Azione revocatoria, giurisdizione e lex causae: tra diritto internazionale e diritto dell’Unione europea

24 Giugno 2014

In tema di azione revocatoria, disciplinata ai sensi degli artt. 2901 e ss. c.c., la giurisdizione del giudice italiano sussiste in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio, non trovando applicazione alcuno dei criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1969, le cui disposizioni sono state integralmente riprese dal regolamento (CE) n. 44/2001.
Massima

In tema di azione revocatoria, disciplinata ai sensi degli artt. 2901 e ss. c.c., la giurisdizione del giudice italiano sussiste in base ai criteri stabiliti per la competenza per territorio, non trovando applicazione alcuno dei criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1969, le cui disposizioni sono state integralmente riprese dal regolamento (CE) n. 44/2001.

Il caso

Con la sentenza in oggetto il Tribunale di Milano affronta la questione della giurisdizione e della legge applicabile ad un'azione revocatoria nel caso siano presenti evidenti elementi di estraneità rispetto alla legge del giudice adito (sulla base della residenza del convenuto), ovvero qualora l'azione di declaratoria di inefficacia di un atto negoziale lesivo della garanzia patrimoniale dei creditori sia esercitata da questi ultimi con riferimento ad un atto di disposizione stipulato in un altro Stato e riguardante beni siti in tale altro Stato (nel caso, in Francia).
Nella presente fattispecie, parti attrici chiedevano al Giudice di Milano di dichiarare l'inefficacia ex art. 2901 c.c. dell'atto di trascrizione francese con cui la convenuta contumace aveva ceduto al proprio coniuge, convenuto costituito nel procedimento, a fronte del dichiarato pagamento da parte di quest'ultimo della somma di Euro 114.000,00, la quota pari al 95% degli immobili di sua proprietà siti nella cittadina francese di Antibes sulla Costa Azzurra (Dipartimento delle Alpi Marittime). Di conseguenza, gli attori chiedevano al giudice adito di ordinare al Conservatore dei Registri Immobiliari francese l'annotazione a margine della trascrizione del suddetto atto dell'intervenuta declaratoria di inefficacia del medesimo nei confronti degli attori, in ragione della sussistenza del credito vantato da questi ultimi nei confronti dei convenuti, anteriore al compimento dell'atto revocato. L'atto in questione aveva, infatti, avuto l'effetto di pregiudicare le ragioni creditorie degli attori, avendo reso molto più difficoltosa la soddisfazione del proprio credito e provocandone, sostanzialmente, l'insolvenza.
Il Tribunale di Milano, a seguito di un'attenta disamina, ha accolto il ricorso riconoscendo, da un lato, la piena giurisdizione del giudice italiano a conoscere la presente controversia e, dall'altro, che la legge applicabile a un'azione revocatoria avente ad oggetto un atto di cessione redatto in Francia secondo il diritto francese e relativo a beni immobili siti in Francia, è quella francese. Il Giudice milanese ha, pertanto, applicato la legge francese in tema di revocatoria ordinaria e, sussistendone i relativi requisiti, ha dichiarato fondata l'azione, ordinando la trascrizione della pronunciata sentenza sull'atto di cessione dell'immobile francese.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Pare utile commentare questa interessante sentenza del Tribunale di Milano in cui il Giudice adito ha dovuto dapprima risolvere problemi di diritto internazionale privato, per poi occuparsi del diritto francese dando applicazione alle pertinenti disposizioni di quello Stato in materia di actio pauliana. Prima di addentrarsi nell'esame del diritto francese è stato, infatti, necessario porsi problemi propri del diritto internazionale privato, passando incidentalmente per il diritto dell'Unione europea. Si trattava essenzialmente di due questioni fondamentali: la prima relativa alla sussistenza della giurisdizione del giudice italiano e, la seconda, concernente la determinazione della legge applicabile all'esercizio di un'azione revocatoria nei confronti di un atto di diposizione francese, ordinato da un soggetto italiano, che arrecava pregiudizio alla posizione creditoria di un altro e diverso soggetto, anch'esso italiano.

