Persistenza delle condizioni di ammissibilità della proposta e giudizio di omologa

29 Maggio 2015

Il Tribunale deve rigettare la domanda di omologazione del concordato quando riscontri atti o fatti rilevanti ai sensi dell'art. 173 l. fall. anche se non sia stato aperto il relativo procedimento.
Massima

Il Tribunale deve rigettare la domanda di omologazione del concordato quando riscontri atti o fatti rilevanti ai sensi dell'art. 173 l. fall. anche se non sia stato aperto il relativo procedimento.

Il trust c.d. anti-concorsuale si colloca al di fuori del perimetro concordatario e rende pertanto incompatibile con i principi del nostro ordinamento - tra cui l'art. 2740 c.c, in base al quale il debitore risponde dell'adempimento delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri - l'atto di segregazione che si attua attraverso la costituzione del trust.

Il caso

Innanzi al Tribunale di Arezzo viene depositato un ricorso per l'ammissione al concordato preventivo con riserva di successivo deposito, nel termine richiesto contestualmente al Tribunale, del piano e della documentazione prevista dall'art. 161, comma 3, l. fall.
La proposta prevede che i proventi per l'esecuzione del concordato deriveranno dalla liquidazione di tutte le attività dell'impresa (inclusi marchi, macchinari, immobili e crediti) e che saranno destinati al pagamento integrale delle spese di procedura e dei crediti privilegiati e di una percentuale - pari a quasi al 40% - dei crediti chirografari.
Qualche mese prima dell'udienza fissata per l'adunanza dei creditori, il ricorrente modifica sostanzialmente la proposta prevedendo che, nei 36 mesi successivi all'omologa del concordato e subordinatamente al pagamento integrale delle spese, dei crediti privilegiati e di una percentuale dei crediti chirografari, verrà costituito un trust, ove confluiranno gli ulteriori proventi per la soddisfazione dei crediti chirografari derivanti dalla vendita dell'energia prodotta dagli impianti fotovoltaici (che, quindi, non saranno più oggetto di cessione). Il ricorrente precisa, infine, che il concordato verrà adempiuto con la sola costituzione del trust, poiché le successive operazioni di liquidazione verranno demandate al trustee e non agli organi della procedura.
Nonostante il parere sostanzialmente favorevole dei commissari, che valutano il concordato comunque preferibile al fallimento - pur ritenendolo non fattibile alle percentuali indicate dal ricorrente - e l'approvazione dei creditori, il Tribunale non omologa.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso portato all'attenzione del Tribunale di Arezzo si incentra non soltanto sulla natura del trust e sulla sua ammissibilità nel nostro ordinamento, qualora esso assuma i connotati del c.d. trust anti-concorsuale, ma altresì sulla relazione tra approvazione del concordato – attraverso il voto favorevole dei creditori - e successiva omologa.
In primo luogo, il Tribunale - richiamando la giurisprudenza più recente e ormai consolidata - ribadisce che ad esso spetta un controllo di legittimità sulla fattibilità del concordato e che tale controllo non viene escluso dall'attestazione del professionista né dal voto favorevole dei creditori.
Il tema centrale sottoposto all'analisi del Tribunale di Arezzo è quello del trust liquidatorio che, per le modalità con cui è stato previsto nella proposta modificata, si collocherebbe fuori dal perimetro concordatario per acquisire natura anti-concorsuale.
A latere sono stati esaminati svariati temi: (i) la ragionevole durata del processo (rectius della procedura di concordato) e la sua compatibilità con la fattibilità della proposta; (ii) la concreta fattibilità della proposta alla luce della contraddizione tra la stessa e la stima fatta dai commissari nella relazione ex art. 172 l. fall.; e (iii) la necessità di contemperare la volontà della maggioranza dei creditori - che hanno approvato il concordato - con la tutela (altrettanto meritevole di considerazione) dei creditori dissenzienti.
Il Tribunale ha ritenuto di dovere attribuire al giudizio di omologa una duplice funzione, volta sia alla valutazione della persistenza delle condizioni di ammissibilità riscontrate al momento dell'apertura della procedura, sia alla verifica del rispetto delle regole sull'informazione completa e adeguata dei creditori che hanno espresso il voto.

