Sospensione dei contratti in corso di esecuzione e contraddittorio con i contraenti in bonis

07 Marzo 2014

Anche solo ai fini di disporre un provvedimento di sospensione dei contratti pendenti ex art. 169-bis l. fall. nella fase del cd. concordato “prenotativo”, occorre preventivamente garantire il diritto al contraddittorio da parte dei controinteressati, pena la nullità del decreto di sospensione, con conseguente revoca della parte di esso investita da reclamo ex art. 26 l. fall.
Massima

Anche solo ai fini di disporre un provvedimento di sospensione dei contratti pendenti ex art. 169-bis l. fall. nella fase del cd. concordato “prenotativo”, occorre preventivamente garantire il diritto al contraddittorio da parte dei controinteressati, pena la nullità del decreto di sospensione, con conseguente revoca della parte di esso investita da reclamo ex art. 26 l. fall.

Il caso

Il Tribunale di Treviso, Sez. Fall., nel corso della fase del concordato “prenotativo”, aveva disposto la sospensione per sessanta giorni (a partire da una data di qualche giorno anteriore alla stessa istanza) dei contratti bancari per anticipazione effetti s.b.f. in essere tra la società ricorrente e alcune banche, compresi i pacta de compensando in essi previsti, per l'effetto che per tale periodo le somme pervenute dai debitori delle fatture e degli effetti anticipati, in luogo di essere portate automaticamente a deduzione del debito dell'istante verso la banca discendente dagli utilizzi delle anticipazioni stesse, dovevano essere diversamente rimesse alla società.
La Corte di Appello di Venezia, chiamata a decidere sul reclamo proposto ex art. 26 l. fall. da una banca avverso detto decreto, pur ritenendo compatibile lo scioglimento o la sospensione dei contratti ex art. 169-bis l. fall. con l'istituto del concordato “prenotativo”, ha revocato il provvedimento impugnato nella parte in cui disponeva la sospensione dei contratti bancari pendenti con la reclamante, assumendone la nullità per violazione del principio del contraddittorio.

