Crediti del professionista per prestazioni antecedenti al concordato e prededuzione

Luca Jeantet
Leonarda Martino
12 Marzo 2015

L'art. 111 l. fall., nell'indicare come prededucibili i crediti qualificati tali da una specifica disposizione di legge ed i crediti sorti in occasione oppure in funzione di una procedura concorsuale, detta un precetto di carattere generale, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento consecutivo, il beneficio della prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali, con la conseguenza che anche ai crediti sorti anteriormente all'inizio della procedura di concordato preventivo e non occasionati dallo svolgimento della stessa, può riconoscersi il predetto beneficio ove siano effettivamente funzionali.La sola condizione perché il credito conseguente all'attività svolta da un professionista per conto dell'impresa poi fallita possa essere qualificato prededucibile è che quest'attività sia risultata funzionale alla procedura concordataria e, dunque, sussista un rapporto di strumentalità tale da far ritenere, secondo la valutazione ex post del giudice, l'utilità di questa stessa attività per il ceto creditorio dipendente dall'accrescimento dell'attivo o, comunque, dalla salvaguardia dell'integrità del patrimonio, senza che sia necessaria, nel sistema normativo vigente, una preventiva autorizzazione giudiziale.
Massima

L'art. 111 l. fall., nell'indicare come prededucibili i crediti qualificati tali da una specifica disposizione di legge ed i crediti sorti in occasione oppure in funzione di una procedura concorsuale, detta un precetto di carattere generale, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento consecutivo, il beneficio della prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali, con la conseguenza che anche ai crediti sorti anteriormente all'inizio della procedura di concordato preventivo e non occasionati dallo svolgimento della stessa, può riconoscersi il predetto beneficio ove siano effettivamente funzionali.

La sola condizione perché il credito conseguente all'attività svolta da un professionista per conto dell'impresa poi fallita possa essere qualificato prededucibile è che quest'attività sia risultata funzionale alla procedura concordataria e, dunque, sussista un rapporto di strumentalità tale da far ritenere, secondo la valutazione ex post del giudice, l'utilità di questa stessa attività per il ceto creditorio dipendente dall'accrescimento dell'attivo o, comunque, dalla salvaguardia dell'integrità del patrimonio, senza che sia necessaria, nel sistema normativo vigente, una preventiva autorizzazione giudiziale.

Il giudice, in sede di formazione dello stato passivo del fallimento conseguente al concordato preventivo, deve in primo luogo verificare il corretto adempimento della prestazione da parte del professionista, potendosi questo ritenere presente in caso di ammissione ai sensi dell'art. 163 l. fall. e, per converso, assente se la curatela dimostra che il ricorso alla procedura concordataria si sia rivelata, in concreto, dannosa, determinando l'erosione del patrimonio a disposizione della massa (ad esempio, per effetto della rovinosa continuazione dell'attività d'impresa non bilanciata da un'adeguata conservazione dei valori aziendali e del peso delle obbligazioni contratte dopo il deposito della domanda), senza che vi sia stato alcun vantaggio dalla retrodatazione del periodo sospetto ai fini dell'esperimento della revocatoria fallimentare.

La prova della concreta dannosità interrompe il nesso funzionale tra prestazione professionale e procedura, avendo comunque il professionista facoltà di dimostrare che questa dannosità non è dipesa dalla naturale evoluzione della procedura, ma da fattori esogeni imprevisti ed imprevedibili intervenuti nel corso della stessa oppure nel tempo intercorso tra la sua cessazione e la dichiarazione di fallimento.

