Conferimento di incarico professionale e atti di ordinaria amministrazioneFonte: Trib. Roma , 1 aprile 2014
03 Luglio 2014
Massima
Il conferimento di un incarico professionale, nella fase successiva al deposito del ricorso ai sensi dell'art. 161 l. fall., anche eventualmente in forma c.d. riservata, costituisce l'oggetto di un atto di ordinaria amministrazione, a condizione che l'attività professionale sia resa nel solo interesse dell'imprenditore in crisi, si esaurisca entro la data di pronuncia del decreto di omologazione della proposta di concordato e sia effettivamente finalizzata ad uno scopo di risanamento, senza che possa valere quale criterio discretivo tra ordinaria e straordinaria amministrazione l'ammontare dei corrispettivi pattuiti con il professionista.
L'omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni determina un vincolo di destinazione su tutti i beni dell'imprenditore, con la conseguenza che il ricavato della liquidazione non può essere utilizzato per soddisfare soggetti le cui pretese creditorie siano sorte in un momento successivo alla pronuncia del provvedimento di cui all'art. 180 l. fall., salvi i diritti dei creditori per spese di giustizia e dei creditori rispetto ai quali sia stata indicata nel piano, sottoposta al voto del ceto creditorio, una previsione di spesa in loro favore.
La valutazione commissariale di un attivo concordatario inferiore rispetto a quanto indicato nel piano non ne pregiudica automaticamente la fattibilità giuridica, salvo che l'accertata diversa consistenza patrimoniale non ne causi un'effettiva impossibilità di realizzazione.
La mancata indicazione di voci passive nella domanda di concordato preventivo non integra alcuna delle fattispecie previste dall'art. 173 l. fall., con la conseguenza di precludere la possibilità di revocare il provvedimento ammissivo di cui all'art. 163 l. fall. Il caso
Una società deposita ricorso ai sensi dell'art. 161 l. fall. e viene ammessa alla procedura di concordato preventivo, presentando il piano e la proposta. Prima che si celebri l'adunanza di cui all'art. 174 l. fall., l'organo commissariale, all'esito delle indagini condotte in vista della predisposizione della propria relazione da sottoporre ai creditori, segnala al Tribunale, affinché valuti la possibilità e l'opportunità di revocare il provvedimento ammissivo, una serie di profili che attengono l'affidamento di incarichi di consulenza, con particolare riferimento ad attività svolte o da svolgere anche nell'interesse di altre società del gruppo; la precisazione delle spese prededucibili; la fattibilità del piano concordatario in rapporto all'attivo messo a servizio dei creditori; la mancata indicazione di debiti; e la notifica, in data posteriore alla pronuncia di cui all'art. 163 l. fall., di cartelle esattoriali e pretese impositive per importi ingenti da allocare al grado privilegiato. Il Tribunale esamina questi profili e conclude nel senso che nessuno di essi sia idoneo, allo stato degli atti e delle verifiche, a precludere la votazione dei creditori, cui spetta la valutazione di convenienza del piano e della proposta. Le questioni giuridiche e la soluzione
Il provvedimento affronta e risolve una serie di articolate, e tutte rilevanti, questioni, evidenziando le condizioni alle quali possa ritenersi ordinaria l'attività di conferimento di un incarico professionale, procedersi al pagamento di crediti prededucibili in data successiva alla pronuncia del provvedimento omologativo, giudicarsi infattibile il piano concordatario in caso di rappresentazione di un attivo difforme rispetto a quello accertato dall'organo commissariale e, da ultimo, revocarsi l'ammissione alla procedura di concordato preventivo nell'ipotesi in cui l'organo commissariale constati la presenza di maggiori poste passive, pregresse o sopravvenute, con la scelta finale d'invitare la società interessata a chiarire, in sede di eventuale modifica del proprio piano e della propria proposta, le criticità sollevate dai commissari giudiziali e rendere così possibile, all'esito di ulteriori indagini, l'espressione di un consenso pienamente informato da parte dei creditori. Osservazioni
