Scioglimento dei contratti bancari pendenti: linee guida, tipologie negoziali e autorizzazione

Leonarda Martino
20 Maggio 2014

Nell'ambito di una procedura di concordato preventivo, in caso di richiesta di scioglimento ai sensi dell'articolo 169-bis l. fall. di contratti bancari di anticipazione di fatture la cui convenzione preveda espressamente un patto di compensazione, l'accertamento del Tribunale si risolve nella verifica della funzionalità della richiesta rispetto alla realizzazione del piano concordatario e della previsione di un indennizzo in favore del contraente in bonis ai sensi dell'art. 169-bis, comma 2, l. fall. Secondo il criterio guida dell'attività autorizzativa riservata al Tribunale in ambito concordatario, lo scioglimento è da ritenersi funzionale rispetto al piano concordatario, ossia rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori, se nello stesso piano la riduzione dell'attivo per la parte relativa alle fatture oggetto di anticipazione, pur accompagnata da contestuale riduzione del passivo concorsuale, risulti più penalizzante – in termini di percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari – rispetto all'ipotesi d'iscrizione di tali crediti, con corrispondente appostazione dell'intero debito (comprensivo dell'equo indennizzo), al passivo.
Massima

Nell'ambito di una procedura di concordato preventivo, in caso di richiesta di scioglimento ai sensi dell'articolo 169-bis l. fall. di contratti bancari di anticipazione di fatture la cui convenzione preveda espressamente un patto di compensazione, l'accertamento del Tribunale si risolve nella verifica della funzionalità della richiesta rispetto alla realizzazione del piano concordatario e della previsione di un indennizzo in favore del contraente in bonis ai sensi dell'art. 169-bis, comma 2, l. fall.

Secondo il criterio guida dell'attività autorizzativa riservata al Tribunale in ambito concordatario, lo scioglimento è da ritenersi funzionale rispetto al piano concordatario, ossia rispetto alla migliore soddisfazione dei creditori, se nello stesso piano la riduzione dell'attivo per la parte relativa alle fatture oggetto di anticipazione, pur accompagnata da contestuale riduzione del passivo concorsuale, risulti più penalizzante – in termini di percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari – rispetto all'ipotesi d'iscrizione di tali crediti, con corrispondente appostazione dell'intero debito (comprensivo dell'equo indennizzo), al passivo.

Il caso

Una società deposita un piano e una proposta di concordato preventivo con cessione dell'azienda, domandando in quella sede lo scioglimento di sette contratti bancari di anticipazione di fatture la cui convenzione prevede espressamente un patto di compensazione a favore della banca, senza previamente instaurare il contraddittorio con le controparti contrattuali. Il Tribunale, nell'ambito del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo della società istante, accerta l'opponibilità dei patti di compensazione e scioglie i contratti, rilevando che il proprio accertamento si risolve nella verifica della funzionalità dello scioglimento rispetto alla realizzazione del piano concordatario e della previsione di un indennizzo in favore del contraente in bonis ai sensi del secondo comma dell'art. 169-bis l. fall.

La questione giuridica e le soluzioni

Il decreto affronta la questione relativa ai presupposti necessari ai fini dell'autorizzazione da parte del Tribunale allo scioglimento ai sensi dell'art. 169-bis l. fall. di contratti bancari di anticipazione di fatture con patto di compensazione, che siano in corso di esecuzione alla data di ammissione alla procedura di concordato preventivo, evidenziando che in tal caso i criteri che devono guidare l'attività autorizzativa del Tribunale consistono nella verifica della funzionalità dello scioglimento rispetto alla realizzazione del piano concordatario e della avvenuta previsione di un indennizzo a favore del contraente in bonis, non ritenendo necessaria la sua convocazione a difesa e limitando la propria analisi alla verifica che il patto di compensazione contenuto nei contratti di cui viene richiesto lo scioglimento sia opponibile alla procedura, con conseguente facoltà della banca di trattenere le somme incassate.

