Sull’ammissibilità della proposta di piano del consumatore

02 Marzo 2015

La proposta avente ad oggetto la composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore non può essere dichiarata ammissibile, ai sensi dell'art. 7 L. n. 3/2012, se, allo scadere del termine assegnato dal giudice per le integrazioni alla proposta ex art. 9, comma 3-ter, manchino l'attestazione del professionista in relazione all'idoneità del piano al pagamento del creditore privilegiato; la documentazione rappresentativa della situazione economico-patrimoniale del debitore; l'elenco dei creditori ed una relazione particolareggiata dell'Organismo di Composizione della Crisi avente il contenuto indicato all'art. 9 della citata legge.
Massima

La proposta avente ad oggetto la composizione della crisi da sovraindebitamento del consumatore non può essere dichiarata ammissibile, ai sensi dell'art. 7 L. n. 3/2012, se, allo scadere del termine assegnato dal giudice per le integrazioni alla proposta ex art. 9, comma 3-ter, manchino l'attestazione del professionista in relazione all'idoneità del piano al pagamento del creditore privilegiato; la documentazione rappresentativa della situazione economico-patrimoniale del debitore; l'elenco dei creditori ed una relazione particolareggiata dell'Organismo di Composizione della Crisi avente il contenuto indicato all'art. 9 della citata legge.

Il caso

Con il provvedimento in commento, il Tribunale di Milano dichiara l'inammissibilità di una proposta di piano di risanamento depositata da un consumatore in stato di sovraindebitamento, ai sensi dell'art. 7, comma 1-bis, L. 27 gennaio 2012, n. 3 (per una ricostruzione del quadro normativo e delle principali novità introdotte dalla riforma, cfr. Macario, Sovraindebitamento e procedure di esdebitazione per i debitori «non fallibili». Il completamento della riforma, in ODCC, 2012, II, 203 ss.; Battaglia, I nuovi procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento dopo il maquillage della L. n. 3/2012, in Fall., 2013, XII, 1433 ss.
Il Tribunale ha ritenuto che la documentazione fornita dal consumatore non consentisse di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale e che, per questa ragione, la proposta di piano fosse inammissibile (art. 7, comma 2, lett. c).
In particolare, nella decisione si rileva come, decorso il termine di quindici giorni concesso al consumatore per l'integrazione della documentazione depositata insieme alla proposta, questa risultasse ancora incompleta, non essendo stati depositati:

  • l'attestazione del professionista richiesta dall'art. 7, comma 1, riguardante il trattamento assicurato dal piano ai creditori privilegiati;
  • l'attestazione della presentazione di copia del piano all'agente della riscossione e agli uffici fiscali (art. 9, comma 1);
  • l'elenco dei creditori, dei beni del debitore e degli atti di disposizione compiuti negli ultimi cinque anni (art. 9, comma 2);
  • l'attestazione di fattibilità del piano e l'elenco delle spese correnti necessarie al sostentamento del consumatore e della sua famiglia (art. 9, comma 2);
  • la relazione particolareggiata dell'Organismo di Composizione della Crisi (art. 9, comma 3-bis).