Il Tribunale di Roma afferma, in primo luogo, il principio secondo cui il conferimento di un incarico professionale, nella fase successiva al deposito del ricorso ai sensi dell'art. 161 l. fall., anche eventualmente in forma c.d. riservata, costituisce l'oggetto di un atto di ordinaria amministrazione, a condizione che l'attività professionale sia resa nel solo interesse dell'imprenditore in crisi, si esaurisca entro la data di pronuncia del decreto di omologazione della proposta di concordato e sia effettivamente finalizzata ad uno scopo di risanamento, senza che possa valere quale criterio discretivo tra ordinaria e straordinaria amministrazione l'ammontare dei corrispettivi pattuiti con il professionista. Il che offre lo spunto, da un punto di vista generale, per verificare le differenti declinazioni dell'ordinarietà e straordinarietà amministrativa nel corso della procedura di concordato preventivo, distinguendo e comparando la fase c.d. “riservata” dalla fase c.d. “definitiva”. Come noto, e sino alla promulgazione del Decreto Sviluppo, si è a lungo discusso se il c.d. spossessamento attenuato, proprio del concordato preventivo, decorresse dalla data di deposito del decreto ammissivo di cui all'art. 163 l. fall. oppure dalla data (anteriore) di deposito della domanda. Secondo un primo indirizzo, i limiti e le preclusioni gestionali di cui all'art. 167 l. fall. operavano solo con decorrenza dalla data di deposito del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo sul duplice presupposto che l'art. 168 l. fall. avrebbe avuto natura eccezionale e che, sino alla pronuncia del decreto di cui all'art. 163 l. fall., sarebbero mancati gli organi concorsuali deputati al rilascio delle necessarie autorizzazioni al compimento di atti dispositivi. La prevalente dottrina e giurisprudenza facevano, invece, decorrere gli effetti d'una procedura di concordato preventivo per l'imprenditore sin dal momento della presentazione della domanda di ammissione, ritenendo doversi procedere ad una interpretazione sistematica degli artt. 167 e 168 l. fall. E ciò perché sarebbe stato irragionevole e pregiudizievole ritenere che gli effetti d'una procedura di concordato preventivo si producano per l'imprenditore in un momento successivo (i.e., data dell'ammissione) rispetto a quello in cui si producono per i creditori (i.e., data della domanda), con la conseguenza che ai creditori sarebbe impedita ogni azione esecutiva dopo che un imprenditore abbia chiesto d'essere ammesso al concordato preventivo, mentre questi sarebbe libero di disporre del proprio patrimonio con evidente, e notevole, danno per gli stessi creditori. Su questa base, la Corte di cassazione aveva statuito il principio per cui gli effetti del concordato nei confronti del debitore e dei creditori, secondo l'espressa previsione degli artt. 168 e 169 l. fall., retroagivano alla data di presentazione del ricorso, con la conseguenza che a questa data dovevano essere riferiti i limiti di cui all'art. 167 l. fall. Dubbia è sempre stata la sorte degli atti, ordinari e straordinari, compiuti nel periodo compreso tra il deposito della domanda di concordato e la pronuncia del decreto ammissivo, non essendo ancora stati nominati gli organi della procedura (Giudice delegato e commissario giudiziale) e, pertanto, non potendosi questa ritenere ancora iniziata nonostante l'immediata operatività degli effetti protettivi di cui all'art. 168 l. fall. Si poneva, in altri termini, una questione autorizzativa, sostenendosi che il relativo potere fosse di spettanza del Tribunale, oppure che gli atti fossero soggetti a ratifica del Giudice delegato una volta nominato, oppure ancora che il compimento di atti di straordinaria amministrazione fosse tout court inibito. Il quadro normativo è oggi mutato, o più propriamente è stato completato, giacché il Decreto Sviluppo, lasciando immutato l'art. 167 l. fall., ha disciplinato espressamente i poteri gestori del debitore durante il periodo che precede la pronuncia del decreto di ammissione tanto in caso di domanda di concordato definitiva, quanto in caso di domanda di pre-concordato. In particolare, l'art. 161, comma 7, l. fall. stabilisce che, dopo il deposito della domanda e sino al decreto ammissivo, il debitore può compiere gli atti di straordinaria amministrazione soltanto se urgenti ed autorizzati dal Tribunale, libero invece essendo di compiere tutti gli atti d'ordinaria amministrazione. Questo essendo il contesto di riferimento, occorre domandarsi se gli atti straordinari di cui all'art. 161, comma 7, l. fall. siano o meno differenti rispetto agli atti straordinari di cui all'art. 167 l. fall. In questa verifica, è sicuramente opportuno prendere le mosse dall'interpretazione formatasi rispetto a quest'ultima norma, secondo la quale la