Osservazioni

L'analisi della questione circa i limiti del controllo giudiziale sulla "fattibilità" del concordato preventivo è giustamente liquidata in poche battute richiamando la recente giurisprudenza delle Sezioni Unite, secondo la quale "il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando tale giudizio escluso dall'attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità del successo economico del piano ed i rischi inerenti" (Cass. 23 gennaio 2013, n. 1521). In base a tale orientamento il controllo di legittimità viene definito in senso abbastanza lato: esso deve estendersi alla ragionevolezza, logicità, comprensibilità e coerenza dei criteri valutativi adottati dall'esperto, al fine di assicurare ai creditori, prima della votazione, una corretta informazione e un consenso informato.
Il Tribunale di Arezzo aderisce a quell'orientamento secondo il quale il giudice deve rivestire il ruolo di garante del rispetto della legalità nello svolgimento della procedura, estraneo alle valutazioni – spettanti ai creditori – in ordine alla convenienza economica della proposta.
La proposta è stata rigettata, nonostante il voto favorevole dei creditori, poiché il Tribunale ha ritenuto che "nel giudizio di omologazione del concordato preventivo, il controllo della regolarità della procedura impone al Tribunale la verifica della persistenza sino a quel momento delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura già scrutinate nella fase iniziale, dell'assenza di atti o fatti di frode ed, infine, in caso di riscontro positivo di tali condizioni, del rispetto delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole ed adeguata informazione".
Il Tribunale di Arezzo ha poi ritenuto che la costituzione di un trust liquidatorio, così come proposto dal ricorrente, sia incompatibile con il carattere concorsuale della procedura.
Il trust può essere definito come l'istituto "in forza del quale il soggetto che costituisce il trust (il settlor) – il che può avvenire con un atto unilaterale inter vivos o con un atto mortis causa – pone dei beni "sotto il controllo" di un trustee (ossia di un amministratore fiduciario), affinché quest'ultimo amministri, gestisca o disponga dei beni conferiti nel trust secondo le disposizioni impartite dal costituente, agendo in vista dell'interesse di un terzo – il beneficiario del trust (beneficiary) – indicato dallo stesso costituente, ovvero in funzione della realizzazione di un fine specifico". Elemento caratterizzante è la segregazione patrimoniale dei beni in trust: quando essi sono "posti sotto il controllo" del trustee vanno a formare una massa distinta dal suo patrimonio personale.
L'utilizzo del trust nel diritto delle imprese in crisi è cresciuto negli ultimi anni, sia come tecnica di accelerazione delle operazioni di chiusura del fallimento o della liquidazione, sia come forma di garanzia della massa dei creditori nei concordati preventivi e fallimentari.
Negli ultimi anni, la giurisprudenza di merito si è confrontata con questo istituto, rispondendo all'esigenza di reprimere abusi nei casi in cui il disponente, in condizioni d'insolvenza, istituiva un trust liquidatorio al fine di sottrarsi alle procedure concorsuali. Il Tribunale di Milano, ex multis, con l'ordinanza del 16 giugno 2009 (in Trust e attività fiduciarie, 2009, 533), ha accertato la nullità originaria di un trust la cui utilizzazione abbia come finalità l'elusione di norme imperative dell'ordinamento italiano, vista anche la clausola di cui all'art. 15 lett. e) della Convenzione dell'Aja, che limita l'applicazione della Convenzione stessa nei casi in cui sia necessaria la "protezione dei creditori in casi d'insolvenza".
La Corte di Cassazione, con la sentenza del 9 maggio 2014, n. 10105 (in Trust e attività fiduciarie, 2014, 585), ha individuato due categorie particolarmente problematiche: a) il c.d. trust endo-concorsuale, istituito "quale alternativa alle misure concordate di risoluzione della crisi d'impresa", e b) il c.d. trust anti-concorsuale, che si sostituisce "alla procedura fallimentare ed impedisce lo spossessamento dell'imprenditore insolvente".