Il provvedimento del giudice milanese si colloca nella fase introduttiva del procedimento di composizione della crisi del consumatore da sovraindebitamento - procedimento disciplinato dagli artt. 6 ss l. n. 3/2012 (per una lettura critica delle diverse fasi della procedura e dei requisiti per accedervi, cfr. Pellecchia, Composizione delle crisi da sovraindebitameno, il “piano del consumatore” al vaglio della giurisprudenza, in www.dirittocivilecontemporaneo.com, I, aprile/giugno 2014; Rispoli Farina, I rimedi alle crisi da sovraindebitamento: un assetto definitivo alla crisi del consumatore?, in Le procedure di composizione negoziale delle crisi e del sovraindebitamento, S. Bonfatti – G. Falcone (a cura di), Quad. giur. comm., Milano, 2014, 273 ss; R. Battaglia, op. cit., 1433 ss. Per un approfondimento delle vicende inattuative delle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, cfr. M. Perrino, La “crisi” delle procedure di rimedio al sovraindebitamento (e degli accordi di ristrutturazione dei debiti), in Gius. civ., 2014, II, 435 ss.).
Infatti, l'art. 12-bis della L. 3/2012 dispone che, prima della fissazione dell'udienza, il giudice verifichi se la proposta soddisfi i requisiti previsti dagli artt. 7, 8 e 9 della medesima legge.
Le disposizioni richiamate, tuttavia, descrivono non solo i presupposti di carattere procedurale (propriamente enunciati dal secondo comma dell'art. 7), ma, in senso più ampio, i requisiti necessari ai fini dell'ammissibilità della proposta: prescrizioni attinenti al contenuto della proposta di piano del consumatore, alla documentazione da depositare e agli adempimenti fiscali cui è tenuto l'organismo di composizione della crisi.
Il sindacato giudiziale sull'ammissibilità della proposta di piano, quindi, si rivela molto ampio, tanto da ricomprendere la verifica della sussistenza di elementi attinenti al merito della proposta (si pensi alle prescrizioni sul contenuto della stessa. Mette bene in luce le criticità della verifica preliminare di ammissibilità della proposta di piano - e più in generale di accordo - L. Durello, Profili processuali del procedimento per la composizione della crisi da sovraindebitamento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2014, II, 651).

