Giudizio di fattibilità giuridica e di fattibilità economica del piano dopo le Sezioni Unite

Roberto Amatore
22 Settembre 2014

Il controllo di legittimità da parte del Giudice, che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato, non è limitato alla completezza, alla congruità logica ed alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell'accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e l'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro.
Massima

Il controllo di legittimità da parte del Giudice, che deve svolgersi in tutte le fasi del concordato, non è limitato alla completezza, alla congruità logica ed alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell'accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e l'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro.

L'intangibilità dei crediti per IVA, ex art. 182-ter l. fall., sussiste anche per le procedure cui non sia applicabile ratione temporis il D.L. n. 185 del 2008, art. 32 (conv. nella L. n. 2 del 2009, n. 2, che ha modificato la L. Fall., art. 182-ter, comma 1), in quanto la disposizione, che esclude la falcidia concordataria sul capitale dell'IVA, ha natura eccezionale e attribuisce al credito un trattamento peculiare ed inderogabile. Ne consegue che la sua portata sostanziale si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all'istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito IVA.

Il caso

La Corte d'appello di Cagliari aveva respinto il reclamo proposto dalla società E. s.r.l. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento resa nei confronti di quest'ultima.
La Corte territoriale aveva rilevato che la detta società aveva depositato, all'interno della procedura prefallimentare attivata da alcuni creditori, due proposte di concordato preventivo, la prima, del novembre 2001, non ammessa per mancanza della maggioranza necessaria, la seconda, nel maggio 2012, dichiarata dal Tribunale inammissibile (rectius, revocata ex art. 173 l. fall.), con coeva dichiarazione di fallimento, alla stregua dei rilievi del commissario giudiziale riguardanti la parte della proposta di concordato che non aveva idoneamente suddiviso le tipologie dei crediti tributari, con la conseguente violazione del divieto di effettuare un pagamento non integrale dei crediti privilegiati per iva e ritenute alla fonte, nonché delle regole sulle cause legittime di prelazione, alterate per effetto della previsione del soddisfacimento non integrale dei crediti privilegiati, in violazione dell'art. 160 l. fall.
Avverso la detta pronuncia resa dalla Corte di merito ricorreva la società E. s.r.l., deducendo, in buona sostanza, il travalicamento da parte della Corte territoriale dei limiti di intervento interdittivo disegnati dalla Corte di Cassazione a S.U. nella sentenza n. 1521/2013 in tema di fattibilità economica.
La Corte di Cassazione respingeva il ricorso nei termini qui di seguito precisati.

