considerazioni e le eventuali ragioni di opposizione, soprattutto in caso di scioglimento del rapporto contrattuale, ove si verificherebbero effetti definitivi.

Osservazioni

Se nel caso del concordato, a deposito già avvenuto del piano e di tutti gli altri documenti richiesti dalla legge, pare condivisibile l'orientamento che non richiede l'obbligatorietà del contraddittorio, soprattutto in quella versione che ricostruisce il procedimento previsto dall'art. 169-bis l. fall. come bifasico (DI NOLA, 2013), tale ragionamento non pare, tuttavia, applicabile alla fase di preconcordato, caratterizzata da un lato da un'accentuata asimmetria informativa che incentiva il verificarsi di comportamenti opportunistici da parte dell'imprenditore in crisi, e dall'altro lato da un'intrinseca incertezza dovuta alla possibilità che la procedura prenotativa sfoci in un accordo di ristrutturazione dei debiti ex art. 182-bis l. fall., anziché in un piano concordatario. In tale ottica, una ricostruzione degli interessi sottesi alla disciplina di cui all'art. 169-bis basata sulla preminenza dell'interesse della massa dei creditori, pare quantomeno forzata. Infatti, in una fase come quella di preconcordato, suscettibile di sfociare in una procedura connotata da forte carattere privatistico, qual è quella delineata dall'art. 182-bis l. fall., che di fatto si risolve in un accordo tra il debitore insolvente e alcuni dei suoi creditori, non emerge ancora un interesse della massa dei creditori intesa nel suo complesso, perché, di fatto, un ceto creditorio non esiste ancora. E allora non pare corretto affermare che anche nel preconcordato sia individuabile un interesse della massa dei creditori, così come esso può essere inteso in una procedura concorsuale quale quella di concordato preventivo. Di talché, in tale fase, sarà difficilmente sostenibile un'argomentazione che escluda in toto la necessità del contraddittorio con il contraente in bonis sulla sola motivazione della preminenza dell'interesse della collettività dei creditori. Pur astenendosi dall'affermare, a contrario, l'obbligatorietà del contraddittorio, sembrerebbe ictu oculi più prudente e più coerente sostenere la possibilità, in fase di concordato prenotativo, di autorizzare la sospensione dei contratti pendenti inaudita altera parte, solo in casi di particolare e comprovata urgenza, procedendo poi all'integrazione del contraddittorio in una fase successiva, soprattutto ove il debitore instante intenda ottenere l'autorizzazione allo scioglimento del contratto. Pare, pertanto, corretto affermare che nella fase di preconcordato l'interesse del contrente in bonis, considerata anche la speculare impossibilità di ravvisare in tale contesto un vero e proprio interesse della massa dei creditori, rivesta un certo grado di rilevanza, tale da consentire di non escludere a priori la necessità che si instauri una qualche forma di contradditorio.
E allora, concludendo, sarà necessario, con riferimento a tale fase, effettuare una valutazione più approfondita degli interessi sottesi alla sospensione o allo scioglimento del contratto, soprattutto in un'ottica di efficienza dell'istituto, al fine di verificare se il sacrificio dell'interesse del contraente in bonis si riveli sempre e comunque la soluzione più efficiente, ovvero se esso meriti una diversa considerazione, con tutte le conseguenze del caso anche in termini processuali di diritto al contraddittorio.

Minimi riferimenti bibliografici

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