Scioglimento dai contratti pendenti: ulteriore strumento del favor per il concordato

26 Novembre 2014

L'autorizzazione del Tribunale allo scioglimento dai contratti pendenti ai sensi dell'art. 169-bis l.fall. postula una mera verifica circa la congruità della richiesta rispetto al piano concordatario.
Massima

L'autorizzazione del Tribunale allo scioglimento dai contratti pendenti ai sensi dell'art. 169-bis l.fall. postula una mera verifica circa la congruità della richiesta rispetto al piano concordatario.

Può essere autorizzato lo scioglimento di un contratto di affitto di azienda pendente quando il piano concordatario sia strutturato in forma liquidatoria compatibile con tale scelta, senza che in senso contrario rilevi l'inapplicabile principio di “cristallizzazione” delle masse attive e passive.

Il caso

Il Tribunale di Rovigo viene chiamato a pronunziarsi una seconda volta in merito alla richiesta di una società in concordato di autorizzare la sospensione di alcuni contratti pendenti e più precisamente di un contratto di affitto di azienda e del contestuale preliminare di cessione di azienda, nonché di una locazione immobiliare e di un contratto di nolo pendenti con la stessa controparte ed altresì di una serie di contratti di leasing. La singolarità processuale della vicenda sta nel fatto che il decreto che qui si commenta consegue ad una pronunzia della Corte d'Appello (cfr. App. Venezia, 20 novembre 2013, piuttosto nota e pubblicata, tra l'altro, in ilFallimentarista.it) che, su reclamo di una parte interessata, aveva dichiarato non rituale l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti concessa senza convocazione della controparte negoziale della società in crisi. In tal senso, la prima premura dei giudici rodigini è di escludere che la decisione della Corte infici l'ammissione al concordato, stante anche l'inammissibilità del reclamo avverso il decreto emesso a norma dell'art. 163 l.fall., giungendo quindi alla conclusione che lo stesso Tribunale possa semplicemente sovrapporre una propria nuova decisione al decreto autorizzativo emesso ai sensi dell'art. 169-bis l.fall. e poi revocato.
Al fine di addivenire alla nuova pronunzia, dunque, i Giudici muovono, correttamente, dalla ratio della disciplina, osservando come lo scopo della norma sia quello di favorire il contraente in crisi e la possibilità che questi possa gestire tale situazione in forma concordataria, agevolandosi in tal modo anche la liquidazione dell'attivo. Proprio a tale finalità viene ricollegata la disciplina indennitaria, che riconosce sì alla controparte negoziale in bonis il diritto ad un compenso per lo scioglimento del contratto, ma considerando quel credito – che giustamente la pronunzia in commento avvicina al diritto al risarcimento del danno che spetterebbe in caso di risoluzione di un contratto che l'impresa in crisi non fosse in grado di onorare – alla stregua di un diritto sorto anteriormente al concordato e quindi destinato a subire la falcidia concorsuale, di modo che il venir meno dei contratti non si risolverà in un ostacolo per la ristrutturazione dei debiti, come invece avverrebbe se l'indennizzo dovesse essere versato in prededuzione.
Sulla base di tale premessa, il Tribunale osserva che l'unico campo di indagine che compete al Giudice ai fini di concedere o negare l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti riguarda la congruità di tale richiesta e la sua funzionalità rispetto al piano di concordato, oltre ovviamente alla verifica circa l'assenza di violazioni di legge, non essendo viceversa ammesso un sindacato “comparativo” che vada a prendere in considerazione l'ipotetico pregiudizio che lo scioglimento recherà alla controparte negoziale.
Il Tribunale ritiene, poi, irrilevante ai fini dello scioglimento il fatto che, nelle more, l'azienda oggetto (diretto o indiretto, in quanto i beni in leasing ne risultassero parte) dei contratti dai quali l'impresa in crisi desiderava sciogliersi, risultava “perita”, in quanto – a prescindere dall'assenza di prova certa di tale eventi ed anche alla luce della possibilità di adattare il piano concordatario al mutare della situazione di fatto – risultava conforme all'opzione liquidatoria adottata nel piano concordatario sia che l'impresa in crisi rientrasse in possesso delle componenti dell'azienda, sia che venissero meno i contratti per l'utilizzo di beni concessi in leasing non più utilizzati. In particolare, il decreto respinge in quanto priva di qualsiasi supporto giuridico la tesi della controparte negoziale secondo la quale la cristallizzazione delle masse attive e passive ne impedirebbe la modifica per effetto del successivo scioglimento di contratti in essere, rilevando come pacificamente l'imprenditore in concordato mantenga la disponibilità dei beni e – nei limiti del rispetto delle disposizioni a salvaguardia dei creditori (ivi compreso l'art. 173 l.fall.) – la possibilità di gestire l'azienda anche se ciò comporti variazione delle masse attive e passive.
Con il decreto in commento, quindi, i giudici rodigini autorizzano lo scioglimento di tutti i contratti in relazione ai quali era stata formulata richiesta.

