La sorte delle somme depositate in favore dei creditori irreperibili nel concordato fallimentare

Marco Nicolai
22 Dicembre 2014

L'art. 136, comma 2, l. fall., non rinviando all'art. 117, comma 4, l. fall., disciplina in modo autonomo la “sorte” delle somme spettanti ai creditori irreperibili e rimette al Giudice Delegato l'individuazione delle modalità di deposito delle stesse.
Massima

L'art. 136, comma 2, l. fall., non rinviando all'art. 117, comma 4, l. fall., disciplina in modo autonomo la “sorte” delle somme spettanti ai creditori irreperibili e rimette al Giudice Delegato l'individuazione delle modalità di deposito delle stesse.

Il Giudice Delegato deve tener conto, nel contesto dell'art. 136, comma 2, l. fall., e nell'emissione dei provvedimenti relativi alla “sorte” delle somme spettanti ai creditori irreperibili, dello specifico contenuto della proposta di concordato fallimentare.

Il caso

La M. S.p.A. proponeva, in qualità di terzo, domanda di concordato fallimentare nel Fallimento V. S.p.A. in liquidazione, ottenendone l'omologazione con decreto emesso in data 11 settembre 2008. Il Giudice Delegato, dovendo provvedere ex art.136, comma 2, l. fall., disponeva, nell'anno 2009, che un importo fosse depositato “con il procedimento degli irreperibili”. All'uopo, il curatore accendeva libretti postali a nome di tali creditori.
M. S.p.A., in data 5 maggio 2014, ha depositato istanza per lo svincolo del suddetto importo. Ciò poiché, secondo l'istante, nel caso di specie può trovare applicazione l'art. 117, comma 4, l. fall., secondo il quale, decorsi cinque anni dal deposito delle somme, queste ultime e i relativi interessi – se non riscosse dagli aventi diritto – sono versate allo Stato. Pertanto, in caso di applicazione della suddetta disposizione, M. S.p.A. si troverebbe a dover soddisfare le pretese che i creditori irreperibili, decorso il termine quinquennale, potrebbero far valere nei suoi confronti nell'ordinario termine di prescrizione decennale.

La questione giuridica

Il Tribunale di Milano si è pronunciato su una fattispecie concreta relativa alla sorte delle somme di denaro che, successivamente all'omologazione di un concordato fallimentare, sono depositate secondo “il procedimento degli irreperibili”. Al riguardo, deve premettersi che, nell'ambito del concordato fallimentare, l'art. 136, comma 2, l. fall., rimette al Giudice Delegato la concreta individuazione delle modalità di deposito delle somme riservate ai creditori contestati, condizionali e irreperibili. Pertanto, la questione – esaminata in un solo precedente giurisprudenziale, che si è espresso sotto il vigore della previgente disciplina – si pone all'attenzione dell'operatore quando il Giudice Delegato, pur non richiamandolo expressis verbis, assume un provvedimento con cui, utilizzando la locuzione “procedimento degli irreperibili”, pare implicitamente rinviare all'art. 117, comma 4, l. fall.
La norma da ultimo citata, operante esclusivamente nel contesto fallimentare, ora stabilisce che le somme dei creditori che non si presentano o sono irreperibili si depositano ex art. 34, l. fall., «sul conto corrente intestato alla procedura fallimentare presso un ufficio postale o presso una banca scelti dal curatore. Il legislatore della novella fallimentare ha ri-formulato, nei detti termini, il previgente art. 117, comma 3, l. fall., secondo il quale «per i creditori che non si presentano o sono irreperibili la somma dovuta è depositata presso un istituto di credito. Il certificato di deposito vale quietanza». Al riguardo, la migliore dottrina riteneva che tale deposito – da eseguirsi nominativamente in favore dei creditori irreperibili – configurasse un pagamento e gli importi così versati non facessero più parte del patrimonio fallimentare.
L'attuale disciplina, poi, stabilisce che le somme di denaro depositate ex art.117, comma 4, l. fall., sul conto corrente di cui all'art. 34, l. fall., unitamente agli interessi maturati, decorsi cinque anni, sono versate «all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, ad apposita unità previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia», qualora non riscossi dagli aventi diritto e non richiesti dagli altri creditori rimasti insoddisfatti. Il quinquennio è considerato un termine di decadenza entro il quale i creditori irreperibili devono chiedere l'assegnazione degli importi depositati in loro favore. In caso contrario, ne beneficeranno i creditori insoddisfatti che hanno richiesto l'attribuzione ovvero lo Stato.
La disposizione sull'esecuzione del concordato fallimentare, per quanto attiene al deposito delle somme in favore dei creditori irreperibili, non disciplina un procedimento articolato e rigoroso come quello di cui all'art.117, comma 4, l. fall. E, infatti, l'art.136, comma 2, l. fall., rimette alla completa discrezionalità del Giudice Delegato la decisione sulle modalità di deposito di tali somme.