Le questioni e gli orientamenti degli interpreti

Nel provvedimento che si commenta la Corte d'Appello di Venezia ha preso posizione su due questioni. Circa la prima, se l'istituto di cui all'art. 169-bis l. fall. sia accessibile già nella fase del concordato prenotativo, si è allineata alla giurisprudenza ormai ampiamente prevalente (Trib. La Spezia 24 ottobre 2012 e Trib. Salerno 25 ottobre 2012; Trib. Como 5 novembre 2012; Trib. Modena 30 novembre 2012; Trib. Monza 16 gennaio 2013; Trib. Catanzaro, 23 gennaio 2013; Trib. Novara 3 aprile 2013; Trib. Bergamo 7 giugno 2013; Trib. Vercelli 20 settembre 2013; Trib. Udine 25 settembre 2013; Trib. Terni 27 dicembre 2013; contra, Trib. La Spezia, 25 ottobre 2012; e Trib. Verona, 31 ottobre 2012; mentre secondo App. Brescia 19 giugno 2013 i provvedimenti di cui all'art. 169-bis l. fall. potrebbero essere pronunciati solo “in funzione della continuità aziendale”).
Molto più rilevante e con forti implicazioni operative, è la pronuncia della Corte lagunare sul modello procedimentale da adottarsi per pervenire alla decisione ex art. 169-bis l. fall., avendo essa statuito che finanche la sospensione, pur tipicamente provvisoria – potendo poi compiersi nella fase successiva le definitive valutazioni circa lo scioglimento dei contratti sospesi – postula la preventiva instaurazione del contraddittorio con i contraenti controinteressati, pena la nullità della parte del decreto pertinente e la revoca del medesimo (invero a beneficio della sola reclamante). Nella prassi dei tribunali fallimentari della penisola, infatti, non solo i provvedimenti di sospensione, particolarmente dei contratti bancari, hanno avuto e hanno grande diffusione – salvo riscontrarsi le più variegate posizioni circa l'individuazione del dies a quo del periodo di 60 gg., fatto decorrere da un giorno specificato (come nel caso che ci occupa), dalla data dell'istanza di autorizzazione o ancora dalla data del decreto o della sua pubblicazione o della sua notificazione a cura dell'istante – ma sono anche normalmente emanati inaudita altera parte.
La diffusione sul piano pratico si correla alla circostanza che in molti casi il successo del piano concordatario dipende anche dalla possibilità di costituire le disponibilità liquide necessarie all'attuazione della proposta diretta a soddisfare i creditori. Inoltre, come ben ha osservato Trib. Cuneo 14 novembre 2013, è preferibile aumentare l'attivo grazie all'incasso delle fatture oggetto di anticipazione che diminuire l'esposizione verso le banche (e anzi vederla aumentare dell'indennizzo, peraltro di incerta quantificazione), in quanto migliora la percentuale complessiva di soddisfacimento dei chirografari. L'impresa ha cioè interesse a realizzare il piano concordatario (almeno temporaneamente) senza il vincolo dei contratti bancari in virtù dei quali le banche ottengono, a decurtazione dei crediti dipendenti dagli affidamenti concessi, l'incasso automatico dei pagamenti da clienti di fatture ed effetti. E quasi tutti i giudici fallimentari mostrano di ritenere tale interesse meritevole di prevalere sull'interesse delle banche a porre in compensazione i propri crediti con le somme che affluiscono sui conti correnti dell'impresa e quindi a sfuggire alla par condicio creditorum: cfr. Trib. Monza 16 gennaio 2013, cit.; Trib. Busto Arsizio 11 febbraio 2013; Trib. Piacenza 1 marzo 2013; contra, Trib. Vicenza 25 giugno 2013, conforme peraltro alla costante giurisprudenza del Tribunale di Milano, secondo cui l'art. 169-bis l. fall. non potrebbe applicarsi ai contratti di anticipazione bancaria e ai mutui, in quanto la prestazione tipica del finanziatore si è già esaurita e pendente sarebbe solo l'obbligazione restitutoria del debitore concordatario.
La specifica preferenza per la sospensione nella fase del concordato prenotativo, in luogo dello scioglimento, discende invece dalla considerazione che la prima ha caratteristiche di provvisorietà e reversibilità, più consone ad una fase in cui è normalmente possibile dare luogo a una disclosure limitata, in specie circa l'esatta incidenza della prosecuzione dei contratti di anticipazione sul passivo concordatario (cfr. Trib. Vercelli 20 settembre 2013, secondo cui lo scioglimento è riservato a casi particolari in cui sia già stata effettuata una disclosure pressoché totale in ordine al tipo di concordato che verrà presentato. Addirittura, per Trib. Pistoia, 30 novembre 2012 e Trib. Vicenza 25 giugno 2013, solo la sospensione sarebbe compatibile con il concordato prenotativo; nello stesso senso, sul rilievo che essa vulnera l'interesse contrario del terzo contraente in minor misura che non il definitivo scioglimento, Cavallini, Concordato preventivo in continuità e autorizzazione allo scioglimento dei contratti pendenti: un binomio spesso inscindibile, in ilFallimentarista.it.)
