Limite temporale per il fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile

04 Marzo 2014

La decorrenza del limite temporale per il fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile, ex art. 147 l. fall., coincide con il momento in cui il socio ha osservato le formalità per rendere noto ai terzi il suo recesso, e quindi con la relativa pubblicazione nel registro delle imprese.
Massima

La decorrenza del limite temporale per il fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile, ex art. 147 l. fall., coincide con il momento in cui il socio ha osservato le formalità per rendere noto ai terzi il suo recesso, e quindi con la relativa pubblicazione nel registro delle imprese.

Il caso

Avanti al Tribunale di Trani veniva chiesto il fallimento di una società in nome collettivo e delle socie illimitatamente responsabili. Pochi giorni prima dell'udienza di convocazione delle parti, la società debitrice depositava domanda di concordato preventivo, ma il Tribunale non rinviava la trattazione del procedimento fallimentare e, ritenendo inammissibile il concordato, dichiarava il fallimento della società e delle socie illimitatamente responsabili. La decisione veniva impugnata da tutte le parti dichiarate fallite, tra le quali una socia che eccepiva la sua non fallibilità per essere receduta dalla società più di un anno prima della dichiarazione di fallimento. La Corte d'appello di Bari rigettava tutti i reclami, ed in particolare quello della socia illimitatamente responsabile, perché la richiesta di annotazione nel registro delle imprese dell'avvenuto recesso era stata rifiutata dal momento che lo stesso non risultava da atto pubblico.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Al vaglio della Corte vengono sottoposti più motivi d'impugnazione. La pronuncia in esame affronta, anzitutto, il problema derivante dal fatto che il Tribunale, pur in presenza di un ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, abbia dichiarato il fallimento. Al riguardo la Corte dapprima chiarisce che il decreto di inammissibilità della proposta concordataria non è autonomamente reclamabile; subito dopo che il ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo era stato depositato solo due giorni prima dell'udienza stabilita per la trattazione del ricorso fallimentare, sprovvisto di qualunque progetto e di documentazione contabile, con riserva di successivo deposito; si trattava quindi di un'istanza “prenotativa” depositata prima che le relative norme entrassero in vigore. In tale situazione, la domanda era dunque palesemente inammissibile e, ad avviso dei giudici d'appello, il Tribunale aveva correttamente ritenuto superfluo fissare apposita ulteriore udienza per la discussione sulla domanda di concordato. La Corte, pertanto, richiamata la giurisprudenza secondo la quale non sussiste un diritto del debitore al differimento del fallimento in caso di presentazione di proposta concordataria, né ipotesi di sospensione necessaria, ritiene infondati i motivi di reclamo sul punto.
Quanto alle altre doglianze sollevate dai reclamanti relativamente alle notifiche, la Corte rileva che gli atti sono stati tutti ritirati nel rispetto del termine di comparizione di 15 giorni, che all'udienza comparvero i difensori di tutte le parti convocate, che le attestazioni dell'Ufficiale Giudiziario notificante fanno fede fino a querela di falso e che quindi le doglianze relative alle notificazioni dei decreti di comparizione debbono ritenersi strumentali ed infondate.
Quanto ai motivi di merito dell'impugnazione, la società reclamante ha contestato la sussistenza dell'insolvenza ed il superamento del limite di euro 30.000 fissato dall'art. 15 l. fall., ma le risultanze dimostrano che i debiti scaduti superano il limite anzidetto, così il motivo viene ritenuto infondato.
Quanto alla censura avente ad oggetto il mancato superamento dei limiti dimensionali soggettivi ed oggettivi fissati nell'art. 1 l. fall., in mancanza di alcuna prova in tal senso da parte della società reclamante, sulla quale incombeva l'onere, la Corte ritiene che sia anch'essa infondata. Infine, i giudici di secondo grado affrontano la contestazione sollevata dalla socia illimitatamente responsabile che lamenta l'avvenuta dichiarazione del suo fallimento personale, nonostante fosse uscita dalla società ben oltre il termine annuo di scioglimento del rapporto societario rispetto alla data del fallimento. Al riguardo la Corte rileva che il recesso avvenne con atto redatto effettivamente oltre l'anno, notificato agli altri soci e trasmesso telematicamente al registro delle imprese con richiesta di annotazione, sennonché tale annotazione venne rifiutata dal Conservatore perché il recesso non era stato redatto con atto pubblico. L'annotazione venne poi effettuata solo due anni dopo, a seguito di ulteriore richiesta e di presentazione di atto pubblico attestante l'avvenuto recesso.
Alla luce di tali circostanze, la Corte, in ciò supportata da costante giurisprudenza, afferma che la formalità della evidenziazione pubblica mediante registro delle imprese non ammette equipollenti ai fini della decorrenza dell'anno di fallibilità di cui all'art. 147 l. fall.; di conseguenza il dies a quo da cui far decorrere l'anno in questione deve necessariamente coincidere con quello in cui la parte ha osservato le formalità per rendere noto a terzi il suo recesso. Pertanto, la sola richiesta di annotazione (peraltro rifiutata dal Conservatore) non è sufficiente ad integrare le formalità necessarie.