Il caso

Un avvocato presta la propria attività professionale – consistente, tra l'altro, nell'assistenza legale al deposito di una domanda di concordato con riserva e alle relative note informative – a favore di una società, la quale, constatata l'insussistenza dei presupposti per il deposito di una domanda di concordato completa, presenta istanza di fallimento in proprio e si avvale, a questo fine, della prestazione professionale dello stesso avvocato. Nell'ambito del successivo fallimento, il professionista domanda l'ammissione del proprio credito allo stato passivo in prededuzione ai sensi dell'articolo 111 l. fall., ma la domanda viene rigettata. Conseguentemente, l'avvocato propone opposizione allo stato passivo dimostrando, in particolare, di aver svolto l'attività oggetto del conferimento di incarico professionale ed insistendo per l'ammissione del credito con grado prededucibile. Il tribunale, in sede di opposizione, ritiene provata l'attività professionale ed ammette il credito del professionista in prededuzione, evidenziando come tale attività sia stata funzionale alla finalità della procedura.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il provvedimento in commento affronta e risolve la questione della prededucibilità, nell'ambito del fallimento susseguente, dei crediti del professionista che abbia prestato la propria assistenza legale all'imprenditore nella fase del pre-concordato o del concordato (inclusa la predisposizione dell'eventuale istanza di fallimento in proprio), verificando i presupposti in presenza dei quali questi crediti possano essere ritenuti funzionali rispetto alla procedura concordataria e quale sia il limite del sindacato giudiziale in sede di formazione dello stato passivo, giungendo alla conclusione per cui, raggiunta la prova del compimento dell'attività in relazione alla quale viene richiesta l'ammissione del credito in prededuzione, questa risulta strumentale quando non solo finalizzata al recupero aziendale, ma anche a soddisfare, per quanto possibile, i creditori, per cui il giudice deve verificare non solo il corretto adempimento della prestazione da parte del professionista, ma anche l'assenza di una sua concreta dannosità.