Le questioni giuridiche e la soluzione

L'art. 169-bis l.fall., inserito nella Legge fallimentare dal D.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, ha introdotto una disciplina specifica per i rapporti pendenti nell'ambito della procedura di concordato, in forza della quale “Il debitore nel ricorso di cui all'articolo 161 può chiedere che il Tribunale o, dopo il decreto di ammissione, il giudice delegato lo autorizzi a sciogliersi dai contratti in corso di esecuzione alla data della presentazione del ricorso. Su richiesta del debitore può essere autorizzata la sospensione del contratto per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta. In tali casi, il contraente ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno conseguente al mancato adempimento. Tale credito è soddisfatto come credito anteriore al concordato.”
Si deve dare atto che con la nuova disposizione si è posto fine a molte delle questioni insorte con la normativa previgente in merito alla sorte dei contatti pendenti nel concordato preventivo. Ed invero, nella vigenza della legge fallimentare del 1942 si era giunti alla conclusione, pressocchè incontroversa, che la sostanziale diversità tra la procedura di concordato e quella fallimentare imponeva di non considerare come una svista, bensì come una scelta deliberata, il mancato richiamo agli artt. 72 e segg. l.fall. (LO CASCIO, Il concordato preventivo, 7° ed., Milano, 2008, 563 ss.; FIMMANO', Gli effetti del concordato preventivo sui rapporti in corso di esecuzione, in Fall., 2006, 1050 ss.; BONFATTI e CENSONI, La riforma della disciplina dell'azione revocatoria fallimentare, del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, Padova, 2006, 221 s.; la tesi che escludeva l'estensione al concordato della disciplina dettata per il fallimento si era affermata nella giurisprudenza ante riforma: cfr. Cass., 18 maggio 2005, n. 10429; Cass., Sez. Unite, 27 luglio 2004, n. 14083; Cass., 1° marzo 2002, n. 3022).
Si osservava, del resto, che il concordato si fondava su uno “spossessamento attenuato”, che consentiva al debitore di proseguire nella gestione della sua impresa, situazione che si riteneva incompatibile con la possibilità di intervenire sui rapporti contrattuali pendenti: si ipotizzava, quindi, che nel concordato la regola fosse l'obbligo di rispettare gli obblighi negoziali assunti, anche nel caso in cui l'esecuzione del contratto comportasse un danno per l'impresa insolvente (all'epoca il concordato era accessibile solo in caso di insolvenza e non anche in situazioni di mera crisi). Il caso tipico esaminato dalla giurisprudenza era quello della pendenza di contratti preliminari di compravendita di beni di proprietà del debitore, benchè fosse evidente che l'esecuzione del contratto costituiva – specie in caso di pagamento quasi integrale del prezzo già effettuato in precedenza dal promissario acquirente in bonis – una soluzione deteriore rispetto alla possibilità di sciogliere il contratto, sì da vendere il bene a terzi a prezzo intero considerando invece l'onere restitutorio verso il promissario acquirente come un debito concordatario, per l'effetto falcidiato.
Semmai, si poneva il problema opposto: ritenuto che il debitore non potesse sottrarsi sic et simpliciter all'obbligo di dare esecuzione ai contratti, occorreva conciliare, per un verso, tale situazione con le prescrizioni in tema di autorizzabilità di atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, ben potendosi verificare l'ipotesi di diniego alla richiesta, formulata a norma dell'art. 167 l.fall., di procedere con l'esecuzione del contratto e, di contro, tener conto del fatto che l'inadempimento agli obblighi negoziali, pur se conseguente ad un atto di imperio giudiziale, andava a fondare il diritto del contraente in bonis a richiedere il risarcimento del danno in prededuzione, a fronte di una violazione che doveva essere ricondotta ad un fatto posteriore all'avvio del concorso. Non era escluso, in tal senso, che proprio la presenza di rapporti negoziali ineseguiti (e non eseguibili) potesse inficiare la scelta concordataria.
L'intervento riformatore, quindi, ha risolto tali perplessità e criticità, non solo delineando una disciplina specifica in merito alla sorte dei contratti pendenti, applicabile al concordato preventivo, ma ponendo rimedio anche alla problematica connessa con le conseguenze dell'opzione per lo scioglimento del contratto, sancendo che tale decisione non costituisce un inadempimento “prededucibile” (situazione che si verificherebbe, invece, anche argomentando a contrariis, laddove il debitore, dopo aver optato per la prosecuzione dei contratti, non adempisse agli impegni così confermati).
D'altro canto, se in tal modo il quadro normativo appare decisamente più chiaro ed armonico, non mancano le perplessità interpretative sulla nuova norma, che si possono schematizzare nei seguenti dubbi:
a) ci si chiede se la richiesta di autorizzazione allo scioglimento dei contratti possa essere formulata anche a seguito della presentazione di domanda “prenotativa” ai sensi dell'art. 161, sesto comma, l.fall.;
b) in caso di risposta positiva, il dubbio è se ai fini di ottenere l'autorizzazione il debitore debba anticipare il contenuto del piano, quantomeno per la parte che comporta la decisione di sciogliersi dai contratti;
c) la norma non chiarisce, inoltre, sino a quando il debitore possa valersi della facoltà di sciogliersi da un contratto e quale sia la decorrenza degli effetti dello scioglimento;
d) sotto il profilo processuale, la norma non precisa con quale formalità debba essere presa la decisione ed in particolare quale sia il ruolo della controparte negoziale nel procedimento volto ad ottenere l'autorizzazione.