straordinarietà di un atto, diverso da quelli elencati a titolo esemplificativo e non esaustivo dal suo secondo comma, dipende dall'incidenza negativa sul patrimonio del debitore con sua modifica in termini sostanziali, oppure dall'anormalità rispetto alla gestione dell'impresa, oppure ancora dalla sua mancata previsione nel piano concordatario, senza che possa assumere valenza discriminante decisiva la sola consistenza economica. Così identificata la straordinarietà nella prospettiva di cui all'art. 167 l. fall., occorre avere riguardo agli atti previsti dall'art. 161, comma 7, l. fall. La formula legislativa è più ampia, dato che manca un'elencazione anche solo esemplificativa, ed è soggetta al limite specifico dell'urgenza, da intendersi in termini d'incompatibilità tra il differimento dell'esecuzione d'un atto alla fase successiva all'apertura formale della procedura e le esigenze di conservazione del patrimonio del debitore a beneficio dei sui creditori. Va evidenziato, oltre a questo primo elemento distintivo, che potrebbe non esservi piena coincidenza tra gli atti autorizzabili ai sensi dell'art. 167 l. fall. e quelli soggetti ad autorizzazione nella fase anteriore. Il Decreto Sviluppo prevede, infatti, la possibilità per il Tribunale di autorizzare pagamenti di debiti anteriori relativi a beni o servizi soltanto in ipotesi di concordato o di accordo di ristrutturazione in continuità aziendale, essendo dunque logico ritenere che questi atti (che sono certamente straordinari) non possano essere autorizzati, quanto meno nella fase anteriore alla pronuncia del decreto ammissivo, in caso di concordato o di accordi liquidatori. In definitiva, gli atti autorizzabili ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall. sono quelli qualificabili come straordinari secondo l'accezione di cui all'art. 167 l. fall., purché però urgenti e, qualora l'imprenditore presenti una domanda di concordato liquidatorio, diversi dal pagamento di debiti anteriori. Chiarito il rapporto che intercorre tra l'art. 167 l. fall. e l'art. 161, comma 7, l. fall., va constatato che quest'ultimo non individua, a parte l'urgenza, quali siano gli esatti presupposti che giustificano una richiesta d'autorizzazione al compimento d'un atto straordinario e, soprattutto, non specifica quale sia l'oggetto della verifica che il Tribunale è chiamato ad eseguire. Innanzi al silenzio legislativo, è ragionevole ritenere che l'imprenditore, specie in ipotesi di deposito d'una domanda di pre-concordato, non possa limitarsi ad evidenziare sole ragioni d'urgenza d'un determinato atto di straordinaria amministrazione, ma debba anche rappresentarne la necessità o, quanto meno, l'utilità del compimento in ragione del piano che intende presentare e di cui dovrà fornire i necessari dettagli, onde consentire, in sede autorizzativa giudiziale, un riscontro di funzionalità del primo rispetto al secondo; riscontro che, diversamente rispetto alla fattispecie di cui all'art. 167 l. fall., appare tutt'altro che semplice ed agevole. Il quadro che emerge, anche in considerazione dell'interpretazione giurisprudenziale affermatasi all'indomani del Decreto Sviluppo, è che la distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione presenta margini d'incertezza e d'opinabilità, soprattutto alla presenza di una situazione di crisi aziendale, che esige la massima tutela di tutti i creditori, dipendendo la qualificazione d'un determinato atto dalle caratteristiche (oggettive e soggettive) dell'imprenditore in crisi e dalla sua scelta di presentare una domanda di concordato preventivo definitiva piuttosto che una domanda di pre-concordato, e con essa un piano in continuità piuttosto che un piano liquidatorio. È tuttavia possibile ritenere, in linea di principio, che siano straordinari tutti quegli atti che, oltre ad essere urgenti nell'accezione cui s'è fatto cenno, non assolvano alla funzione di conservare il valore ed i caratteri oggettivi essenziali del patrimonio dell'imprenditore, abbiano un valore economico elevato in senso assoluto e, cumulativamente, in rapporto al valore totale dei beni aziendali, comportino un margine di rischio significativo, non siano coerenti con l'oggetto dell'attività aziendale caratteristica e, in ultima battuta, riducano o gravino gli assets imprenditoriali. Nella prospettiva generale appena descritta, s'inserisce la questione specifica del conferimento d'incarichi professionali, rispetto alla quale la giurisprudenza di legittimità e di