La Corte, esaminando il caso sub a), sottolinea il favor del legislatore per quelle soluzioni (come i piani di risanamento attestati o il concordato) idonee a scongiurare il fallimento, inquadrando il trust endo-concorsuale come una misura che "non contraddice comunque la natura officiosa della procedura e la sua funzione di tutelare l'ordine economico, anche perchè la soluzione concordata non investirebbe tutte le fasi dell'accertamento dei crediti, dell'acquisizione dell'attivo, del riparto, ma solo taluni momenti specifici e tenuto, altresì, conto che le novelle fallimentari hanno ampliato l'ambito dell'autonomia negoziale" (cfr. anche Trib. Ravenna, 4 aprile 2013, decr., in Trusts e attività fiduciarie, 2013, 6; Trib. Napoli, 19 novembre 2008, in Trusts e attività fiduciarie, 2009, 6; Trib. Parma, 3 marzo 2005, in Fall. 2005, 558).
Opposte le considerazioni in tema di trust anti-concorsuale, che non può considerarsi alternativo alla procedura fallimentare, poiché qui la comparazione non avviene tra istituti privatistici, ma tra "strumenti di cui l'uno, quale il trust, ancorato a regole ed interessi comunque privati del disponente, e l'altro di natura schiettamente pubblicistica, qual è la procedura concorsuale, destinata a sopravvenire nel caso di insolvenza a tutela della par condicio creditorum e che non è surrogabile da strumenti che (ove pure siano trasferiti al trustee anche i rapporti passivi) nè garantiscono tale parità, nè escludono procedure individuali, nè prevedono trattative vigilate con i creditori al fine della soluzione concordata della crisi, nè contemplano alcun potere di amministrazione o controllo da parte del ceto creditorio o di un organo pubblico neutrale". Il trust interno costituito da debitore insolvente, ed in questo la Cassazione si distingue dalla giurisprudenza di merito, non sarebbe nullo, ma piuttosto "non riconoscibile" nel nostro ordinamento, in quanto in contrasto con norme inderogabili e di ordine pubblico. Venuto meno il negozio istitutivo del trust, diverrà senza causa anche l'attribuzione patrimoniale operata con l'atto di trasferimento dei beni, così che questi potranno essere appresi dal curatore fallimentare.
La ragionevole durata del processo. La proposta prevedeva nel caso di specie che il costituendo trust avrebbe avuto una durata di 18 anni. Ora, se è vero che tale durata, secondo la soluzione prospettata dal ricorrente, non avrebbe impattato sulla durata del concordato, che avrebbe dovuto considerarsi adempiuto una volta costituito il trust, è altrettanto vero che nel trust sarebbero dovuti confluire i proventi della vendita dell'energia necessari a completare il pagamento dei crediti chirografari. Tutto ciò avrebbe, quindi, avuto evidenti ripercussioni sui tempi di attuazione della proposta.
Tale eccessiva dilatazione dei tempi non trova giustificazione neanche nell'ottica di un migliore soddisfacimento dei creditori. Il Tribunale di Arezzo ha osservato, infatti, che l'eccessiva durata del piano concordatario può trovare giustificazione nel migliore soddisfacimento dei creditori solo nel caso di concordato in continuità, mentre un concordato liquidatorio può considerarsi realizzabile solo nella misura in cui preveda un soddisfacimento dei creditori in tempi ragionevoli e - aggiungerei - prevedibili. Diciotto anni sono un tempo troppo lungo per potere effettivamente prevedere e garantire un soddisfacimento dei creditori e, soprattutto, per potere considerare tale soddisfacimento effettivamente tale ovvero di concreto interesse per un creditore. Sul punto si erano già espresse le Sezioni Unite con la richiamata pronuncia del 2013, affermando "la rilevanza del profilo relativo ai tempi di adempimento indicati dal debitore nella proposta e l'incidenza di detto aspetto sulla valutazione di quest'ultima nei suoi termini complessivi e quindi, per la parte di specifico interesse, sul giudizio di fattibilità del concordato".
