La sottile distinzione tra falsità contabili e veridicità dei dati aziendali ai fini dell’art. 173 l. fall.

27 Aprile 2012

Ai fini della sanzione prevista dall'art. 173 l. fall. non assumono rilevanza le irregolarità delle scritture contabili del debitore anteriori al concordato preventivo se non influiscono sui valori dell'attivo e del passivo.
Massima

Ai fini della sanzione prevista dall'art. 173 l. fall. non assumono rilevanza le irregolarità delle scritture contabili del debitore anteriori al concordato preventivo se non influiscono sui valori dell'attivo e del passivo.

Costituisce vizio di carenza dei presupposti del concordato l'incompletezza della relazione dell'esperto ex art. 161 l. fall., che non prenda posizione su poste contabili dubbie ed in particolare sulla veridicità di appostazioni contabili atte a ridurre l'attivo destinato al soddisfacimento dei creditori.

Il caso

Il Tribunale di Bari, adito dal Commissario di un concordato preventivo con ricorso ai sensi dell'art. 173 l. fall., ha revocato, per difetto di una condizione di ammissibilità, il concordato proposto. Il Tribunale, per un verso, ha ritenuto non decisive le censure riguardanti possibili falsificazioni nella contabilizzazione della voce “cassa” e l'appostazione di polizze fideiussorie in ipotesi fittizie, non più presenti nelle situazioni contabili aggiornate, ma, per l'altro, ha nondimeno sancito l'inammissibilità della proposta, rilevando comela relazione del professionista ex art. 161 l. fall. non risultasse conforme alla prescrizione normativa, laddove l'esperto non aveva assunto una posizione sull'esistenza di un rilevante contro-credito vantato da una società controllata che, proprio grazie a tale posta, aveva estinto un proprio debito verso la società in concordato.
In particolare il Tribunale ha precisato che, in sede di procedimento ex art. 173 l. fall., gli è concesso rimettere in discussione la valutazione compiuta in sede di ammissione, in quanto la sommarietà delle verifiche che precedono quella prima decisione impone una verifica successiva attuata in funzione dei controlli affidati al Commissario giudiziale tra l'ammissione ed il voto, e finalizzati a consentire ai creditori di esprimere in modo informato il loro consenso. Nella fattispecie, l'assenza di spiegazioni e di supporto contabile in merito all'effettiva esistenza del credito vantato dalla controllata è stata ritenuta dal Tribunale, più che un'implicita conferma dell'esistenza di una situazione di frode a danno dei creditori, un vizio che inficiava la regolarità formale - e quindi la stessa validità della certificazione - della attestazione dell'esperto.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Con la pronuncia in commento il Tribunale prende le mosse dagli orientamenti prevalenti, ai quali si uniforma in parte, in merito alle fattispecie cui si applica il procedimento ex art. 173 l. fall.; come di recente ribadito da alcune sentenze della Suprema Corte, anche al fine di sanzionare o meno presunti comportamenti “in frode” deve tenersi conto della modifica radicale dei presupposti del concordato, che oggi prescinde da ogni valutazione non solo di convenienza, ma anche di meritevolezza “morale” del debitore. I giudici baresi, peraltro, propongono un'interessante lettura combinata della norma in relazione alle disposizioni che fissano i requisiti cui deve rispondere la domanda concordataria.
Come è noto, all'alba della riforma si era addirittura dubitato della perdurante vigenza dell'art. 173 l. fall., ma la sua conferma anche dopo la “riformina” del 2007 ha indotto i più a concludere che il legislatore aveva inteso confermare l'applicazione della norma, sia quanto alla finalità di sanzionare gli atti in frode compiuti dal debitore ante concordato, sia in relazione alle irregolarità compiute in corso di concordato, sia infine con riguardo al venir meno dei presupposti di ammissibilità.
Sotto il primo profilo, resta la difficoltà di individuare quali violazioni possano giustificare oggi l'applicazione della norma; in particolare, come è avvenuto nella vicenda esaminata dal Tribunale barese, ci si interroga sulla rilevanza o meno delle falsificazioni riscontrate dal Commissario nelle situazioni contabili redatte in epoca anteriore dall'impresa in crisi.
Sul punto, la tesi più rigida, ripresa da ultimo da Trib. Monza 25.11.2011 (in Fall., 2012, 236), che ritiene rilevanti tutte le falsificazioni pregresse, ivi compresi i falsi in bilancio, sembra porsi in contrasto - come osserva in un obiter dictum Cass. 4.2.2009, n. 2706 - con la scelta normativa di sopprimere nell'art. 160 l. fall. la prescrizione della regolare tenuta della contabilità ante domanda, sostituita dalla previsione dell'obbligo dell'esperto di certificare la correttezza dei dati aziendali riportati nel piano concordatario e, più in generale, con la scelta del legislatore di favorire la soluzione concordataria attenuando le sanzioni connesse con gli aspetti di moralità dell'imprenditore e privilegiando viceversa l'aspetto negoziale, di modo che non sarebbe sanzionabile una proposta che incontri il favore dei creditori laddove siano stati esposti in modo trasparente i guasti della gestione pregressa.