Giurisdizione. Il primo problema che si pone il Tribunale di Milano è, dunque, quello concernente la sussistenza della giurisdizione italiana poiché il convenuto aveva sollevato la relativa eccezione nell'ambito del procedimento, invocando la competenza esclusiva di cui all'art. 22, n. 1, del Regolamento (CE) n. 44/2001 (Regolamento che disciplina la giurisdizione nelle controversie in materia civile e commerciale). Ai sensi di tale articolo, sussiste la giurisdizione del giudice dello Stato membro in cui l'immobile è situato nelle controversie in materia “di diritti reali immobiliari”; disposizione quest'ultima che riprende pedissequamente l'articolo 16, n. 1 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968. In aggiunta, il Giudice aveva altresì ipotizzato la possibilità di applicare al caso di specie l'articolo 22, n. 5 del citato Regolamento, secondo il quale è competente a decidere un'azione in materia di esecuzione delle decisioni il giudice dello Stato membro nel cui territorio ha luogo l'esecuzione (norma anch'essa riproducente l'articolo 16, n. 5 della Convenzione del 1968). Ciò in quanto l'azione revocatoria consente al creditore di aggredire in via esecutiva un bene fuoriuscito dal patrimonio del debitore, essendo caratteristica intrinseca dell'azione revocatoria quella di considerare inefficace nei confronti del creditore l'atto di disposizione patrimoniale. Per conseguenza, il Giudice milanese ha, anzitutto, identificato le citate disposizioni richiamando le diverse sentenze adottate in materia dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea (o meglio della Comunità Economica Europea, considerato il momento storico in cui tali pronunce sono state enunciate). Nella causa C-115/88, Mario P. A. Reichert, Hans-Heinz Reichert e Ingeborg Kockler contro Dresdner Bank AG, la Corte di Giustizia aveva, infatti, stabilito l'impossibilità di applicare l'articolo 16, n. 1 della Convenzione di Bruxelles (per cui negli stessi termini deve ritenersi non applicabile il pedissequo articolo 22, n. 1, Reg. CE 44/01) in quanto l'azione revocatoria non rientra tra le azioni reali immobiliari. Allo stesso modo, a seguito di nuova rimessione della questione nella causa C-261/90, la Corte di Giustizia aveva ulteriormente precisato che “un'azione prevista dal diritto interno, come l'azione pauliana nel diritto francese, attraverso la quale un creditore miri ad ottenere la revoca, nei suoi confronti, di un atto traslativo di diritti reali immobiliari posto in essere dal suo debitore in maniera che egli ritiene in frode ai suoi diritti, non rientra nell'ambito di applicazione degli artt. 5, n. 3, 16, n. 5 e 24 della Convenzione 27 settembre 1968, concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale”, che prevedono, rispettivamente la competenza esclusiva dei giudici in materia di delitti o quasi delitti, di esecuzione delle sentenze e nel caso di adozione di provvedimenti provvisori e cautelari. Alla luce di tali considerazioni, il problema relativo alla giurisdizione è stato risolto dal Tribunale di Milano applicando l'art. 2 del Regolamento (CE) n. 44/2001, ai sensi del quale “[…] le persone domiciliate nel territorio di un determinato Stato membro sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti ai giudici di tale Stato membro”. Il Giudice ha, pertanto, applicato la regola generale del foro del domicilio del convenuto, rigettando l'eccezione di giurisdizione sollevata dalla parte convenuta.