Le questioni giuridiche

La sentenza in commento si segnala come di sicuro interesse almeno per due delle questioni giuridiche sottoposte al suo vaglio, e cioè, per un verso, per aver di nuovo esaminato il profilo dei limiti di intervento giudiziale del tribunale in seno al giudizio di ammissibilità della proposta concordataria e, per altro verso, per aver ribadito il profilo di intangibilità del credito Iva all'interno del concordato preventivo, fornendo risposte convincenti e condivisibili in relazione ad entrambe le quaestiones iuris sopra tratteggiate.
Sotto il primo profilo, giova ricordare che è intervenuta la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite con l'importante arrêt 23 gennaio 2013, n. 1521, chiarendo che “Il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dall'attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio, che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti; il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo; il controllo di legittimità si attua verificando l'effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato; quest'ultima, da intendere come obiettivo specifico perseguito dal procedimento, non ha contenuto fisso e predeterminabile, essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita nel generale quadro di riferimento, finalizzato al superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e all'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro” (cfr. R. Amatore, Il giudizio di fattibilità del piano nel concordato preventivo, in Dir. Fall., 2012, I, 104 e ss.; R. Amatore – L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013, 125 e ss.; in tema, si rimanda altresì alla lettura di G. Terranova, La fattibilità del concordato, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 2, 2013, 190 e segg. ; F. Lamanna, L'indeterminismo creativo delle Sezioni Unite in tema di fattibilità del concordato preventivo : “così è se vi pare”, in ilFallimentarista 26 febbraio 2013; F. De Santis, Causa “in concreto” della proposta di concordato preventivo e giudizio “permanente” di fattibilità del piano, in Fall., 2013, 279; I. Pagni, Il controllo di fattibilità del piano dopo la sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521 : il richiamo alla “causa concreta”, come funzione economico-individuale del concordato, ivi, 286 ).
A maggior ragione dopo la predetta sentenza non si può poi dubitare del fatto che la valutazione della convenienza economica della proposta di concordato preventivo spetta esclusivamente ai creditori.
Secondo le Sezioni unite, inoltre, nessun sindacato è rimesso al tribunale nemmeno sull'aspetto pratico-economico della proposta, ossia “sulla correttezza dell'indicazione della misura di soddisfacimento percentuale offerta dal debitore ai creditori”, e neppure in ordine alla “prognosi di realizzabilità dell'attivo nei termini indicati dall'imprenditore”.
Tuttavia, la Corte non ha mancato di rilevare, in premessa, che il legislatore delle riforme fallimentari, pur valorizzando l'elemento privatistico del concordato preventivo, non ne ha cancellato tutti gli aspetti di carattere pubblicistico, “suggeriti dall'avvertita esigenza di tener conto anche degli interessi di soggetti ipoteticamente non aderenti alla proposta, ma comunque esposti agli effetti di una sua non condivisa approvazione, ed attuati mediante la fissazione di una serie di regole processuali inderogabili, finalizzate alla corretta formazione dell'accordo tra debitore e creditori, nonché con il potenziamento dei margini di intervento del giudice in chiave di garanzia”.
Sicché spetta al tribunale di verificare la fattibilità giuridica del concordato, eventualmente esprimendo un giudizio ostativo all'ammissibilità della proposta concordataria, quando le modalità attuative della stessa risultino incompatibili con norme inderogabili.
Spetta altresì al tribunale sorvegliare che la valutazione dei creditori venga espressa correttamente e determini il giusto esito della procedura concordataria, e che, pertanto, essi “ricevano una puntuale informazione circa i dati, le verifiche interne e le connesse valutazioni”.
La Corte ha, quindi, declinato una composita piattaforma di indicazioni nomofilattiche, volte a definire i limiti del sindacato giudiziale sulla fattibilità “economica” della proposta, intesa come “prognosi circa la possibilità di realizzazione della proposta nei termini prospettati” (così, F. De Santis, Causa “in concreto” della proposta di concordato preventivo e giudizio “permanente” di fattibilità del piano, cit., 279 ).
Ulteriore e succedanea questione è se il controllo di fattibilità giuridica sia limitato alla violazione di norme inderogabili ovvero possa riguardare tutti i profili strettamente giuridici collegati alle azioni programmate per la realizzazione della proposta.