Aderendo a tale tesi più permissiva, la Suprema Corte, da ultimo, con sentenza n. 13817 del 23.6.2011 ha sancito che non possono giustificare il ricorso ex art. 173 l. fall. quelle situazioni che siano state espressamente ammesse dal debitore nella domanda, se non sussista un intento o comunque una valenza decettiva per i creditori e, nello stesso senso, sembra deporre Cass., 5 agosto 2011, n. 17038, che sottolinea il riferimento letterale alla “frode”, ipotizzando che sarebbero sanzionabili ex art. 173 l. fall. solo i comportamenti dolosi. Attribuendo, poi, una finalità concreta alla norma, si è anche ritenuto che le falsità non assumano comunque rilievo se non abbiano un contenuto economico concreto ed attuale (cfr. Trib. Milano 24.11.2011, in Fall., 2012, 236).
E proprio ponendo l'accento sulla valenza ingannatoria attuale delle falsificazioni, correttamente il Tribunale di Bari ha escluso la rilevanza di mere falsificazioni contenute in situazioni contabili ante concordato depositate dall'impresa in crisi.
D'altro canto, il decreto in commento, in ciò prendendo spunto e rielaborando un recente orientamento della Suprema Corte, ritiene che, lungi dall'abdicare ad una funzione di controllo, il tribunale possa rivendicare il diritto di verificare se l'esposizione dei dati contabili posti a supporto della domanda sia corretta, rilevando come gli scostamenti (ad es. nel computo delle passività) possano influire direttamente sulla prognosi di soddisfazione delle obbligazioni sottesa al concordato (Cass. 15.9.2011, n. 18864).
In particolare, i giudici baresi hanno ritenuto che, anche nella nuova struttura del concordato, le falsificazioni rilevano in quanto influiscano sulle prospettive concrete di soddisfacimento (nello stesso senso Trib. Milano 28.4.2008); più precisamente, nella fattispecie, la sussistenza di un atto in frode a danno dei creditori viene ravvisata nell'esposizione di passività in ipotesi inesistenti verso una società controllata, finalizzata all'eliminazione per compensazione di un rilevante credito (sulla possibilità dell'utilizzo fraudolento della creazione di crediti infragruppo nel concordato, cfr. Trib. Prato 6.10.2010, in Fall., 2011, 120).
Come già precisato, peraltro, l'attenzione del Tribunale - prima ancora che sulla verifica di un illecito - si concentra soprattutto sulla questione formale della adeguatezza o meno della relazione dell'esperto, ritenendola incompleta, posto che da essa non potevano trarsi certezze sulla congruità delle appostazioni contabili contenute nel piano dal medesimo certificato.
Sul punto, in giurisprudenza e dottrina si contrappongono due tesi antitetiche: la prima, che attribuisce al legislatore la volontà di “privatizzare” il momento valutativo sulla congruità della proposta concordataria, escludendosi ogni censura sul merito delle valutazioni contenute nel piano che rimetta in discussione i dati certificati a norma dell'art. 161 l. fall.; anzi, al riguardo, Cass. 23.6.2011, n. 13818 precisa che il supporto cognitivo degli approfondimenti del Commissario deve intendersi come destinato ai soli creditori per orientarne il voto e non al Tribunale, che non se ne potrebbe quindi valere per censurare la relazione dell'esperto neppure nel procedimento ex art. 173 l. fall..
In senso diametralmente opposto si pronuncia chi, sottolineando la natura procedimentale del concordato, ritiene che il tribunale mantenga un potere di verifica, atteso che con il procedimento di omologa viene di fatto sancita la soggezione della minoranza, pur se dissenziente, ad una falcidia che non si giustifica se non in funzione dell'imprimatur pubblicistico costituito dal decreto di omologa, che impone quindi il previo controllo sulla tutela degli interessi dei creditori. In tale ambito, si colloca la tesi secondo la quale la relazione dell'esperto non vincola il tribunale e può essere oggetto di verifica e riesame da parte degli organi giudiziali, in quanto la relazione attestativa non sostituirebbe i poteri istruttori del tribunale, assumendo rilevanza decisiva, ai fini dell'informativa dei creditori e del collegio, il contenuto delle relazioni del Commissario giudiziale (Trib. Udine, 30.9.2011).
Non manca, come è logico, la tesi intermedia, secondo la quale il tribunale non ha il potere di censurare la relazione nel merito, ma ne può sindacare l'adeguatezza, quando essa presenti carenze o salti logici ovvero formuli deduzioni palesemente irragionevoli per valutare quindi se quanto certificato dall'esperto sia sufficiente, da un lato, ai fini di una informazione compiuta dei creditori sulle prospettive del concordato e, per altro verso, se i dati esposti siano sufficienti ed idonei a confermare la fattibilità del piano, in quanto supportati da idonea ed intellegibile motivazione.

