Un ulteriore passo verso la liberazione del curatore dai “presunti obblighi documentali”

20 Febbraio 2015

Il Fondo di Garanzia si sostituisce per l'insolvenza del datore di lavoro inadempiente nel pagamento del TFR e dei crediti di lavoro e relativi accessori inerenti agli ultimi 3 mesi. Una volta accertato il credito, nonché i relativi accessori, mediante l'ammissione allo stato passivo, viene così a realizzarsi un accollo cumulativo ex lege, per cui il Fondo di Garanzia assume in via solidale (e sussidiaria) la stessa obbligazione retributiva del datore di lavoro, da questo non adempiuta.
Massima

Il Fondo di Garanzia si sostituisce per l'insolvenza del datore di lavoro inadempiente nel pagamento del TFR e dei crediti di lavoro e relativi accessori inerenti agli ultimi 3 mesi. Una volta accertato il credito, nonché i relativi accessori, mediante l'ammissione allo stato passivo, viene così a realizzarsi un accollo cumulativo ex lege, per cui il Fondo di Garanzia assume in via solidale (e sussidiaria) la stessa obbligazione retributiva del datore di lavoro, da questo non adempiuta.

Il lavoratore, ai sensi dell'art. 2 L. n. 297/1982, è l'unico soggetto legittimato a dimostrare che esistono le condizioni di legge per l'ammissione al Fondo di Garanzia: egli deve provare la cessazione del rapporto di lavoro, l'inadempimento posto in essere dal debitore-datore di lavoro, nonché lo stato d'insolvenza in cui versa quest'ultimo. Per tale prova il creditore utilizza la presunzione legale dell'apertura del fallimento, della liquidazione coatta ovvero del concordato preventivo. Il curatore, così come il datore di lavoro, non hanno alcun onere di attivazione ovvero di verifica dei presupposti per l'accesso al Fondo di Garanzia.

Il caso

Una recente sentenza del Tribunale di Teramo riprende il tema della modulistica INPS propedeutica al ricorso ai Fondi di Garanzia.
La vexata quaestio deriva dalla posizione del curatore che, pur dovendosi considerare terzo nei confronti della procedura, sottoscrivendo moduli e documenti soggiace a precisa responsabilità, mutando la propria posizione da “accertatore garante” a “responsabile in prima persona”. Si deve assumere tra l'altro che, nel caso di aziende insolventi, non pare assolutamente scontata la reperibilità delle informazioni utili alla compilazione dei documenti in questione.
Il responsabile della procedura si trova spesso coinvolto in una serie interminabile di difficoltà, in specie nel monitoraggio della popolazione aziendale, tanto da rendere quasi impossibile la ricostruzione di dati molto precisi riferiti a periodi datati quali quelli richiesti dall'INPS.
Il tema legato all'obbligo o meno di compilare questa documentazione si lega inscindibilmente all'evidenza delle soluzioni alternative sicuramente percorribili ed esterne rispetto alle azioni tipiche degli organi della procedura.