Osservazioni

Il provvedimento del giudice milanese rappresenta un'occasione per riflettere sulla funzione e sui limiti del sindacato giudiziale di ammissibilità della proposta di piano del consumatore.
Nel caso di specie, il vaglio preliminare effettuato dal giudice milanese pare limitarsi alla verifica della regolarità formale della proposta.
L'incompletezza della documentazione, rilevata in motivazione, infatti, consente al giudice milanese di ravvisare uno dei presupposti di inammissibilità della proposta di piano: avere fornito documentazione che «non consente di ricostruire compiutamente la situazione economica e patrimoniale» del consumatore (art. 7, comma 2, lett. d).
Peraltro, tanto la formulazione letterale dell'art. 12-bis, quanto l'impianto sistematico della L. 3/2012, sembrerebbero deporre nel senso di un sindacato di legalità formale: «Il giudice, se la proposta soddisfa i requisiti previsti dagli artt. 7, 8 e 9 e verificata l'assenza di atti in frode ai creditori, fissa immediatamente con decreto l'udienza» (art. 12-bis, comma 1). L'esame preliminare sarebbe, quindi, da condursi con una certa celerità, entro i brevi termini concessi al giudice e avendo riguardo alla regolarità formale della proposta. Di contro, la brevità dei termini parrebbe inconciliabile con un esame nel merito della proposta di piano (così, P. Bosticco, La struttura del procedimento, in Il piano di risanamento attestato e il nuovo sovraindebitamento, I.Arcuri - P.Bosticco, Milano, 2014, 164).
Inoltre, l'esame preliminare del giudice sull'ammissibilità della proposta sarebbe logicamente funzionale a quello di merito proprio della fase dell'omologazione (indicazioni chiare in questo senso si ritrovano nella relazione illustrativa del disegno di legge per la conversione del D.L. 179/2012, in www.diritto24.ilsole24ore.com, 18 ottobre 2012): «Una specifica condizione di inammissibilità è introdotta per il consumatore, al quale è richiesto di produrre documentazione idonea a ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale in funzione del giudizio di meritevolezza da assumere in sede di omologazione del piano, che prescinde in tal caso da un accordo»). In un primo momento, pertanto, il giudice verificherebbe soltanto la completezza degli elementi di fatto (Cfr. Trib. Pistoia, 20 febbraio 2014, in ilFallimentarista.it: «[…] il primo comma dell'art. 12-bis richiama, ai fini dell'apertura del procedimento, solo i requisiti di cui agli artt. 7, 8 e 9 e, dunque, per quanto attiene alla natura e alle cause del sovraindebitamento, solo il completamento del corredo documentale con la previsione integrativa di cui all'art. 9, comma 3-bis, lett. a e b: in definitiva, gli elementi valutativi del fatto, ma non la valutazione del fatto»), che dovranno essere poi valutati in sede di omologazione. In questa fase, il giudice dovrà verificare la fattibilità del piano e la meritevolezza del consumatore. Più precisamente, il giudice dovrà valutare la “non immeritevolezza” del consumatore atteso che l'art. 12-bis, comma 3, L. 3/2012 dispone, in negativo, che il giudice debba escludere che il consumatore abbia «assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero che abbia colposamente determinato il sovraindebitamento» (così F. Lamanna, Speciale Decreto Sviluppo-bis. Composizione delle crisi da sovraindebitamento: poteri e funzioni del tribunale, in ilFallimentarista.it, 21 dicembre 2012).
Ciononostante, deve riconoscersi che, se si ha riguardo ad alcuni dei requisiti prescritti dagli artt. 7, 8 e 9, i confini del sindacato giudiziale sull'ammissibilità della proposta potrebbero apparire meno netti.
In primo luogo, potrebbe pensarsi alle prescrizioni di cui all'art. 7, comma 1. Il piano, che venisse depositato senza l'ausilio dell'Organismo di Composizione della Crisi o che prevedesse la falcidia del privilegio dei crediti suscettibili di sola dilazione, sarebbe certamente inammissibile. Il giudizio di inammissibilità, tuttavia, sarebbe un giudizio sulla legalità e non sul merito della proposta, dovendo rilevare il giudice l'assenza degli elementi prescritti dalla legge.
Ad analoga conclusione potrebbe giungersi se si avesse riguardo alle prescrizioni sul contenuto della proposta di piano ex art. 8. Ad un primo esame, il riferimento alla fattibilità del piano e all'ipotesi in cui i beni e i redditi del debitore (consumatore) non siano sufficienti a garantirla sembrerebbe preludere ad un sindacato giudiziale anche sul merito. Tuttavia, potrebbe osservarsi che il correttivo per l'insufficienza delle garanzie prestate è già previsto dallo stesso art. 8, comma 2 (la proposta dovrà essere sottoscritta da uno o più terzi garanti) e costituisce esso stesso un elemento necessario della proposta. Di tale elemento il giudice dovrà preliminarmente verificare la sola sussistenza, mentre il controllo sul merito sarà esercitato al momento dell'omologazione: «[…] Se si può affermare con certezza che il Giudice, in questa fase, possa valutare la completezza e/o idoneità della dichiarazione di fattibilità e di veridicità dei dati fornita dell'O.C.C., ex art. 15, comma 6, è altrettanto vero che la valutazione sul merito della fattibilità parrebbe da collocarsi piuttosto nell'ambito del momento successivo del giudizio di omologa, in presenza di contestazioni da parte di alcuni creditori» (così osserva R. Battaglia, op. cit., 1438).