Lex causae. Per altro verso il Tribunale di Milano, ritenuta sussistente la giurisdizione italiana, ha affrontato il secondo passaggio del ragionamento proprio del diritto internazionale privato ovvero l'identificazione della legge applicabile alla fattispecie sottoposta alla sua decisione. Nel presente procedimento, il giudice adito ha dovuto affrontare la questione se applicare il diritto francese oppure quello italiano, individuando previamente i criteri di collegamento che portano a individuare la legge applicabile. Il Tribunale di Milano ha, quindi, esaminato in modo piuttosto approfondito tale problema, verificando innanzitutto gli elementi di fatto della vicenda ovvero l'esistenza di credito degli attori nei confronti della convenuta contumace nonché dell'atto di divisione francese (rectius, partage des biens indivis), stipulato anteriormente, con cui i coniugi convenuti avevano proceduto a dividere i beni in loro proprietà indivisa, precisamente due immobili siti ad Antibes. L'atto aveva, infatti, statuito l'assegnazione in favore del coniuge convenuto della piena proprietà di entrambi gli immobili dietro versamento, in favore della moglie, della somma di Euro 114.000,00. Il Giudice meneghino ha pertanto appurato che l'atto negoziale oggetto di revocatoria era un atto di divisione di immobili siti in Francia, in cui la quota di una delle parti era stata assegnata all'altra a titolo oneroso.
Dopo aver riconosciuto che le norme di diritto internazionale privato non contemplano una norma che disciplini tale conflitto in tema di azione revocatoria, il Giudice ha ritenuto di fare applicazione estensiva al caso di specie (revocatoria ordinaria) delle disposizioni regolatrici della legge applicabile all'atto negoziale oggetto di impugnazione. Al riguardo, trattandosi di un atto negoziale fonte di obbligazioni contrattuali – superato il richiamo dell'articolo 57 legge n. 218/95 alla Convenzione di Roma del 1980 – è stata data applicazione al Regolamento (CE) n. 593/08 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (cd. Regolamento Roma I). Il Tribunale di Milano, riconosciuto che nella specie i contraenti non avevano espressamente scelto quale fosse la legge applicabile all'atto negoziale e non potendosi, quindi, applicarsi l'articolo 3.1 del Regolamento (CE) n. 593/08, ha applicato i criteri previsti dall'articolo 4 del Regolamento citato e, in particolare, il criterio di cui all'articolo 4. lett. d) secondo il quale “il contratto avente per oggetto un diritto reale immobiliare o la locazione di un immobile è disciplinato dalla legge del paese in cui l'immobile è situato”.
Una volta affermata l'applicabilità del diritto francese alla controversia, il Tribunale di Milano ha dovuto interpretare la normativa francese in tema di azione revocatoria. Sul punto, giova infatti ricordare che il giudice italiano ha l'obbligo di ricostruire i contenuti della legge straniera applicabile come stabilito dall'articolo 14 della legge n. 218/1995, ai sensi del quale l'accertamento della legge straniera è compiuto d'ufficio dal giudice. Nella prassi la ricerca del contenuto del diritto straniero può risultare particolarmente complessa: deve, quindi, essere riconosciuto al Tribunale di Milano il merito di essersi sforzato a ricostruire i contenuti della legge straniera in pieno omaggio al principio jura novit curia.

L'azione revocatoria nel diritto francese. Come rappresentato dal Giudice adito, l'azione revocatoria ordinaria (action paulienne) è disciplinata nel diritto francese dall'articolo 1167 del code civile francaise nella sezione III del Capitolo concernente gli effetti delle obbligazioni (all'interno del titolo III relativo ai contratti, del libro III dei modi di acquisto della proprietà), sezione relativa agli effetti del contratto nei confronti dei terzi. Detta disposizione laconicamente prevede che “Ils [i creditori] peuvent aussi, en leur nom personnel, attaquer les actes faits par leur débiteur en fraude de leurs droits” (“possono anche, in nome proprio, impugnare gli atti compiuti dal loro debitore in frode ai loro diritti”). I fatti costitutivi dell'azione revocatoria non sono espressamente disciplinati dalla legge, ma la loro individuazione è frutto dell'elaborazione giurisprudenziale che, sostanzialmente, ha delineato un'azione dalle caratteristiche alquanto simili a quella disciplinata dal diritto italiano.