Anche il Tribunale di Arezzo, senza spingersi ad un esame sulla convenienza della proposta, ma attenendosi ai fatti (e alla fattibilità), ha considerato che la previsione contenuta nel piano, che indicava una percentuale di soddisfacimento del credito chirografario già prima della costituzione del trust, e le previsioni dei commissari, che ritenevano in concreto realizzabile una percentuale addirittura inferiore nel corso dei successivi 18 anni, conferma l'impossibilità di considerare attendibili valutazioni prospettiche di tale durata.
D'altra parte la fattibilità della proposta non deve essere confusa con la convenienza. Se tale ultima valutazione, spetta senz'altro ai creditori, il giudizio sulla fattibilità non può che spettare al tribunale che ha l'onere di tutelare anche i creditori dissenzienti. Anche il Tribunale di Prato aveva in precedenza affermato che non può essere rimesso alla decisione della maggioranza dei creditori, con pregiudizio dei dissenzienti, il rischio di fattibilità di un piano i cui margini di opinabilità e di errore siano talmente ampi da inficiare la ragionevole tenuta e la probabilità di successo (Trib. Prato, 30 aprile 2014, decr.).
Sul punto la Cassazione si è espressa anche recentemente affermando che l'omologa ha proprio la funzione di verificare ex post il rispetto delle condizioni di ammissibilità già verificate nella fase iniziale e delle regole che impongono che la formazione del consenso dei creditori sulla proposta concordataria sia stata improntata alla più consapevole e adeguata informazione (Cass. n. 10778/2014).
I pagamenti di creditori anteriori e la ricorrenza di atti o fatti rilevanti ai sensi dell'art. 173 l. fall. Infine, il Tribunale ha individuato, come ulteriore circostanza dirimente e ostativa all'omologa, l'esecuzione – da parte del debitore - di pagamenti di crediti anteriori in assenza di preventiva autorizzazione. Si tratta di pagamenti lesivi della par condicio creditorum non oggetto di autorizzazione da parte del Tribunale ex art. 167 l. fall. in materia di atti di straordinaria amministrazione. Tali pagamenti non possono neppure essere assoggettati alla disciplina dell'art. 182-quinquies l. fall. in relazione al pagamento di crediti anteriori, poiché il concordato in esame non è un concordato con continuità aziendale e comunque anche tali pagamenti richiedono la preventiva autorizzazione del tribunale.
La conclusione cui giunge in Tribunale di Arezzo ribalta prima facie il rapporto tra ammissione al concordato e voto sulla proposta. Tali due fasi sarebbero l'una di pertinenza esclusiva del Tribunale e l'altra di pertinenza dei creditori. La conseguenza logica dovrebbe quindi essere quella di una omologa necessaria, ai sensi dell'art. 180, comma 3, l. fall in base al quale se non sono proposte opposizioni il tribunale, verificata la regolarità della procedura e l'esito della votazione, omologa il concordato. E tale omologa, ai sensi del successivo, comma 4, non si dovrebbe fermare - in taluni casi - neanche in presenza di opposizioni. Tuttavia il Tribunale di Arezzo ha compiuto proprio la verifica della regolarità della procedura e tale verifica ha portato ad una opposta conclusione. Ferma, infatti, la valutazione sul trust, sulla durata e sulle prospettive di soddisfacimento dei creditori, l'avere il debitore compiuto atti astrattamente denunciabili ai sensi dell'art. 173 l. fall. non può esimere il Tribunale da un esame circa la rilevanza, quali atti di frode, anche in mancanza di un procedimento apertosi per tale esame. In tali termini, infatti, ha concluso il Tribunale di Arezzo: “In definitiva, risultando integrati i presupposti dell'art. 173, comma 3, 1.f. (sotto il profilo del compimento di atti non autorizzati ex art. 167 1.f. e del venir meno delle condizioni prescritte per l'ammissione dei concordato), si impone il rigetto del concordato".