Osservazioni

Prima della riforma del 2006 (D. Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), l'articolo 111 l. fall. si limitava a stabilire la prededucibilità per le spese e per i debiti contratti “per l'amministrazione del fallimento (e per la continuazione dell'impresa)”, sicché la giurisprudenza prevalente negava che il credito del professionista, che avesse assistito il debitore nella predisposizione del piano di concordato o della relativa domanda, godesse del beneficio della prededuzione, trattandosi di obbligazione passiva dal fallito prima del fallimento e al di fuori del controllo degli organi della procedura. In particolare, con riferimento più in generale al concordato preventivo, la giurisprudenza aveva affermato il principio secondo cui i crediti nascenti da obbligazioni contratte nel corso della procedura di concordato preventivo non potessero essere soddisfatti in “prededuzione” in caso di successivo fallimento, stante la funzione meramente liquidatoria del concordato, con conseguente estraneità e indifferenza dopo la continuazione dell'attività da parte aziendale.
Quest'impostazione è stata, nel tempo, modificata, giungendo la Suprema Corte ad affermare l'applicabilità della norma di cui all'art. 111 n. 1 l. fall., in caso di successivo fallimento, anche ai crediti sorti durante il concordato preventivo e relativi alle spese della gestione dell'impresa, qualora la gestione dell'impresa fosse risultata la modalità essenziale della procedura concordataria, dunque parte della proposta di concordato, oggetto dell'approvazione da parte dei creditori, autorizzata dal tribunale, e incorporata nel provvedimento di omologazione. Tutto ciò sulla base della più generale considerazione che, in deroga al principio della par condicio creditorum, possa essere riconosciuto il beneficio della prededucibilità ai crediti definibili come “crediti di massa”, vale a dire i crediti sorti in stretto ed indefettibile nesso di strumentalità rispetto ai fini perseguiti dalla procedura fallimentare, nell'interesse della generalità dei creditori concorsuali.
Con il D. Lgs. n. 5/2006, l'articolo 111 l. fall. è stato riformulato con l'introduzione di una specifica definizione di «crediti prededucibili» (i.e., “sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali”), ma, sebbene vi sia stata unitarietà di opinioni in relazione all'espressione “in occasione”, perché chiara l'attribuzione del beneficio della prededucibilità ai crediti sorti “durante” la procedura di concordato, non altrettanto concordi sono risultate le opinioni in relazione all'espressione “in funzione”.
In base ad un primo orientamento, le espressioni “in occasione” e “in funzione delle procedure concorsuali” dovevano ritenersi sostanzialmente equivalenti: nulla avrebbe potuto indurre a ritenere che, con la locuzione “in funzione”, il novellato articolo 111 l. fall. avesse voluto aprire la strada ai debiti sorti prima dell'apertura della procedura concordataria, legittimando l'accesso alla prededuzione ad una serie di crediti, nati per la sola iniziativa dell'imprenditore. Con il che, solo i crediti sorti dopo il decreto di ammissione alla procedura avrebbero potuto beneficiare della prededuzione, mentre questa avrebbe dovuto essere negata ad ogni altro credito riferito ad attività svolte prima dell'ammissione alla procedura di concordato.
In base ad un secondo, preferibile e prevalente orientamento, la nuova formulazione dell'art. 111 l. fall. avrebbe imposto un'interpretazione più ampia rispetto all'orientamento dottrinale e giurisprudenziale consolidatosi sotto il precedente sistema legislativo, così che l'espressione “in funzione delle procedure concorsuali” avrebbe dovuto essere intesa nel senso che il beneficio della prededuzione fosse estensibile anche ai crediti maturati prima del decreto di ammissione alla procedura e, dunque, anche ai crediti maturati per l'espletamento di attività professionali utili e necessarie a consentire l'accesso del debitore al concordato preventivo.
Questo secondo orientamento è stato fatto proprio dalla Suprema Corte, la quale, nel prendere posizione sul significato e sulla portata dell'articolo 111 l. fall., ha statuito che, ai fini della prededucibilità dei crediti nel fallimento, il necessario collegamento occasionale o funzionale con la procedura concorsuale deve essere inteso non soltanto con riferimento al nesso tra l'insorgenza del credito e gli scopi della procedura, ma anche con riguardo alla circostanza che il pagamento del credito, ancorché avente natura concorsuale, rientri tra gli interessi della massa e dunque rispondesse agli scopi della procedura stessa, in quanto utile alla gestione fallimentare; e così consentendo di affermare la prededucibilità dei crediti del professionista (avvocato) che avesse assistito il debitore nella fase anteriore all'apertura della procedura concorsuale, a condizione che l'opera professionale prestata comportasse un'utilità per la procedura e dunque, indirettamente, per tutti i creditori concorsuali.