Detta azione trova il proprio fondamento nel diritto di credito del creditore nei confronti del debitore e mira a proteggere il diritto di garanzia del creditore sul patrimonio del proprio debitore, con la conseguenza che l'esito vittorioso dell'azione rende inopponibile al creditore l'atto di disposizione del debitore. L'action paulienne viene incardinata essenzialmente nei confronti del terzo contraente, ma si ammette generalmente che il debitore (dante causa) venga citato nel giudizio, al fine di poter lui opporre il giudicato nei confronti dell'avente causa.
Il Giudice meneghino ha, quindi, accertato l'esistenza dei presupposti previsti dall'articolo 1167 del codice civile francese per l'applicabilità dell'azione, ovvero: in primis, l'esistenza di un credito anteriore all'atto revocando, credito che può essere provato con tutti i mezzi; in secondo luogo, deve essere dimostrata dall'attore l'esistenza di un pregiudizio subito a causa dell'atto revocando, quale l'impossibilità di trovare soddisfazione del proprio credito in conseguenza di un atto di impoverimento del patrimonio che ha l'effetto di far uscire dal patrimonio un valore e, dunque, di rendere insolvente il proprio debitore; infine, deve essere provata la frode (fraude) ossia il fatto che il debitore sia consapevole dei danni che egli fa al proprio creditore ponendo in essere l'atto dispositivo. Nel caso di atto a titolo oneroso il creditore ha altresì l'onere di provare la mala fede del terzo acquirente. Il Tribunale di Milano, ritenuti sussistenti nel caso di specie i requisiti previsti dall'articolo 1167 del code civile francese, che – come detto – ricalcano le condizioni e i fatti costitutivi propri dell'azione revocatoria di diritto italiano, ha giudicato fondata l'azione revocatoria e ha, pertanto, accolto la domanda attorea, ordinando la trascrizione della sentenza secondo le disposizioni del luogo ove l'atto era stato trascritto.

Osservazioni

La pronuncia in esame risulta particolarmente interessante in quanto l'analisi condotta dal Tribunale di Milano appare pienamente conforme alla giurisprudenza formatasi a livello comunitario, che, sebbene sia ormai datata nel tempo, dimostra ancora oggi tutta la sua attualità. Nella prima sentenza Reichter la Corte ha, innanzitutto, escluso che all'azione revocatoria fosse applicabile l'articolo 16, n. 1 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 (odierno articolo 22, n. 1, del Regolamento (CE) del Consiglio 22 dicembre 2000 n. 44/2001) che attribuisce ai giudici dello Stato nel quale si trova un bene immobile la competenza giurisdizionale esclusiva a conoscere delle azioni reali ad esso relative. Tale questione era stata sollevata nell'ambito di una lite tra i coniugi Reichter e il loro figlio, da una parte, e la società Dresdner Bank, dall'altra. I coniugi Reichter residenti in Germania erano proprietari di beni immobili situati anch'essi – proprio come nella causa svoltasi innanzi al Tribunale di Milano – nel comune di Antibes sulla Costa Azzurra, di cui avevano donato la nuda proprietà a loro figlio con rogito notarile redatto in Francia. La donazione era stata impugnata dalla Dresdner Bank, creditrice dei coniugi Reichter, davanti al Tribunal de Grand Instance di Grasse sulla base dell'azione pauliana intentata ai sensi dell'articolo 1167 del codice civile francese, al fine di far dichiarare non opponibile nei suoi confronti la donazione. Il Tribunal de Grand Instance di Grasse si era dichiarato competente sulla base dell'articolo 16, n. 1 della Convenzione di Bruxelles e i coniugi Reichter hanno impugnato la sentenza innanzi alla Cour d'appel di Aix-en-provence che ha sospeso il procedimento, e posto una questione pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea in merito all'applicabilità dell'articolo 16, n. 1 all'azione pauliana di diritto francese. La Corte UE si è, quindi, posta anzitutto la questione se la nozione “materia di diritti reali immobiliari” dovesse essere interpretata conformemente al diritto degli Stati contraenti, ovvero alla luce degli obiettivi e del sistema della Convenzione di Bruxelles. Per la verità, la Corte UE si era già precedentemente pronunciata per un'interpretazione autonoma nelle cause Sanders/Van der Putte in materia di affitto d'immobili e Duijnstee/Lodewijk Goderbauer in materia di registrazione e validità dei brevetti, pur ammettendo che nessuna delle due opzioni potesse essere accettata in modo esclusivo in quanto la soluzione migliore doveva essere studiata di volta in volta per ciascuna norma della Convenzione de qua. Considerato, infatti, che la nozione di diritto reale non era concepita in modo uniforme in tutti gli Stati membri, la Corte ha avallato l'interpretazione autonoma della nozione in quanto era l'unica che potesse permettere un'attuazione uniforme dei diritto e degli obblighi che derivano dalla Convenzione nell'insieme della Comunità.