Conclusioni

La sentenza in esame rappresenta un interessante caso, di valutazione ex post – al momento dell'omologa –, della persistenza dei presupposti di fattibilità del piano già valutati in sede di ammissione.
Il Tribunale ha dovuto constatare che il ricorrente aveva sostanzialmente modificato la proposta prevedendo la costituzione di un trust di fatto incompatibile con la procedura di concordato (c.d. trust anti-concorsuale) e comunque configurato in modo tale da pregiudicarne la fattibilità, sia in termini di rispetto della proposta in fase di esecuzione, sia in termini di eccessiva durata della stessa. Infine, il Tribunale ha riscontrato l'esistenza di pagamenti di crediti anteriori non autorizzati né ratificabili e li ha considerati come atti denunciabili ai sensi dell'art. 173 l. fall. Tale ultima circostanza ha consentito al Tribunale un rigetto immediato del concordato pur non tralasciando di considerare il tema – anch'esso carente - della fattibilità.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Le norme di più immediato riferimento sono gli artt. 2 e 15 della convenzione dell'Aja regolatrice del trust, e gli artt. 160, 173, 180 e 182-quinquies l.fall.
In materia dei limiti del controllo operato dal giudice in sede di ammissione del concordato preventivo, si segnalano alcune sentenze favorevoli ad un controllo meramente formale e alcune favorevoli ad un controllo anche nel merito. Per la prima tesi, si vedano Trib. Firenze 27 luglio 2012, in ilcaso.it; Trib. Novara 29 giugno 2012; Trib. Nola 23 febbraio 2012; Trib. Monza 5 agosto 2010, tutte in ilcaso.it. Per la seconda tesi, di rilievo sono Trib. Mantova 12 luglio 2012; Trib. Monza 10 luglio 2012; Trib. Napoli 19 maggio 2010 (in ilcaso.it); Trib. Terni 4 maggio 2009, in Giur. mer. 2009, 11, 2785; Trib. Piacenza 1 luglio 2008, in Giur. mer. 2009, 1, 149; App. Bologna 27 giugno 2006, in Fall. 2007, 6, 661. Per quanto riguarda la terza linea intermedia, si segnalano Cass. 16 settembre 2011, n. 18987; Cass. 23 giugno 2011, n. 13817; Cass. 14 febbraio 2011, n. 3586.
In materia di trust si riporta l'art. 2 della Convenzione dell'Aja, in base al quale "For the purposes of this Convention, the term "trust" refers to the legal relationships created - inter vivos or on death - by a person, the settlor, when assets have been placed under the control of a trustee for the benefit of a beneficiary or for a specified purpose. A trust has the following characteristics: a) the assets constitute a separate fund and are not a part of the trustee's own estate; b) title to the trust assets stands in the name of the trustee or in the name of another person on behalf of the trustee; c) the trustee has the power and the duty, in respect of which he is accountable, to manage, employ or dispose of the assets in accordance with the terms of the trust and the special duties imposed upon him by law."
In dottrina, FANTICINI, L'ingloriosa fine del trust liquidatorio istituito dall'imprenditore insolvente: tamquam non esset!, in Trusts e attività fiduciarie, 2014, 6; FIMMANÒ, La Cassazione "ripudia" il trust concorsuale, in Fall. 2014, 11; LEUZZI, Il trust nel concordato preventivo, in Trusts e attività fiduciarie, 2013, 6. Sugli altri temi trattati si segnalano Trib. Prato, 17 febbraio 2014, decr.; Trib. Prato, 30 aprile 2014, decr.; Trib. Siracusa, 15 novembre 2013, decr.; Cass. Civ. sez. I, 30 aprile 2014 , n. 9541 in ilFallimentarista.it.

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