Preconcordato e contratti di leasing pendenti: sospensione a decorrenza posticipata

Roberto Amatore
04 Dicembre 2014

La richiesta di scioglimento di contratti di leasing pendenti, nel corso di una procedura di concordato in bianco, non può essere autorizzata in mancanza di deposito della proposta definitiva
Massima

La richiesta di scioglimento di contratti di leasing pendenti, nel corso di una procedura di concordato in bianco, non può essere autorizzata in mancanza di deposito della proposta definitiva
Qualora in un contratto di affitto d'azienda, stipulato dal debitore in preconcordato, l'affittuario non intenda coltivare dei contratti di leasing pendenti, con la conseguenza che alla scadenza del termine pattuito tra le parti i canoni tornerebbero a gravare sul debitore, con pregiudizio per i creditori, può essere autorizzata la sospensione di tali contratti, ex art. 161, comma 7, l. fall., con decorrenza posticipata alla scadenza del citato termine.

Il caso

La società Arti Grafiche A.P., già ammessa alla fase prenotativa della procedura di ammissione a concordato preventivo, chiedeva al Tribunale di Milano, da un lato, l'autorizzazione (impropriamente richiamando l'art. 167, comma 2, l. fall.), alla sottoscrizione di verbali individuali di conciliazione in sede sindacale con dodici lavoratori e all'immediato pagamento, in favore di costoro, della complessiva somma pari ad euro 117.864,24 e, dall'altro, l'autorizzazione allo scioglimento ovvero, in subordine, alla sospensione, ai sensi dell'art. 169-bis, comma 1, l. fall., di tre contratti di leasing mobiliare in corso di esecuzione.

Le questioni giuridiche

Il provvedimento in esame, motivato in modo condivisibile e convincente, offre la possibilità di approfondire gli istituti di nuovo conio oggi regolati dall'art. 161, comma 7, l. fall. (autorizzazione per gli atti urgenti di straordinaria amministrazione nella fase prenotativa) e dall'art. 169-bis medesima legge (autorizzazione allo scioglimento e alla sospensione dei contratti in corso di esecuzione), oltre che l'occasione per esaminare gli aspetti problematici relativi all'applicazione dei predetti istituti nella fase interinale di ammissione a concordato e alle possibili interferenze tra i regimi applicativi delle diverse autorizzazioni elargibili dal tribunale nelle fasi pre e post ammissive alla procedura concordataria.
In primo luogo, corre l'obbligo di esaminare l'istituto dello scioglimento e della sospensione dei contratti in corso di esecuzione, secondo l'iter logico imposto dalla consecuzione dei principi sopra massimati.
Sul punto, va detto che i contratti in corso d'esecuzione nel concordato preventivo investono tre interessi potenzialmente confliggenti, da contemperare e rendere oggetto d'una equa composizione: l'interesse del contraente in bonis a vedere regolarmente eseguito il rapporto negoziale in essere con il contraente concordatario; l'interesse dei creditori concorsuali a non vedere pregiudicati i propri diritti in dipendenza dell'esecuzione d'un rapporto negoziale in costanza di procedura; l'interesse del contraente concordatario a dare completa esecuzione al piano sottoposto all'approvazione dei creditori ed all'omologazione del Tribunale senza subire le conseguenze, soprattutto economiche, d'un rapporto negoziale in essere (per un approfondimento, si rimanda ad AMATORE-JEANTET, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013, 65 e ss ).
In realtà, sino all'entrata in vigore del Decreto Sviluppo ed in assenza d'una specifica disciplina, si era dibattuto se, in presenza d'un contratto ineseguito in tutto od in parte, potessero applicarsi gli artt. 72 e ss. l. fall., oppure se questo contratto dovesse essere eseguito sempre e comunque, oppure ancora se quest'esecuzione fosse da qualificarsi alla stregua d'un atto di straordinaria amministrazione da assoggettare, come tale, all'autorizzazione prescritta dall'art. 167 legge fall..