Invero, in questo quadro generale, il tema della necessità di aprire, prima di assumere qualsiasi decisione sollecitata ex art. 169-bis l. fall., un subprocedimento per l'instaurazione del contraddittorio, non è nuovo, e ha trovato il suo primo “manifesto” nelle immediate e poi costanti pronunce del Tribunale di Milano, seguito anche da Trib. Novara 27 marzo 2013 e 3 aprile 2013, cit., nelle quali si è sostenuto che il provvedimento in predicato dovrebbe essere assunto contemperando tre interessi contrapposti, quello del contraente in bonis alla regolare esecuzione del contratto, quello dei creditori concorsuali a non subire i costi di prosecuzione di un contratto eventualmente gravoso rispetto ai benefici, quello infine dell'impresa in concordato a realizzare il relativo piano senza il vincolo dei contratti pendenti: a questa stregua, si dovrebbe consentire a ciascuna delle parti titolare degli interessi in gioco di interloquire prima che il tribunale fallimentare provveda sull'istanza, anche per raccogliere i dati necessari per la comparazione fra gli oneri conseguenti alla prosecuzione dei contratti bancari de quibus e la misura prevedibile dell'indennizzo da corrispondere in caso di scioglimento degli stessi.
Questa impostazione, tuttavia, forse perché concepita con precipuo riferimento all'ipotesi dello scioglimento definitivo dei contratti, non ha trovato seguito fra tutti i giudici fallimentari – v. le altre decisioni sopra menzionate – perlomeno non quando si siano limitati a pronunciare la mera sospensione dei contratti bancari (v. in specie sia Trib. Monza 21 gennaio 2013, sia Trib. Piacenza 5 aprile 2013, che si sono pronunciati per l'instaurazione del contraddittorio ai fini dello scioglimento, ma hanno entrambi accordato l'immediata sospensione dei contratti inaudita altera parte); adde, Trib. Torino 19 luglio 2013, che ha escluso la necessità di convocare i contraenti in bonis, “in quanto la sospensione è facoltà consentita al debitore per un tempo limitato con conseguente limitato sacrificio del creditori”; e Trib. Ravenna 28 gennaio 2014, in ilcaso.it, per cui, finanche nel caso di scioglimento, il contraddittorio con il terzo contraente sarebbe assicurato dall'udienza di adunanza dei creditori di cui all'art. 174 l. fall.
Tutto ciò sino alle soglie del provvedimento che si commenta, che promette di rafforzare l'orientamento garantista, anche perché alla Corte veneziana si è da tempo affiancata quella milanese (v. App. Milano 8 agosto 2013, consolidatasi nei decr. 16 dicembre 2013 e 24 gennaio 2014), la quale ha preso a revocare sistematicamente i provvedimenti di sospensione di contratti bancari resi dai tribunali fallimentari del distretto, argomentando che il dettato dell'art. 169-bis l. fall. dovrebbe essere “completato” in conformità ai principi costituzionali del giusto processo e alle regole generali del c.p.c. (in cui, pure ad attribuire alla sospensione natura cautelare, anche nel sistema negli artt. 669-bis ss. c.p.c., la decisione inaudita altera parte è subordinata al presupposto del grave pregiudizio e postula comunque un successivo contraddittorio ai fini della sua conferma), cui si sarebbe conformata anche la nuova legge fallimentare (avuto riguardo alla tutela del contraddittorio assicurata negli artt. 15 e 162 l. fall.): a questa stregua, poiché anche in caso di semplice sospensione dei contratti pendenti la controparte contrattuale vede compressi i propri diritti e soprattutto ha diritto di vedersi attribuire un indennizzo in moneta concorsuale ex art. 169-bis, comma 2, l. fall., la decisione deve essere assunta contemperando gli interessi in gioco con cognizione di causa dopo avere sentito tutte le parti interessate, né si può ammettere che il contraddittorio sia riservato alla sola fase del reclamo ex art. 26 l. fall.