Osservazioni

Obbligo o facoltà, un rapporto controverso nelle relazioni con l'Ente pubblico - Per prassi consolidata, una volta emessa la sentenza dichiarativa, da più parti giungono sollecitazioni al curatore finalizzate ad ottenere la compilazione di una quantità rilevante di documenti e dichiarazioni non inerenti la gestione “in proprio” dell'impresa, bensì legati ai periodi antecedenti la dichiarazione di fallimento.
Tra le sollecitazioni di questo tipo si annoverano:
• la richiesta - da parte dell'Amministrazione Finanziaria - di compilazione dei modelli 770 riferiti al periodo in bonis, ma non presentati, in quanto il fallimento è intervenuto prima della scadenza utile all'invio della dichiarazione;
• la richiesta - da parte dell'INAIL - di comunicazione dei dati retributivi utili alla compilazione dell'autoliquidazione;
• la richiesta - da parte dell'INPS - di compilazione dei più svariati modelli utili a certificare il credito del dipendente per il Fondo di Garanzia (SR52, PPC/CUR ecc).
Considerando come la firma apposta su questi documenti determini un'acquisizione di responsabilità da parte del sottoscrittore, il curatore deve essere reso edotto circa l'obbligo o meno di compilare e firmare i modelli.
Il provvedimento del Tribunale di Teramo in commento è solo l'ultimo, in ordine di tempo, a ribadire l'assenza di fonti utili a considerare tali adempimenti come obbligatori.
Il Giudice Delegato esordisce richiamando il pensiero della Suprema Corte, che individua il lavoratore come l'unico soggetto tenuto a dare prova dell'esistenza delle condizioni di Legge per l'ammissione al Fondo di Garanzia.
La diversa interpretazione dell'INPS deriva invece da indicazioni di prassi, ritenute dal Giudice utili alla mera regolamentazione interna, ma inabili a produrre gli effetti tipici della normazione primaria.
Non può quindi l'Istituto attribuire alcun onere di certificazione al curatore, che infatti non risulta soggiacere ad alcuna responsabilità ulteriore rispetto a quelle individuate dalla legge fallimentare.
Il parere del Giudice delegato, nel ritenere esonerato il curatore da qualsiasi obbligo certificativo, richiama anche il testo dell'art. 2, comma 2, della legge n. 297/1982, che andrebbe a confermare il conferimento al solo interessato della responsabilità di provare il credito ed il suo ammontare.
Trascorsi quindici giorni dal deposito dello stato passivo, reso esecutivo ai sensi dell'art. 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, ovvero dopo la pubblicazione della sentenza di cui all'art. 99 dello stesso decreto, per il caso in cui siano state proposte opposizioni o impugnazioni riguardanti il suo credito, ovvero dalla pubblicazione della sentenza di omologazione del concordato preventivo, il lavoratore o i suoi aventi diritto possono ottenere a domanda il pagamento, a carico del Fondo, del trattamento di fine rapporto di lavoro e dei relativi crediti accessori, previa detrazione delle somme eventualmente corrisposte.
Continua il GD, richiamando il concetto più volte sancito anche dalla Suprema Corte: l'Istituto può ricavare i dati necessari alla liquidazione direttamente dal dipendente, senza scomodare un soggetto che per sua natura non è tenuto a certificare. I documenti che il lavoratore può produrre per istruire la pratica di ricorso al Fondo di Garanzia sono: documento di identità, copia autentica dello stato passivo o del decreto di ammissione tardiva, attestazione della cancelleria del tribunale che il credito del lavoratore non è stato oggetto di impugnazione od opposizione.
L'Istituto quindi deve limitarsi a valutare quanto ammesso al passivo, oltre alla sussistenza dei requisiti base per il ricorso al Fondo (per la quota TFR tra i requisiti è sicuramente richiesta la cessazione del rapporto, in quanto solo con il verificarsi di questo atto matura l'indennità de qua: Cass. n. 24363/2014), non potendosi richiedere ulteriori prove al soggetto istante, né tantomeno a soggetti terzi, tra i quali si annovera il curatore.
A tal proposito la Sezione Fallimentare del Tribunale di Roma, con sentenza n. 11985/2012, sanciva, spingendosi addirittura oltre, che quando il credito per TFR viene accertato ed ammesso al passivo dalla procedura, sussiste l'obbligo per l'INPS di pagare il relativo debito a nulla rilevando eventuali errori materiali emersi nel calcolo delle somme a credito. A valere sarà solamente la somma ammessa, senza la possibilità di ulteriori valutazioni nell'an e nel quantum.
La stessa sezione fallimentare romana in un'altra limpida pronuncia del 24 febbraio 2009, confermava l'esonero per il curatore dalla compilazione dei modelli INPS legati al Fondo di Tesoreria, in quanto l'Istituto non può spingersi, tramite semplici e libere determinazioni regolamentari interne, ad investire il curatore di un obbligo che pende tipicamente a carico del soggetto istante.
Il Tribunale di Varese, sezione lavoro, continuando sul medesimo binario, precisa come, in caso di somme accertate dalla procedura, la liquidazione da parte del Fondo di Garanzia non può essere subordinata alla produzione di ulteriore documentazione a carico del lavoratore, non essendo ravvisabile alcun onere di questo tipo nel nostro ordinamento. Trattasi di una richiesta eccessiva e quindi illegittima da parte dell'Ente previdenziale (così anche Cass. n. 18136/06; Cass. n. 9231/10).
Non s'intende con ciò dissuadere il curatore dalla redazione di un documento utile, ma è bene porre comunque uno spartiacque tra ciò che la Legge impone e ciò che viene richiesto dalla comune prassi, al fine di rendere il curatore libero di decidere se agevolare la rapida liquidazione delle competenze a favore del lavoratore, assumendosi il rischio di quanto dichiara, oppure attenersi al disposto di Legge, compiendo perfettamente il proprio dovere come riconosciuto dalla giurisprudenza sopra richiamata.
L'esigenza di condividere la responsabilità - Il problema di fondo è l'obbligatoria apposizione della firma. Sembra banale questo rilievo, ma sta di fatto che l'idea di un vincolo non necessario mal dispone i responsabili delle procedure. Non potrebbe essere altrimenti.
A voler considerare i parallelismi con le vicende fiscali, si potrebbe tranquillamente assumere come i dichiarativi CUD e 770, non sottoscritti dal curatore in quanto riferiti a periodi ante sentenza dichiarativa, possano essere sottoscritti dal fallito. In assenza della sottoscrizione, alcun obbligo viene trasferito al terzo responsabile della procedura.
La stessa pronuncia del Tribunale di Teramo, discostandosi dall'ambito del credito specifico del lavoratore, tratteggia gli obblighi relativi agli adempimenti fiscali. Infatti il GD precisa che la qualifica di sostituto d'imposta assunta dal Curatore deve limitarsi alle somme erogate nel corso della procedura. Ne consegue che alcuna responsabilità, tantomeno dichiarativa, deve impegnare il curatore circa gli adempimenti connessi alle ritenute fiscali.
La prassi vede costantemente i CAF disponibili alla compilazione di dichiarazioni sulla base di CUD sprovvisti di firma da parte del sostituto. Questa condotta permette ai curatori disponibili di completare senza alcun problema i documenti utili alla ricostruzione della condotta aziendale con riferimento all'anno fiscale, proprio perché non produce assunzione di responsabilità. In questo senso Cass. n. 1921/2010 precisa che spetta al fallito presentare la dichiarazione dei redditi per i periodi d'imposta anteriori al fallimento, mentre il curatore presenterà, in caso di ritenute, quelle relative ai periodi d'imposta successivi (questa tesi è stata trasposta anche tramite specifico parere della Sezione Fallimentare del Tribunale di Padova del 19/07/2011).
Allo stesso modo è a dirsi per la compilazione dei modelli richiesti dall'Istituto previdenziale, rappresentando un adempimento solo facoltativo ed aggiuntivo rispetto a quanto già svolto in sede di accertamento del credito insinuato.
Qualora fosse richiesta solo la compilazione della modulistica e non anche la sottoscrizione, con conseguente assunzione di responsabilità diretta, si paleserebbe sicuramente il favore di gran parte dei curatori, che, in assenza di rischi personali, risulterebbero sicuramente disponibili ad agevolare la liquidazione delle somme.