Questa seconda interpretazione appare preferibile, posto che appare naturale rimettere al controllo del tribunale la risoluzione di ogni questione di fattibilità dipendente dalla corretta o quanto meno non manifestamente errata applicazione di norme di diritto ( G.B. Nardecchia, La fattibilità al vaglio delle Sezioni Unite, in Il Caso.it ). Con la conseguenza che il tribunale dovrebbe emettere un giudizio di inammissibilità oltre che nell'ipotesi in cui siano programmate azioni illecite o contrarie ai principi generali dell'ordinamento, anche qualora il piano si fondi su prospettazioni giuridiche manifestamente errate.
In realtà, la concreta delimitazione del concetto di fattibilità giuridica (e per converso, di fattibilità economica) rappresenta certamente il punto centrale della pronuncia resa a Sezioni Unite. Nella fattibilità giuridica rientrano anzitutto gli aspetti che condizionano l'ammissibilità della proposta, che non può essere meritevole di essere portata all'attenzione dei creditori ove si risolva nella violazione di norme giuridiche imperative. Tra queste ultime vanno ricomprese quelle intese ad assicurare la completezza e regolarità della documentazione prodotta in allegato alla proposta, con lo scopo di fornire ai creditori concreti elementi di giudizio (così, R. Amatore- L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, cit., 143 e ss.). Si allude al piano, che deve indicare in modo analitico le modalità e il termine di adempimento della proposta, a tutti gli altri documenti previsti dall'art. 161, comma 2, l. fall., infine alla relazione attestatrice della veridicità dei dati e della fattibilità del piano, che, per poter svolgere la sua funzione informativa, deve avere caratteristiche di analiticità ed esaustività (così, M. Vitiello, Il problema dei limiti del controllo del tribunale sulla fattibilità del piano come risolto dalle Sezioni Unite, in ilFallimentarista, 30 gennaio 2013). Come sopra accennato, il tribunale deve tuttavia garantire il rispetto di tutti i principi giuridici, di diritto civile e concorsuale, da cui dipende l'ammissibilità giuridica della proposta. La Corte di cassazione fa a tal proposito un esempio concreto: quello di una proposta di cessione di beni appartenenti a un soggetto diverso – e ovviamente non consenziente - dal debitore. Ma altre potrebbero essere le ipotesi di manifesta inammissibilità giuridica: la proposta che non preveda il soddisfacimento in percentuale alcuna di alcuni creditori, lesiva del principio secondo il quale con la proposta di concordato deve essere prospettata la soddisfazione di tutti i creditori; la proposta di pagamento falcidiato dei privilegiati accompagnata da un'offerta di pagamento anche dei chirografari, senza che ricorrano i presupposti previsti dall'art. 160, comma 2, l. fall. Si pensi, ancora, ad un concordato per cessio bonorum che preveda la cessione soltanto parziale del patrimonio del debitore, senza che nemmeno tale cessione sia accompagnata da finanza esterna di valore pari o superiore a quello dei beni che il debitore non cede ai creditori. Ed invero, una proposta di tal fatta sarebbe lesiva del principio generale di cui all'art. 2740 c.c. (M. Vitiello, Il problema dei limiti del controllo del tribunale sulla fattibilità del piano come risolto dalle Sezioni Unite, cit.).
Va tuttavia ancora una volta sottolineato che esiste un secondo livello sul quale opera il controllo di fattibilità giuridica della proposta, dovendosi concretare questo ulteriore vaglio giudiziale nella verifica della effettiva idoneità del piano ad assicurare il soddisfacimento della causa della procedura. A questo livello il controllo del tribunale è maggiormente intenso, potendosi spingere oltre la valutazione relativa al rispetto delle norme imperative che governano la fattispecie, e dovendo anzi inerire alla possibilità giuridica di dare esecuzione alla proposta di concordato che in concreto sia stata formulata (M. Vitiello, Il problema dei limiti del controllo del tribunale sulla fattibilità del piano come risolto dalle Sezioni Unite, cit.; l'esempio formulato dall'A. è quello relativo ad una proposta liquidatoria che fosse imperniata esclusivamente sulla cessione di beni gravati da numerose ipoteche, che in quanto tale non consenta la corresponsione di percentuale di soddisfacimento alcuna al ceto chirografario, nonostante tale corresponsione sia prevista nel piano e considerata fattibile nella relazione attentatrice).
Ebbene, secondo la Corte, nell'ambito di tale controllo rientra certamente “una delibazione in ordine alla correttezza delle argomentazioni svolte e delle motivazioni addotte dal professionista a sostegno del formulato giudizio di fattibilità del piano”. Ne discende che - anche sulla base delle superiori considerazioni - non basta un mero controllo formale sull'analiticità e coerenza delle motivazioni, ma si allude a qualcosa di ulteriore, che può essere individuato nel controllo relativo alla razionalità delle argomentazioni dell'attestatore.