Ebbene, l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale pressoché unanime escludeva l'applicabilità degli artt. 72 e ss. l.fall. e riteneva che i rapporti negoziali in essere alla data di deposito d'una domanda di concordato preventivo potessero, anzi dovessero, proseguire senza necessità d'autorizzazione giudiziale (AMBROSINI, DEMARCHI, VITIELLO, Il concordato preventivo e la transazione fiscale, Bologna, 2009, p. 98; CENSONI, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in ilcaso.it, 2013, 5), discutendosi se quest'autorizzazione potesse essere richiesta dal debitore concordatario per non proseguire nell'esecuzione d'un contratto ineseguito e, dunque, per rendersi legittimamente inadempiente, alla condizione che quest'inadempimento trovasse giustificazione nel piano e con la conseguenza di determinare l'insorgenza, a favore del contraente in bonis, d'un credito risarcitorio di rango prededucibile (FABIANI, Riflessioni precoci sull'evoluzione della disciplina della regolazione concordata della crisi d'impresa, in ilcaso.it, 14 e ss.).
Tuttavia tale soluzione lasciava irrisolte una serie d'importanti questioni, quali, tra le altre, il trattamento, nei contratti di durata, dei debiti pregressi e di quelli sorti in data successiva al deposito d'una domanda di concordato preventivo, gli effetti dipendenti da una risoluzione del contratto ineseguito per effetto d'una clausola risolutiva espressa applicabile al momento, ed in ragione, dell'apertura d'una procedura concorsuale concordataria e la scindibilità o l'inscindibilità di questo contratto nella prospettiva dell'art. 111, comma 2, l.fall. (BONFANTE, La nuova disciplina dei contratti pendenti nel concordato preventivo, in ilFallimentarista.it, 2012, 1).
L'inevitabile conseguenza della ritenuta proseguibilità dei rapporti negoziali in essere era duplice, e ciò nel senso che, per un verso, il costo della prosecuzione incideva sulla percentuale di soddisfazione dei creditori concorsuali, riducendo la massa attiva disponibile e, per altro verso, il contraente concordatario era tenuto a considerare nel piano, anche nella prospettiva d'una fedele rappresentazione della propria situazione patrimoniale, l'incidenza di questo costo, attuale e prognostico. In realtà, la situazione si era in parte modificata a seguito dell'inserimento, nell'art. 169 l.fall., d'un richiamo all'art. 45, con il risultato di rendere inopponibili tutti quei contratti che non fossero stati assistiti dalle necessarie formalità e di ridurre così il numero dei rapporti negoziali soggetti a valutazione, in termini di prosecuzione e di conseguente costo, nella prospettiva concordataria (AMATORE-JEANTET, Il nuovo concordato preventivo, cit., 67).
Sul punto, occorre sottolineare che, constatata l'inefficienza economica e la sostanziale ingiustizia del sistema di gestione dei rapporti negoziali in essere alla data d'apertura d'una procedura concorsuale concordataria, il Decreto Sviluppo ha per l'appunto previsto, nel nuovo art. 169-bis, che il debitore possa chiedere l'autorizzazione a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione della domanda oppure chiedere l'autorizzazione a sospenderli per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta, riconoscendo al contraente in bonis il diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento, da soddisfarsi come credito anteriore al concordato.
Risulta pertanto evidente che questa previsione, la cui disciplina mira a colmare una delle più problematiche lacune normative e che è destinata ad interessare tutti i rapporti negoziali a prestazioni corrispettive ancora ineseguiti oppure non compiutamente eseguiti da entrambe le parti, riprende, in realtà, il sistema introdotto nell'art. 72 l. fall.
Il Decreto Sviluppo attribuisce, in definitiva, al debitore concordatario il diritto potestativo, soggetto ad autorizzazione giudiziale per poter dispiegare efficacia negoziale, di chiedere lo scioglimento o la sospensione di tutti i contratti in essere alla data del deposito della domanda di cui all'art. 161 l. fall.; richiesta che potrà essere avanzata tanto con il ricorso introduttivo, quanto con istanza successiva al suo deposito, spettando il potere autorizzativo, secondo la previsione dell'art. 169-bis, comma 1, legge fall., al tribunale oppure, dopo il decreto ammissivo, al giudice delegato (CENSONI, La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, cit., 17). Ed invero, la scelta di continuare o meno un contratto dipenderà dalla valutazione di compatibilità tra il suo mantenimento e l'onerosità che questo mantenimento comporta nella prospettiva della conservazione del patrimonio in favore dei creditori oppure, alternativamente, della continuazione dell'azienda, sempre che la stessa sia funzionale e compatibile con gli interessi del ceto creditorio.
