Opposizione al passivo e revocatoria: dies a quo per la decorrenza del periodo sospetto

Roberto Amatore
14 Marzo 2014

In materia di revocatoria, il dies a quo per la decorrenza a ritroso del periodo sospetto deve essere individuato nella data di iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel registro delle imprese, salvo il caso di consecutio, in cui il periodo sospetto retroagisce alla data di iscrizione in tale registro del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo.Il caso. Con ricorso oppositivo avanzato ex artt. 98 e 99 l. fall, la società G.M.I. spa aveva proposto opposizione avverso lo stato passivo, deducendo che al credito ammesso non era stata riconosciuta la richiesta prelazione ipotecaria sulla base della erronea convinzione del G.D. che l'ipoteca non si fosse consolidata e fosse pertanto revocabile ex art. 67, comma 1, n. 4 l. fall., giacché la decorrenza a ritroso del periodo di revocabilità avrebbe dovuto fissarsi non già dalla data di pubblicazione della sentenza di fallimento mediante deposito in cancelleria quanto piuttosto dalla data di iscrizione della medesima sentenza nel registro delle imprese.
Massima

In materia di revocatoria, il dies a quo per la decorrenza a ritroso del periodo sospetto deve essere individuato nella data di iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel registro delle imprese, salvo il caso di consecutio, in cui il periodo sospetto retroagisce alla data di iscrizione in tale registro del ricorso per l'ammissione al concordato preventivo.

Il caso

Con ricorso oppositivo avanzato ex artt. 98 e 99 l. fall, la società G.M.I. spa aveva proposto opposizione avverso lo stato passivo, deducendo che al credito ammesso non era stata riconosciuta la richiesta prelazione ipotecaria sulla base della erronea convinzione del G.D. che l'ipoteca non si fosse consolidata e fosse pertanto revocabile ex art. 67, comma 1, n. 4 l. fall., giacché la decorrenza a ritroso del periodo di revocabilità avrebbe dovuto fissarsi non già dalla data di pubblicazione della sentenza di fallimento mediante deposito in cancelleria quanto piuttosto dalla data di iscrizione della medesima sentenza nel registro delle imprese.