Osservazioni

La soluzione adottata dal Tribunale pare in linea di massima condivisibile, ed anzi, nella fattispecie esaminata dalla pronunzia in commento, sembra potersi apprezzare proprio la distinzione fondamentale tra alcune falsificazioni irrilevanti, in quanto riferite al passato e non incidenti sui dati aziendali inseriti nella domanda, e le falsità - rectius, nella fattispecie, incertezze - contabili che, viceversa, incidono direttamente sul soddisfacimento dei creditori e che sottendono operazioni ipoteticamente dannose non adeguatamente spiegate ai fini del consenso dei creditori.
In tal senso, il Tribunale di Bari conferma l'orientamento restrittivo dei Giudici di legittimità con riguardo all'applicazione dell'art. 173 l. fall., laddove si è escluso che i fatti di mala gestio - anche, ma non solo quelli contabili, dunque - rilevino quando degli stessi si sia tenuto conto nel redigere la domanda di concordato, informando correttamente i creditori. D'altro canto, la sentenza trae spunto e per certi versi sviluppa la tesi giurisprudenziale più recente della Suprema Corte, secondo la quale sussistono rigidi limiti al sindacato del tribunale in sede di ammissione (Cass. 25.10.2010, n. 21860), muovendo proprio da tale arresto per ipotizzare che il tribunale possa riappropriarsi del diritto di censurare la proposta di concordato nel corso della procedura e, in particolare, di rimeditare l'adeguatezza della relazione dell'esperto.
In effetti, a margine dell'affermarsi delle teorie più restrittive circa l'ambito del controllo del tribunale in sede di ammissione, si è contrapposta l'opinione secondo la quale proprio la scelta del legislatore di limitare il controllo in sede di ammissione comporta la necessità di un approfondimento successivo, mediante una sorta di istruttoria compiuta dal Commissario tra l'ammissione ed il voto, che può sfociare nel procedimento previsto dall'art. 173 l. fall. (Cass. 25.1.2007, n. 1655).
Se così è, non si dubita che tra gli atti in frode sanzionati dall'art. 173 l. fall. siano ricompresi quelli volti a fuorviare il giudizio sulla convenienza del concordato ed a viziare il concorso dei creditori falsificando i dati dell'attivo e del passivo, mediante carente tenuta della contabilità ed esagerazione del valore dell'attivo offerto o delle passività soddisfatte. In tal modo, infatti, si focalizza l'attenzione sull'esigenza di tutela del “consenso informato” dei creditori (sulla cui centralità, si veda Cass. 16.9.2011, n. 18987), proprio ed a maggior ragione in una procedura che si fonda sul consenso della maggioranza che prevale sulla minoranza, e che in tal senso non può essere ricondotta ad un mero accordo negoziale, svalutando la rilevanza del controllo istituzionale (in tal senso Cass. 15.9.2011, n. 18864, cit.).
Nel pervenire alla revoca del concordato, stante il difetto di una condizione di ammissibilità della proposta, la pronunzia in commento pone appunto l'accento sulla necessità che il consenso dei creditori venga ricercato consentendo una piena informativa dei creditori stessi e, su tale presupposto, si uniforma alla tesi pressoché pacifica che esclude l'ammissibilità di concordati supportati da relazioni ex art. 161 l. fall. generiche o incomplete. In particolare, si è ritenuto che l'esperto debba prendere esplicitamente posizione sul piano concordatario ai fini di attestarne la fattibilità (Trib. Milano 28.10.2011, in Fall., 2011, 1480) e debba altresì dare atto della metodologia seguita per il reperimento dei dati e per la verifica della rispondenza dei valori contabili alla realtà, nonchè dei criteri di valutazione utilizzati per la quantificazione dell'attivo concordatario. Già nelle pronunzie di poco successive alla riforma, d'altronde, si affermava che l'esperto è chiamato a confermare non solo che i dati desumibili dalle scritture contabili siano conformi ai dati aziendali, ma altresì a valutarne l'attendibilità e la veridicità “concreta”,quantomeno per le voci più rilevanti, di modo che è stata ritenuta “incompleta ed irregolare” la relazione che si limiti a riscontrare i saldi di contabilità (T. Pescara 21.10.2005, in Foro.It., 2006, I, 929). L'esperto non dovrà, quindi, solo formulare un giudizio sulla veridicità dei dati, ma compiere una vera e propria due diligence, dando conto nella propria relazione delle attività di verifica attuate.
Se così è, pare corretto sanzionare come incompleta la relazione che - in relazione ad una appostazione di notevole rilevanza, non solo in quanto comportante una diminuzione dell'attivo disponibile per i creditori, ma soprattutto per l'incertezza in merito alla passività contabilizzata a favore di società collegata - si limiti a riportare il “saldo” di una operazione di compensazione tra crediti, senza indagare sull'effettiva esistenza del rapporto creditorio.