In secondo luogo, la Corte si è interrogata sulla questione se la nozione di “azione in materia di diritti reali immobiliari”, interpretata nell'ambito della Convenzione di Bruxelles, si applicasse ad un'azione del tipo pauliana prevista dal diritto francese, qualora l'azione suddetta fosse esercitata da un creditore con riferimento alla donazione della nuda proprietà di un immobile eseguita da un debitore. La Corte ha, tuttavia, riconosciuto che l'attore dell'azione pauliana non invoca alcun diritto reale e che, se l'azione ha successo, essa non ha per conseguenza un trasferimento nel senso opposto del diritto reale immobiliare. Non basta, infatti, che un diritto reale immobiliare sia l'oggetto di un'azione o che l'azione sia relativa a un immobile o abbia un nesso con un immobile affinché l'articolo 16, n. 1 sia applicabile. Al contrario, come riconosciuto dall'Avvocato Generale Micho nelle sue Conclusioni del 22 novembre 1989, il diritto reale deve essere il fondamento stesso dell'azione, che deve avere l'effetto di decidere erga omnes sul diritto di proprietà dell'immobile in questione. In aggiunta, la Corte ha statuito che l'articolo 16 deve essere interpretato restrittivamente, poiché costituisce un'eccezione alla regola generale del foro del domicilio del convenuto stabilito dall'articolo 2, comma 1, della Convenzione, dal momento che un'eventuale interpretazione estensiva avrebbe invece l'effetto di privare le parti della scelta del foro competente che altrimenti spetterebbe loro e, in taluni casi, di portarle davanti ad un giudice che non è quello proprio del domicilio di alcuna di esse. Sotto tale aspetto, la Corte ha considerato che la ragione essenziale della competenza esclusiva attribuita ai giudici dello Stato contraente in cui si trova l'immobile è data dalla circostanza che tali giudici sono quelli meglio in grado, vista la prossimità, di avere una buona conoscenza delle situazioni di fatto e di applicare le norme e gli usi particolari che sono, nella generalità dei casi, quelli dello Stato di ubicazione dell'immobile.
In queste circostanze, la Corte ha stabilito che l'articolo 16, n. 1 deve interpretarsi nel senso che la competenza esclusiva dei giudici dello Stato contraente ove si trova l'immobile non ingloba il complesso delle azioni che si riferiscono ai diritti reali immobiliari, ma solo quelle che, al tempo stesso, rientrano nel campo di applicazione della convenzione di Bruxelles e tendono a determinare l'estensione, la consistenza, la proprietà, il possesso di beni immobili o l'esistenza di altri diritti reali su tali beni e ad assicurare ai titolari di questi diritti la protezione delle prerogative derivanti dal loro titolo con effetti erga omnes. Non è, dunque, questo il caso dell'azione pauliana che trova “il suo fondamento nel diritto di credito, diritto personale del creditore nei confronti del debitore, e mira a proteggere il diritto di garanzia di cui il primo può disporre sul patrimonio del secondo. Se essa ha successo, la sua conseguenza è di rendere inopponibile al solo creditore l'atto di disposizione stipulato dal debitore in frode ai diritti del primo”. Inoltre, il suo esame non richiede la valutazione di fatti né l'applicazione di norme e usi del luogo di ubicazione del bene che possano giustificare la competenza di un giudice dello Stato nel quale si trova l'immobile. Con la conseguenza che l'azione, esperita da un creditore contro un contratto di vendita d'immobile concluso dal suo debitore o una donazione effettuata da quest'ultimo, non rientra nel campo di applicazione dell'articolo 16, n. 1 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968.