Osservazioni

Il nuovo art. 169-bis l. fall. prevede che il debitore, nel ricorso di cui all'articolo 161 l. fall., possa chiedere l'autorizzazione allo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione oppure l'autorizzazione alla sospensione per non più di sessanta giorni, prorogabili una sola volta, riconoscendo al contraente in bonis un indennizzo equivalente al risarcimento del danno che consegue al mancato adempimento.
La formulazione della norma lascia aperte una serie di questioni già emerse in sede di prima applicazione e pone rilevanti interrogativi con particolare riguardo ai contratti bancari, che non erano e non sono tutt'ora oggetto di disposizioni specifiche nell'ambito del concordato preventivo.
La prima questione riguarda l'ambito di applicazione dell'art. 169-bis l. fall., atteso che esso fa riferimento ai “contratti in corso di esecuzione”, ma non ne fornisce alcuna definizione.
Sul punto all'indomani della riforma è stato autorevolmente affermato che la lettera della norma sarebbe della più ampia nozione utilizzata dal legislatore nel primo comma dell'art. 72 l. fall. e si riferirebbe a tutte le fattispecie di contratti in corso, senza il riferimento restrittivo ai contratti ineseguiti o non completamente eseguiti da entrambe le parti, di cui all'art. 72 l. fall.. Con la conseguenza che nell'ambito di applicazione dell'art. 169-bis l. fall. potrebbero essere ricompresi i contratti di durata in tutte le possibili forme, ivi inclusi quei contratti non eseguiti da una sola delle parti, dunque quella in cui vi è una sola prestazione unilaterale pendente e non esaurita.
Quest'interpretazione fondata sul dato letterale della nuova norma è stata superata, in progresso di tempo, da una diversa e più convincente impostazione secondo cui nell'interpretare l'articolo 169-bis l. fall. deve farsi riferimento all'art. 72 l. fall. e l'espressione “contratti in corso di esecuzione” deve intendersi riferita ai contratti a prestazioni corrispettive ancora ineseguiti o non compiutamente eseguiti da entrambe le parti ad una certa data, che nel fallimento coincide con il deposito della sentenza dichiarativa, mentre nel concordato preventivo coincide con la semplice presentazione del ricorso (anche “in bianco”). Infatti, il mancato richiamo nell'art. 169-bis della nozione di contratti pendenti di cui all'art. 72 l. fall. non pare potersi interpretare nel senso che il legislatore abbia inteso consentire lo scioglimento di qualunque contratto non ancora completamente eseguito, anche solo ex uno latere, in quanto, anche dopo la riforma del 2012, continuano a trovare applicazione gli artt. 55 e 59 l. fall. (richiamati dall'articolo 169 l. fall.) che, con riguardo ai contratti nei quali dopo la stipula residuano obbligazioni solo a carico di una parte contraente, dettano la regola dell'anticipata scadenza delle obbligazioni pecuniarie e non pecuniarie.
In applicazione di tali principi è stata condivisibilmente esclusa l'applicabilità dell'articolo 169-bis l. fall. ad un contratto di mutuo in cui la banca finanziatrice abbia già interamente eseguito la propria prestazione erogando l'intero importo dovuto prima del deposito della domanda ex art. 161 l. fall., atteso che in tal caso la banca esaurisce la propria obbligazione tipica con la consegna della somma mutuata a favore del mutuatario (proponente il concordato), sul quale grava l'obbligazione restitutoria disciplinata come debito ai sensi dell'art. 55 l. fall.
Non altrettanto piana pare la soluzione della questione relativa all'applicabilità dell'articolo 169-bis l. fall. ai contratti bancari di anticipazione di fatture che, come noto, sono il risultato della combinazione di più negozi collegati.
Al riguardo, in via preliminare, pare opportuno osservare che tali contratti possono basarsi su due schemi negoziali. Nel primo, fondato sulla cessione, a fronte della concessione del credito da parte della banca il cliente cede uno o più crediti da questi vantati nei confronti di un terzo, di modo che si ha un immediato trasferimento della titolarità del credito alla banca cessionaria, la quale diviene l'unico soggetto legittimato a pretendere il pagamento dal debitore ceduto. Il secondo, incentrato sul mandato all'incasso, prevede, a fronte della concessione di credito da parte della banca, il conferimento a quest'ultima di un mandato all'incasso in forza del quale la banca mandataria acquista la legittimazione alla riscossione del credito, di cui resta titolare il cliente mandante. Pattuizioni alle quali può aggiungersi – come nel caso oggetto della pronuncia del Tribunale di Cuneo – anche il c.d. “patto di compensazione” (definito anche come “patto di annotazione ed elisione nel conto di partite di segno opposto”), vale a dire l'espressa previsione di un diritto della banca a trattenere le somme incassate dal terzo in compensazione con il proprio credito verso il cliente derivante dall'anticipazione.