Osservazioni

La decisione in commento risolve, ad avviso di chi scrive con argomentazioni condivisibili, alcuni dei dubbi accennati al punto che precede.
Anzitutto, il Tribunale di Rovigo coglie nel segno laddove muove da un concetto che, purtroppo, alcuni Tribunali sembrano obliare, nonostante i ripetuti richiami della Suprema Corte: il legislatore, con una rivoluzione copernicana che potrà non piacere, ma non può essere per ciò solo disapplicata, ha deciso di favorire quanto più possibile il ricorso a soluzioni negoziali della crisi e l'art.169-bis l.fall. costituisce uno dei molti strumenti apprestati nella normativa riformata per favorire l'accesso al concordato e la possibilità di dare compiuta esecuzione a tale soluzione.
Se così è, in assenza di qualsivoglia indicazione normativa in tal senso, non parrebbe conforme alla ratio normativa una interpretazione che volesse consentire al Tribunale un sindacato di merito sull'opportunità di autorizzare o meno lo scioglimento dei contratti: vero è che l'istituto comporta un pregiudizio per un contraente in bonis che prescinde da un suo inadempimento, ma è altresì indubbio che la volontà del legislatore è stata quella di sacrificare a priori quell'interesse rispetto a quello della massa dei creditori e, del resto, il sacrificio della posizione individuale a favore della miglior tutela del soddisfo concorsuale è la caratteristica fondamentale di tutte le procedure esecutive collettive.
Nello stesso senso, vien da aggiungere che la finalità stessa della norma limita anche l'ambito delle facoltà contestative concesse al contraente in bonis. Ed invero, se – come hanno ritenuto i giudici rodigini – l'istituto introdotto dall'art. 169-bis l.fall. mira a favorire l'impresa in crisi, evitando che gli oneri connessi con l'esecuzione dei contratti pendenti pregiudichino la possibilità di realizzare il piano concordatario, è logico dedurre che il terzo non potrà osteggiare lo scioglimento del contratto in relazione ad una valutazione comparativa tra il pregiudizio subito ed il vantaggio perseguito dall'impresa concordataria. L'unica ragione di contestazione, in tal senso, potrebbe riguardare l'opportunità della scelta rispetto al piano proposto dal debitore (al di là della eventuale controversia circa la quantificazione dell'indennizzo a sé spettante che peraltro non verrebbe decisa nel sub-procedimento autorizzativo): poiché il legislatore ha operato una “scelta di campo”, infatti, il favor per il debitore è destinato a prevalere sul pur legittimo diritto dell'altra parte del contratto. Si tratta di una conclusione degna di nota (condivisa anche da Trib. Modena, 7 aprile 2014, in ilFallimentarista.it), posto che si discosta motivatamente dalla valutazione compiuta da altri tribunali, che dalla necessità di indennizzare l'altro contraente desumono, invece, che per decidere sullo scioglimento dei contratti nel concordato sia necessaria una valutazione comparativa di vantaggi ed oneri (in tal senso, la recente Trib. Prato, 8 agosto 2014, in sito ilFallimentarista.it e Trib. Piacenza, 4 aprile 2013, in ilFallimentarista.it; in dottrina la tesi secondo la quale al Tribunale spetta una valutazione che bilanci i vantaggi dello scioglimento e gli interessi del terzo è seguita da C. Trentini, I concordati preventivi, Milano, 2014, 373).
Proprio tale indubbia valenza agevolativa ravvisabile nella nuova disciplina ha indotto un Tribunale (Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, in Fall., 2013, 1405) a sollevare dubbi circa la legittimità rispetto alle norme comunitarie dell'art. 169-bis l.fall., in quanto ne deriverebbe un favor concesso ad una impresa in attività; si tratta peraltro, di una perplessità forse eccessiva: la scelta di caducare i contratti pendenti non è infatti "gratuita", nel senso che spetta alla controparte comunque l'indennizzo e quindi lo scioglimento non costituisce un vantaggio se non proprio nell'ambito ed in proiezione di una falcidia che deve essere ricollegata alla natura concorsuale del concordato, laddove la prosecuzione dell'attività di impresa prescinde almeno in parte dal perseguimento del profitto in capo al debitore e quindi non dovrebbe ricadere nella fattispecie vietata dalle norme comunitarie.
Sotto il profilo processuale, la decisione in commento non poteva non adeguarsi all'esito del reclamo proposto avverso la prima autorizzazione e del resto, anche se la norma non lo prevede, pare corretto ritenere che una decisione che influisce direttamente sull'altro contraente non possa essere assunta senza la sua preventiva audizione, anche se non a torto taluno osserva come nella procedura di concordato preventivo vi siano precipui mezzi e “momenti” nei quali è ammessa l'opposizione e che, in realtà – volta che si sia limitato, come propone il Tribunale di Rovigo, il campo di indagine circa l'ammissibilità della richiesta di scioglimento – il terzo non potrebbe comunque apportare argomenti utili ai fini della reiezione dell'istanza autorizzativa quanto meno relativamente a quelli fondati su una mera contrapposizione di interessi (E. Marinucci, Concordato preventivo e autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento dei contratti in corso: la (supposta) necessaria attuazione del contraddittorio nei confronti del contraente in bonis, in Corr.Giur., 2014, 959). Per vero, si potrebbe ipotizzare un parallelo con la disciplina cautelare e ritenere che la sospensione dell'esecuzione del contratto possa essere autorizzata inaudita altera parte, salvo poi verificare in contraddittorio con il contraente in bonis la congruità della decisione in sede di autorizzazione allo scioglimento (uno spunto in tal senso si evince da Trib. Prato, 20 gennaio 2014, in ilFallimentarista.it e Trib. Ravenna, 30 maggio 2014, in ilcaso.it).

Questioni aperte

Come ora precisato, il Tribunale di Rovigo sancisce implicitamente un ulteriore principio: affinchè possa essere concessa l'autorizzazione, il debitore deve dimostrare che lo scioglimento dei contratti risulti soluzione effettivamente conforme e funzionale al piano concordatario. Tale ricostruzione dell'istituto, peraltro, solleva a contrariis un'ulteriore questione: se l'autorizzazione non può essere richiesta (e quindi concessa) sino a che non venga depositato il piano di concordato rispetto al quale dovrebbe valutarsi la congruità della scelta di caducare il contratto, nel silenzio della norma è lecito chiedersi se la richiesta possa essere formulata anche nell'ambito di una domanda “in bianco” ai sensi del sesto comma dell'art. 161 l.fall., considerando anche che l'art. 169-bis l. fall. – diversamente ad esempio dall'art. 182-quinquies l.fall. – in effetti non viene dichiarato espressamente applicabile anche in caso di deposito della domanda “prenotativa”.
Peraltro, l'indissolubile legame che dovrebbe sussistere tra l'agevolazione costituita dal diritto a non adempiere ad un contratto e la finalità concordataria, di per sé non dovrebbe comportare alcuna preclusione ad anticipare anche alla fase del “pre-concordato” la decisione in merito non solo alla sospensione temporanea, ma anche a quella definitiva di autorizzazione allo scioglimento dei contratti: semplicemente, anche in questo caso, la richiesta dovrà essere giustificata dal debitore con una specifica indicazione dei vantaggi oggettivi della scelta e della congruità della stessa rispetto alla struttura del concordato che si andrà a proporre. D'altro canto, come osserva pragmaticamente una pronunzia (Trib. Terni, 27 dicembre 2013, in Fall., 2014, 343), nel caso in cui il concordato con riserva non avesse esito positivo, verrebbero caducati gli effetti della domanda prenotativa e quindi non si avrebbe un danno per il contraente in bonis.
Quello della necessità o meno della preventiva disclosure circa il contenuto del piano al fine di valutare l'applicabilità dell'art. 169-bis l.fall. nel “preconcordato” costituisce, in effetti, uno dei punti controversi sui quali la giurisprudenza si è soffermata, con soluzioni tutt'altro che univoche. Anche se sembra prevalere, al riguardo, la tesi che ritiene estensibile la norma anche alla fase del concordato che si apre con la domanda ex art. 161, sesto comma, l.fall., non mancano pronunzie che si sono espresse in senso opposto; è stata, poi, sostenuta anche una tesi intermedia secondo la quale nella fase prodromica alla vera e propria procedura concorsuale, quella della sola presentazione del ricorso, è possibile unicamente autorizzare la sospensione dei rapporti pendenti in modo da consentire la tutela delle finalità perseguite con il piano, evitando nel contempo la produzione di effetti irreversibili in un momento in cui non è certo che le scelte autorizzande permettano la migliore realizzazione del piano ed un maggior soddisfo dei creditori. La tesi proposta dalla pronunzia in commento - secondo la quale l'autorizzazione può essere concessa anche nella fase “prenotativa” a patto che il debitore, anticipando sul punto il contenuto del piano, enunzi in modo compiuto le ragioni che rendono lo scioglimento coerente con la soluzione concordataria - trova supporto in alcune decisioni che tendono ad escludere che sia possibile autorizzare lo scioglimento in assenza di un piano definito che consenta di operare la comparazione ora ipotizzata (Trib. Venezia, 27 marzo 2014, in ilcaso.it; Trib. Vercelli, 20 settembre 2013, in ilcaso.it; Trib. Roma, 20 febbraio 2013, in ilFallimentarista.it; Trib. Venezia, 7 gennaio 2013 in Fall., 2013, 768) ed in altre pronunzie (Trib. Teramo, 11 gennaio 2013 e Trib. Biella, 13 novembre 2012, entrambe in Foro It., 2013, I, 1338) le quali negano che possa essere autorizzato lo scioglimento dai contratti in difetto di indicazione del vantaggio per i creditori e comunque in caso di istanza generica.
Altra questione che rimane in sospeso è quella dell'efficacia temporale dell'autorizzata sospensiva dei contratti: nella fattispecie esaminata dai giudici rodigini, la decisione giunge all'esito di un procedimento piuttosto articolato, laddove la prima autorizzazione era stata caducata in sede di reclamo, di modo che lo scioglimento risulta “ri-autorizzato” dopo il decreto di ammissione; da quanto si evince dal decreto, sembrerebbe che l'effetto della nuova autorizzazione venga fatto retroagire all'originaria richiesta.
Sul punto non vi è univocità di vedute: una pronunzia isolata aveva ipotizzato che lo scioglimento operasse retroattivamente dal deposito dalla domanda di concordato (Trib. Piacenza, 1° marzo 2013, in ilcaso.it), laddove altre decisioni hanno ritenuto che lo scioglimento operi dalla richiesta del debitore (Trib. Vicenza, 22 ottobre 2013, in FallimentieSocietà.it; Trib. Terni, 27 dicembre 2013, in Fall., 2014, 343); altre pronunzie, invece, posticipano l'effetto al momento in cui il debitore comunichi formalmente all'altro contraente il provvedimento autorizzativo allo scioglimento (App. Genova, 10 febbraio 2014, in Fall.,2014, 793); una recente decisione (Trib. Venezia, 27 marzo 2014, in ilcaso.it) attribuisce non a torto efficacia alla dichiarazione negoziale dell'impresa in concordato di volersi sciogliere dal contratto (l'autorizzazione costituirebbe in tal senso solo un presupposto di legittimità di una decisione che spetta al contraente che dovrebbe quindi notificare alla controparte la propria manifestazione di volontà: cfr. Trib. Modena, 7 aprile 2014, in ilFallimentarista.it), tesi che, peraltro, si pone in contrasto con la ricostruzione sistematica di chi nega che al debitore spetti un diritto potestativo a sciogliersi dal contratto, riconducendo tale effetto all'esito del procedimento complesso che si perfeziona con l'autorizzazione del Giudice.
Una recente pronunzia del Tribunale di Milano (Trib. Milano, 10 luglio 2014, in ilFallimentarista.it) ha ipotizzato, in relazione allo scioglimento di un contratto di leasing, che la decisione dovesse rinviarsi ad un momento successivo al deposito del piano definitivo, ma che comunque all'autorizzazione doveva essere conferito effetto retroattivo.
Non pare abbia avuto un seguito, sul punto, la tesi di Trib. Pistoia, 9 luglio 2013, in Fall., 2013, 1405 che, sul presupposto che l'opportunità dello scioglimento dai contratti non possa che trovare giustificazione nel regolamento concordatario e nella sua obbligatorietà ai sensi dell'art. 184 l.fall., sembra voler differire l'effetto della decisione assunta dal debitore, pur se autorizzata e comunicata alla controparte, al buon esito della proposta concordataria e quindi anche al voto favorevole dei creditori.
La questione non è di lieve momento, posto che la tardività nella richiesta esporrebbe il contraente in concordato al rischio della declaratoria di risoluzione come evento addebitabile alla gestione post ammissione con conseguente natura prededucibile del credito risarcitorio vantato del contraente in bonis (C. Trentini, I concordati preventivi, Milano, 2014, 370), con un aggravamento del passivo concordatario che potrebbe addirittura inficiare la stessa procedura, come ipotizzato dalla recente Trib. Modena, 7 aprile 2014, cit..