Le questioni aperte

La sentenza in commento lascia, tuttavia, qualche dubbio interpretativo, laddove ci s'interroga sulla possibilità di sanzionare una mancata indicazione da parte dell'esperto senza ipotizzare una verifica sul punto da parte del Commissario: la sentenza non consente di comprendere, infatti, se il controcredito (in ipotesi fittizio) sul quale non si era pronunciato l'esperto fosse o meno tale; sotto altro profilo, ipotizzando che l'appostazione censurata non fosse palesemente falsa, ci si chiede se il Tribunale potesse indirettamente censurare la scelta di merito, prima ancora che contabile, della società in crisi, di ritenere sussistente il credito altrui. Anche il rigore formale applicato, d'altronde, sembra cozzare con l'evidente favor manifestato dal legislatore per il concordato, che lo ha indotto a consentire al debitore - in seno al procedimento di ammissione - di supplire mediante una integrazione alle carenze del ricorso originario.
La facoltà oggi riconosciuta al tribunale di concedere termine di quindici giorni per integrare la domanda pare ampliare il potere ispettivo del Collegio; sul punto, anche se una corrente giurisprudenziale propende per un'interpretazione restrittiva, i giudici di legittimità (si veda Cass. 15.9.2011, n. 18864, cit.), sembrano avallare una lettura che attribuisca al tribunale la facoltà di concedere il termine per sanare le lacune non solo su istanza del debitore, ma anche d'ufficio. In tal senso, si potrebbe ritenere che, prima di dichiarare un fallimento, sia necessaria una verifica istruttoria volta a chiarire le lacune riscontrate nella relazione dell'esperto.
Si potrebbe, invero, obiettare al riguardo che il procedimento ex art. 173 l. fall. si apre in una fase successiva all'ammissione; tuttavia - tornando a quanto si osservava inizialmente sulla ratio della conferma della vigenza della norma -, se si muove dalla considerazione che l'avvio del procedimento è consentito proprio in quanto il Commissario ha facoltà, ed anzi è tenuto, ad approfondire quelle valutazioni che in sede di ammissione furono svolte in forma sommaria, è anche lecito chiedersi se il fallimento possa conseguire ad un mero non liquet riferito ai dati asseverati in modo incompiuto dall'esperto. In tal senso, pare utile ricordare che, in una situazione non dissimile (Trib. Milano 24.4.2007, in Fall., 2007, 1441) i giudici - ipotizzando che la mancata indicazione di crediti fiscali integrasse dolosa omissione di denuncia dei crediti - hanno sanzionato tale carenza con la revoca del concordato. Ebbene, quella pronunzia è stata riformata in sede di gravame (da App. Milano 4.10.2007) laddove - pur ribadendo che la mancanza di trasparenza inficia la domanda nella misura in cui non consente un consenso “negoziale” informato da parte dei creditori - si è osservato che la mancata considerazione di crediti fiscali contestati di per sé non comporta la sanzione prevista dall'art. 173 l. fall. Se così è, una soluzione più equilibrata pare quella proposta da Trib. Milano 31.10.2007 (in Giur.It., 2008, 912), quasi coeva di quella sopra citata, che attribuisce rilievo, ai fini dell'art. 173 l. fall., all'emersione di passività fiscali non considerate solo a patto che la passività sia certa, non potendosi imporre al debitore la mera scelta contabile di considerare dovuta una somma contestata.