Va segnalato che, nel contesto appena descritto, resta aperto il tema relativo alla sorte dei crediti pregressi in caso di continuazione del contratto pendente alla data di deposito della domanda, non avendo il Decreto Sviluppo chiarito se, specie in caso di rapporti di durata, questi crediti vadano pagati per intero oppure sottoposti alla falcidia concordataria, scindendosi, in questo secondo caso, tra crediti anteriori concorsuali e crediti posteriori prededucibili, come sembrerebbe in realtà più rispondente alle regole della concorsualità (AMATORE-JEANTET, Il nuovo concordato preventivo, cit., 67 ).
In ordine all'istituto della sospensione, giova ricordare che, qualora il debitore, in funzione ed in dipendenza della proposta sottoposta all'approvazione dei creditori ed all'omologazione del Tribunale, chieda ed ottenga l'autorizzazione a sospendere l'esecuzione d'un contratto, sarà esonerato dall'adempiere la propria prestazione pecuniaria o di altra natura per tutto il periodo della sospensiva, pari a sessanta o, al massimo, centoventi giorni, avverandosi in tal modo una sorta di moratoria ex lege (così, LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, 2012, 51 ).
Durante la decorrenza di questo periodo, occorre distinguere tra contratti in cui la controparte in bonis ha comunque eseguito le prestazioni dovute al debitore concordatario e contratti in cui anche la controparte in bonis ha sospeso il proprio adempimento, eventualmente su richiesta dello stesso debitore concordatario (INZITARI, I contratti in corso di esecuzione nel concordato : l'art. 169-bis l. fall., cit., 2). Ebbene, deve ritenersi che, nel primo caso, maturerà il debito relativo alle prestazioni ricevute, con posticipazione del termine d'esigibilità alla scadenza del periodo di sospensiva, mentre nel secondo caso si verificherà una sospensione dell'intero rapporto negoziale, senza che insorga alcuna obbligazione in capo alle parti.
Peraltro, va aggiunto che, quale che sia l'ipotesi, il debitore concordatario, anche nella prospettiva dell'indennità prevista dall'art. 169-bis, comma 2, l. fall., non potrà essere considerato in mora, con esclusione dunque della decorrenza d'interessi moratori (legali o convenzionali) e d'ogni altro onere di natura risarcitoria, restando tuttavia dovuti gli interessi compensativi nella misura del tasso legale, avendo il debitore concordatario tratto vantaggio dalla dilazione del termine d'esecuzione della sua prestazione e dall'eventuale esecuzione della controprestazione da parte del contraente in bonis (INZITARI, I contratti in corso di esecuzione nel concordato : l'art. 169-bis l. fall., cit., 3).