Le motivazioni

Il provvedimento che si commenta ha il pregio di rielaborare e di esporre tutte le ragioni a sostegno della soluzione della necessità di garantire il contraddittorio prima dell'assunzione della decisione ex art. 169-bis l. fall.. Secondo la Corte lagunare, militano a favore di tale soluzione i seguenti argomenti:
a) sul piano sostanziale degli interessi in gioco, il provvedimento finale è “idoneo a incidere sul diritto soggettivo potenzialmente contrapposto del contraente, con effetti tendenzialmente irreversibili o comunque – nel caso della sospensione – certamente rilevantissimi nell'ambito dell'economia dei singoli affari”; deve essere assunto bilanciando “l'interesse della procedura al suo esito più favorevole” e “l'eventuale contrapposto interesse del contraente in bonis alla prosecuzione del rapporto”, sicché, per potersi rivelare “tendenzialmente giusta”, la decisione presuppone “l'apporto conoscitivo e argomentativo di tutte le parti coinvolte”; parimenti, la previsione di un indennizzo a favore del contraente in bonis postula la sua presenza nella fase di determinazione dello stesso;
b) sul piano del sistema processuale, il principio del contraddittorio di cui all'art. 101 c.p.c., secondo l'insegnamento della Suprema Corte e in conformità ai principi costituzionali del giusto processo, deve essere “applicato anche nei procedimenti di giurisdizione volontaria, tutte le volte che sia identificabile un controinteressato”, secondo i canoni del “giusto processo camerale”; in particolare, l'istituto di cui all'art. 169-bis l. fall. si avvicina alle ipotesi di autorizzazione al compimento di atti negoziali “che intervengono in una situazione di conflitto di interessi” e/o nelle quali “l'esercizio del potere giudiziale di gestione incide su di un diritto altrui”, implicando l'esigenza di “conformare il procedimento in termini di procedimento in confronto di più parti” ex art. 739, comma 2, c.p.c. ; tale ultimo disposto sarebbe altresì evocato dalla decorrenza del termine per proporre reclamo ex art. 26, comma 3, l. fall., dalla notificazione del provvedimento al soggetto “nei cui confronti è stato chiesto il provvedimento”, fra cui è annoverabile il contraente in bonis; l'inattuazione del principio del contraddittorio non può fondarsi sulle ragioni di celerità che connotano le procedure per le crisi di impresa, poiché detto principio è egualmente rispettato nei procedimenti cautelari e ivi declinato (contemperandolo con le esigenze di urgenza) in specifiche forme processuali “certamente mutuabili, se del caso, anche alla fattispecie qui di interesse”; né può bastare che il contraddittorio si attui solo in sede di gravame, tale soluzione apparendo contraria all'art. 111 Cost. non solo dal punto di vista dell'interesse del contraente in bonis, ma anche dal punto di vita degli interessi dei creditori concordatari.
La dichiarazione di nullità del provvedimento del giudice di primae curae – ha altresì precisato la Corte – ne comporta la revoca tout court, sul presupposto che anche nei procedimenti di giurisdizione volontaria le ipotesi di rimessione al primo giudice sono solo quelle tassative di cui agli artt. 353 e 354 c.p.c. – nessuna delle quali qui ricorrerebbe, non potendo assimilarsi la mancata notificazione al controinteressato ai fini della partecipazione al procedimento in contraddittorio, alla nullità della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio (ipotesi questa sì contemplata nell'art. 354 c.p.c.).