In secondo luogo, i confini del sindacato giudiziale di ammissibilità potrebbero apparire incerti se si avesse riguardo alla relazione particolareggiata dell'Organismo di Composizione della Crisi, che deve essere allegata alla proposta di piano (art. 9, comma 3-bis). Il documento sarebbe funzionale alla valutazione dell'assenza delle condizioni ostative all'omologazione (sulla funzione della relazione particolareggiata si veda la relazione illustrativa del disegno di legge di conversione del D.L. 179/2012, in www.governo.it, p. 34): «La ragione di siffatta penetrante modifica discende dal peculiare contenuto del giudizio omologatorio nel caso del consumatore, ove si prescinde dall'accordo dei creditori imponendosi, di contro, una valutazione di meritevolezza» (nello stesso senso, cfr. M. Rispoli Farina, op. cit., 285).
La relazione, infatti, deve dar conto delle cause del sovraindebitamento e dell'eventuale responsabilità del consumatore nel determinarlo. Inoltre, l'organismo di composizione della crisi deve esprimere un «giudizio sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal consumatore a corredo della proposta».
Invero, potrebbe apparire incerto se il giudice debba limitarsi a verificare che la relazione particolareggiata sia stata allegata e che contenga gli elementi prescritti dalla legge oppure se il giudice debba tenere conto dei giudizi in essa contenuti.
Ad esempio, ci si chiede in che misura il giudizio sulla completezza della documentazione possa vincolare il giudice e la prosecuzione della procedura, già dalla fase preliminare dell'ammissione della proposta (osserva M. Rispoli Farina, op. cit., 285, che il giudizio negativo sulla completezza della documentazione espresso dall'O.C.C. vincolerebbe la prosecuzione della procedura rendendo inammissibile la proposta. Tuttavia, secondo l'A., la funzione dell'Organismo di “consulenza” del consumatore in crisi «potrebbe imporgli un intervento preventivo volto ad integrare le informazioni e la documentazione da produrre, proprio al fine di scongiurare un giudizio negativo sulla loro attendibilità»). In proposito potrebbe osservarsi, da una parte, che il giudice dispone del potere di concedere un termine per integrare la documentazione mancante (salvo dover rilevare l'inammissibilità della proposta qualora, decorso il termine concesso, l'incompletezza persista); dall'altra, che riconoscere al contenuto della relazione un effetto vincolante del giudizio sull'ammissibilità potrebbe significare anticipare alla fase introduttiva (breve e condotta inaudita altera parte) un sindacato valutativo sul merito della proposta.
Detta conclusione potrebbe apparire meno scontata nel caso di una proposta di piano corredata da un parere negativo dell'Organismo di Composizione della Crisi sulla fattibilità. In questa ipotesi, si è osservato (Bosticco, op. cit., 164), il giudice potrebbe respingere immediatamente la proposta, salvo constatare la manifesta erroneità o il carattere immotivato delle censure mosse dall'O.C.C. o l'esistenza di lacune colmabili nel termine di quindici giorni, concesso per integrare la documentazione (Durello, op. cit., 651, secondo la quale «[…] In particolare, il giudice dovrà accertare se la documentazione prodotta dal debitore sia idonea a rappresentare la sua situazione economica e patrimoniale. Con riferimento alla relazione sulla fattibilità del piano, si tratta di verificare che essa, in un'ottica di garanzia per i creditori, svolga la funzione che le è propria e quindi si caratterizzi per completezza argomentativa nonché per congruità e logicità nel percorso valutativo compiuto dall'organismo»). Dovrebbe, invece, escludersi che il giudice possa dichiarare inammissibile, perché non fattibile, un piano corredato dal parere positivo dell'O.C.C. (osserva F. Lamanna, op. cit.: «[…] È lecito quindi ipotizzare che la domanda debba comunque giungere al Tribunale affinché proprio quest'organo dirima ogni dubbio, anche alla luce di eventuali controdeduzioni del debitore […]»).
In terzo luogo, l'ampiezza del sindacato sull'ammissibilità della proposta potrebbe apparire incerta pure riguardo ad altri profili.
Controverso appare, ad esempio, il riferimento agli adempimenti di natura fiscale prescritti dall'art. 9, comma 1. Letteralmente, il primo comma dell'art. 12-bis rinvia ai requisiti previsti dagli artt. 7, 8 e 9, senza ulteriori distinzioni. Pertanto, il rinvio è integrale e dovrebbe intendersi riferito anche al primo comma dell'art. 9. Nel caso di specie il giudice milanese rileva, a motivo della dichiarata inammissibilità, anche la mancata attestazione della presentazione di copia del piano all'agente della riscossione e agli uffici fiscali.
Tuttavia, il punto non è pacifico. Vi è chi (Bosticco, op. cit., 164) ritiene che si tratterebbe di una prescrizione di carattere fiscale il cui mancato adempimento non rileverebbe ai fini dell'ammissibilità della proposta. Ed infatti, il primo comma dell'art. 9 prescrive che l'O.C.C. presenti copia del piano all'agente della riscossione e agli uffici fiscali, contestualmente al deposito della proposta presso il tribunale «e comunque non oltre tre giorni». L'adempimento sembrerebbe quindi “autonomo” rispetto alla procedura giudiziale atteso che, peraltro, nessuna sanzione è comminata per la sua mancata esecuzione, né il deposito dell'attestazione è formalmente prescritto.
Tuttavia, la soluzione adottata dal giudice milanese parrebbe conforme alla lettera dell'art. 12-bis. Privo di rilievo sarebbe il fatto che l'attestazione possa essere presentata entro e non oltre i tre giorni successivi al deposito della proposta di piano presso il tribunale, e quindi non necessariamente contestualmente alla stessa. L'attestazione, infatti, potrebbe essere prodotta nel termine di quindici giorni, eventualmente concesso dal giudice proprio per integrare la documentazione già depositata. Quanto alle conseguenze dell'omissione di tali adempimenti, il provvedimento in commento pare suggerire che si tratterebbe di adempimenti da compiere a pena di inammissibilità della proposta.