Conclusioni

In sostanza, quindi, la sentenza in commento cerca di recuperare al Tribunale un margine di intervento per sanzionare i piani concordatari che possano ledere il ceto creditorio in relazione a situazioni di frode pregresse, fondando l'utilizzo dell'art. 173 l. fall. sulla censurabilità del piano che sia accompagnato da una relazione che non chiarisca - e quindi non informi i creditori ai fini del voto - appostazioni che potrebbero mascherare atti pregiudizievoli per il patrimonio destinato al soddisfacimento concordatario; pare tuttavia corretto porre un limite alla sanzionabilità di quelle possibili falsificazioni contabili, dovendosi ritenere che la sanzione non possa colpire mere irregolarità, ma la comprovata e presente volontà del debitore di trarre in inganno i creditori con l'occultamento di atti mirati a sottrarre beni all'attivo o creare passività inesistenti per favorire un terzo.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In dottrina si vedano Amatore, Il giudizio di fattibilità del piano nel concordato preventivo, in Dir.fall., 2012, I, 104; Ambrosini, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, Padova, 2008, 71; Ambrosini, Il problema della fattibilità del piano del concordato preventivo, in Ambrosini (a cura di), Le nuove procedure concorsuali, Bologna, 2008, 533 ss.; Bonfante - Vigna, La richiesta di revoca del concordato preventivo per atti di frode e mancata suddivisione dei creditori in classi, in questo portale; Bosticco, La «resurrezione giurisprudenziale» dell'art. 173 l.fall. e la difficile distinzione tra atti in frode e sopravvenienze inattese, in Fall., 2007, 1443; Bozza, Il vecchio, l'attuale e il (forse) prossimo art. 173 ult. parte della legge fallimentare, in Fall., 2007, 689; Bozza, L'omologazione della proposta (i limiti alle valutazioni del giudice), in Fall., 2006, 1067; Bozza, Il pubblico ministero nel concordato preventivo, in Fall., 2010, 889; Bozza, Il sindacato del tribunale sulla fattibilità del concordato preventivo, in Fall., 2011, 182 ss.; Caiafa, Nuovo diritto delle procedure concorsuali, Padova, 2006, 619; Canale, Orientamenti e disorientamenti nelle prime interpretazioni giurisprudenziali sul nuovo concordato preventivo, in Giur.It., 2006, 566; Ceccherini, La qualificazione, l'indipendenza e la terzietà del professionista attestatore negli istituti concorsuali, cit., 316.; Esposito, Il piano del concordato preventivo tra autonomia privata e limiti legali, in Ambrosini (a cura di), Le nuove procedure concorsuali, Bologna, 2008, 543 ss., 556; Ferro, Stato di crisi, relazione di fattibilità del piano e sindacato del giudice nel concordato preventivo, in Foro It., 2006, I, 921; in Fall., 2011; Galletti, Il nuovo concordato preventivo: contenuto del piano e sindacato del Giudice, in Dir.Fall., 2006, II, 906 ss.; Genoviva, I limiti del sindacato del tribunale nel nuovo concordato preventivo, in Fall., 2006, 361; Iachia, Il concordato preventivo, in Fauceglia e Panzani (a cura di), Fallimento e altre procedure concorsuali, Torino, 2009, 1612; Ivone, Sugli atti in frode nel concordato preventivo, in Dir.Fall., 2011, II, 130; Lagonigro, Problematiche in merito alla fase di ammissione al concordato preventivo, in Dir.Fall., 2010, II, 95; Lamanna, Il contrasto in Cassazione sulla fattibilità del concordato preventivo: una novità (positiva) che rende necessario