Con la seconda sentenza Reichter la Corte di giustizia ha, invece, escluso che all'azione revocatoria fossero applicabili gli articoli 5, n. 3, 16, n. 5 e 24 della Convenzione di Bruxelles, ove si consideri la natura di delitto o di quasi delitto della frode dedotta, oppure la fase esecutiva delle sentenze o anche l'esistenza di provvedimenti cautelari che la decisione nel merito deve consentire di trasformare in provvedimenti esecutivi sull'immobile oggetto dei diritti reali trasferiti dal debitore. La Corte era stata, infatti, chiamata a pronunciarsi una seconda volta sulla questione su domanda della Dresdner Bank che mirava a chiamare in causa, in sede di regolamento della competenza, altri articoli della Convenzione di Bruxelles oltre all'articolo 16, n. 1 oggetto del primo rinvio pregiudiziale.
Con riferimento all'interpretazione dell'articolo 5, n. 3 della Convenzione, che dispone la possibilità per il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente di essere citato in materia di delitti o quasi delitti davanti al giudice del luogo in cui l'evento dannoso è avvenuto, la Dresdner Bank aveva sostenuto come l'azione pauliana rientrasse nell'ambito di applicazione di tale norma, in quanto essa è un'azione revocatoria volta a rimuovere gli effetti di un atto o di un comportamento doloso o colposo contrari alla legge o a norme non scritte di diligenza e fonte di danno per i terzi, vale a dire un atto qualificabile come illecito extracontrattuale.
La Corte, tuttavia, richiamando quanto statuito nella causa 189/87, Kalfelis, ovvero che la nozione di "materia di delitto o quasi delitto" costituisce il parametro per delimitare la sfera d'applicazione di una delle norme di competenza speciali che l'attore può invocare e, pertanto, deve essere interpretata autonomamente e in senso restrittivo, ha anzitutto ribadito come tale nozione comprenda qualsiasi domanda mirante a coinvolgere la responsabilità di un convenuto e non si ricolleghi in nessun modo alla materia contrattuale. Su tale scia, la Corte – avallando quanto ammesso dalla Commissione – ha ritenuto che l'azione pauliana, potendo spiegare effetti nei confronti di un terzo di buona fede al quale non sia imputabile né dolo né negligenza, e portare non solo a porre a carico del terzo acquirente un obbligo di riparazione, ma anche a diminuire indirettamente il patrimonio del medesimo, non potesse considerarsi come un'azione in materia di responsabilità extracontrattuale ai sensi dell'articolo 5, n. 3 della Convenzione, e non rientrasse pertanto nell'ambito di applicazione del suddetto articolo.
Quanto invece all'applicabilità dell'articolo 16, n. 5 della Convenzione, che prevede in materia di esecuzione delle sentenze la competenza esclusiva dei giudici dello Stato contraente nel cui territorio ha luogo l'esecuzione, la Corte ha dichiarato che – stante la natura derogatoria delle competenze esclusive – l'articolo 16 non deve essere interpretato in un senso più esteso di quanto non richieda la finalità perseguita da tale norma, poiché altrimenti esso avrebbe l'effetto di privare le parti della scelta del foro competente. Invero, la Corte ha osservato che la relazione del comitato degli esperti che ha elaborato il testo della Convenzione di Bruxelles (GU 1979, C 59, pag. 1) precisa che o per “controversie relative all'esecuzione delle sentenze” si debbono intendere le vertenze a cui può dar luogo il “ricorso alla forza, alla coercizione o alla espropriazione di beni mobili e immobili per assicurare l'esecuzione materiale delle decisioni e degli atti” e che “le difficoltà che sorgono nel corso di tali procedure sono di competenza esclusiva del giudice del luogo di esecuzione”. Al contrario, l'azione pauliana nel diritto francese è diretta a tutelare la garanzia patrimoniale del creditore richiedendo al giudice competente di disporre la revoca, nei riguardi del creditore, dell'atto dispositivo compiuto dal debitore in frode ai suoi diritti. Se da un lato, essa è volta a tutelare gli interessi del creditore nella prospettiva di una successiva esecuzione forzata dell'obbligazione, dall'altro non ha ad oggetto l'esecuzione di una sentenza già emanata né quella di alcun altro titolo esecutivo, e nemmeno ha natura di controversia sorta in tale ambito. Di conseguenza, essa non rientra nell'ambito di applicazione dell'articolo 16, n. 5 della Convenzione internazionale.
