Formazione delle classi e giudizio di “fattibilita’” nel concordato preventivo

20 Aprile 2012

Con ricorso ex art. 160 l. fall. veniva presentata domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo articolata in cinque classi di creditori, per una delle quali, contenente le banche, si prevedeva, oltre che (come per le altre) il pagamento di una percentuale del credito, anche la fornitura di garanzie dell'esatto adempimento dell'obbligo concordatario, senza tuttavia che fossero indicati importo e natura di tali garanzie.
Il caso

Con ricorso ex art. 160 l. fall. veniva presentata domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo articolata in cinque classi di creditori, per una delle quali, contenente le banche, si prevedeva, oltre che (come per le altre) il pagamento di una percentuale del credito, anche la fornitura di garanzie dell'esatto adempimento dell'obbligo concordatario, senza tuttavia che fossero indicati importo e natura di tali garanzie.

Nella domanda non venivano, altresì, esplicitati i criteri di composizione delle classi di creditori, in relazione ai parametri di omogeneità dell'interesse economico e della posizione giuridica.

Le principali questioni giuridiche trattate

La pronuncia ripropone il problema della definizione di “interesse economico” e di “posizione giuridica”, in sé e nella loro relazione, rispetto al criterio di omogeneità quale limite alla libertà di formazione delle classi di creditori, e con specifico riferimento alla possibilità che per talune di esse si preveda la fornitura di garanzie.
Altro aspetto è il fondamento del principio maggioritario, che si collega alla necessità di rendere efficiente, in determinate situazioni, il procedimento deliberativo, sul presupposto del consenso informato come pre-condizione per una piena e consapevole deliberazione dei creditori sulla (convenienza economica della) proposta.
Si prospetta poi - seguendo un indirizzo piuttosto diffuso - la questione relativa alla possibilità o meno per il tribunale di sindacare la scelta di non formare alcuna classe di creditori, sulla base della affermata sussistenza di una classe (indistinta) di creditori che potrebbero avere interessi economici e posizioni giuridiche non omogenei.
Lungo una linea già tracciata da altre pronunce, si afferma anche la possibilità del tribunale di imporre la creazione di nuove classi o di modificare quelle già formate, ad esempio “ricollocando” in una classe diversa creditori “contestati” o “espunti” da un'altra classe in cui si ritiene non debbano essere compresi
Quanto al giudizio sulla “fattibilità” del piano, la pronuncia del Tribunale di Piacenza si colloca nel solco delle più recenti pronunce della S.C. sul tema, confermando le distinte funzioni demandate, in tale senso, nelle diverse fasi della procedura agli organi preposti (tribunale, G.D. e commissario giudiziale).

Le statuizioni del Tribunale

Affrontando il tema delle classi, la pronuncia afferma, in primo luogo, che i crediti chirografari ben possono considerarsi omogenei quanto a posizione giuridica, ma ciò non integra, per ciò stesso, anche l'omogeneità dell'interesse economico, in quanto è da ritenere, rispetto al giudizio di convenienza, che ”taluni creditori con forti garanzie esterne, sia reali sia personali, o facenti parte di società collegate o controllate possano essere sostanzialmente indifferenti rispetto al contenuto della proposta concordataria e possano, con il loro voto favorevole, pregiudicare il diverso interesse dei creditori ‘ordinari'”.
Secondo il Tribunale, il potere di controllo sulle classi sarebbe a tutela del diritto dei creditori (deboli, quali nella specie devono considerarsi i creditori chirografari) di esprimere la propria valutazione di convenienza sulla base di un consenso informato, tenendo conto della “possibilità che la maggioranza vincoli la minoranza ad una scelta esdebitatoria”.
Tale controllo di legittimità, insieme a quello demandato ai creditori, giustifica l'applicazione nel concordato preventivo del principio maggioritario.
Il controllo del tribunale “sulle modalità di classamento dei creditori e del contenuto delle classi” comprende, secondo la pronuncia, anche la facoltà di imporre la creazione di nuove classi o di modificare quelle autonomamente formate. Criterio discretivo dell'attività di formazione delle classi è la clausola generale di buona fede, essendo tale controllo volto a evitare abusi, quale ad esempio, il creare artatamente più classi quando i creditori inseriti possono rientrare in un'unica classe.
Il decreto in commento si occupa, poi, del giudizio di fattibilità, ricordando i vari orientamenti formatisi, mostrando di aderire a quello che, escluso ogni potere del tribunale di sindacare il merito della proposta, ritiene tuttavia che al giudice debba essere conservato “un potere di controllo della legittimità sostanziale del piano proposto, volto alla tutela della corretta informazione dei creditori (…), in modo che la loro volontà non ne risulti viziata”.