L'impostazione appena descritta è stata messa in crisi dall'introduzione, con il D.L. n. 78 del 2010, dell'art. 182-quater che, al comma quarto, attribuiva la prededuzione ai crediti per compensi “spettanti al professionista incaricato di predisporre la relazione di cui agli artt. 161, terzo comma, ..”. Infatti, la duplice circostanza che tale disposizione prevedesse il beneficio della prededuzione con esclusivo riguardo al credito maturato dal professionista attestatore e che il beneficio in parola dovesse essere specificamente disposto da parte del Tribunale nel decreto di ammissione pareva escludere che il riconoscimento della prededuzione potesse essere esteso al credito degli altri professionisti per l'attività svolta in epoca antecedente all'apertura del concordato e ciò anche là dove tale attività risultasse funzionale alla procedura.
Al riguardo, era stato affermato che la novità normativa avesse fornito all'interprete una chiave di soluzione del problema difficilmente confutabile: nel prevedere la prededucibilità del credito dell'attestatore, risulta evidente la scelta legislativa di ravvisare esclusivamente nell'attività di quest'ultimo un “nesso di funzionalità così diretto e immanente” da assimilare il relativo credito a quello del commissario giudiziale, a prescindere dal fatto che l'opera dell'attestatore precedesse o meno l'apertura del concordato; restava, al contrario, esclusa la rilevanza del nesso di funzionalità in relazione a diverse fattispecie di attività professionali prestate anteriormente alla presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, tra cui la prestazione del legale che avesse assistito la società, dovendosi, quindi, escludere la prededucibilità del relativo credito.
Abrogata la disposizione di cui all'articolo 182-quater, quarto comma, l. fall. attraverso il D.L. n. 83 del 2012, la questione della prededucibilità dei crediti dei professionisti (ed in particolare per i legali) che hanno prestato la propria opera per la predisposizione del concordato si ripropone negli stessi termini precedenti al D.L. n. 78 del 2010 e, come evidenziato anche dalla Corte di Cassazione e dal Tribunale di Monza con il provvedimento in commento, va risolta esclusivamente alla luce della previsione del secondo comma dell'art. 111 l. fall.
In particolare, il provvedimento in commento evidenzia che questa norma detta un precetto di carattere generale che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, estende, in caso di fallimento, la prededucibilità non solo ai crediti occasionati dalla procedura di concordato, ma anche a tutti i crediti derivanti da attività funzionali, o strumentali, rispetto alla procedura concorsuale, come confermato dal dato letterale della norma nonché sulla base dell'interpretazione sistematica della stessa.
E ciò perché l'articolo 111, comma 2, l. fall. attribuisce chiaramente il beneficio della prededucibilità, oltre che a determinati crediti previsti come prededucibili dalla legge e ai crediti sorti “in occasione”, cioè a seguito dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo, anche ad una ulteriore (ben distinta e autonoma) categoria di crediti, vale a dire ai crediti sorti “in funzione” di una procedura concorsuale. Crediti, questi ultimi, che rispondono ad esigenze diverse rispetto a quelli considerati dalla citata disposizione, in quanto connessi ad attività poste in essere “in vista” o “allo scopo” o “per i fini” della procedura di concordato preventivo e anteriormente alla stessa.
Al chiaro dettato normativo si deve, poi, aggiungere, sotto il profilo sistematico, la considerazione derivante dal disposto dell'articolo 67, comma 3, lett. g), l. fall. che sottrae alla revocatoria fallimentare il pagamento dei debiti liquidi ed esigibili eseguiti dall'imprenditore alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alla procedura di concordato preventivo. Esenzione da cui può dedursi anche la collocazione in prededuzione del credito professionale derivante da una prestazione strumentale all'accesso al concordato preventivo, atteso che sarebbe quantomeno illogico consentire il pagamento di tale credito prima del concordato preventivo rendendolo immune da un'eventuale azione revocatoria, e non attribuire al medesimo il beneficio della prededucibilità in caso di successivo fallimento del debitore. Non a caso, l'articolo 111, comma 2, l. fall. e l'articolo 67, comma 3, lett. g), l. fall. si prefiggono entrambi l'obiettivo di incentivare l'accesso dell'imprenditore in crisi alla procedura di concordato preventivo, non possibile senza un ausilio tecnico-giuridico.
Proprio l'identità di ratio delle due norme consente di affermare che il termine “funzionale” di cui all'articolo 111, comma 2, l. fall. sia assimilabile al termine “strumentale” di cui all'articolo 67, comma 3, lett. g) l. fall., consentendo di giungere alla conclusione per cui il nesso di funzionalità dell'attività (e la prededucibilità del relativo credito) sussiste ogniqualvolta da tale attività siano derivati risultati utili per la massa dei creditori.
Occorre a questo punto soffermarsi, seppur brevemente, sul significato dell'espressione “utilità” nel contesto della prededuzione.