Ebbene, parrebbe potersi dubitare della sussistenza di un contratto in corso di esecuzione suscettibile di essere sciolto ai sensi dell'articolo 169-bis l. fall. nell'ipotesi in cui le parti abbiano optato per l'adozione del primo schema negoziale ed il cliente proponga istanza di autorizzazione allo scioglimento allorquando abbia già avuto luogo l'erogazione da parte della banca del complessivo importo affidato e la cessione dei crediti risulti perfezionata.
Invero, in tal caso, avendo riguardo al complesso delle pattuizioni, si osserva che la prestazione della banca consistente nell'erogazione del credito risulta esaurita, come pure deve dirsi esaurita la controprestazione del cliente in concordato (cessione alla banca dei propri crediti verso terzi), in quanto sin da momento della cessione, in forza del principio consensualistico di cui all'art. 1376 c.c., si è prodotto l'effetto traslativo del credito del terzo (ceduto) a favore della banca (sempreché non si tratti di un credito futuro eventuale e la cessione abbia solo effetti obbligatori).
Cessione che non potrebbe certamente venire meno in forza dell'autorizzazione allo scioglimento, in quanto tale autorizzazione, operando con efficacia ex nunc e spiegando i suoi effetti solo per il futuro, non potrebbe evidentemente retroagire con caducazione di un effetto traslativo che si è già verificato e che potrebbe venire meno solo a seguito del positivo esperimento di un'azione revocatoria, non prevista in ambito concordatario.
A conclusioni diverse si ritiene debba giungersi nell'ipotesi in cui la banca, a fronte della cessione da parte del cliente dei propri crediti verso terzi, abbia assunto un obbligo di erogazione entro i limiti di un determinato affidamento e abbia erogato solo parte del relativo importo e i crediti ceduti debbano ancora essere incassati. In tale diverso caso, infatti, non pare che le reciproche prestazioni delle parti risultino esaurite, anzi permane anche in capo alla banca un'obbligazione consistente nell'anticipare, entro i limiti dell'affidamento, nuova carta commerciale (sempreché questa risponda alle caratteristiche pattuite e salvi i poteri riconosciutile a salvaguardia del sinallagma contrattuale). Ne discende che, in tale diverso caso, sarebbe ammissibile la configurazione del rapporto come “contratto in corso di esecuzione”, suscettibile di essere sciolto in applicazione dell'art. 169-bis l. fall.. Scioglimento che in tal caso si ritiene determini la cessazione di qualsiasi obbligo della banca di anticipare altro portafoglio commerciale nonché la cessazione, con efficacia ex nunc, degli effetti della cessione con riguardo ai soli crediti non ancora incassati.
Questa soluzione è già stata accolta dalla giurisprudenza di merito in un caso in cui una banca, a seguito e in ragione dell'accesso del cliente ad una procedura di concordato, nonostante la pendenza del rapporto contrattuale, aveva preteso di sottrarsi agli obblighi contrattualmente posti, “congelando di fatto” oppure revocando formalmente gli affidamenti in essere, non anticipando altro portafoglio commerciale e procedendo, nel contempo, al solo incasso dei crediti in precedenza portati in anticipazione, con finale assunzione di un comportamento contrario non solo agli obblighi contrattuali, ma anche ai più generali obblighi di solidarietà e buona fede.
Differenti considerazioni valgono nel caso in cui il contratto di anticipazione su fatture sia incentrato sullo schema del mandato all'incasso.
Al riguardo pare opportuno, sulla base dell'insegnamento della Corte di cassazione, distinguere due ulteriori ipotesi: anticipazione del credito su fatture che accede ad un semplice mandato all'incasso oppure ad identico mandato con connesso “patto di compensazione”.
Nel primo caso, la questione dell'applicabilità dell'articolo 169-bis l. fall. non pare potersi utilmente porre. Infatti, in caso di mandato all'incasso, a differenza che nella cessione del credito, la banca mandataria acquista solo la legittimazione alla riscossione del credito, che resta nella titolarità del cliente mandante, con conseguente obbligo per la banca di restituire a quest'ultimo le somme riscosse, all'atto del loro incasso. In costanza di rapporto in assenza di procedure concorsuali, la banca opera, quindi, una “compensazione di fatto” tra i crediti verso il cliente derivanti dall'anticipazione e i debiti da restituzione delle somme incassate in ragione del mandato ricevuto. Successivamente al deposito della domanda di concordato preventivo, nell'ipotesi in cui la banca incassi crediti in forza di mandato all'incasso, non potrà essere operata alcuna compensazione tra il credito da anticipazione e il proprio debito derivante dal mandato all'incasso per insussistenza del necessario presupposto della preesistenza di entrambi i crediti contrapposti alla procedura ai sensi degli artt. 169 e 56 l. fall., nonché in ragione del divieto di cui all'articolo 168 l. fall. Quindi, in tale ipotesi, il cliente mandante in concordato potrà ottenere le somme riscosse in forza del mandato all'incasso dalla banca senza ricorrere all'autorizzazione allo scioglimento del rapporto contrattuale.