Osservazioni

La pronuncia parte da un presupposto corretto - la relazione tra interesse economico e giudizio di convenienza -, ma giunge, in tal senso, a conclusioni non condivisibili, nella misura in cui, se sussiste tale relazione, occorre domandarsi se la formazione o meno delle classi e la stessa previsione solo per talune di esse di garanzie non rientri nella libertà del proponente di differenziare la proposta concordataria, posto che la deliberazione a maggioranza è limitata a ciascuna classe, cosicché se un creditore è contrario (tenendo conto di quanto ad esempio viene proposto ad altre classi) dovrà comunque sottostare alla deliberazione della maggioranza.
Trattandosi di una facoltà del debitore prevista dalla legge (art. 160 l. fall.), non è possibile sindacare la mancata formazione di classi o la formazione delle classi, se non con riferimento ad un rigoroso controllo dei criteri di inclusione dei singoli creditori all'interno delle singole classi formulate, proprio perché criterio e limite di operatività del principio maggioritario è che i votanti (appartenenti ad una classe) siano avvinti da un interesse comune.
Problema che, deve ritenersi, non si pone quando non siano previste classi, giacché tutti i creditori sono come tali avvinti dall'interesse comune ad evitare la falcidia che di regola consegue al fallimento.
In tal senso, si deve altresì evidenziare che la doppia maggioranza richiesta - in assoluto e del numero delle classi - costituisce presidio e misura di tutela dei creditori.
Lo strumento a disposizione del tribunale per tutelare i creditori “deboli” contro i possibili “abusi” del debitore e dei creditori “forti” consiste, dunque, per quanto attiene al tema della formazione delle classi, nella possibilità di effettuare un controllo rigoroso sulla loro formazione, che senza “invadere” il campo della convenienza economica della proposta, verifichi attentamente i criteri di formazione in ragione del carattere omogeneo o meno dell'interesse economico e della posizione giuridica degli appartenenti a ciascuna classe.
In tal senso se è condivisibile l'affermazione - contenuta nella sentenza - per cui il tribunale può e deve ottenere chiarimenti circa i criteri di formazione, e può, ove manchino, invitare a precisarli e comunque eliminare, in mancanza di adeguati chiarimenti, una o più classi perché non correttamente formate, resta il problema di precisare (come categorie astratte applicabili in concreto) i concetti di interesse economico e posizione giuridica in sé e nella loro relazione, onde rendere efficiente il controllo demandato al tribunale.
Altro invece è il problema del consenso informato che attiene, propriamente, alla trasparenza e comprensibilità dell'offerta economica, e che deve essere garantito sia dal controllo del tribunale sulla relazione dell'esperto, sia dalla successiva relazione del Commissario giudiziale, chiamato a svolgere una funzione di garanzia verso i creditori e di “supporto” del tribunale, anche ai sensi dell'art. 173 l. fall. Pienamente condivisibile deve ritenersi in tal senso - seppure con riferimento alla (indicazione dell'offerta economica rivolta ad una) specifica classe di creditori e non al rapporto tra l'offerta economica fatta a creditori appartenenti a classi diverse - la statuizione con cui il tribunale chiede al proponente di precisare quali garanzie siano offerte.

Riferimenti giurisprudenziali recenti

I più recenti precedenti di merito sono conformi alla pronuncia in commento: cfr. Trib. Ivrea, 9.3.2010, in Fall., 2010, 775 ss.; Trib. Roma, 27.1.2009, ivi, 2010, 232 ss.; Trib. Milano, 13.1.2010, ivi, 2010, 1287 ss.; e Trib. Milano, 7.7.2011, in Ilfallimentarista, che, in un caso in cui era stata formata (secondo il tribunale meneghino in modo abusivo) una classe di creditori intercompany, ha affermato che “una volta appurato che non è legittima la creazione di una classe come escamotage finalizzato alla precostituzione di un gruppo di creditori a priori assenziente (incrementando artificiosamente il ‘peso specifico' dei suoi componenti altrimenti destinato a ‘diluirsi' nella generalità di una più ampia categoria di creditori) il percorso valutativo non può fermarsi alla constatazione che i componenti della classe creata presentino dei tratti astrattamente idonei a distinguerli dagli altri creditori secondo il criterio dell'interesse economico, dovendosi scandagliare (quando ovviamente si è in presenza di elementi indiziari di un abuso dello strumento) quale sia l'effettivo scopo perseguito“.
Sui limiti del giudizio di fattibilità cfr., in una linea di continuità, seppure attraverso percorsi argomentativi in parte diversi, Cass. 25.10.2010, n. 21860; Cass. 30.6.2011, n. 18864 e Cass. 16.9.2011, n.18987, che affermano il principio secondo cui in fase di ammissione la verifica dei presupposti ex art. 160 l. fall. riveste natura di cognizione sugli elementi qualificanti della proposta (es. formazione delle classi) mentre il riscontro della documentazione allegata alla domanda (art. 161 l. fall.) non si riduce ad una “spunta”, potendo comprendere anche il controllo del piano esecutivo che sorregge la proposta, seppure entro “la soglia della non manifesta inadeguatezza, prima facie, della Relazione del professionista che ne accerti la fattibilità; fermo restando che la sede naturale per la verifica, funditus, della veridicità dei dati è la successiva relazione particolareggiata del commissario giudiziale, illustrata in occasione dell'adunanza dei creditori”. Un tale controllo non viene meno nel corso della procedura potendo dare luogo in ogni momento alla revoca del concordato preventivo (art. 173 l. fall.) e potendo avere luogo anche in sede di omologa per verificare la persistenza sino a quel momento delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura, e ciò al fine di accertare che la proposta, che recepisce il piano, non contenga violazioni di legge che la deliberazione (a maggioranza) non potrebbe come tale convalidare. Ma vedi Cass. 23.6.2011, n. 13817, secondo cui “Il giudizio in ordine alla fattibilità del piano di concordato spetta ai creditori, sicché il tribunale non può procedere alla revoca dell'ammissione alla procedura sul ravvisato presupposto dell'assenza (o del venir meno) di detta fattibilità, né su tale basi può rifiutare l'omologazione, salvo che siano state proposte ed accolte opposizioni aventi specificamente ad oggetto questo profilo”.

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