merito, cui correttamente si allinea il Tribunale di Roma, ha ritenuto che, ai fini dell'opponibilità alla massa del relativo credito, l'incarico non è da annoverare automaticamente nella categoria degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, potendo al contrario rientrare, indipendentemente dall'ammontare del corrispettivo pattuito con il professionista, nella categoria degli atti di ordinaria amministrazione in presenza di due elementi: la pertinenza e l'idoneità dell'incarico, anche se di costo elevato, allo scopo di conservare e/o risanare l'impresa; la proporzionalità da intendersi come adeguatezza funzionale (o non eccedenza) della prestazione alle necessità di risanamento dell'azienda, da valutarsi con giudizio prognostico ex ante. Di qui, la possibilità di escludere l'allocazione tra le passività concorsuali dei crediti attinenti ad incarichi conferiti per esigenze personali, oppure per attività che non siano riferibili direttamente all'imprenditore in crisi, ma come nel caso di specie a soggetti a lui collegati ed estranei rispetto al perimetro concordatario, oppure ancora per iniziative dilatorie unicamente dirette a procrastinare una dichiarazione di fallimento in danno dei creditori, trattandosi nel complesso di atti non funzionali alle finalità perseguite nella procedura di concordato e dunque inopponibili alla massa dei creditori. Sul conferimento di incarichi professionali, anche in costanza di procedura di concordato preventivo: in giurisprudenza, Cass., 21 ottobre 2011, n. 21925 e Cass., 21 ottobre 2011, n. 21926, entrambe in ilfallimentarista.it, 2012; Cass., 25 giugno 2002, n. 9262, in Banca Dati DeJure; Cass., 8 novembre 2006, n. 23796, in Banca Dati DeJure; Cass., 4 settembre 2009, n. 19235, in Banca Dati DeJure; Trib. Milano, 30 maggio 2013, in Banca Dati DeJure; Trib. Terni, 28 dicembre 2012, in Banca Dati DeJure; Trib. Modena, 3 aprile 2009, in Fallimento, 2010, 225; Trib. Varese, 11 giugno 2007, in Banca Dati DeJure. Sul concordato per cessione di beni e sugli effetti del decreto di omologazione: in giurisprudenza, Cass., 3 agosto 2012, n. 13944, in Banca Dati DeJure; Cass., 30 giugno 2011, n. 18864, in Banca Dati DeJure; Cass., 1° giugno 1999, n. 5306, in Banca Dati DeJure. Sulla sorte dei debiti contratti in data successiva al decreto di omologazione: Trib. Milano, 23 settembre 2013, in ilfallimentarista.it., 2014; in dottrina, F. Rasile – G. Zanotti, Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo con cessione dei beni: poteri, legittimamente attiva e passiva, casi pratici, in ilfallimentarista.it, 2014; R. Amatore – L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013. Sul sindacato del Tribunale sulla fattibilità del piano di concordato: in giurisprudenza, Cass., 6 novembre 2013, n. 24970, in Banca Dati DeJure; Cass., 25 settembre 2013, n. 21901, in Banca Dati DeJure; Cass., 27 maggio 2013, n. 13083, in Banca Dati DeJure; Cass., 9 maggio 2013, n. 11014, in Banca Dati DeJure; Cass., Sez. Un., 23 gennaio 2013, n. 1521, in ilfallimentarista.it, 2013; App. Milano, 25 ottobre 2013, in ilfallimentarista.it, 2014; Trib. Busto Arsizio, 29 maggio 2013, in ilfallimentarista.it, 2014; Trib. Siracusa, 15 novembre 2013, in ilfallimentarista.it, 2014; in dottrina e tra i molti possibili riferimenti, R. Amatore, Mancata omologazione del concordato preventivo per non realizzabilità della “causa in concreto”, in ilfallimentarista.it, 2014; A. Farolfi, La verifica in ordine alla fattibilità giuridica ed alla causa concreta del concordato da parte del Tribunale, in ilfallimentarista.it, 2014; D. Galletti, Il sindacato del giudice nel concordato preventivo un anno dopo; prove tecniche di action finium regundiorum, in ilfallimentarista.it, 2014. Sulla revocabilità del decreto di ammissione: in giurisprudenza, anche in termini di rappresentazione della situazione patrimoniale: Cass., 23 giugno 2011, n. 13817, in Banca Dati Fallimento Giuffrè; Trib. Bergamo, 10 ottobre 2013, in ilfallimentarista.it, 2014; Trib. Marsala, 30 luglio 2013, in Banca Dati DeJure; Trib. Padova, 30 maggio 2013, in ilfallimentarista.it, 2014; Trib. Siracusa, 20 dicembre 2012, in Banca Dati Fallimento Giuffrè; Trib. Mantova, 12 luglio 2012, in Banca Dati DeJure. In dottrina, E. Genero, Contenuto e limiti degli “atti in frode” nel procedimento di revoca del concordato preventivo ex art. 173 l. fall., in ilfallimentarista.it, 2014; R. Amatore – L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013. |