Rinuncia al preconcordato e nuova domanda di concordato pieno: ipotesi di abuso del diritto

07 Gennaio 2015

La rinuncia alla domanda di preconcordato, depositata alla scadenza del termine assegnato dal Tribunale per il deposito della documentazione e del piano, nonché la presentazione di un'autonoma domanda di concordato preventivo pieno nelle more del termine di difesa assegnato per il procedimento ex art. 162 l. fall., integrano un'ipotesi di abuso del sistema concordatario, poiché tale strumento sarebbe stato utilizzato al solo fine di precludere gli accertamenti.
Massima

La rinuncia alla domanda di preconcordato, depositata alla scadenza del termine assegnato dal Tribunale per il deposito della documentazione e del piano, nonché la presentazione di un'autonoma domanda di concordato preventivo pieno nelle more del termine di difesa assegnato per il procedimento ex art. 162 l. fall., integrano un'ipotesi di abuso del sistema concordatario, poiché tale strumento sarebbe stato utilizzato al solo fine di precludere gli accertamenti.

La legge fallimentare, pur essendo una legge speciale, non può prescindere dal basare il proprio impianto normativo sulla disciplina civilistica di riferimento, ossia quella contenuta nel libro IV, Titolo I, sezione I “dell'adempimento in generale”, la quale impone al debitore, così come al creditore, di comportarsi secondo le regole della diligenza e della correttezza.

Gli atti processuali possono essere utilizzati esclusivamente per assolvere alla funzione a cui sono stati destinati: non possono ammettersi, all'interno del giusto processo, atti che siano stati posti in essere al fine di deviare il normale iter processuale nel tentativo di neutralizzarne gli effetti negativi.

Il caso

Avanti il Tribunale di Roma una società veniva ammessa alla procedura di preconcordato, con concessione dei termini ex art. 161, comma 6, l. fall., per il deposito della proposta, del piano e della documentazione. Due giorni prima della scadenza del predetto termine, la ricorrente dichiarava di voler rinunciare alla procedura preconcordataria. Il Tribunale ha ritenuto che la rinuncia configurasse un'ipotesi di abuso del diritto e, pertanto, l'ha dichiarata inefficace, conseguentemente ha dichiarato inammissibile, ai sensi dell'art. 162, comma 2, l. fall., la domanda di preconcordato, non avendo il ricorrente ottemperato al deposito di cui all'art. 161, comma 6, l. fall..