Terminato il periodo di sospensiva, il contratto riprenderà pertanto il suo naturale corso, con conseguente ripristino dell'obbligo di adempimento in capo ad entrambe le parti, salvo che alla sospensione non succeda, senza soluzione di continuità e previa autorizzazione giudiziale, lo scioglimento. Innanzi al disposto letterale dell'art. 169-bis, comma 1, secondo cui “il debitore nel ricorso di cui all'art. 161” può chiedere l'autorizzazione a sciogliersi dai contratti pendenti o a sospenderli, risulta lecito domandarsi se questa richiesta possa essere formulata anche in caso di concordato con riserva (come avvenuto, peraltro, nella fattispecie concreta presa in esame dal provvedimento del Tribunale ambrosiano). In realtà, due elementi letterali sembrerebbero deporre in senso contrario: il legislatore, ogniqualvolta ha inteso fare riferimento anche al concordato con riserva, ne ha fatta specifica menzione (ad esempio, all'art. 182-quinquies, comma 1, l. fall. od all'art. 182-sexies l. fall.); il legislatore non ha previsto, rispetto ai contratti pendenti di cui venga chiesto lo scioglimento o la sospensione, la necessità d'una specifica attestazione ad opera d'un esperto sulla ragioni giustificative e sulla concreta utilità di questa richiesta (Trib. Verona, decr., 31 ottobre 2012; CAVALLINI, Spigolature e dubbi in tema di (pre) concordato continuità aziendale e sospensione/scioglimento dei contratti pendenti, in ilFallimentarista.it, 2013, 1 e ss. ). Tuttavia, non può essere ignorato che l'art. 169-bis, comma 1, l.fall., si riferisce testualmente e genericamente al “ricorso”, essendo dunque irragionevole escludere che questo “ricorso” sia anche quello di cui all'art. 161, comma 6, legge fall. (così LAMANNA, La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in ilFallimentarista.it, 2012, 7; CENSONI, La continuazione, cit., p.10; AMATORE-JEANTET, Il nuovo concordato preventivo, cit., 69; PATTI, Rapporti pendenti nel concordato preventivo, in Fall. 2013, 267, 272 ; in giurisprudenza, v. anche Trib. Piacenza, 5 aprile 2013, decr.). Ammessa, pertanto, l'astratta applicabilità della disciplina dei contratti pendenti anche al concordato con riserva, dunque a prescindere dal provvedimento di cui all'art. 163 l. fall. (così, DI MAJO, sub art. 169-bis, cit., 2002), dev'essere verificato se essi possano essere sciolti ovvero sospesi prima che il debitore concordatario rappresenti al tribunale il contenuto del piano e della proposta nel termine assegnatogli. Al riguardo, si registrano tre orientamenti. Il primo, decisamente minoritario, per cui l'autorizzazione di cui all'art. 169-bis, comma 1, legge fall. ha per oggetto una mera presa d'atto d'un diritto potestativo del debitore concordatario che decide di sciogliersi da, o sospendere, un determinato rapporto giuridico nell'ambito d'un proprio disegno imprenditoriale, senza obbligo di sua comunicazione al tribunale (così, Trib. Modena, 30 novembre 2012, decr.; Trib. Terni, 12 ottobre 2012, decr.; Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, decr., con nota critica di. Amatore, Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda, in ilFallimentarista.it, 2013, 1 e ss.). Il secondo, per cui la richiesta di scioglimento o di sospensione d'un rapporto pendente può trovare accoglimento alla condizione che siano offerti al Tribunale elementi di conoscenza rispetto alle linee essenziali del piano, all'attivo ed al passivo, onde poter verificare che gli effetti irreversibili dello scioglimento d'un contratto siano effettivamente funzionali all'esecuzione del piano ed alla maggior soddisfazione del ceto creditorio, previa integrazione del contraddittorio con il contraente in bonis (in giurisprudenza: Trib. Piacenza, 5 aprile 2013 decr.; Id., 1 marzo 2013, decr.; Trib. Catanzaro, 23 gennaio 2013, decr.; Trib. Monza, 21 gennaio 2013, decr.; Trib. Monza, 16 gennaio 2013, decr.; Trib. Ravenna, 24 dicembre 2012, decr.; Trib. Biella, 13 novembre 2012, decr.; Trib. Como, 5 novembre 2012, decr.; Trib. Mantova, 27 settembre 2012, decr.; in dottrina: AMATORE, Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda, cit., ibidem; CENSONI, La continuazione, cit., 15; PATTI, Rapporti pendenti, cit., 272). Il terzo, secondo il quale l'imprenditore che abbia depositato domanda di concordato preventivo con riserva può soltanto essere autorizzato a sospendere l'esecuzione dei contratti in corso, ma non anche a