Conclusioni 

La pronuncia in esame, dopo aver affrontato alcune preliminari questioni, prende in considerazione il tema relativo alla decorrenza del limite temporale per il fallimento in estensione del socio illimitatamente responsabile ed afferma, in linea con la giurisprudenza sul punto, che il termine dal quale far decorrere l'anno di fallibilità di cui all'art. 147 l. fall. coincide con l'avvenuta pubblicazione del recesso nel registro delle imprese e non con la richiesta di annotazione.
Nel caso di specie, oltretutto, la prima richiesta di annotazione era stata respinta dal Conservatore, in quanto il recesso non risultava da atto pubblico.
Al riguardo è opportuno ricordare che, con l'introduzione del nuovo testo del secondo comma dell'art. 147 l. fall., il legislatore ha recepito la decisione con la quale la Consulta aveva dichiarato l'incostituzionalità del primo comma dell'art. 147 l. fall. nella parte in cui non prevedeva l'applicazione del limite annuale di cui all'art. 10 l. fall. dalla perdita della qualità di socio illimitatamente responsabile.
Ora il nuovo testo del secondo comma dell'art. 147 l. fall. dispone, espressamente, che il fallimento dei soci illimitatamente responsabili non può essere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilità illimitata, anche in caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalità per rendere noti ai terzi i fatti indicati.
Tale limite è operante appunto a condizione che l'evento sia opponibile ai terzi e quindi portato a loro conoscenza con mezzi idonei, vale a dire con l'iscrizione nel registro delle imprese.
Su quest'ultimo punto il legislatore ha chiarito quanto non espresso a suo tempo dalla Corte Costituzionale, che nella predetta sentenza non aveva specificato se, per l'ex socio illimitatamente responsabile, l'inizio della decorrenza dell'anno coincideva con lo scioglimento o piuttosto con il momento in cui questo era reso opponibile ai terzi.
Il legislatore ha scelto, quindi, la soluzione più garantista, che fa decorrere il termine dal momento in cui l'evento dello scioglimento del rapporto sociale o della cessazione della responsabilità illimitata è reso conoscibile e, pertanto, opponibile ai terzi.
Di recente la giurisprudenza ha poi adottato un maggior rigore interpretativo in tema di pubblicità, tant'è che vi sono pronunce secondo le quali il termine ultrannuale, idoneo ad escludere il fallimento, va individuato nella data di iscrizione nel registro delle imprese, anche qualora avvenga a distanza di tempo dalla trasmissione della relativa richiesta per via telematica (che pur vale come deposito a tutti gli effetti di legge e come tale risulta poi dalle visure camerali), addebitando quindi all'ex socio il ritardo dell'ufficio nel procedere alla dovuta iscrizione dell'evento.
In questo contesto si inserisce la decisione in esame che, correttamente, rileva l'insufficienza della sola richiesta di annotazione ai fini della decorrenza del termine in questione, pretendendo invece che esso inizi a decorrere, a salvaguardia del principio di certezza delle situazioni giuridiche ed a tutela dei terzi, dal momento in cui questi ne possono avere conoscenza.
Diversa soluzione, invece, per le società irregolari, le società di fatto ed anche le società occulte, poiché in tali casi la giurisprudenza rigorosamente ritiene che la dichiarazione di fallimento possa avvenire in ogni tempo.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

In giurisprudenza, in tema di rapporti tra concordato e fallimento, nel senso che non sussiste un diritto del debitore al differimento del fallimento in caso di presentazione di proposta concordataria, né ipotesi di sospensione necessaria, si vedano le sentenze richiamate nella pronuncia in oggetto: Cass. 4 settembre 2009, n. 19214, in Fall., 2010, 4, 427, con nota di De Santis; e Cass. 8 febbraio 2011, n. 3059, in Fall., 2011, 10, 1201, sempre con nota di De Santis; nello stesso senso v. la recente Cass. SS. UU. 23 gennaio 2013, n. 1521 e nella giurisprudenza di merito App. Torino 9 luglio 2013, in Fall., 2013, 10, 1316.
In tema di fallimento in estensione del socio v. la sopra richiamata C. cost. 21 luglio 2000, n. 319, preceduta da C. cost. 12 marzo 1999, n. 66.
Nel senso che il recesso non adeguatamente pubblicizzato non è idoneo ad escludere l'estensione del fallimento al socio ai sensi dell'art. 147 l. fall. si vedano: Cass. 31 maggio 2013, n. 13838; Cass. 7 dicembre 2012, n. 22246; Cass. 10 marzo 2011, n. 5764; nonché Cass. 1 marzo 2010, n. 4865, secondo cui non costituisce mezzo idoneo a portare il recesso a conoscenza dei terzi il mero mutamento della ragione sociale della società di persone, con la eliminazione da essa del nome del socio receduto, potendo tale mutamento giustificarsi con altre ragioni.
Nella giurisprudenza di merito v. Trib. Venezia 28 maggio 2008, in Fall., 2009, 488, ove si afferma che il termine ultrannuale va individuato nella data di iscrizione nel registro delle imprese, anche qualora avvenga a distanza di tempo dalla trasmissione della relativa richiesta per via telematica.
Per un caso di dichiarazione di fallimento in estensione di un socio come socio di fatto di una s.d.f., si veda Cass. 1 luglio 2008, n. 17953.
La norma che disciplina la tematica affrontata è l'art. 147 l. fall.

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