Non pare, infatti, cogliere nel segno quell'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'utilità andrebbe valutata con riferimento alla realizzazione del credito e dovrebbe essere esclusa (con conseguente esclusione della prededucibilità del credito da essa derivante) nei casi in cui, a seguito dell'ammissione alla procedura di concordato preventivo, i creditori non abbiano votato a favore della proposta stessa, atteso che, così ragionando, si finirebbe per assimilare il concetto oggettivo di utilità al diverso concetto soggettivo di convenienza della proposta. Pare, invece, pienamente condivisibile la posizione assunta sul punto dal Tribunale di Monza e dalla Suprema Corte che “oggettivizzano” il concetto di utilità, sottolineando come l'accesso alla procedura di concordato rappresenti per i creditori un indubbio vantaggio in considerazione degli effetti derivanti dalla procedura stessa, quali: la cristallizzazione della massa passiva, ai sensi dell'art. 55 l. fall; la retrodatazione del periodo sospetto ai fini della revocatoria fallimentare al momento della presentazione della domanda di concordato preventivo (ovvero di concordato con riserva) ai sensi dell'art. 69-bis l. fall.; l'inefficacia delle ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni anteriori alla presentazione della domanda di concordato preventivo (o di concordato con riserva), nonché il divieto di compiere atti esecutivi e cautelari sui beni del debitore, ai sensi dell'articolo 168 l. fall.
Ne discende che, in ogni caso in cui il tribunale ammetta il debitore alla procedura a seguito del positivo riscontro dei presupposti di ammissibilità della domanda, si deve presumere la sussistenza di un nesso di funzionalità tra la prestazione e la procedura di concordato, con la conseguenza che, in ipotesi di successivo fallimento, il relativo credito potrà beneficiare della prededuzione, essendo, quindi, irrilevante sia ai fini della funzionalità sia ai fini della prededuzione l'eventualità che, successivamente all'ammissione del debitore alla procedura di concordato, i creditori non abbiano votato a favore della proposta, eventualità questa che naturalmente potrebbe verificarsi per ragioni che nulla hanno a che vedere con la correttezza e la legittimità della domanda stessa e con l'attività del legale che tale domanda abbia contribuito a redigere.
Altro aspetto su cui il Tribunale di Monza si è soffermato nella pronuncia in commento è poi quello riguardante il sindacato del Giudice in sede di formazione dello stato passivo con specifico riferimento al credito del professionista relativo ad attività funzionali alla procedura di concordato. Sul punto, nel provvedimento in commento si sottolinea che il primo profilo d'indagine riguarda la verifica del corretto adempimento della prestazione da parte del professionista, la cui insussistenza incide non soltanto sul riconoscimento della prededuzione, ma anche sulla stessa ammissione del credito del professionista, evidenziando che l'ammissione del credito in prededuzione debba essere negata ogni qual volta la prestazione “non sia conforme al modello legale” e determini l'inammissibilità della domanda, la revoca dell'ammissione o il diniego di omologa. Diversamente, nei casi in cui il tribunale ammetta il debitore alla procedura di concordato preventivo e così riscontri la sussistenza dei relativi presupposti, la prestazione professionale dovrà ritenersi correttamente adempiuta, essendo difficilmente ipotizzabile a posteriori la configurabilità di una responsabilità per non corretto adempimento della prestazione professionale, ove, a priori, vi sia stato un positivo vaglio giudiziario del concordato.
Infatti, come correttamente evidenziato dal Tribunale di Monza, sia per l'ipotesi in cui l'obbligazione del legale che assiste il debitore nella presentazione della domanda di concordato voglia essere configurata come un'obbligazione di mezzi, sia per il caso in cui tale obbligazione voglia essere considerata quale obbligazione di risultato, essa comporta comunque un dovere di informazione, di avviso o di protezione del cliente, integrativi dell'obbligo primario della prestazione e ancorati a principi di buona fede. Obbligazioni che devono ritenersi correttamente adempiute in caso di positivo riscontro dei presupposti di legittimità della domanda e conseguente ammissione del debitore alla procedura.
Secondo il provvedimento in commento, più delicata sarebbe, invece, la valutazione nei casi in cui (i) l'ammissione venga revocata ex art. 173 l. fall.; o (ii) il concordato non sia omologato per la scoperta di atti di frode che il curatore dimostri essere conosciuti (o conoscibili con l'ordinaria diligenza) dal professionista; oppure (iii) quando dopo il fallimento sia riscontrata la manifesta inutilità ed anzi a dannosità del concordato per i creditori.