Diverse valutazioni vanno invece svolte con riguardo al caso in cui, invece, all'anticipazione acceda un mandato all'incasso con patto di compensazione a favore della banca anteriore alla procedura e ad essa opponibile, in quanto in tale caso, come affermato dalla giurisprudenza citata anche dal Tribunale di Cuneo, la banca avrebbe il diritto, anche in costanza di una procedura concorsuale, di trattenere le somme riscosse compensando il proprio debito verso il cliente derivante dal mandato con il proprio credito derivante da anticipazioni e ciò malgrado che il credito ed il debito siano, rispettivamente, anteriore il primo e posteriore il secondo rispetto alla procedura, con conseguente necessità del cliente di ricorrere ad uno strumento diverso dalla semplice intimazione alla Banca di rimettergli le somme incassate.
Strumento che, a seguito della riforma del 2012, andrebbe individuato nell'art. 169-bis l. fall. Infatti, come condivisibilmente rilevato in giurisprudenza, il contratto di anticipazione deve essere valutato come un insieme unitario di pattuizioni connesse e interdipendenti, di modo che, ai fini della valutazione della sussistenza di un contratto in corso di esecuzione, si deve avere riguardo alle pattuizioni nel loro complesso.
In applicazione di tale principio può definirsi “contratto in corso di esecuzione” il contratto di anticipazione di fatture che rappresenti una modalità di erogazione di una più ampia apertura di credito regolata in conto corrente ed utilizzata dal cliente della banca sotto forma di anticipo di singole fatture, in relazione al quale non risulti esaurita la prestazione della banca e non siano ancora stati incassati tutti i crediti in forza di mandato all'incasso. Con derivata possibilità di scioglimento del contratto stesso ai sensi dell'art. 169-bis l. fall. e derivato venir meno – dalla data dell'autorizzazione – degli obblighi inerenti al contratto di conto corrente, nonché del diritto della banca di incassare i crediti ai sensi del mandato all'incasso e della connessa possibilità di effettuare la compensazione di debiti e crediti nei confronti del soggetto in procedura.
Analoghe considerazioni si ritiene valgano anche con riguardo al caso in cui la banca abbia erogato l'intero ammontare oggetto dell'anticipazione, ma permangano le pattuizioni relative al conto corrente e al mandato all'incasso con il relativo patto accessorio di compensazione. Difatti, anche in tal caso, sebbene la prestazione caratteristica della banca risulti esaurita, il rapporto delle parti connesso al mandato non può dirsi esaurito fino a quando le relative prestazioni non siano state completamente adempiute, come pure va considerata l'attuale pendenza del contratto di conto corrente, che continua a trovare esecuzione. Così che, considerato il negozio in modo unitario e complessivo, e tenuto conto che una pluralità di prestazioni debbano ancora trovare attuazione, non può negarsi la sussistenza di un contratto in corso di esecuzione suscettibile di scioglimento ai sensi dell'art. 169-bis l. fall., da tanto discendendo, anche in questo caso, il venir meno della legittimazione della banca ad incassare i crediti verso terzi e la facoltà di trattenerli in compensazione.
È evidente che il presupposto per l'applicazione dell'art. 169-bis l. fall. e per l'autorizzazione allo scioglimento è dato dalla perdurante operatività nell'ambito della procedura concordataria del complesso delle pattuizioni che regolano il rapporto di anticipazione di crediti su fatture, ivi inclusa la clausola di compensazione, atteso che, ove tale clausola non sia opponibile alla procedura, non pare sussistere un concreto interesse per il contraente in concordato ad ottenere lo scioglimento del rapporto contrattuale, in quanto in tal caso la Banca sarebbe tenuta a rimettere al cliente le somme incassate in forza del mandato. Pertanto, come rilevato nel decreto in commento, la necessità del Tribunale di verificare la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento del contratto muove necessariamente dalla previa verifica dell'opponibilità dei contratti e della loro attuale operatività nell'ambito del concordato.
Definito come precede il perimetro di applicazione della disciplina, con riguardo ai contratti di anticipazione, l'art. 169-bis l. fall. lascia aperta anche la rilevante questione relativa ai criteri che il Tribunale ovvero il Giudice delegato devono seguire nell'autorizzare lo scioglimento del rapporto contrattuale in corso di esecuzione.
Al riguardo, il Tribunale di Cuneo osserva che “l'accertamento si risolve (…) nella verifica della funzionalità dello scioglimento rispetto alla realizzazione del piano concordatario e della previsione di un indennizzo in favore del contraente in bonis ai sensi del secondo comma dell'art. 169-bis” e afferma la sussistenza di tale funzionalità sulla base del fatto che la riduzione, nel piano concordatario, dell'attivo per la parte relativa alle fatture oggetto di anticipazione, pur accompagnata da contestuale riduzione del passivo concorsuale, sarebbe più penalizzante in termini di percentuale di soddisfacimento dei creditori chirografari rispetto all'ipotesi di un mantenimento di tali crediti, con appostazione dell'intero debito, comprensivo dell'equo indennizzo. Conclusione, questa, che appare condivisibile ove si ritenga che il Tribunale, nell'autorizzare lo scioglimento dei contratti, debba tenere in considerazione la sola prospettiva e i soli interessi del debitore in concordato e della massa dei creditori concorsuali, atteso che, stando al dato letterale del decreto in commento, non sembrerebbero venire in evidenza possibili osservazioni od obiezioni delle controparti contrattuali.