scioglierli, giacché questa soluzione è ipotizzabile unicamente in presenza d'una proposta e d'un piano di concordato preventivo già depositati in forma definitiva, sempre previa integrazione del contraddittorio con il contraente in bonis (così, Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012, decr. ; Tribunale La Spezia, 24 ottobre 2012, decr.; Trib. Milano, 18 ottobre 2012, circ. in dottrina, LAMANNA, La problematica, cit., 8 e 9; CAVALLINI, Concordato preventivo “in continuità” e autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti : un binomio spesso inscindibile, in ilFallimentarista.it, 2013, 2). Ed è quest'ultima, in realtà, la prospettiva sposata dai giudici ambrosiani nel provvedimento qui in commento. Chi scrive considera preferibile la seconda, atteso che un'autorizzazione alla sospensione od allo scioglimento d'un contratto pendente, anche in considerazione degli effetti pregiudizievoli che può cagionare nei confronti di terzi contraenti in bonis incolpevoli, non potrebbe essere concessa “al buio”, senza tuttavia potersi richiedere il preventivo deposito della documentazione definitiva quale condizione per conseguire un'autorizzazione allo scioglimento del contratto (cfr. AMATORE-JEANTET, Il nuovo concordato preventivo, cit., 70 ). Sembrerebbe cioè necessario e sufficiente che il Tribunale ed il giudice delegato svolgano, a seconda dei casi e sulla base delle cognizioni assunte oppure previe le “sommarie informazioni” previste dall'art. 161, comma 7, legge fall., un'analisi circa la convenienza della scelta adottata dal debitore concordatario, onde salvaguardare, per un verso, i diritti dei contraenti in bonis e, per altro verso, i concorrenti diritti dei creditori, in una comparazione tra oneri da prosecuzione ed oneri da scioglimento (cfr., in giurisprudenza, Trib. Novara, decr., 3 aprile 2013; Trib. Novara, decr., 27 marzo 2013 ), anche solo valutandosi l'opportunità della richiesta rivolta dal debitore concordatario (VELLA, Il controllo giudiziale sulla domanda di concordato con riserva, in Fall., 2013, 97). Deve invece senz'altro escludersi che il debitore abbia il diritto potestativo di sciogliere un rapporto negoziale senza che la sua scelta possa essere sindacata dal tribunale o dal giudice delegato. Se così fosse perderebbe di qualunque significato la previsione d'un obbligo autorizzativo, il cui adempimento non può tradursi in una mera presa d'atto, ma deve estrinsecarsi in un giudizio d'opportunità e convenienza nella prospettiva d'un bilanciamento di tre contrapposti interessi (i.e., quello del debitore concordatario, quello della controparte in bonis e quello dei creditori concorsuali) e sulla base d'una strategia complessiva che emerga da precise informazioni relative al percorso concordatario che il debitore intende seguire. Da ultimo, va segnalato che, nel contesto appena descritto, si pone il problema della reclamabilità della decisione, autorizzativa o meno, assunta dal tribunale o dal giudice delegato, essendo ragionevole ipotizzare l'applicazione del principio generale, dettato dall'art. 26 legge fall., per cui ogni provvedimento endoconcorsuale è soggetto a reclamo innanzi al giudice sovraordinato (così, CAVALLINI, Concordato preventivo, cit., 3 ). Quanto all'autorizzazione agli atti di straordinaria amministrazione ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall., giova ricordare, in termini ricostruttivi, come, nel precedente regime normativo, fosse sempre stata dubbia la sorte degli atti, ordinari e straordinari, compiuti nel periodo compreso tra il deposito della domanda di concordato e la pronuncia del decreto ammissivo, non essendo ancora stati nominati gli organi della procedura (giudice delegato e commissario giudiziale) e, pertanto, non potendosi questa ritenere ancora iniziata nonostante l'immediata operatività degli effetti protettivi di cui all'art. 168 l. fall. Si poneva, in altri termini, una questione relativa al regime autorizzativo dei predetti atti, sostenendosi da taluno (Trib. Roma, 14 luglio 1989) che il relativo potere fosse di spettanza del tribunale, e da altri che gli atti fossero soggetti a ratifica del giudice delegato una volta nominato (BOSTICCO, sub art.167, in Commentario G.U. Tedeschi, vol. II, 106; PROVINCIALI, Trattato di diritto fallimentare, IV, Milano, 1974, 2279) ovvero ancora da parte di altra giurisprudenza che il compimento di atti di straordinaria