Le osservazioni

Il provvedimento che si commenta – a mio avviso - non può essere condiviso per molteplici ragioni, che vengo ad esporre attenendomi allo stesso ordine di classificazione delle argomentazioni della Corte.
Sul piano sostanziale degli interessi in gioco, le succitate motivazioni rese dai giudici di tribunale, che applicano il diritto fallimentare quotidianamente, rendono innanzitutto palese che nella fase del concordato prenotativo la predicata operazione di loro comparazione e bilanciamento è di regola prematura: se non è ancora possibile stimare con precisione gli oneri conseguenti alla prosecuzione dei contratti e quelli che conseguirebbero allo scioglimento dei medesimi (cfr. spec. Trib. Piacenza 5 aprile 2013), a cosa serve introdurre un procedimento aperto ai contranti in bonis ?
In secondo luogo, l'interesse della banca è vulnerato solo per il periodo circoscritto di 60 gg. dalla semplice sospensione dei contratti di anticipazione, con la quale si determina una situazione “a bocce ferme”: il patto di compensazione non opera; ma, se non dovesse sopravvenire il definitivo scioglimento, sarebbe destinato a riprendere efficacia. Certamente, la banca rimane pregiudicata sotto il profilo che, se le è stato impartito (e abbia eseguito) l'ordine di rimettere al debitore concordatario le somme incassate nei 60 gg. di sospensione, queste saranno ormai acquisite all'attivo concordatario. Tuttavia, sembra difficilmente configurabile un danno ulteriore alla differenza fra il 100% che avrebbe introitato con la compensazione e la percentuale concordataria offerta, per la quale il credito residuo comunque si trova a concorrere, sicché in questo caso neppure dovrebbe porsi un problema di quantificazione dell'indennizzo.
Quanto all'interesse dell'impresa in concordato, nel tempo necessario a raccogliere il parere delle banche controinteressate − scontatamente contrario − corre velocemente il termine concesso per predisporre il piano definitivo, sicché, se la misura cautelare della sospensione richiesta è – come normalmente è – funzionale allo stesso, specie sotto il profilo di acquisire liquidità – vengono messe a repentaglio le stesse chances di buon esito della domanda.
Ma soprattutto, come ha ben rilevato Trib. Udine 25 settembre 2013, è sul piano dell'interesse dei creditori concordatari che la convocazione delle parti si rivela di norma incompatibile con l'urgenza della decisione da assumere, atteso che in mancanza della pronuncia di sospensione il pactum de compensando generalmente inserito nei contratti bancari produce irrevocabilmente i propri effetti man mano che pervengono le rimesse dei terzi debitori, pregiudicando la par condicio creditorum. Vale a dire che il grave pregiudizio presupposto dall'art. 669-sexies, comma 2, c.p.c. per l'assunzione di provvedimenti cautelari inaudita altera parte è qui in re ipsa. Alla banche non interessa esporre la loro (ovvia) posizione, interessa solo guadagnare tempo, e quasi tutti i giudici fallimentari lo hanno ben compreso.
Insomma, alla tesi del necessario contemperamento di interessi - su cui si fonda la pretesa necessità del previo contraddittorio - vi è motivo di preferire la tesi secondo cui la decisione sull'autorizzazione richiesta ex art. 169-bis l. fall. va assunta avendo puramente riguardo all'interesse dei creditori concordatari alla prosecuzione o all'interruzione dei contratti pendenti. Proviamo pure a considerare l'interesse dell'impresa in concordato come “neutrale”. L'interesse delle banche a ricevere le rimesse dei terzi debitori a scomputo dei loro crediti pregressi contrasta con la par condicio creditorum ed è dunque strutturalmente in contrasto con l'interesse del ceto creditorio nel suo complesso (salvo si intende che per quest'ultimo sia preferibile la prosecuzione dei contratti): il primo dovrà pertanto soccombere al secondo, ma la sua compressione sarà pagata con la “moneta” dell'indennizzo, che, in caso di disaccordo fra le parti, verrà determinato dal giudice nell'ambito di un giudizio di accertamento a contraddittorio pieno (secondo Trib. Pistoia 9 luglio 2013, in ilcaso.it, avanti al giudice ordinario, potendo il giudice delegato pronunciarsi solo in via provvisoria nei limiti e per gli effetti di cui all'art. 176, comma 1, l. fall.).
La tesi qui avversata si regge del resto su un arbitrario “rovesciamento” della logica deduttiva in materia giuridica. Si assume aprioristicamente – perché, si badi bene, non lo si ricava da nessun altro dato normativo – che l'art. 169-bis l. fall. impone un contemperamento degli interessi in gioco, e su ciò si costruisce una sostanziale interpretazione “additiva” di tale disposizione, secondo cui il tribunale fallimentare dovrebbe instaurare previamente il contraddittorio con le controparti contrattuali anche solo per sospendere cautelarmente i contratti in corso di esecuzione. Sennonché, gli ordinari canoni ermeneutici inducono a procedere esattamente in senso contrario: la circostanza che nella disposizione in parola non sia previsto un procedimento in contraddittorio fa desumere che secondo il legislatore il tribunale fallimentare, nell'assumere la decisione ex art. 169-bis l. fall. rimane nel suo abituale ambito operativo, di organo (v. Ricci, Note sugli organi del fallimento dopo le riforme, in Giur. comm., 2008, I, 181 s.) che sovraordina o provvede agli atti più importanti della procedura concorsuale avendo come “guida” e parametro assolutamente primario l'interesse del ceto creditorio nel suo complesso.
Ed ecco il filo di giunzione con la tematica dell'applicazione dei principi cardine del nostro processo civile. Il r.d. 16 marzo 1942, n. 267 rappresenta (non per caso) un corpo normativo autonomo rispetto al codice di procedura civile, per cui di regola non dovrebbero essere ammesse estensioni analogiche al primo di norme contemplate nel secondo (compresi gli artt. 739 ss. c.p.c.). Invero, il tema è annoso (si pensi solo al dibattito sulla compatibilità fra il previgente art. 146, comma 3, l. fall. e gli artt. 669-bis c.p.c.), ma la Suprema Corte ha sempre mostrato prudenza nel percorrere questa strada e qui comunque le argomentazioni della Corte lagunare paiono insufficienti a giustificarla.
In effetti, nella legge fallimentare, chiamata ancora oggi a presidiare interessi di rilievo pubblicistico e a perseguire obiettivi di efficienza e celerità, è del tutto normale che il giudice delegato e il tribunale fallimentare assumano decisioni (precipuamente a tutela del ceto creditorio, con prevalenza sull'interesse dei singoli) senza il previo contraddittorio con potenziali controinteressati, essendo riservato tale contraddittorio all'eventuale fase del gravame a seguito di reclamo ex art. 26 l. fall.: è il sistema delle norme sugli organi delle procedure ivi disciplinate che lo dice, ma anche le altre disposizioni del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, risultano coerenti con questa impostazione (forse che per decidere sull'esercizio provvisorio dell'impresa o sull'esdebitazione del fallito, il tribunale fallimentare è obbligato a convocare e sentire preventivamente i potenziali controinteressati ?). E anche le eccezioni segnalate dalla Corte milanese (i.e., gli artt. 15 e 162 l. fall.), sono specificamente giustificate dalle potenziali conseguenze giuridiche che verrebbero a ricadere sull'imprenditore in crisi, non certo su singoli terzi contraenti.
Se i giudici del reclamo avevano motivo di dissentire dall'impostazione data dal legislatore della legge fallimentare circa l'effettiva tutela del contraddittorio, in luogo di rimodellare il disposto dell'art. 169-bis c.p.c., avrebbero dovuto sollevare questione di illegittimità costituzionale della norma de qua e lasciare alla Corte Costituzionale decidere se pervenire a un'interpretazione “additiva” della stessa, dalla quale far discendere l'introduzione di un procedimento in contraddittorio con i potenziali controinteressati. Diversamente, in ossequio alle finalità del regime di cui all'art. 26 l. fall., avrebbero dovuto puramente confermare, revocare o modificare il provvedimento impugnato sulla base di una valutazione del merito della vicenda. E anche a tali fini va sottolineato che, pur sentite le ragioni del terzo contraente, la Corte d'Appello – che secondo i più in sede di reclamo opera anch'essa quale organo della procedura – dovrebbe egualmente attribuire prevalenza per le ragioni sopra esposte agli interessi dei creditori concordatari; non pregiudicarli con la caducazione del provvedimento di sospensione, atteso che ogni giorno in cui riprende efficacia il patto di compensazione a favore della banca è un giorno che registra la lesione della par condicio creditorum.

