Conferimento di incarico dopo l’ammissione al concordato preventivo

17 Aprile 2012

In tema di concordato preventivo, il conferimento di un incarico professionale dopo l'ammissione alla procedura non deve essere autorizzato dal Giudice Delegato, ai sensi dell'art. 167 l. fall., tutte le volte in cui detto incarico possa essere qualificato, con giudizio da formularsi ex ante, come funzionale al fine della preservazione del patrimonio dell'impresa in crisi e della concreta possibilità di utile gestione della procedura di concordato.
Massima

In tema di concordato preventivo, il conferimento di un incarico professionale dopo l'ammissione alla procedura non deve essere autorizzato dal Giudice Delegato, ai sensi dell'art. 167 l. fall., tutte le volte in cui detto incarico possa essere qualificato, con giudizio da formularsi ex ante, come funzionale al fine della preservazione del patrimonio dell'impresa in crisi e della concreta possibilità di utile gestione della procedura di concordato.

Il caso

Dopo essere stato ammesso alla procedura di concordato preventivo, la società proponente conferiva un incarico di natura professionale ad un dottore commercialista. Dalla lettura dell'ordinanza in commento non si evince quale fosse, in concreto, il contenuto di detto incarico, mentre è dato ricavare come il professionista così officiato avesse rinunciato al compenso per l'ipotesi che il concordato fosse stato approvato e, poi, definitivamente omologato. Dichiarato il fallimento della società proponente, il professionista proponeva, quindi, domanda di ammissione al passivo facendo valere nel concorso il proprio credito (privilegiato) avente ad oggetto il compenso maturato in relazione all'attività professionale espletata nel corso della procedura di concordato. La domanda veniva rigettata dal Giudice Delegato all'esito della fase sommaria dell'accertamento del passivo svoltasi innanzi a lui; medesima conclusione negativa in ordine all'ammissione del credito veniva attinta anche dal Tribunale in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo instaurato dal professionista. Ad avviso del Tribunale, infatti, il credito non poteva essere ammesso in quanto, dovendosi ritenere nulla ed improduttiva di effetti la rinuncia del professionista a richiedere il pagamento del compenso a condizione che il concordato fosse omologato, l'ingente posta passiva che si era immediatamente generata a seguito del conferimento dell'incarico professionale in corso di procedura era essa stessa da considerarsi inefficace per mancata autorizzazione del Giudice Delegato ex art. 167 l. fall. Secondo il ragionamento svolto dal Tribunale (per come è sintetizzato nella ordinanza in commento), non v'era dubbio sulla natura di atto eccedente l'ordinaria amministrazione che doveva necessariamente assegnarsi al conferimento dell'incarico professionale. Esso, in effetti, aveva dato luogo al sorgere di un credito di assai elevato importo che, gravando interamente ed immediatamente sulla massa, avrebbe, di fatto, esso stesso impedito l'omologazione del concordato. Avverso tale decisione ricorreva in Cassazione il professionista, censurando il decreto del Tribunale sotto il duplice profilo della violazione di legge e del difetto di motivazione. La Cassazione ha ritenuto manifestamente fondato il ricorso, richiamandosi ad un propria conforme pronuncia resa con riferimento alla olim vigente procedura di amministrazione controllata (ciò che, in effetti, ha reso possibile l'accoglimento da parte della “apposita sezione” ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 360 bis, n. 1, c.p.c.).

Le questioni giuridiche e la soluzione

Nell'accogliere il ricorso, la S.C. ha riaffermato il principio in virtù del quale il conferimento di un incarico professionale, anche se di costo elevato, nelle more di una procedura di concordato preventivo non può essere considerato, tout court, atto di straordinaria amministrazione - come tale da autorizzarsi da parte del Giudice Delegato ex art. 167 l. fall. a pena di inefficacia anche nel successivo (e, diremmo noi, consecutivo) fallimento - dovendosi ritenere, al contrario, che il compenso astrattamente spettante al professionista possa essere escluso dal concorso con gli altri creditori solo qualora maturato in relazione ad incarichi che non siano, in astratto, pertinenti ed idonei allo scopo di conservare e/o salvare l'impresa.
In tale contesto, ad avviso della Cassazione, non potendosi affatto ritenere illecita (o, comunque, improduttiva di effetti) la rinuncia al compenso operata dal professionista a condizione che il concordato venisse omologato (e ciò perché detta rinuncia rientra comunque nella piena disponibilità del creditore e, piuttosto che impedire, favorisce l'approvazione del concordato), i giudici di merito avevano il compito di procedere, prescindendo dal costo dell'opera professionale, all'accertamento della utilità dell'incarico ai fini della preservazione del patrimonio e della concreta possibilità di una buona riuscita del concordato, e ciò sulla base di un giudizio da formularsi ex ante che è stato, invece, del tutto omesso nel provvedimento impugnato.
In definitiva, secondo l'ordinanza in commento, in caso di incarico professionale conferito in corso di procedura, ma dichiaratamente volto al risanamento dell'impresa o, comunque, al buon esito della procedura di composizione concordata della crisi, non vi è spazio per un anticipato giudizio di “meritevolezza” da parte del Giudice Delegato in sede di preventiva autorizzazione ex art. 167 l. fall. degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, poiché siffatti incarichi andranno vagliati, quanto alla loro astratta utilità e funzionalità al raggiungimento del loro tipico scopo, solo al momento in cui, nel susseguente fallimento, venga richiesto il riconoscimento giudiziale del relativo compenso, non potendosi, infatti, ammettere tra le passività concorsuali crediti originatisi da incarichi conferiti per finalità personali o dilatorie.