Osservazioni

Se le superiori considerazioni sono indiscutibili, allora il pronunciamento qui in esame si pone in linea con gli insegnamenti delle Sezioni Unite nell'importante precedente sopra menzionato, atteso che la Corte territoriale - la cui sentenza era stata sottoposta al vaglio di legittimità della Cassazione - non aveva, in realtà, espresso in alcun modo un giudizio sulla fattibilità economica del piano o della proposta, ma, al contrario, in consonanza con quanto già ritenuto dal Tribunale, aveva condotto una valutazione di mera legittimità, riscontrando nella previsione del soddisfacimento parziale dei crediti privilegiati e, fra questi, quello per iva e ritenute alla fonte, la violazione di norme imperative di legge, ovvero del divieto del pagamento parziale dei predetti crediti ai sensi dell'art. 182-ter, l. fall., e dell'alterazione delle cause legittime di prelazione ex art. 160, comma 2, medesima legge.
Sul punto, non può sorgere dubbio alcuno, giacché, senza dovere, nel caso di specie, scomodare la categoria della ‘causa in concreto' del negozio concordatario per il vaglio di ammissibilità della proposta, il controllo del tribunale può ben arrestarsi a quel livello che sopra è stato correttamente inquadrato come di legittimità formale, nel quale il giudice fallimentare deve solo limitarsi a verificare che nessuna norma imperativa sia disattesa e, quanto alla relazione attestatrice, che essa sia completa ed analitica, sì da poter assolvere alla sua funzione informativa.
Statuendo nel modo sopra evidenziato, la Corte territoriale si è chiaramente attenuta alla propria funzione di controllo nella tutela della legalità della procedura, riscontrando la contrarietà a norme imperative della proposta concordataria nella parte in cui prevedeva, al di fuori della transazione fiscale, la falcidia del credito iva.
Sul punto, è il caso di ricordare che, come affermato anche dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. 22931/2011 e 7667/2012), l'intangibilità dei detti crediti, ex art. 182-ter l. fall., sussiste anche per le procedure cui non sia applicabile ratione temporis il D.L. n. 185 del 2008, art. 32 (conv. nella L. n. 2 del 2009, n. 2, che ha modificato la L. Fall., art. 182 ter, comma 1 ), in quanto la disposizione che esclude la falcidia concordataria sul capitale dell'iva, ha natura eccezionale ed attribuisce al credito un trattamento peculiare ed inderogabile. Ne consegue che la sua portata sostanziale si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all'istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito iva.
Del resto, anche a voler ritenere sussistente nel caso di specie un'ipotesi di scrutinio più esteso da parte del tribunale fallimentare in ordine alla legittimità della proposta concordataria attraverso l'istituto della ‘causa' negoziale, deve essere ribadito che la Cassazione, anche nel pronunciamento di cui qui si discorre, ha precisato correttamente, sulla scorta dell'insegnamento delle Sezioni Unite n. 1521/2013 e della successiva sentenza n. 11014/2013, che il controllo di legittimità da parte del giudice non è limitato alla completezza, alla congruità logica ed alla coerenza complessiva della relazione del professionista, ma si estende alla fattibilità giuridica della proposta, la cui valutazione implica un giudizio in ordine alla sua compatibilità con le norme inderogabili e con la causa in concreto dell'accordo, il quale ha come finalità il superamento della situazione di crisi dell'imprenditore, da un lato, e l'assicurazione di un soddisfacimento, sia pur ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, dall'altro.
Ne discende che nessun giudizio di fattibilità economica, nel senso sopra chiarito, è stato espresso dalla Corte territoriale e dal Tribunale sardo nella fattispecie concreta qui in esame, essendosi il Tribunale, come poi ribadito dalla Corte di merito, limitato ad uno scrutinio di legittimità della proposta e del piano concordatario.
In ordine, poi, al secondo profilo d'interesse stimolato dalla lettura della sentenza in commento, e cioè alla questione della falcidia del credito relativo all'imposta sul valore aggiunto nell'ambito di un concordato senza transazione fiscale, giova ricordare che con il D.L. 29 novembre 2008, n. 185, art. 32, è stato modificato l'art. 182-ter, comma 1, L. Fall., introducendosi tra l'altro la precisazione secondo la quale "con riguardo all'imposta sul valore aggiunto, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento", disposizione in seguito estesa anche alla ritenute previdenziali effettuate e non versate. Pertanto, la disposizione da ultimo ricordata ha troncato la discussione in corso circa la ricomprensione o no dell'iva tra "i tributi costituenti risorse proprie dell'Unione Europea" esclusi dalla possibilità di falcidia fin dall'originaria formulazione della norma, ponendosi così su un piano di continuità con il primitivo dettato legislativo (per l'analogo rapporto tra riforma e decreto correttivo: Cass. n. 22150/2010).
Da ciò consegue la non predicabilità della esclusione della falcidia dell'iva anche per i concordati cui non sia applicabile ratione temporis la recente modifica legislativa sul punto.
Altra e diversa questione è se l'intangibilità dell'iva sussista solo se viene attivato il procedimento di transazione fiscale ovvero se sia indipendente dell'opzione del debitore e dunque si imponga anche nel caso in cui la transazione speciale non venga perseguita, ma la proposta tratti il fisco come ogni altro creditore, come è anche avvenuto nella fattispecie concreta in esame. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità (cfr. sempre Cass. 22931/2011, cit.) ha chiarito che, in linea generale, non avrebbe alcuna giustificazione logica che il legislatore abbia inteso lasciare alla scelta discrezionale del debitore l'assoggettarsi all'onere dell'integrale pagamento dell'iva, imposta armonizzata a livello comunitario sulla cui gestione gli Stati membri non sono esenti da vincoli (si legga Corte giustizia CE, sez. 5^, 11/12/2008, n. 174).
Peraltro, ciò che convince dell'inderogabilità della disposizione (qualunque sia l'opzione del creditore) è la natura della stessa, giacché non si tratta di norma processuale (come tale connessa allo specifico procedimento di transazione fiscale), ma di norma sostanziale, in quanto attiene al trattamento dei crediti nell'ambito dell'esecuzione concorsuale dettata da motivazioni che attengono alla peculiarità del credito e prescindono dalle particolari modalità con cui si svolge la procedura di crisi (così Cass. 22931/2011, cit.).
Inoltre, deve escludersi che la necessità dell'integrale pagamento dell'iva comporti quella dell'integrale pagamento di tutti i crediti privilegiati con grado anteriore in ossequio al principio secondo cui "il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l'effetto di alterare l'ordine delle cause legittime di prelazione” (cfr. L. Fall., art. 160, comma 2, u.p. ).
Orbene, la disposizione che sostanzialmente esclude il credito IVA da quelli che possono formare oggetto di transazione, quanto meno in ordine all'ammontare del pagamento, è una disposizione eccezionale che, come si è osservato, attribuisce al credito in questione un trattamento peculiare e inderogabile. Del resto, diversamente opinando, si dovrebbe attribuire al legislatore, se non l'intento, quantomeno l'accettazione del rischio di rendere in molti casi sostanzialmente inattuabile il percorso concordatario in quanto, tenuto conto del basso grado di privilegio dell'iva, la necessità di proporne l'integrale pagamento comporterebbe l'analoga necessità per tutti i crediti privilegiati, anche non tributari, rendendo oltretutto priva di contenuto la stessa transazione fiscale.