(Segue) E la soluzione adottata

L'omesso rinvio all'art. 117, comma 4, l. fall., da parte dell'art. 136, comma 2, l. fall., costituisce, secondo il Tribunale di Milano, la ragione principale per la quale la prima disposizione non si applica. Da ciò discende che nell'ambito del concordato fallimentare «la “sorte” delle somme spettanti ai creditori irreperibili è disciplinata in modo autonomo».
Il Tribunale di Milano ritiene però che il Giudicante deve compiere, nell'esercizio dell'ampio potere riservatogli dalla legge, alcune valutazioni. E infatti, al fine di emettere un provvedimento sulla sorte delle somme destinate agli irreperibili, lo stesso deve tener conto del contenuto della proposta di concordato fallimentare. Quest'ultima, nel caso in esame, prevede, da un lato, l'obbligo del proponente di pagare ai creditori chirografari, ammessi al passivo alla data del deposito della proposta, il 13,45% dei loro crediti e, dall'altro lato, la devoluzione al proponente medesimo del residuo attivo fallimentare.
Pertanto, i creditori soddisfatti non possono vantare alcuna pretesa sulle somme non reclamate dagli irreperibili. Allo stesso modo lo Stato, poiché la proposta concordataria attribuisce il residuo attivo fallimentare alla società proponente.
Tuttavia, il tenore letterale del provvedimento adottato dal Giudice Delegato nel 2009, secondo il Tribunale di Milano, può determinare l'applicazione dell'art. 2, comma 2, l., 13 novembre 2008, n.181, “conversione in legge, con modificazioni, del d.l., 16 settembre 2008, n.143, recante interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario”, secondo il quale: «rientrano nel «Fondo unico giustizia», con i relativi interessi, le somme di denaro ovvero i proventi: … c-bis) depositati presso Poste Italiane S.p.A., banche e altri operatori finanziari, in relazione a procedimenti civili di cognizione, esecutivi o speciali, non riscossi o non reclamati dagli aventi diritto entro cinque anni dalla data in cui il procedimento si è estinto o è stato comunque definito o è divenuta definitiva l'ordinanza di assegnazione, di distribuzione o di approvazione del progetto di distribuzione ovvero, in caso di opposizione, dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia». Il Giudicante ha quindi svincolato le somme dei creditori irreperibili disponendone il deposito in loro favore su libretti bancari nominativi (nel 2009 erano stati accesi libretti postali nominativi, n.d.r.). Pertanto, ove non reclamate dai creditori irreperibili, tali somme di denaro saranno acquisite dalla società proponente unicamente allo spirare dell'ordinario termine di prescrizione.

Considerazioni conclusive

La decisione del Tribunale di Milano va condivisa. In particolare, l'assunto secondo il quale l'art. 136, comma 2, l. fall., ha una disciplina autonoma rispetto a quella di cui all'art. 117, comma 4, l. fall., in ordine al deposito delle somme in favore dei creditori irreperibili. Tale autonomia si estrinseca nel riconoscimento al Giudice Delegato di una discrezionalità ampia che non esclude, come è accaduto nel caso in esame, il rinvio espresso o implicito da parte del Giudice Delegato a quest'ultima disposizione.
Tuttavia, l'art. 2, comma 2, l. 13 novembre 2008, n.181, delimita tale potere discrezionale, quanto meno sotto il profilo temporale, in quanto «le somme di denaro ovvero i proventi … depositati presso Poste Italiane S.p.A., banche e altri operatori finanziari, in relazione a procedimenti civili di cognizione, esecutivi o speciali, non riscossi o non reclamati dagli aventi diritto entro cinque anni dalla data in cui il procedimento si è estinto o è stato comunque definito o è divenuta definitiva l'ordinanza di assegnazione, di distribuzione o di approvazione del progetto di distribuzione» confluiscono nel Fondo unico giustizia. Tale disposizione non va affatto trascurata, poiché introduce, anche nel concordato fallimentare, con riferimento alle somme di denaro depositate in favore dei creditori irreperibili, un termine di decadenza inferiore rispetto a quello ordinario di prescrizione dei diritti.

Minimi riferimenti bibliografici

Nella giurisprudenza di merito esisteva – sotto il vigore della precedente disciplina – un solo precedente, contrario alla sentenza qui commentata, il quale ritenne di applicare analogicamente l'art. 117, l. fall.: Trib. Bari, 13 ottobre 2008, in Fall., 2009, 355 s. In dottrina, in luogo di molti, per un esame della disciplina – attuale e previgente – sulla sorte delle somme depositate nel fallimento e nel concordato fallimentare in favore dei creditori irreperibili GENOVIVA P., La sorte delle somme relitte dai creditori irreperibili tra vecchio e nuovo rito fallimentare, in Fall., 2009, 357 ss., al quale si rinvia per i necessari riferimenti bibliografici.
Per quanto attiene alle opere collettanee, senza alcuna pretesa di esaustività, fra le più recenti, per utili riferimenti, sub art.117, l. fall., BARTOLUZZI P., La legge fallimentare. Commentario teorico pratico, a cura di M. Ferro, Padova, 2014, 1651; LUPIA A., Codice commentato del fallimento, a cura di Lo Cascio, Milano, 2013, 1504, nonché sub art. 136, l. fall., MINUTOLI G., La legge fallimentare. Commentario teorico pratico, cit., 1836; GUGLIELMUCCI L., Codice commentato del fallimento, cit., 1684.

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