Al riguardo, appare condivisibile l'opinione in base alla quale dovrebbe essere esclusa la prededuzione nell'ipotesi in cui vengano scoperti atti di frode che il curatore dimostri essere conosciuti dal professionista legale (o conoscibili con l'ordinaria diligenza), in quanto vi sarebbero notevoli dubbi circa la funzionalità della procedura rispetto agli interessi dei creditori, essendo evidentemente tali atti in netta antitesi rispetto all'interesse della massa dei creditori. Meno convincenti paiono, invece, le conclusioni cui il Tribunale di Monza perviene in relazione alla prededucibilità del credito del professionista nell'ipotesi in cui dopo il fallimento la curatela dimostri che il ricorso alla procedura si è rivelato, in concreto, dannoso, avendo determinato un'erosione del patrimonio a disposizione della massa, causata, ad esempio, dalla rovinosa continuazione dell'attività d'impresa non bilanciata da un'adeguata conservazione dei valori aziendali. Tale conclusione, infatti, non pare tenere conto della circostanza che, sebbene il professionista sia tenuto ad eseguire una corretta analisi dei dati d'impresa, egli – specie in casi di aziende di notevoli dimensioni – non può essere chiamato ad effettuare una revisione della correttezza delle assunzioni economiche e finanziarie del piano su cui si fonda la proposta di concordato, tanto più in considerazione del fatto che il piano e la proposta costituiscono oggetto di revisione da parte del professionista attestatore, né l'advisor legale può ingerirsi nella gestione dell'impresa nella fase di attuazione del piano e della proposta. Pertanto, non sarebbe legittima l'esclusione della prededucibilità del credito del legale che ha assistito la società in ogni caso di ammissione alla procedura di concordato e di successivo accertamento della dannosità della stessa, non solo nei casi in cui questa dannosità sia determinata da fattori esogeni imprevisti e imprevedibili (come pure correttamente affermato dal Tribunale di Monza), ma anche nei casi in cui questa stessa dannosità sia connessa a fattori endogeni riconducibili a lacune del piano stesso non rilevate dall'attestatore e dagli organi della procedura oppure sia riconducibile alla non corretta attuazione del piano stesso da parte del debitore successivamente dichiarato fallito.
Infine, il provvedimento in commento evidenzia come le medesime osservazioni svolte nel merito della prededucibilità del credito del professionista che abbia assistito il debitore nella fase anteriore al concordato e in vista dello stesso valgano anche con riguardo al credito maturato dal professionista che abbia assistito il debitore nella presentazione dell'istanza di fallimento.
E questa constatazione è corretta, giacché l'art. 111, comma 2, l. fall. si configura quale norma generale, applicabile alla pluralità delle procedure concorsuali e quindi anche al fallimento, con la conseguenza che non sussiste alcuna ragione per diversificare il trattamento del professionista che abbia assistito l'imprenditore nelle attività prodromiche e necessarie all'ammissione al concordato preventivo, rispetto al professionista che abbia assistito il debitore nella preparazione della documentazione per l'istanza di fallimento, sebbene si tratti di attività che possa essere svolta in proprio dallo stesso imprenditore, il quale per ragioni di opportunità o di convenienza, abbia scelto di affidare il complesso delle attività necessarie per l'istanza di fallimento ad un esperto del settore.
Né pare potersi escludere la prededucibilità del credito del professionista nel caso – non costituente oggetto di analisi nel provvedimento in commento, che pure merita una breve riflessione – in cui il professionista interpellato quando la crisi è in una fase avanzata abbia analizzato la fattispecie ed abbia prospettato al cliente debitore tutte le problematiche economiche e finanziarie di diritto e di fatto inerenti la possibile proposta di concordato, concludendo per la preferibilità dell'opzione fallimentare, ma il cliente abbia preferito perseguire la strada concordataria avvalendosi dell'opera di un professionista diverso. Nella prassi non è infrequente, infatti, che imprese in crisi anche di notevoli dimensioni si affidino ad un professionista per scandagliare le possibili soluzioni della crisi di impresa e che, ricevuto un riscontro diverso rispetto alla proprie aspettative, decidano di rivolgersi ad altri professionisti. In tali casi, anche le attività di consulenza preliminare (ove diligentemente effettuate) richiedono lunghe e approfondite analisi, che includono confronti con gli amministratori, i consulenti interni e gli advisors finanziari nonché revisioni approfondite della documentazione aziendale e non pare potersi escludere anche in tali casi il beneficio della prededuzione del relativo credito.
Infatti, muovendo dalle considerazioni del Tribunale di Monza nel provvedimento in commento, è evidente che ciò che rileva ai fini della prededucibilità e della stessa ammissione del credito al passivo è che il professionista abbia prospettato al cliente le problematiche economiche e finanziarie connesse alla domanda, abbia offerto tutti gli elementi di valutazione necessari e tutti gli opportuni suggerimenti allo scopo di consentire un ponderato apprezzamento dei rischi che possono impedire il risultato sperato e adottare una consapevole decisione. Quindi, anche nel caso sopra indicato, non pare potersi dubitare che il credito del professionista derivante da attività di consulenza svolte in vista di una procedura concorsuale possa beneficiare della prededuzione.