Conclusioni

Tribunali a due velocità, ma uniti nell'unica interpretazione possibile - Considerando il numero di fallimenti dichiarati quotidianamente nel nostro Paese, la portata del problema qui trattato coinvolge un'area quasi illimitata. Perché solo alcuni tribunali sono arrivati a pronunciarsi sul tema?
La risposta deve ricercarsi della continua e condivisibile ricerca della speditezza e della semplificazione nella gestione delle procedure, esigenza che gran parte delle sezioni fallimentari italiane tende a perseguire, pur nell'evidenza che l'attenzione primaria deve sempre dedicarsi alla certezza.
Spesso curatori e Giudici Delegati condividono l'esigenza di non arrestare il processo di recupero rapido delle somme a favore dei dipendenti, trattandosi di creditori che meritano la massima attenzione, più di ogni altro soggetto vessato dal dissesto.
A tal proposito, ove i dati recuperati sono certi e non vi è contestazione circa il credito, è sempre consigliabile la compilazione della modulistica utile al lavoratore per vedersi soddisfare quanto prima il proprio credito, ma anche al curatore per ricevere quanto prima la surroga dell'Istituto e completare le operazioni utili a cristallizzare lo stato passivo esecutivo.
Proprio per questo le pronunce dei Tribunali sono limitate ai casi in cui il credito del lavoratore pare contestato, oppure il curatore non dispone dei molteplici e precisi dati utili alla compilazione della modulistica INPS, oppure semplicemente, e legittimamente, il curatore non ha inteso andare oltre i propri compiti specifici restando terzo nei confronti della procedura.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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