L'impostazione non convince, specie ove si ritenga, come si dovrebbe ritenere, che il Tribunale nell'ambito della propria attività autorizzativa debba necessariamente considerare anche gli interessi della controparte contrattuale in bonis. Al riguardo, pare opportuno evidenziare che, come sottolineato dalla più attenta dottrina, i contratti pendenti investono tre interessi potenzialmente confliggenti: a) l'interesse del contraente in bonis alla regolare esecuzione del rapporto contrattuale; b) l'interesse dei creditori concorsuali a non subire i costi della prosecuzione dei rapporti contrattuali in essere, vedendo così pregiudicati i propri diritti; c) l'interesse dell'impresa in concordato a realizzare il piano senza il vincolo dei contratti pendenti.
Pertanto, il Tribunale (ovvero il Giudice delegato) nell'esercizio della propria attività autorizzativa dovrà necessariamente attuare una comparazione e un'equa composizione dei diversi interessi coinvolti tenendo in debito conto non solo la funzionalità dello scioglimento rispetto alla realizzazione del piano concordatario, ma anche gli interessi del contraente in bonis. Ebbene, occorre a questo riguardo domandarsi se tali interessi possano ritenersi sufficientemente tutelati solo in ragione della previsione di un indennizzo in favore del contraente in bonis ovvero se, tenuto conto che la decisione è volta ad incidere sulla sfera soggettiva della controparte contrattuale, sia necessaria anche l'instaurazione di un contraddittorio con quest'ultima.
Sul punto, secondo un primo orientamento, al quale pare aderire anche il Tribunale di Cuneo, nella fase di autorizzazione allo scioglimento non sarebbe necessaria né la partecipazione del contraente in bonis né la sua preventiva convocazione, in quanto la nuova disciplina dell'art. 169-bis riconoscerebbe al debitore il diritto potestativo di chiedere lo scioglimento del contratto e la relativa istanza non sarebbe volta ad introdurre un contenzioso, con riguardo al quale il giudice debba assumere una decisione sentite le parti (processuali) interessate. Tale autorizzazione, diversamente, dovrebbe essere considerata alla stregua di altre che l'ufficio emette nel corso della procedura (quale ad esempio l'autorizzazione al compimento di atti di straordinaria amministrazione ex art. 167 l. fall.) e avrebbe l'effetto di necessaria integrazione del potere concesso dalla legge al debitore in concordato. Conseguentemente, secondo questo orientamento, andrebbe negata l'operatività del principio del contraddittorio e sarebbe sufficiente la sola previsione di un indennizzo a favore del contraente in bonis.
Tale impostazione, per quanto autorevolmente sostenuta, desta qualche dubbio e risulta disattesa da numerose pronunce sul punto. Al riguardo, infatti, mette conto rilevare che, sebbene l'art. 169-bis l.fall., nella sua formulazione letterale, non preveda espressamente che il tribunale nel decidere sull'istanza di autorizzazione allo scioglimento debba disporre l'audizione della controparte contrattuale interessata, non pare potersi negare la necessità di instaurazione del contraddittorio con la controparte interessata. Ciò in quanto, come rilevato in giurisprudenza e secondo il costante insegnamento della Suprema Corte, il principio del contraddittorio, sancito in linea generale dall'art. 101 c.p.c., trova applicazione anche nei procedimenti di volontaria giurisdizione tutte le volte che sia identificabile un controinteressato. Pertanto, si deve ritenere che il principio costituzionale del contraddittorio trovi applicazione anche nel caso di procedimento per lo scioglimento di un contratto in corso con una società in concordato, in ragione dell'incidenza che il provvedimento di autorizzazione è idoneo ad esplicare sulla posizione del contraente in bonis.
Né pare possa condurre a conclusioni diverse la possibile obiezione secondo la quale con lo strumento dello scioglimento dei contratti in corso di esecuzione il legislatore abbia inteso attribuire una posizione di preminenza all'interesse del soggetto in concordato rispetto a quello dei singoli creditori. Difatti, dalla convocazione della controparte contrattuale volta a consentire di esprimere considerazioni anche in ordine alla determinazione dell'indennizzo di cui all'art. 169-bis, comma 2, l. fall. non solo non pare discendano irreparabili pregiudizi, ma, pare perfino possibile affermare che tale convocazione possa risultare utile strumento di limitazione dei rischi di contenzioso che la scelta di sciogliere il rapporto contrattuale potrebbe determinare.