Conclusioni

L'orientamento del Tribunale di Monza, che si colloca nel solco tracciato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, è pienamente condivisibile nella parte in cui afferma che vada riconosciuto il beneficio della prededucibilità al credito del professionista legale che abbia assistito il debitore anteriormente all'ammissione alla procedura di concordato preventivo, evidenziando come in caso di ammissione si debba presumere la sussistenza di un nesso di funzionalità tra la prestazione e la procedura di concordato, nonché il corretto adempimento della stessa prestazione. Del pari condivisibili sono le conclusioni in relazione al beneficio della prededucibilità del credito del professionista che abbia assistito il debitore nella presentazione dell'istanza di fallimento, essendo l'art. 111, comma 2, l. fall. norma generale, applicabile alla pluralità delle procedure concorsuali e quindi anche al fallimento. Non risultano, per contro, del tutto convincenti le conclusioni cui il Tribunale di Monza perviene in relazione alla prededucibilità del credito del professionista nell'ipotesi in cui, dopo il fallimento, la curatela dimostri che il ricorso alla procedura si sia rivelato, in concreto, dannoso, avendo determinato un'erosione del patrimonio a disposizione della massa, causata, ad esempio, dalla rovinosa continuazione dell'attività d'impresa, in quanto tale conclusione non pare tenere conto della circostanza che il professionista legale non è chiamato ad effettuare una revisione della correttezza delle assunzioni economiche e finanziarie del piano e dell'attestazione, né può ingerirsi nella gestione dell'impresa nella fase di attuazione del piano e della proposta.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In relazione alla prededuzione anteriormente alla riforma del 2006: Cass. 18 febbraio 1981, n. 948; Cass. 16 giugno 1994, n. 5821; Cass. 14 luglio 1997 n. 6352; Cass. 27 ottobre 1995 n. 11216; Tribunale Sulmona 30 gennaio 2002; Cass. 4 febbario 1993 n. 1397, Cass. 5 agosto 1996, n. 7140 e Cass. 12 marzo 1999 n. 2192; L. BOGGIO Crediti sorti «in funzione» del concordato preventivo: prededuzione... ma non troppo, in Fall. 2009, 141. Successivamente alla riforma del 2006: Trib. Firenze, 26 marzo 2008, in Il Foro toscano, 2008, 2, 168.; Trib. Pordenone 8 ottobre 2009; Tribunale di Udine,15 ottobre 2008, in Fall. 2009, 1414; Trib. Treviso 16 giugno 2008, ivi, 2008, 1209; Trib. Milano 20 agosto 2009, ivi, 1413; Trib. Terni, 13 giugno 2011, ivi, 2011, 1339; Trib. Prato 13 novembre 2013, in ilFallimentarista.it; Trib. Forlì, 22 ottobre 2014; Cass. 5 marzo 2012, n. 3402; Cass. 10 maggio 2012, n. 7166; Cass. 8 aprile 2013, n. 8533; F. Lamanna, I crediti prededucibili perché “funzionali” alle procedure concorsuali previsti dall'art. 111, comma 2, l. fall., in ilFallimentarista.it, 16/04/2013; M. Vitiello, L'attestazione di veridicità e fattibilità nelle soluzioni concordate della crisi d'impresa: riflessioni su alcuni profili problematici, ivi; P. Vella L'interpretazione autentica dell'art. 111, co. 2, L.Fall. e i nuovi orizzonti della prededuzione pre-concordataria, in ilcaso.it; A. Patti Esclusione della prededucibilità dei crediti dei professionisti diversi dall'attestatore del piano ex art. 161, comma 3, l.fall., in Fall. 2011, 1337.

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