amministrazione fosse tout court inibito (Trib. Genova, 18 marzo 1958). Era comunque indiscutibile che la proposizione d'una domanda di concordato dovesse indurre l'imprenditore, nell'attesa della pronuncia del decreto ammissivo, ad improntare la propria condotta ad estrema prudenza e cautela, anche e soprattutto per evitare, con il compimento di determinati atti, ordinari o straordinari, d'incorrere in un provvedimento sanzionatorio ai sensi dell'art. 173 legge fall.. Come noto, il quadro normativo è oggi mutato o più propriamente è stato completato, giacché il Decreto Sviluppo, lasciando intatto l'art. 167 l.fall., ha disciplinato espressamente i poteri gestori del debitore durante il periodo che precede la pronuncia del decreto di ammissione tanto in caso di domanda di concordato definitiva, quanto in caso di domanda di concordato con riserva. In particolare, l'art. 161, comma 7, stabilisce che, dopo il deposito della domanda di cui agli artt. 160 e ss. e sino al decreto ammissivo di cui all'art. 163, il debitore può compiere gli atti di straordinaria amministrazione soltanto se urgenti ed autorizzati dal tribunale, mentre è libero di compiere tutti gli atti d'ordinaria amministrazione, con la duplice precisazione che i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto di atti legalmente compiuti (perché ordinari oppure straordinari autorizzati) sono prededucibili ai sensi dell'art. 111 l.fall. e che questi stessi atti sono esenti da revocatoria ai sensi dell'art. 67, comma 3, lettera e) (DIMUNDO, sub art. 161, cit., 1906 e ss.). Siccome poi il Decreto Sviluppo ha previsto la possibilità per il tribunale di autorizzare pagamenti di debiti anteriori relativi a beni o servizi soltanto in ipotesi di concordato od accordo di ristrutturazione in continuità aziendale, è logico dedurne che questi atti (la cui natura è sicuramente quella di atti straordinari) non possano essere autorizzati, quanto meno nella fase anteriore alla pronuncia del decreto ammissivo di cui all'art. 163 l.fall., in caso di concordato od accordi liquidatori (LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, cit., 49). Peraltro l'art. 161, comma 7, non individua, a parte l'urgenza, quali siano gli esatti presupposti che giustificano una richiesta d'autorizzazione al compimento d'un atto straordinario e, soprattutto, non specifica quale sia l'oggetto della verifica che il tribunale è chiamato ad eseguire. Può affermarsi che, innanzi al silenzio legislativo, l'imprenditore, specie in ipotesi di deposito d'una domanda di concordato con riserva, non possa limitarsi ad evidenziare sole ragioni d'urgenza d'un determinato atto di straordinaria amministrazione, ma debba anche rappresentarne la necessità o, quanto meno, l'utilità del compimento in funzione del piano che intende presentare e di cui dovrà fornire i necessari dettagli, onde consentire, in sede autorizzativa giudiziale, un riscontro di funzionalità del primo rispetto al secondo (ROLFI, La generale intensificazione dell'automatic stay nel “Decreto Sviluppo”, cit., 13).

Osservazioni e conclusioni

Sulla base delle superiori considerazioni il provvedimento in commento merita ampia condivisione, anche se, come detto poc'anzi, chi scrive reputa preferibile la tesi secondo cui la richiesta di scioglimento o di sospensione d'un rapporto pendente possa trovare accoglimento alla sola condizione che siano offerti al tribunale elementi di conoscenza rispetto alle linee essenziali del piano, ovvero all'attivo ed al passivo, onde poter verificare da parte del tribunale, anche nella fase prenotativa, che gli effetti irreversibili dello scioglimento d'un contratto siano effettivamente funzionali all'esecuzione del piano ed alla maggior soddisfazione del ceto creditorio (AMATORE, Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda, cit., ibidem ).
Detto altrimenti, potrebbe ritenersi sufficiente, al fine di accedere positivamente nella fase interinale ad una richiesta autorizzativa ai sensi dell'art. 169-bis l. fall., allegare le linee guida del piano e della proposta, senza onerare il debitore dell'obbligo della immediata presentazione della proposta definitiva con tutti i requisiti di cui all'art. 160 e 161, commi 1, 2 e 3, giacché, diversamente ragionando, si correrebbe il rischio di introdurre un adempimento non previsto dalla legge e di rendere allo stesso tempo inapplicabile l'istituto in esame alla fase prenotativa.