Osservazioni

La decisione del Tribunale di Roma è in linea con altra precedente pronuncia che ha deciso un'identica fattispecie: «[…] è inammissibile e priva di ogni efficacia la rinuncia alla “procedura di concordato” summenzionata [domanda di preconcordato, ndr], in quanto si tratta di istanza depositata a ridosso della scadenza del termine di proroga assegnato dal Tribunale […] è evidente come non si possa ipotizzare una rinuncia in prossimità dello spirare del termine e con il palese intento di evitare una pronuncia che, nei due anni successivi, osti alla presentazione di una nuova domanda di pre-concordato siccome previsto dal comma 9 dell'art. 161 l. fall.» (Trib. Asti 10 marzo 2014, in ilFallimentarista.it). Tale orientamento è, inoltre, suffragato dalla dottrina: «[…] stante la funzione sanzionatoria preclusiva dell'inammissibilità collegata all'inosservanza del termine, il debitore non può certo eludere la norma sanzionatoria con espedienti finalizzati ad evitare che il Tribunale pronunci espressamente l'inammissibilità nonostante la riscontrata inosservanza del termine, ad esempio rinunciando alla domanda, o revocandola (magari all'ultimo momento). Se, infatti, il debitore in preconcordato è certo libero di rinunciare alla domanda, non è altrettanto libero di sottrarsi alle conseguenze che dalla rinuncia derivano, trattandosi comunque di un'anomala interruzione del procedimento equiparabile al suo esito negativo (riferito all'inosservanza del termine), giacché comunque ne risulta l'illegittima, abusiva fruizione del blocco delle azioni esecutive e cautelari per un certo tempo (dalla domanda alla rinuncia) senza che il debitore abbia adempiuto all'obbligo (o comunque all'onere), che si era assunto, di depositare la proposta definitiva. Tale rinuncia, insomma, non è idonea ad eliminare la fattispecie inadempitiva costituita dalla mancata presentazione della proposta definitiva nel termine» (F. Lamanna, Profili di abuso e limiti nella reiterazione di domande di preconcordato, di concordato e di omologa di accordi, in ilFallimentarista.it, 2013, 17).
Non vi è dubbio che il debitore possa legittimamente - almeno in via astratta - decidere di rinunciare alla domanda di preconcordato (così come a quella di concordato “pieno”): «la domanda di concordato è una domanda giudiziale, il cui esercizio è riservato al monopolio del creditore insolvente, anche la rinuncia a far valere tale strumento rientra nella sfera della sua illimitata disponibilità» (A. Bonsignori, Concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1979, 98). Vi sono però ipotesi in cui di tale diritto (alla rinuncia) si può “abusare”, ovvero farne un uso illegittimo. Tra queste ipotesi rientra la fattispecie oggetto della decisione che qui si commenta.
L'istituto di creazione giurisprudenziale e dottrinale dell'abuso del diritto trova applicazione allorché «un comportamento che formalmente integri gli estremi dell'esercizio del diritto soggettivo, debba ritenersi però - sulla base di criteri non formali di valutazione - privo di tutela giuridica, o illecito» (C. Salvi, Abuso del diritto, in Enc. Dir., vol. I, 1; in giurisprudenza, si veda, per tutte, Cass. 18 settembre 2009, n. 20106). Nello specifico ambito del c.d. concordato in bianco, il legislatore ha previsto - proprio al fine di prevenire un possibile uso distorto della procedura - la norma sanzionatoria di cui all'art. 161, comma 9, l. fall., la quale impedisce la presentazione di una domanda di preconcordato qualora nel biennio precedente l'imprenditore abbia depositato identico ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall. senza che abbia fatto seguito l'ammissione alla procedura di concordato preventivo. Il divieto trova giustificazione «nell'opportunità di precludere l'indefinita protrazione dell'automatic stay mediante il recursus ad infinitum alla protezione interinale, senza mai procedere alla formalizzazione del piano e della proposta» (S. Ambrosini-M. Aiello, La modifica, la rinuncia e la ripresentazione della domanda di concordato preventivo, in ilcaso.it, 2014, 16). In altri termini, il legislatore vuole evitare che il debitore possa riproporre senza soluzione di continuità plurime domande di preconcordato al solo scopo di inibire sine die qualsiasi azione esecutiva o cautelare dei propri creditori.
È, quindi, evidente che la (di per sé legittima) rinuncia alla domanda di preconcordato dovrà essere valutata attentamente al fine di rilevare eventuali abusi del debitore: all'esito di tale indagine, il Tribunale di Roma ha correttamente ritenuto che la rinuncia intervenuta in prossimità della scadenza del termine previsto per la formalizzazione della proposta doveva considerarsi “abusiva”, in quanto posta in essere al solo fine di neutralizzare le conseguenze negative previste dalla legge in ipotesi di mancato deposito del piano e della documentazione entro il termine concesso (ovvero, la sanzione di cui all'art. 161, comma 9, l. fall., nonché l'eventuale dichiarazione di fallimento ex art. 162, comma 2, l. fall.).
Le conclusioni assunte dal Tribunale hanno trovato ulteriore conferma nel successivo comportamento del debitore, il quale, dopo aver rinunciato alla domanda di preconcordato, aveva proposto - in sede di istruttoria prefallimentare avviata a seguito della richiesta di fallimento proveniente dal pubblico ministero ex art. 162, comma 2, l. fall. - una domanda di concordato “pieno” «priva dei necessari requisiti di forma e di sostanza (mancanza del piano)». Una siffatta condotta è rivelatrice dell'intento della società proponente di bloccare l'istruttoria prefallimentare (e, quindi, è teoricamente, “abusiva”). Tuttavia, in questo caso parrebbe più appropriato far discendere l'inammissibilità della domanda di concordato “definitiva” direttamente dal dettato della normativa fallimentare, senza dover invece far ricorso all'istituto dell'abuso di diritto (sulla natura residuale dell'istituto dell'abuso di diritto in materia concordataria, si veda: F. Macrì, L'abuso del diritto nel concordato con riserva, in Fall., 2014, 13). Da un lato, infatti, la domanda non meritava accoglimento in quanto priva del correlato piano (la predisposizione del piano costituisce un requisito di ammissibilità espressamente previsto dall'art. 161, comma 2, lett. e, l. fall.), dall'altro, qualora (come nel caso di specie), sul procedimento preconcordatario si innesti, ex art. 162, comma 2, l. fall., la richiesta di fallimento del pubblico ministero (o del creditore), occorrerà comunque valutare quest'ultima sì che solo in ipotesi di rigetto della richiesta di fallimento la domanda di concordato “pieno” potrà essere vagliata; sul punto si veda, in termini, Trib. Bergamo 6 agosto 2014: «la presentazione di una nuova e diversa domanda di concordato, nell'unica forma consentita, quella ex art. 161, comma uno, due, e tre l. fall. è … inammissibile se non quando il precedente procedimento concordatario sia stato già definito con una pronuncia che non comprenda la dichiarazione di fallimento della debitrice, e che ne disponga il ritorno in bonis. Orienta verso tale conclusione la considerazione che la domanda nuova … non può avere l'effetto di aprire un nuovo e distinto procedimento, nella perdurante pendenza di un procedimento di concordato relativo al medesimo soggetto».

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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