Le questioni giuridiche

Per l'inquadramento delle questioni affrontate nel provvedimento in commento, occorre ricordare che al previgente comma 3 dell'art. 16 l. fall. è stata sostituita la disposizione del comma 2, che è previsione di più largo respiro e di più corretta impostazione sistematico-teorica, disposizione a tenore della quale la sentenza dichiarativa di fallimento produce gli effetti tra le parti e gli effetti protettivi patrimoniali dalla data della sua pubblicazione ai sensi dell'art. 133, comma 1, c.p.c. (cioè dalla data del suo deposito nella cancelleria del tribunale che l'ha pronunciata), mentre gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese, ai sensi dell'art. 17, comma 2, l. fall. (cfr. anche De Santis, in La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro, Sandulli, Torino, 2006, 337; Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2007, 54 ; Tedeschi, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 82; Pajardi – Paluchowscki, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 2008, 161).
La riforma ha precisato pertanto che nei confronti dei terzi, e cioè coloro che non hanno partecipato alla istruttoria prefallimentare, gli effetti della sentenza si producono dalla data, successiva, di iscrizione di un suo estratto nel registro delle imprese (c.d. pubblicità notizia ), in applicazione dell'art. 17, comma 2, l. fall.. Sul punto, deve essere sottolineato che lo scopo della norma è quello di rendere il più possibile effettiva la conoscenza della dichiarazione di fallimento mediante uno strumento che ne assicuri l'agevole conoscibilità (così, di nuovo, Pajardi – Paluchowscki, cit., 161). Ed invero, la ratio evidente della regola dettata nel secondo comma è quella di tutelare l'affidamento di coloro che, essendo rimasti estranei all'istruttoria prefallimentare, e, pertanto, essendo rimasti probabilmente ignari della sentenza di fallimento, abbiano intrattenuto rapporti con il fallito nel periodo intercorrente tra il deposito della sentenza in cancelleria e l'iscrizione della medesima nel registro delle imprese. In tal modo, il legislatore si è dimostrato sensibile all'esigenza di tutela dei terzi in buona fede, consentendo al fallito di compiere atti di disposizione dei propri beni e ai terzi di compiere atti sui beni del fallito, atti tutti che i terzi potranno opporre alla curatela, nelle more tra la pubblicazione della sentenza e l'iscrizione nel registro delle imprese. Peraltro, la circostanza non è irrilevante, giacché i tempi d'iscrizione sono sì brevi, ma non brevissimi, comportando alcuni adempimenti tecnici da parte dell'Ufficio del conservatore. Pertanto, gli atti compiuti prima dell'annotazione della sentenza nel registro delle imprese non soggiacciono all'azione ex art. 44 l. fall., che sancisce – come noto – l'inefficacia degli atti e dei pagamenti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento, con identica sorte per i pagamenti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento e per i pagamenti ricevuti dal fallito (Zoppellari, La legge fallimentare, Commentario teorico pratico a cura di M. Ferro, Padova, 2007, 137). Peraltro, in considerazione di quanto previsto nel secondo comma dell'art. 16, è stato sostenuto, correttamente a parere di chi scrive, che decorrano dal momento dell'iscrizione nel registro delle imprese tutti i termini previsti nelle norme contenute nelle Sezioni II ( “Degli effetti del fallimento per i creditori”), III (“Degli effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori”) e IV (“Degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici preesistenti”) del Capo III del Titolo II della legge fallimentare.
Deve pertanto ritenersi che l'iscrizione della sentenza nel registro delle imprese rappresenti il momento oltre il quale nessun terzo può dichiararsi ignaro del fallimento (così, Censoni, cit., ibidem, che considera la presunzione di conoscenza come assoluta). Tuttavia, ciò non inibisce gli effetti derivanti da altre forme di legale conoscenza, precedenti all'iscrizione (così, De Santis, cit., 341).
Si tratta di una regola che costituisce, evidentemente, applicazione di quanto previsto nell'art. 2193 c.c., constatazione quest'ultima dalla quale può farsi discendere che, fino all'iscrizione nel registro delle imprese, i terzi possono ritenersi legittimati a opporre l'ignoranza della intervenuta dichiarazione di fallimento e prima dell'iscrizione gli organi della procedura possono comunque opporre loro questi effetti, qualora riescano a provare che i terzi medesimi erano già venuti comunque a conoscenza della sentenza di fallimento (Severini, Trattato delle procedure concorsuali, diretto da Ghia, Piccininni, Severini, Torino, 2010, 549).
Quanto all'iscrizione nel registro delle imprese, la norma in esame fa riferimento all'art. 17, comma 2, non ravvisandosi alcun problema nella ipotesi di corrispondenza tra sede legale e sede effettiva. Per le società che abbiano sede legale distinta da quella effettiva e due distinte annotazioni in due distinti uffici del registro delle imprese, si ritiene che assuma rilevanza esclusivamente l'iscrizione nel registro delle imprese presso cui l'impresa fallita la sede legale (Montanaro, La riforma della legge fallimentare, a cura di Nigro, Sandulli, Torino, 2010, 94).