Infine, la Corte ha affrontato la questione dell'applicabilità alla controversia dell'articolo 24 della Convenzione, che recita: “I provvedimenti provvisori o cautelari, previsti dalla legge di uno Stato contraente, possono essere richiesti all'autorità giudiziaria di detto Stato anche se, in forza della presente Convenzione, la competenza a conoscere nel merito è riconosciuta al giudice di un altro Stato contraente”. Sul punto, la Dresdner Bank aveva sostenuto come l'azione pauliana si proponesse di apprestare una tutela provvisoria al creditore e costituisse, quindi, un "provvedimento cautelare" ex articolo 24 della Convenzione. Al contrario, la Corte di Giustizia ha riconosciuto che l'azione pauliana non si propone il mantenimento di una data situazione di fatto o di diritto, in modo tale da provvedere alla conservazione di diritti sui quali successivamente sarà chiamato a statuire il giudice del merito, quanto piuttosto la modifica della situazione giuridica di un bene. Difatti, poiché la Corte nella causa 143/78, De Cavel, aveva precedentemente affermato che le disposizioni dell'articolo 24 della Convenzione non possono essere invocate per far rientrare nel relativo campo d'applicazione provvedimenti provvisori o cautelari relativi a materie che ne sono escluse, stante la natura di regime speciale di tale articolo, rientrano nel relativo ambito di applicazione solo i provvedimenti volti, nelle materie oggetto della Convenzione, alla conservazione di una situazione di fatto o di diritto atta a preservare diritti dei quali spetterà poi al giudice del merito accertare l'esistenza.
In tali circostanze, un'azione quale la “pauliana” non può qualificarsi come provvedimento provvisorio o cautelare ai sensi dell'articolo 24 della Convenzione in quanto, sebbene consenta di tutelare la garanzia patrimoniale del creditore impedendo una diminuzione volontaria del patrimonio del debitore, non ha il fine di preservare una situazione di fatto o di diritto in attesa della decisione del giudice del merito. Essa è volta, invece, a far modificare dal giudice la situazione giuridica del patrimonio del debitore e di quello del terzo beneficiario disponendo la revoca, nei riguardi del creditore, dell'atto dispositivo lesivo dei diritti di quest'ultimo.

Conclusioni

La sentenza in commento appare di grande interesse in quanto illustra chiaramente i passaggi logici che i giudici nazionali devono affrontare nelle controversie in cui siano presenti elementi di estraneità rispetto all'ordinamento interno. Se, da un lato, l'interpretazione delle norme e convenzioni in tema di giurisdizione e legge applicabile costituisce il primo passo per l'analisi di tali questioni, nondimeno il diritto dell'Unione europea e le pronunce adottate in materia dalla Corte di Giustizia possono offrire elementi utili ad interpretare ed applicare la disciplina internazionale uniforme, dando così piena certezza giuridica ai rapporti tra privati.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Cfr. anzitutto la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea e, in particolare: sentenza 10 gennaio 1990, causa C-115/88, Mario P. A. Reichert, Hans-Heinz Reichert e Ingeborg Kockler/Dresdner Bank AG, in Racc., , 27; sentenza 14 dicembre 1977, causa 73/77, Sanders/Van der Putte, Racc. ,2383; sentenza 15 novembre 1983, causa 288/82, Duijnstee/Lodewijk Goderbauer, Racc. 3663; sentenza 26 marzo 1992, causa C-261/90, Mario P. A. Reichert, Hans-Heinz Reichert e Ingeborg Kockler/Dresdner Bank AG, Racc. I-02149; sentenza 20 settembre 1988, causa 189/87, Athanasios Kalfelis/Banque Schröder, Hengst & Co., ed altri., Racc. 5565; sentenza 27 marzo 1979, causa 143/78, Jacques de Cavel/Louise de Cavel, Racc. 1055. Tutte le sentenze sono reperibili sul sito www.curia.europa.eu.