Le conclusioni

A prescindere dalle suesposte valutazioni critiche, occorre porre all'indice che la posizione della Corte d'Appello di Venezia, cui si affianca come detto quella della Corte d'Appello di Milano, potrebbe avere un effetto dirompente sulla prassi dei tribunali fallimentari, inducendo la più parte di essi (se non altro quelli dei due distretti pertinenti) a instaurare preventivamente il contraddittorio prima di assumere anche solo il provvedimento di sospensione dei contratti ex art. 169-bis l. fall.
Considerato che i tempi di espletamento di un procedimento in cui venga garantito il contraddittorio non sono brevissimi, potendo ben coprire le principali scadenze delle fatture e degli effetti anticipati a ridosso del concordato, e considerato che anche nel caso opposto di emissione di decreti di sospensione inaudita altera parte un numero sempre maggiore di banche si risolverà a proporre reclamo ex art. 26 l. fall., è correlativamente da prevedersi un tendenziale decremento delle percentuali concordatarie che potranno essere offerte al ceto creditorio oltre che maggiori difficoltà per l'impresa in concordato a procurarsi risorse liquide; in ogni modo, i contenuti definitivi del piano, e con essi le stesse chances del concordato, sono destinati a essere sempre più condizionati dall'atteggiamento (più o meno “bellicoso”) delle banche implicate.
Queste probabili conseguenze pratiche, unitamente alla condivisione delle ragioni teoriche a fondamento dell'opposta interpretazione sopra evidenziate, inducono tuttavia a ritenere nel contempo plausibile che qualche tribunale non solo persisterà nell'attenervisi ma anche, laddove un suo decreto di sospensione fosse revocato dai giudici del reclamo, autorizzerà la presentazione di un ricorso straordinario ex art. 111 Cost., sì da ottenere un pronunciamento sulla questione (si confida celere) da parte della Suprema Corte.
E' bene infine evidenziare che una opzione per così dire intermedia e meno “frontale” per i giudici delle sezioni fallimentari potrebbe essere quella di ammettere l'estensione analogica degli artt. 669-bis ss. c.p.c. – attesa l'incontestabile natura cautelare del provvedimento di sospensione – con l'accorgimento di motivarne l'assunzione inaudita altera parte sul presupposto del grave pregiudizio in re ipsa del debitore concordatario (v. supra), disponendo quindi la convocazione successiva del controinteressato ex art. 669-sexies, comma 2, c.p.c.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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