Osservazioni

Sulla base delle superiori considerazioni, il provvedimento in commento deve ritenersi pienamente condivisibile, facendo corretta applicazione delle norme dettate dalla legge fallimentare (cfr. art. 16) in tema di modulazione degli effetti discendenti dalla sentenza di fallimento a seconda che questi riguardino le parti del giudizio prefallimentare ovvero i terzi estranei a quest'ultimo.
Vero è, come ammonisce il Tribunale ambrosiano, che le norme dettate dalla legge fallimentare in materia di inefficacia e revocabilità di atti fanno indistintamente riferimento, ai fini della individuazione del dies a quo di decorrenza a ritroso del periodo sospetto, alla data della dichiarazione di fallimento, con ciò indicando senza dubbio, nel vigore del testo originario di tale normativa, la data di pubblicazione della sentenza, e cioè la data di deposito in cancelleria della stessa.
Tuttavia, deve ritenersi dirimente in subiecta materia il contenuto normativo del secondo comma dell'art. 16 l. fall., come risulta modificato dalle recenti leggi di riforma, norma a tenore della quale l'efficacia verso i terzi della sentenza dichiarativa di fallimento comincia a decorrere dalla data della sua avvenuta iscrizione nel registro delle imprese, tanto ciò è vero che – evidenzia anche qui del tutto efficacemente il provvedimento in commento – il termine per il reclamo decorre per il debitore dalla data della notificazione della sentenza, mentre per tutti gli altri interessati decorre, al solito, ai sensi dell'art. 18, comma 4, l. fall. dalla data di iscrizione nel registro delle imprese.
Ebbene, già il richiamo operato dal Tribunale di Milano al principio sancito al secondo comma dell'art. 16 più volte citato sarebbe da considerarsi ragione di per sé buona e sufficiente per far ritenere convincente e condivisibile la conclusione cui giunge il provvedimento in esame in ordine alla individuazione del dies a quo di decorrenza del termine per la revocabilità degli atti pregiudizievoli per i creditori, e tuttavia l'estensore del provvedimento arricchisce, anche qui in modo convincente e condivisibile, la motivazione del provvedimento con il richiamo ad altri riferimenti normativi estraibili dalla legge fallimentare per sostenere, con una interpretazione logico-sistematica, la fondatezza del principio richiamato in massima. Ed invero, il Tribunale ambrosiano richiama qui il tenore testuale dell'art. 69-bis l. fall., norma secondo la quale, nella ipotesi in cui al concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli artt. 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 l. fall. decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese, evidenziando, con la consueta efficacia di ragionamento riconosciuta all'estensore del provvedimento, che il riferimento letterale svolto dalla norma in commento alla data di pubblicazione della domanda di concordato in regime di consecutio richiederebbe, per analogia di ratio, l'applicazione del medesimo principio anche nella diversa ipotesi di sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata al di fuori del fenomeno della consecutio. Detto altrimenti, l'art. 69-bis l. fall. non farebbe altro che fornire diretta applicazione al principio codificato in termini più generali dall'art. 16, comma 2, laddove quest'ultima norma fissa in linea generale il principio di efficacia verso terzi degli effetti della sentenza di fallimento a partire dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di quest'ultima.
Affermato pertanto in termini generali il principio dell'efficacia degli effetti verso terzi dal momento della pubblicazione della sentenza nel detto registro, principio come tale rispettoso della tutela dell'affidamento dei terzi e della conoscibilità da parte di questi ultimi degli effetti connessi alla declaratoria di fallimento, il provvedimento in commento individua, argutamente, i corollari applicativi del principio in parola nelle diverse disposizioni normative estraibili dalla legge fallimentare nelle quali si disciplinano gli effetti verso terzi, in materia di procedure concorsuali minori, dell'ammissione e della omologazione delle proposte negoziali di risoluzione della crisi d'impresa. E così, si individua nell'art. 168, comma 1, l. fall., uno tra i precipitati applicativi del principio sopra enunciato là dove la norma da ultimo menzionata dispone proprio che “dalla data della pubblicazione nel registro delle imprese e fino al momento di omologazione del concordato” i creditori per titolo e causa anteriore non possono iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari e là dove, nella medesima norma, si dispone che le ipoteche giudiziali iscritte nei novanta giorni precedenti la “data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese” sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.
Peraltro, è lo stesso art. 184, comma 1, l. fall., sempre in tema di concordato preventivo, a suggellare in via generale il medesimo principio con riferimento agli effetti della procedura concorsuale minore, statuendo che il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla “pubblicazione nel registro delle imprese” del ricorso di cui all'art. 161.
Ebbene, il Tribunale ambrosiano individua inoltre analoghe applicazioni del principio generale sopra affermato di tutela di affidamento dei terzi anche nelle disposizioni contenute nell'art. 182-bis, commi 2-6, l. fall. in tema di accordi di ristrutturazione.

Conclusioni

Il provvedimento in commento merita ampia e convinta condivisione, atteso che, attraverso una motivazione logica ed esaustiva, individua nell'art. 16, comma 2, l. fall. il principio generale regolatore dei rapporti tra effetti della sentenza di fallimento e degli atti propedeutici alla ammissione alle procedure concorsuali minori e rispetto dell'affidamento dei terzi, affidando proprio alla pubblicazione nel registro delle imprese la funzione di assicurare la conoscibilità dei predetti atti da parte dei terzi estranei alle procedure concorsuali e di far pertanto decorrere da quella pubblicazione a ritroso i termini per l'impugnativa degli atti pregiudizievoli dei creditori che rivestono proprio quella qualità di terzi in favore dei quali è stata disposta la norma da ultimo menzionata. E tale provvedimento merita ancor di più condivisione laddove individua nelle disposizioni sopra ricordate un quadro coerente ed univoco in forza del quale può ormai ritenersi positivamente fissato il principio secondo cui gli effetti delle procedure concorsuali verso terzi possono prodursi solo a partire dalla data di iscrizione nel registro delle imprese degli atti da cui tali effetti promanano.
Ne discende, come ulteriore corollario, che, in materia di revocatoria, ciò implica la decorrenza a ritroso del periodo sospetto a far tempo dalla data di iscrizione della sentenza dichiarativa di fallimento nel registro delle imprese, fatta salva la ipotesi di consecutio, in cui il periodo sospetto retroagisce – come è noto – dalla data di iscrizione in tale registro del ricorso di ammissione al concordato.
Ebbene, il provvedimento in commento – facendo corretta applicazione dei principi da ultimo richiamati – ha affermato, in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, che il periodo di revocabilità semestrale della iscritta ipoteca era già decorso e che pertanto il credito reclamato doveva essere ammesso con la richiesta prelazione ipotecaria, essendo non accoglibile l'eccezione di revocabilità sollevata dal curatore in sede di verifica dei crediti.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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