Osservazioni

A parere della S.C., in buona sostanza, il richiamo alla necessaria preventiva autorizzazione ex art. 167 l. fall. per gli incarichi professionali conferiti in corso di procedura non sarebbe pertinente nel caso di specie, posto che, a ben vedere, essi o sono funzionali al raggiungimento di finalità risanatorie o conservative - ed allora non necessitano di alcuna autorizzazione, rientrando nell'ambito di un'attività di ordinaria amministrazione di una impresa in crisi - ovvero sono del tutto estranei a tali scopi ed utilità e non rientrando, pertanto, né nella categoria degli atti di straordinaria amministrazione, né in quella degli atti di ordinaria amministrazione sono, come tali, del tutto insuscettibili di autorizzazione.
Peraltro, come ha cura di precisare la S.C. nell'ordinanza in commento, una volta individuata una tale astratta finalità di sostegno al risanamento o alla conservazione dell'impresa dell'attività professionale oggetto dell'incarico, ci si dovrà, comunque, far carico di accertare se la prestazione richiesta e, poi, effettivamente resa non sia stata eccedente, non tanto da un punto di vista economico, quanto da un punto di vista del “merito” della prestazione stessa, rispetto alle reali e concrete necessità e prospettive risanatorie dell'impresa.
Ciò che, in definitiva, conta al fine di vedere ammesso il credito relativo al compenso per un incarico professionale di siffatto tenore e contenuto non è sua la minore o maggiore incidenza economica sul patrimonio dell'impresa, quanto, diversamente, il fatto che l'attività professionale (di natura legale o aziendale) possa essere valutata, tenendo conto di tutti gli elementi concretamente presenti al momento del conferimento dell'incarico, siccome verosimilmente e ragionevolmente volta al conseguimento di risultati utili per i creditori in quanto coincidenti con una migliore e più proficua realizzazione di una concordata soluzione della crisi.

Le questioni aperte

La decisione in commento, indubbiamente ispirata a dar seguito all'evidente favor che il legislatore ha mostrato di riconoscere alle c.d. procedure di composizione negoziale o concordata della crisi di impresa, non si è, peraltro, confrontata con un tema che, al contrario, potrebbe avere, a nostro avviso, una certa qual rilevanza.
Come noto, infatti, i crediti dei professionisti e di ogni altro prestatore d'opera intellettuale sono assistiti da un privilegio generale sui beni mobili ai sensi dell'art. 2751 bis, n. 2), cod.civ.; e non v'è ragione di dubitare che tale disposizione possa e debba valere anche con riferimento ad incarichi professionali conferiti in corso di procedura.
Al di là, quindi, di qualsiasi discussione intorno alla ordinarietà e/o straordinarietà di atti di questo genere, ciò che potrebbe decisivamente rilevare al fine di far ritenere che gli incarichi di natura professionale debbano essere, sempre e comunque, autorizzati dal Giudice Delegato ex art. 167 l. fall. è, quindi, la previsione di cui all'ultimo comma dell'art. 168, a mente del quale, in effetti, i creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia rispetto ai creditori concorrenti “salvo che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti dall'articolo precedente”.
Ed anzi, qualora si riconosca e si ammetta (come fa l'ordinanza qui in commento) che il criterio discretivo per poter riconoscere, nel successivo fallimento, il credito del professionista officiato in corso di procedura sia quello della funzionalità dell'opera prestata rispetto ad una concreta possibilità di utile gestione del concordato, allora si potrebbe anche arrivare a ritenere che detti crediti siano da considerarsi addirittura prededucibili ai sensi dell'art. 111, ultimo comma, l. fall. per il quale, come noto, “sono considerati crediti prededucibili [...] quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”.
In ragione di questa possibilità di collocazione preferenziale del relativo credito al compenso, la preventiva autorizzazione del Giudice Delegato (che, a tal fine, effettuerà quella medesima valutazione che la S.C. vorrebbe, invece, che fosse compiuta solo ex post, ma con giudizio da formulare ex ante) sembrerebbe poter recuperare la sua utilità e, financo, necessità.

Minimi riferimenti giurisprudenziali

In giurisprudenza, nello stesso senso della pronuncia in commento, v. Cass. civ., sez. I, 25 giugno 2002, n. 9262, nonché Cass. civ., sez. I, 8 novembre 2006, n. 23796.

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