l'intervento delle SS.UU., in questo portale; Lo Cascio, Il concordato preventivo, 7° ed., Milano, 2008; Lo Cascio, Il nuovo concordato preventivo ed altri filoni giurisprudenziali, in Fall., 2006, 581; Manzonetto, Il ruolo del professionista, in Jorio e Fabiani (a cura di), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna, 2007, 2335; Misino, La relazione prevista dal secondo comma del novellato art. 161 della legge fallimentare - iniziali riflessioni, in Fallimentonline.it.; Michelotti, La relazione del professionista e i limiti del controllo giurisdizionale del tribunale in sede di ammissione al concordato preventivo, in Fall., 2010, 964; Padellaro, Dei provvedimenti immediati, in Nigro e Sandulli (a cura di), La riforma del diritto fallimentare, Milano, 2006, 1050; Pajardi - Paluchowski, Manuale di diritto fallimentare, VII ed., Milano, 2008, 841; Paluchowski, I poteri del tribunale in sede di ammissione e nel corso della procedura di concordato preventivo con particolare riferimento alle ipotesi di conversione della procedura in fallimento, in Dir.Fall., 2006, I, 576 ss.; Paternò Raddusa, Concordato preventivo: il controllo giudiziale sulla fattibilità del piano, in Nuova Giur.Civ.Comm., 2012, 124; Patti, I diritti dei creditori nel nuovo concordato preventivo, in AA.VV., La tutela dei diritti nella riforma fallimentare, Milano, 2006, 283; Perugini, Il “professionista” nel concordato preventivo, in Fall., 2009, 901; Principe, Ammissione alla procedura, in Nigro e Sandulli (a cura di), La riforma del fallimentare, cit., 999; Rago, I poteri del tribunale sul controllo della fattibilità del piano nel concordato preventivo dopo il decreto correttivo, in Fall., 2008, 264; Sandulli, Dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo, in Nigro e Sandulli (a cura di), La riforma del fallimentare, cit., 983; Scarafoni, Effetti della presentazione del ricorso e dell'ammissione al concordato preventivo. La dichiarazione di fallimento in corso di procedura, in Ghia - Piccininni - Severini, Trattato delle procedure concorsuali, vol. IV, Torino, 2010, 368; Schiano Di Pepe, Alcune considerazioni sui poteri dell'autorità giudiziaria con riguardo al concordato preventivo, in Dir.Fall., 2010, II, 304; Tedeschi, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 541; Zanichelli, I concordati giudiziali, Torino, 2010, 185; Zocca, La relazione del professionista e le sue responsabilità, in Ghia - Piccininni - Severini, Trattato delle procedure concorsuali, cit., 325 ss..
Per la giurisprudenza, oltre alle sentenze già citate, si vedano: Cass., 23.6.2011, n. 13819; Cass., 14.2.2011, n. 3586; Trib.. Mantova 22.6.2011, in Fall., 2011, 936; Trib. Milano 28.4.2011, in Ilcaso.it; App. Salerno 19.10.2010, in Fall., 2011, 338; Trib. Bari 9.6.2010, in Fall., 2010, 1216; Trib. Roma 20.4.2010, in Ilcaso.it; App. Torino 20.7.2009, in Fall., 2010, 961; App. Torino 20.7.2009, in Fall., 2010, 961; App. Roma 18.4.2009, in Dir.Fall., 2010, II, 188; App. Firenze 19.3.2009, in Dir.Fall., 2011, II, 130; Trib. Mantova 18.9.2008, in Fall., 2009, 121; Trib. Piacenza 3.7.2008, in Fall., 2009, 120; Trib. Napoli, 20.2.2008, in Fall., 2008, 848; App. Torino, 19.6.2007, in Fall., 2007, 1315; Trib. Torino 17.11.2005, in Giur.It., 2006, 514; Trib. Bologna 17.11.2005, in Giur.Merito, 2006, 658.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario