Concordato preventivo e vincolo di destinazione: questioni aperte

14 Ottobre 2014

Il controllo sulla fattibilità giuridica del concordato preventivo e, quindi, sulla legittimità di singoli atti sui quali si fonda il piano ai fini della verifica della causa concreta del concordato, spetta al Tribunale in qualsiasi fase e dunque anche nella fase dell'omologazione (massima).
Massima

Il controllo sulla fattibilità giuridica del concordato preventivo e, quindi, sulla legittimità di singoli atti sui quali si fonda il piano ai fini della verifica della causa concreta del concordato, spetta al Tribunale in qualsiasi fase e dunque anche nella fase dell'omologazione.

L'art. 2645-ter c.c. non costituisce un “negozio di destinazione puro”, la cui causa è insita nella volontà destinatoria del costituente, ma è norma “sugli effetti” in base alla quale l'effetto di destinazione, collegato necessariamente ad un negozio dotato di causa autonoma, è opponibile erga omnes, laddove sussistano interessi meritevoli di tutela da valutarsi con riferimento sia al disponente sia al beneficiario.

E' inammissibile il piano di concordato che preveda, quale presupposto indispensabile per il soddisfacimento dei creditori, l'apporto esterno di un bene immobile di terzi mediante il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c., poiché non sussiste in capo al disponente un interesse meritevole di tutela con il conseguente concreto rischio che, apparendo invalido o inefficace tale vincolo, l'apporto prospettato ai creditori venga meno.

Il caso

Una s.r.l. in liquidazione ha chiesto al Tribunale di Reggio Emilia l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, di natura liquidatoria, proponendo il soddisfacimento integrale dei creditori privilegiati e nella misura del cinque per cento circa dei chirografari, mediante la liquidazione dell'attivo e il recupero dei crediti, nonché con la messa a disposizione a favore del concordato di un immobile di altra società terza, riferibile ai medesimi soci della debitrice, la quale aveva costituito sul bene un vincolo di destinazione ai sensi dell'art. 2645-ter c.c. in favore della massa dei creditori del concordato.
Il Tribunale, in sede di giudizio di omologazione, prima di entrare nel merito della valutazione del piano, ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo il quale spetta al giudice la valutazione sulla fattibilità giuridica del piano, in qualunque fase e, dunque, anche a fronte della già avvenuta approvazione della proposta da parte dei creditori, la cui valutazione attiene invece alla convenienza economica della domanda.
Nel caso in questione il Tribunale ha respinto l'omologazione del concordato, ritenendo illegittimo o comunque inefficace il vincolo di destinazione dell'immobile effettuato da un terzo ex art. 2645- ter c.c., tenuto conto che il venir meno di tale fondamentale apporto avrebbe pregiudicato la possibilità di assicurare il riconoscimento di una soddisfazione, sia pur minima, di tutto il ceto creditorio.

Le questioni giuridiche esaminate e le soluzioni

Il Tribunale di Reggio Emilia, con la decisione in esame, offre una panoramica completa degli aspetti critici inerenti alla disposizione di cui all'art. 2645-ter c.c., introdotta nel nostro ordinamento nel 2006, del dibattito tuttora aperto in dottrina e giurisprudenza sulla portata di tale norma e sull'interferenza tra il vincolo di destinazione e le regole delle procedure concorsuali, valutando infine negativamente l'utilizzo di tale vincolo nell'ambito del concordato preventivo.
Il Tribunale ha preliminarmente richiamato l'orientamento, ormai consolidato anche e soprattutto dopo l'intervento delle Sezioni Unite con la sentenza n. 1521/2013, che assegna al giudice, in qualunque fase del concordato preventivo, il controllo sulla fattibilità giuridica del piano, ossia sull'effettiva idoneità della proposta di assicurare il soddisfacimento della causa concreta del concordato, da ravvisarsi sia dal punto di vista dell'imprenditore nel superamento della situazione di crisi, sia dal punto di vista del ceto creditorio nel senso di assicurare il riconoscimento di una sia pur minima consistenza del credito in tempi ragionevoli.
Sotto tale ultimo aspetto, il Tribunale ha evidenziato come fosse necessario verificare la legittimità del vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. tenuto conto che, sotto il profilo economico, il venir meno di tale fondamentale apporto avrebbe pregiudicato le prospettive di soddisfacimento, anche in misura minima, dell'intero ceto creditorio.
Il Tribunale emiliano ha quindi esaminato la norma sotto diversi profili, valutando in primo luogo se l'art. 2645-ter c.c. abbia introdotto una nuova fattispecie negoziale autonoma o se debba intendersi quale norma “sugli effetti” da ricollegarsi ad altra fattispecie negoziale tipica o atipica; ha poi esaminato la portata del requisito della meritevolezza, nonché la possibilità di strutturare il vincolo come atto unilaterale, le problematiche inerenti alla trascrizione dello stesso e gli effetti, anche operativi, del vincolo all'interno di un concordato preventivo.
E' opportuno premettere che la norma in questione è stata inserita nel Codice Civile nel 2006 ed ha introdotto un vincolo di destinazione con il quale un soggetto può sottrarre uno o più beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri dal proprio patrimonio, in deroga alla garanzia generale di cui all'art. 2740 c.c., destinandoli al perseguimento di un determinato interesse, qualificato come meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c., con un ambiguo richiamo a persone con disabilità, enti e pubbliche amministrazioni.
La norma è stata, ed è tuttora, oggetto di accese critiche e ha dato luogo ad interpretazioni contrastanti a causa di una formulazione oggettivamente oscura.
L'aspetto sul quale si sono scontrate dottrina e giurisprudenza è quello riguardante la configurabilità di un negozio di destinazione puro: ci si è chiesti, infatti, se con la norma in esame il legislatore abbia voluto creare un nuova figura negoziale autonoma o se la disposizione riguardi soltanto gli effetti di un diverso atto dotato di autonoma causa.
Se la dottrina, soprattutto quella immediatamente successiva all'introduzione della norma e la dottrina notarile, ha ravvisato nell'art. 2645-ter c.c. l'inserimento nel sistema giuridico italiano del negozio di destinazione quale fattispecie autonoma, la giurisprudenza prevalente ha invece qualificato la norma quale disposizione che disciplina solo gli effetti di destinazione, opponibili a terzi mediante trascrizione, rientranti nel contenuto del negozio cui accede il vincolo.
Nella pronuncia in esame il Tribunale di Reggio Emilia ha aderito all'interpretazione della giurisprudenza di merito (segnatamente del medesimo Tribunale, che ha più volte affrontato la questione relativa al vincolo di destinazione sia nell'ambito di procedure concorsuali sia nell'ambito di procedimenti esecutivi, cfr. da ultimo Tribunale di Reggio Emilia, 12 maggio 2014, ord.), evidenziando, a conferma della non configurabilità di una fattispecie negoziale autonoma, sia la scelta sistematica del legislatore di collocare la nuova disposizione tra le norme sulla trascrizione degli atti e non tra quelle di diritto sostanziale, sia il potenziale eversivo di una interpretazione che ammetta la possibilità di costituire patrimoni separati in forza della sola autonomia negoziale, in deroga alla principio generale della responsabilità patrimoniale di cui all'art. 2740 c.c. È pur vero che, ai fini della validità del vincolo, devono sussistere “interessi meritevoli di tutela”, come rammenta, per la verità in senso piuttosto critico, il medesimo Tribunale nella decisione esaminata, introducendo il secondo – e molto discusso - argomento oggetto di trattazione. La norma prevede, infatti, che il vincolo debba essere volto a realizzare interessi meritevoli di tutela e menziona esplicitamente persone con disabilità, pubbliche amministrazioni, enti o persone fisiche, chiudendo con il richiamo all'art. 1322, comma 2, c.c. E' agevole immaginare come l'enigmatica formulazione della norma, che da un lato richiama il generico requisito di cui all'art. 1322 c.c. e, dall'altro, si riferisce espressamente a soggetti disabili ed enti pubblici, abbia dato luogo ad un ampio dibattito sul senso da attribuire al requisito della meritevolezza. Secondo la tesi più restrittiva e minoritaria, richiamata dal Tribunale di Reggio Emilia sebbene non condivisa, il richiamo esplicito dell'art. 2645-ter c.c. a soggetti disabili, enti e pubbliche amministrazioni deve essere inteso nel senso che gli interessi perseguiti devono avere carattere etico, sociale e solidaristico (Trib. Vicenza, 31 marzo 2011, decr.; Trib. Verona, 18 marzo 2012, decr.). A seguire tale interpretazione, tuttavia, non si comprenderebbe il successivo generico riferimento ad “altri enti o persone fisiche” né l'ancor più generico richiamo all'art. 1322 c.c., che parrebbero escludere una delimitazione così restrittiva degli interessi perseguiti all'ambito della solidarietà. La tesi opposta, invece, ritiene che proprio in virtù del richiamo all'art. 1322 c.c. il requisito della meritevolezza sia soddisfatto semplicemente allorché lo scopo perseguito sia lecito, ossia non contrario a norme imperative, ordine pubblico e buon costume (Trib. Lecco, 26 aprile 2012). Nella decisione in esame, il Tribunale sembra aver aderito ad un terzo orientamento intermedio secondo cui, pur non essendo richiesto il perseguimento di un fine solidaristico, non è comunque sufficiente, ai fini della validità del vincolo, la mera liceità dello scopo, dovendosi valutare comparativamente gli interessi sacrificati e le finalità perseguite. Nel caso di specie, come evidenziato nella decisione in commento, il sacrificio imposto ai creditori della società disponente, i quali verrebbero privati di un bene facilmente aggredibile a beneficio dei creditori di altra società, appare ingiustificato, e ciò anche a fronte della irrilevante circostanza, indicata dalla disponente nell'atto dispositivo, della coincidenza dei soci delle due società: il vincolo, pertanto, potrebbe essere ritenuto invalido o, in ogni caso, agevolmente revocabile ai sensi dell'art. 2901 c.c. e quindi sottratto alla destinazione prevista in favore dei creditori del concordato, con conseguente pregiudizio delle prospettive di soddisfacimento strettamente connesse alla validità di quel vincolo. Il Tribunale affronta poi ulteriori aspetti critici del vincolo di destinazione per giungere alla conclusione negativa in ordine alla fattibilità giuridica di un piano concordatario fondato essenzialmente sull'apporto del terzo così articolato. Infine, la decisione del Tribunale reggiano ha escluso che il vincolo di destinazione ex art. 2645-ter c.c. possa strutturarsi come atto unilaterale privo di effetti traslativi, e ciò in considerazione, da un lato, delle espressioni testuali utilizzate dal legislatore (“conferente” e “beni conferiti”), che presuppongono la bilateralità dell'atto e l'esistenza di un trasferimento e, dall'altro, della previsione del potere, in capo per l'appunto al conferente, di agire per la realizzazione di tali interessi, oltre ad aver evidenziato alcune criticità relative alla trascrizione, con il conseguente rischio di inefficacia del vincolo anche sotto tale profilo formale.

Conclusioni

La decisione esaminata costituisce una sorta di vademecum sul dibattito dottrinario e giurisprudenziale originato dall'introduzione della disposizione di cui all'art. 2645-ter c.c. in risposta ad oggettive difficoltà interpretative della norma.
Il decreto del Tribunale di Reggio Emilia ha, infatti, il pregio di rilevare i diversi aspetti critici del vincolo di destinazione sia in termini generali sia nell'ottica dell'operatività del vincolo nell'ambito del concordato preventivo.
L'adesione all'orientamento più restrittivo in tema di fattispecie limitative della responsabilità patrimoniale e di meritevolezza degli interessi perseguiti appare condivisibile, sebbene vi siano state, anche successivamente alla pronuncia in esame, decisioni di senso contrario che hanno ritenuto ammissibile il vincolo di destinazione puro, svincolato da un atto traslativo, a supporto di un concordato preventivo (Trib. Ravenna, 22 maggio 2014)
E' evidente come la questione della validità o meno dei vincoli di destinazione ex art. 2645-ter c.c. costituiti da terzi a supporto di una domanda di concordato sia ancora aperta, ma l'ostacolo che difficilmente pare superabile è quello relativo al rischio di revocatoria ex art. 2901 c.c. dell'atto di destinazione che, anche a fronte di un giudizio di meritevolezza dell'interesse perseguito e, quindi, della astratta validità del vincolo, potrebbe cedere di fronte alle legittime ragioni dei creditori del disponente eventualmente danneggiati, i quali potrebbero quindi far venir meno l'apporto prospettato.
In tal senso, è interessante osservare come le recenti pronunce favorevoli alla fattibilità del concordato supportato dall'atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. non abbiano dovuto scontrarsi con tale ostacolo: in un caso, in quanto il vincolo era stato disposto su beni propri del debitore al fine di tenere indenne il patrimonio ed a tutela della par condicio tra i creditori (Trib. Lecco, 26 aprile 2012) e, nell'altro caso, più recente, poiché sotto il profilo economico il vincolo del terzo costituiva un elemento sopraggiunto ed ulteriore rispetto all'originaria proposta, con l'effetto che l'eventuale inefficacia avrebbe di fatto solo rispristinato la situazione economica del piano concordatario già approvato dai creditori (Trib. Ravenna, 22 maggio 2014).
Al contrario, nel concordato sottoposto al vaglio di fattibilità giuridica del Tribunale di Reggio Emilia, l'invalidità ab origine o, comunque, la sopravvenuta inefficacia del vincolo in effetti avrebbero fatto venir meno l'apporto del terzo, imprescindibile ai fini della riuscita del piano concordatario.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In generale sull'art. 2645-ter c.c. si segnalano B. Franceschi, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, in Trust, vol. II, Giappichelli, 2008.
Sull'ammissibilità del “negozio di destinazione puro” si segnalano, in dottrina e in senso favorevole, B. Franceschi, Atti di destinazione (art. 2645-ter c.c.) e trust, (cit.); in senso contrario, Trib. Trieste, 7 aprile 2006, decr.; Trib. Reggio Emilia, 23 marzo 2007, ord.; Trib. Reggio Emilia, 22 giugno 2012, decr.; Trib. Reggio Emilia, 26 novembre 2012, decr.; Trib. Santa Maria Capua Vetere, 28 novembre 2013, ord.; Trib. Reggio Emilia, 12 maggio 2014, ord., tutte su ilcaso.it. Sulla meritevolezza degli interessi perseguiti con il vincolo ex art. 2645-ter c.c. si segnala l'orientamento più restrittivo seguito da Trib. Vicenza, 31 marzo 2011, decr.; Trib. Verona, 18 marzo 2012, decr. e, in dottrina, F. Gazzoni, Osservazioni sull'art. 2645-ter , in Giust. Civ., 2006, II, 165 e ss.; per la tesi opposta, Trib. Lecco, 26 aprile 2012, e, in dottrina, M. Bianca (a cura di), La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione, Giuffré, 2007, 42 e ss. Sull'ammissibilità del concordato preventivo supportato dal vincolo ex art. 2645-ter c.c. si segnalano Tribunale di Lecco, 26 aprile 2012 e Tribunale di Ravenna, 22 maggio 2014.

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