Conclusioni

Dalle suesposte considerazioni e alla luce del quadro normativo di riferimento, può ritenersi che l'indagine preliminare sull'ammissibilità della proposta debba, intanto, escludere la sussistenza di ciascuna delle quattro condizioni di inammissibilità della proposta di piano enunciate dal secondo comma dell'art. 7. Il Giudice dovrà infatti verificare che il consumatore:
a) non sia soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla L. 3/2012;
b) non abbia fatto ricorso, nei cinque anni precedenti, ai procedimenti previsti dalla L. 3/2012;
c) non abbia subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli articoli 14 e 14-bis;
d) non abbia fornito documentazione che non consenta di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
La ricorrenza di una di queste quattro condizioni renderebbe superflua qualsiasi ulteriore indagine. Nel caso di specie, la verifica condotta dal giudice milanese si è arrestata a questa primissima fase, rilevando il giudice il ricorrere della quarta delle predette condizioni.
Esclusa la sussistenza di ciascuno dei summenzionati presupposti, quanto agli altri requisiti di cui agli artt. 7, 8 e 9, il potere di verifica preliminare del giudice andrebbe comunque inteso in senso restrittivo, dovendosi escludere un controllo di merito sulla idoneità della proposta a risanare la crisi. Il giudice, pertanto, potrebbe impedire la prosecuzione della procedura ove ravvisasse la violazione di prescrizioni inderogabili sul contenuto della proposta o sui documenti da depositare unitamente alla stessa, oppure ove ritenesse il contenuto della proposta tanto indeterminato da non consentirne l'esame nel merito al momento dell'omologazione.
Interessante il richiamo (Battaglia, op. cit., 1438; Bosticco, op. cit., 164), per analogia, all'insegnamento espresso dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 1521/2013 in tema di limiti al sindacato giudiziale sull'ammissibilità e fattibilità della proposta di concordato. Il richiamo deve tener conto della differenze tra le procedure, del carattere spiccatamente negoziale del concordato preventivo e del fatto che in quella procedura l'omologazione del concordato segua la sua approvazione da parte dei creditori, assente invece nel caso di piano del consumatore per il risanamento della crisi da sovraindebitamento. Tuttavia, alcune delle argomentazioni svolte dalla Corte offrono interessanti elementi per tentare di delineare il perimetro del sindacato sull'ammissibilità della proposta di piano del consumatore. Così, ad esempio, secondo la Suprema Corte, «quanto all'obbligo di verifica della regolarità della documentazione e la facoltà di richiedere integrazioni al debitore […], è sufficiente considerare, sul primo punto, che l'obbligo di verifica ben può essere soddisfatto controllando la completezza dei dati, la logicità delle argomentazioni svolte, la congruità delle conclusioni con i profili in fatto oggetto di esame; sul secondo, che la detta facoltà non contrasta con il dovere di controllo della legalità attribuito al giudice e non implica in alcun modo che da ciò debba necessariamente discendere il riconoscimento di un potere di controllo di merito […]».

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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