Conclusioni

In merito alla questione della intangibilità del credito I.V.A. giova ulteriormente ricordare che la soluzione della non falcidiabilità dei suddetti crediti erariali è stata ribadita dal legislatore in relazione alla disciplina delle crisi da sovraindebitamento dei soggetti non fallibili, ove – novellando, in virtù dell'art. 18 d.l. 179/12, l'art. 7 l. 3/12 - è stato previsto che per i crediti IVA e ritenute operate e non versate “il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento” (cfr. art. 7 l. 3/2012).
In virtù di tale novella deve ritenersi acquisito nell'ordinamento il principio secondo il quale il soggetto che intenda proporre un piano concordatario non possa falcidiare i crediti derivanti da IVA e ritenute operate e non versate. Il pagamento integrale del debito per IVA e ritenute operate e non versate costituisce, pertanto, condizione di ammissibilità della procedura concordataria, sia che si faccia ricorso alla liquidazione dei beni dell'impresa, sia che si rimetta la soddisfazione a risorse esterne all'impresa.
Da tali elementi deve ritenersi giustificato (conformemente all'interpretazione fornita dalla S.Corte), in caso di procedura concordataria, un diverso trattamento del credito per Iva e ritenute non versate rispetto alla disciplina liquidatoria (individuale e concorsuale), e ciò sia che il debitore acceda ovvero non acceda al procedimento di transazione fiscale.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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