Conclusioni

Chi scrive ritiene che la pronunzia in commento colga un aspetto essenziale della normativa concorsuale riformata ed in particolare della disciplina del concordato preventivo: è indubbio che la stessa struttura della procedura costituisce una sorta di “esproprio” dei diritti del singolo creditore e di altri terzi coinvolti, quali appunto la controparte contrattuale in bonis dell'impresa in crisi, ma non solo tale situazione è l'effetto tipico dell'apertura di un procedimento nel quale i diritti vengono trattati collettivamente, ma è evidente che il legislatore ha voluto favorire la soluzione negoziale della crisi d'impresa anche a costo di sacrificare gli interessi dei terzi.
Muovendo da tali considerazioni, pare allo scrivente che i Tribunali, nell'applicare le norme riformate, dovrebbero lasciare da parte i principi generali ed una certa diffidenza di fondo, ad esempio, verso le procedure avviate in forma “prenotativa”, anche con riguardo alla concessione dell'autorizzazione alla sospensione e/o allo scioglimento dei contratti in essere. Ed invero, è logico ipotizzare che il debitore – ed i professionisti che l'assistono – siano addivenuti a quella scelta sulla base di una valutazione ponderata circa la necessità di non dare esecuzione ai contratti in questione; ovviamente, è corretto pretendere che le ragioni della scelta debbano essere esplicitate, in modo tale che sia consentita quella valutazione che si richiede al Tribunale che – come rilevano i giudici rodigini – sarà, per un verso, limitata alla verifica della congruenza della richiesta rispetto alle finalità del concordato, ma non potrà, di contro, non essere motivata proprio in funzione delle ragioni che ricollegano la richiesta a norma dell'art. 169-bis l.fall. al piano concordatario.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi


In generale, sulla nuova disciplina introdotta con l'art. 169-bis l.fall., si veda l'ampia disamina di G. Bozza, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in Fall., 2013, 1121 ss. e l'itinerario giurisprudenziale di F. Casa - F. Sebastiano, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in Fall., 2014, 600 ss., nonché F. Lamanna, La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo, in ilFallimentarsista; Bassi, I contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo: il compito dell'imprenditore di dar forma alla proposta e la tutela del terzo contraente, in ilcaso.it; M. Ferro, La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, Padova, 2014, 2280 ss.; C. Trentini, I concordati preventivi, Milano, 2014, 364 ss.; B. Inzitari, I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l'art. 169-bis l.fall., in ilFallimentarista.it.
Considerati gli effetti negativi che la decisione può avere per il terzo, si discute in giurisprudenza sulla necessità di un contraddittorio effettivo con il contraente in bonis; sul punto, oltre alla già citata App. Venezia, 20 novembre 2013, anche Trib. Novara, 4 aprile 2013, in ilFallimentarista.it e Trib. Genova, 4 novembre 2013, in sito ilcaso.it concludono che la decisione non possa essere assunta se non in contraddittorio con il terzo contraente, così come App. Brescia, 23 agosto 2013, in Fall., 2013, 1501, che revoca il provvedimento emesso in difetto di convocazione della controparte; in precedenza Trib. Udine, 25 settembre 2013, in sito ilcaso.it non aveva ritenuto espressamente prescritta la preventiva audizione dei contraenti in bonis quando vi siano ragioni di urgenza o numerose controparti coinvolte; sul punto, v. amplius C. Mancuso, Autorizzazione allo scioglimento del contratto in corso di esecuzione e principio del contraddittorio, in Fall., 2014, 558 ss..
Sull'applicabilità dell'art. 169-bis l.fall. nel “concordato in bianco” si vedano R. Amatore – L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013, 69 ss.; F. Petrucco Toffolo, Sospensione e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo, in ilFallimentarista.it; V. Palladino, Ancora sui rapporti tra concordato in bianco e autorizzazione alla sospensione e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione ex art. 169-bis l.fall., in ilFallimentarista.it.; D. Fico, Domanda di concordato “con riserva” e autorizzazione allo scioglimento e sospensione dei contratti pendenti, in ilFallimentarista.it; M. Cederle, Concordato con riserva: applicabilità dell'art. 169 bis l.fall. ai contratti bancari autoliquidanti, in Fall., 2014, 798. In senso favorevole all'applicazione delle norma anche in tale fase della procedura: App. Venezia, 20 novembre 2013; Trib. Venezia, 27 marzo 2014, in ilcaso.it; Trib. Genova, 4 novembre 2013, in Fall., 2014, 114; Trib. Modena, 30 novembre 2012, in Foro It., 2013, I, 1338; Trib. Salerno, 25 ottobre 2012, in sito ilFallimentarista.it (con nota di R. Amataore, Autorizzazione allo scioglimento di contratto di affitto di azienda) ; in senso contrario App. Brescia, 19 giugno 2013, in ilFallimentarista.it; Trib. Belluno, 1° agosto 2013, in Fall., 2013, 1501; Trib. Verona, 31 ottobre 2012, in Foro It., 2013, I, 1338; Trib. La Spezia, 25 ottobre 2012, in Fall., 2013, 76; nello stesso senso, in funzione della provvisorietà della situazione che scaturisce da una domanda senza piano: Trib. Ravenna, 24 dicembre 2012 e Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, in ilFallimentarista.it; la tesi secondo la quale nel “pre-concordato” è possibile solo disporre la sospensione dei contratti è sostenuta da Trib. Prato, 20 gennaio 2014, in ilFallimentarista.it; Trib. Milano, 28 maggio 2014, in ilcaso.it; Trib. Vicenza, 25 giugno 2013, in ilFallimentarista.it, nonche Trib. Verona, 30 gennaio 2013, in Fall., 2013, 624; , Trib. Piacenza, 4 aprile 2013, in ilFallimentarista.it, Trib. Ravenna, 24 dicembre 2012e Trib. Udine 25 settembre 2013, tutte in ilcaso.it e Trib. Pistoia, 30 ottobre 2012 e Trib. Como, 5 novembre 2012, entrambe in Fall., 2013, 74; nello stesso senso Trib. Monza,16 gennaio 2013 e Trib. Catanzaro, 23 gennaio 2013, in ilFallimentarista.it, che peraltro condiziona anche la decisione sulla mera sospensione a che il debitore fornisca chiarimenti in ordine al contenuto del futuro piano in rapporto alla sorte dei contratti da non eseguire, così come Trib. Roma, 20 febbraio 2013, in ilFallimentarista.it. Quanto al diritto all'indennizzo, si segnala Trib. Padova, 26 marzo 2013, in ilFallimentarista.it, che afferma che sia il debitore non il Giudice a dover fissare l'indennizzo, inserendolo altresì nel piano concordatario e la tesi affine sostenuta da Trib. Prato, 8 agosto 2014, ilFallimentarista.it, che esclude sia il Tribunale fallimentare a poter determinare il credito indennitario, essendo tale accertamento rimesso, in caso di contestazione, ad un giudizio di cognizione ordinario promovendo da parte del contraente in bonis.

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