Deve tuttavia precisarsi che il principio affermano dai giudici milanesi è in linea astratta condivisibile, atteso che non può pretendersi che il tribunale adotti una decisione al “buio” ovvero, come sostenuto in modo non condivisibile da taluno (Trib. Modena, 30 novembre 2012, decr.; Trib. Terni, 12 ottobre 2012, decr.; Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, decr. ), che possa limitarsi a prendere “atto” dell'esercizio di un diritto potestativo allo scioglimento ovvero alla sospensione dell'efficacia del contratto da parte del debitore, senza conoscere le eventuali ricadute pregiudizievoli di tale esercizio di facoltà negoziali sui rapporti patrimoniali dei creditori e soprattutto senza poter valutare la compatibilità di queste scelte imprenditoriali con le clausole che saranno contenute nel piano e nella proposta concordataria.
È, dunque, necessario che il tribunale ed il giudice delegato svolgano, a seconda dei casi e previe le “sommarie informazioni” previste dall'art. 161, comma 7, un'analisi circa la convenienza della scelta adottata dal debitore concordatario, onde salvaguardare, per un verso, i diritti dei contraenti in bonis e, per altro verso, i concorrenti diritti dei creditori. Risulta condivisibile ed apprezzabile anche l'altra ratio decidendi sottesa alla concessa autorizzazione alla sospensione “posticipata” dei ricordati contratti di leasing mobiliare, e ciò in ragione del disposto normativo dettato dall'art. 161, settimo comma. Ed invero, non è contestabile che, stante il momentaneo trasferimento alla società affittuaria degli oneri economici discendenti dai detti contratti, alcun pregiudizio economico potrebbe derivare al ceto creditorio dalla esecuzione dei rapporti negoziali in parola sino alla scadenza del termine per la presentazione definitiva del piano, di talché risulta condivisibile la decisione adottata dal Tribunale ambrosiano che prevede, anziché rimandare alla scadenza del termine la decisione definitiva sulla sorte dei rapporti contrattuali, una sospensione “posticipata” alla scadenza del termine sopra riferito e “condizionata” alla presentazione definitiva della proposta concordataria. Del resto, il Tribunale milanese non si è sottratto all'obbligo di motivare in modo adeguato in ordine alle conseguenze pregiudizievoli discendenti dalla prosecuzione dei rapporti contrattuali a carico dei creditori concorsuali, con ciò svolgendo quell'auspicato controllo sulla convenienza dei contratti e sulla compatibilità degli stessi con la proposta concordataria.
Peraltro, risulta anche corretto ancorare tale forma autorizzatoria al disposto normativo di cui all'art. 161, comma 7, non essendo compatibile l'emissione di un provvedimento di sospensione “posticipata” con la rigida tempistica descritta dal primo comma dell'art. 169-bis l. fall.
Da ultimo, va detto che anche la concessa (e limitata) autorizzazione alla stipulazione dei contratti di transazione con i lavoratori, sempre sulla base del richiamo al disposto normativo di cui all'art. 161, comma 7, l. fall., risulta essere decisione giuridicamente corretta ed ineccepibile.
Sul punto, va precisato che, quanto alla transazione, essa di norma andrebbe annoverata tra gli atti di straordinaria amministrazione, o comunque tra gli atti soggetti a speciale autorizzazione, essendovi un'esplicita e sintomatica previsione in tal senso, con rilievo di carattere sistematico, nell'art. 167 l. fall., norma che invero esige esplicitamente che la transazione sia autorizzata, benché non dal tribunale, ma dal giudice delegato, trattandosi di previsione riferita alla fase successiva al decreto di ammissione. Trattandosi dunque di un atto da ricomprendere tra quelli di straordinaria amministrazione, o di un atto ad essi equiparabile, per porre in essere una transazione in fase di preconcordato occorrerà l'autorizzazione del Tribunale ex art. 161, comma 7, l. fall., sempre che se ne dimostri l'effettiva urgenza, oltre che, come è da reputarsi implicito, l'utilità (come avvenuto esemplarmente nel caso di specie ove il Tribunale di Milano ha approfonditamente motivato entrambe i predetti presupposti).