Quanto alla giurisprudenza nazionale, cfr. ex plurimis Cass., n. 1691 del 1991. Si ritrovano poi diverse sentenze che trattano l'argomento soprattutto in materia fallimentare: v. Cass. 7 febbraio 2007, n. 2692, in Fall. 2007, 629 ss., con nota di P. Catallozzi; Cass. 4 agosto 2006, n. 17706, ivi, 2007, 632 ss., con nota di P. Catallozzi; Trib. Milano, Sez. II, 27 marzo 2007, Fallimento TGZ GmbH c. Manifattura di Legnano S.p.a.. In tema di azione revocatoria e rapporti tra coniugi, cfr. Cass. 22 maggio 2007 n. 11830, in Guida al diritto, 2007, n. 25, 28, con nota di Scalisi.
In dottrina si veda fra gli altri Natoli, Azione revocatoria, in Enc. dir., Milano, 1959, IV, 889; S.M. Carbone - M. Cataldo, Azione revocatoria: esercizio della giurisdizione e legge applicabile, Dir. comm. internaz., fasc.1, 2004, 27; Valerio Sangiovanni, L'azione revocatoria internazionale fra giurisdizione e legge applicabile, in Fall., 2007, 931 e ss.; Gianluca Contaldi, La giurisdizione per le azioni possessorie tra diritto comunitario e la legge di riforma del diritto internazionale privato, Giust. civ., fasc.2, 2002, 105. Con specifico riferimento all'azione revocatoria e ai relativi requisiti, cfr. Valeria Caputo, Azione revocatoria di compravendite: sono sufficienti anche meri elementi indiziari, Diritto & Giustizia, 2014, 221; Alessandro Vecchi, La consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio prodotto dall'atto dispositivo prescinde dalla specifica conoscenza del credito a tutela del quale l'azione revocatoria viene esperita, Diritto e Giustizia online, 2010, 264; Lorenzo Bertino, La revocatoria dei contratti strumentali all'adempimento di un debito scaduto, Banca borsa tit. cred., 2010, 140; Francesca Orabona, L'azione revocatoria ex art. 2901 c.c. ed il giudizio di accertamento del credito: la posizione delle Sezioni Unite, Giur. merito, 2010, 2396; Caterina Garufi, L'idoneità del credito litigioso a determinare l'insorgere della qualità di creditore che abilita a proporre l'azione revocatoria, Diritto e Giustizia online, 2009, 41; Gabriele Pardi, Revocatoria ordinaria e tutela del credito, Giust. civ., 2009, pag. 1913.
I riferimenti normativi sono: a livello UE, Regolamento (CE) n. 593/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008, sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (Roma I), GU L 177 del 04/07/2008, pag. 6, che ha “comunitarizzato” la Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali (versione consolidata in GU C 27 del 26/01/1998, pag. 34); Regolamento (CE) n. 44/2001 del Consiglio, del 22 dicembre 2000, concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, GU L 12 del 16/01/2001, 1, che ha ripreso le disposizioni della Convenzione di Bruxelles del 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l'esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (versione consolidata in GU C 27 del 26/01/1998, 1). Tutte la normativa UE è reperibile sul sito www.europa.eu.
A livello nazionale, cfr. articolo 2901 e ss c.c., articoli 3-14-57 della Legge 31 maggio 1995, n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, in Suppl. ordinario n. 68, alla Gazz. Uff. n. 128, del 3 giugno 1995.

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