Qualora la suddetta transazione preveda – tra l'altro – anche la concessione di un finanziamento o il pagamento di un credito anteriore (come avvenuto nel caso qui in esame), è lecito domandarsi se sia, in tal caso necessaria, anche la sussistenza degli ulteriori requisiti all'uopo previsti, nell'un caso, dall'art. 182-quinquies, comma 1, l. fall. per i finanziamenti interinali (ossia, che un professionista designato dal debitore in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, comma 3, lettera d), l. fall., verificato il complessivo fabbisogno finanziario dell'impresa sino all'omologazione, attesti che tale finanziamento sia funzionale alla migliore soddisfazione dei creditori), ovvero, nell'altro caso, dal comma 4 di tale norma per i pagamenti immediati di crediti anteriori (ossia che il concordato preventivo abbia natura di concordato con continuità aziendale, che i pagamenti riguardino crediti corrispettivi per prestazioni di beni o servizi e che un professionista in possesso dei requisiti di cui all'articolo 67, comma 3, lettera d), attesti che tali prestazioni siano essenziali per la prosecuzione dell'attività di impresa e funzionali ad assicurare la migliore soddisfazione dei creditori) (sul punto, si rimanda per un necessario approfondimento a F. LAMANNA, Interferenze tra le autorizzazioni che il Tribunale può concedere al debitore in preconcordato e sovrapposizione dei requisiti, in ilFallimentarista.it, 2013, 1).
Invero, occorre sul punto in discussione aderire a quella autorevole dottrina (F. LAMANNA, Interferenze tra le autorizzazioni cit.), secondo la quale deve essere considerato che - nel caso dei finanziamenti e dei pagamenti l'art. 182-quinquies l. fall. - il legislatore delinea un regime di divieto, ancorché di carattere relativo, che s'impone (sia pure attraverso la previsione di effetti sanzionatori distinti) sia in capo al debitore, che al terzo. In capo al debitore, prevedendosi come conseguenza del compimento dell'atto non autorizzato l'improcedibilità della domanda (ex art. 161, comma 6, in relazione all'art. 173, comma 3, l. fall. ); ed in capo al terzo, prevedendosi, come conseguenza del compimento dell'atto non autorizzato, la sua soggezione a revocatoria sia quando si tratti di pagamento anteriore, che di finanziamento, e in quest'ultimo caso scattando anche l'esclusione del beneficio della prededucibilità.
In buona sostanza, deve sottolinearsi che, in questi due casi, solo l'autorizzazione del tribunale elimina la possibilità che si verifichino le indicate conseguenze sanzionatorie con riferimento ad entrambe le parti del rapporto.
L'autorizzazione è dunque sempre necessaria e ha un effetto protettivo soggettivamente duplice (così, sempre F. LAMANNA, Interferenze tra le autorizzazioni che il Tribunale può concedere al debitore in preconcordato e sovrapposizione dei requisiti, cit.).
E siccome l'art. 182-quinquies l. fall. pone, ai fini del rilascio dell'autorizzazione, requisiti aggiuntivi rispetto a quelli prescritti dall'art. 161, comma 7, l. fall., sembrerebbe conseguentemente necessario che proprio tutti ricorrano allorquando la transazione di carattere urgente abbia ad oggetto anche finanziamenti o pagamenti di crediti anteriori, con la conseguenza pertanto che i requisiti in parola debbano essere considerati come oggetto di necessaria sommatoria.
Peraltro, va precisato che la stessa sommatoria, per le medesime ragioni, ma limitatamente ai soli requisiti di cui all'art. 182-quinquies, comma 1 e 4, l. fall. si richiederà altresì quando – al di fuori del caso di transazione – sia richiesto un finanziamento finalizzato al pagamento di crediti anteriori per prestazioni essenziali.
Resta da dire che un pagamento come quello autorizzato con la transazione esaminata dal Tribunale può considerarsi non più relativo a crediti anteriori laddove la transazione stessa abbia su tale aspetto effetto novativo, e le reciproche pretese si collochino dunque quali nuove prestazioni ricadenti in periodo endo-procedimentale.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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