Conclusioni

La soluzione interpretativa adottata dal decreto del Tribunale di Cuneo – che offre interessanti spunti di riflessione circa l'applicazione dell'art. 169-bis l. fall. ai contratti bancari di anticipazione su fatture – è condivisibile là dove ritiene che, nell'ambito dell'attività autorizzativa allo scioglimento dei contratti in corso di esecuzione, l'autorità giudiziaria debba verificare in via di prima analisi la sussistenza dei requisiti di opponibilità del contratto stesso alla procedura, onde verificare poi la sussistenza dei presupposti per lo scioglimento. Con riguardo ai requisiti per l'autorizzazione allo scioglimento, la soluzione proposta non risulta del tutto convincente là dove il Tribunale ritiene di dover limitare il proprio accertamento alla verifica della funzionalità dello scioglimento rispetto alla realizzazione del piano concordatario e della previsione di un indennizzo, essendo tale soluzione dimentica della circostanza che nel giudizio di autorizzazione, il Tribunale è chiamato valutare e tenere in considerazione anche gli interessi del contraente in bonis; interessi che non possono essere valutati sulla base della unilaterale prospettazione del contraente in concordato ma devono essere valutati nel contraddittorio con il contraente in bonis, nel pieno rispetto del principio del giusto processo

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Sulla nozione di contratti in corso di esecuzione dopo la riforma del 2012, in dottrina: AMATORE- JEANTET Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013; INZITARI I contratti in corso di esecuzione nel concordato: l'art. 169-bis l. fall. su ilFallimentarista.it; LAMANNA La nozione di “contratti pendenti” nel concordato preventivo su ilFallimentarista.it; ID., La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, 2012; CENSONI La continuazione e lo scioglimento dei contratti pendenti nel concordato preventivo, su ilcaso.it 2013; EMANUELA GAI, Il preconcordato e le c.d. autorizzazioni speciali su ilFallimentarista.it; PETRUCCO TOFFOLO Sospensione e scioglimento dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo su ilFallimentarista.it.
Sui contratti bancari in corso di esecuzione, in dottrina: TAVORMINA, Contratti bancari e preconcordato, relazione al convegno su Crisi d'impresa e primi orientamenti dopo il Decreto Sviluppo – Milano, 29-30.11.2012; FRIGENI Linee di credito “autoliquidanti” e (pre)concordato preventivo, in Banca borsa tit. cred., fasc. 5, 2013, 537; REBECCA Contratti pendenti: sospensione e scioglimento nel concordato in continuità e nel concordato in bianco. I contratti bancari, in particolare su ilFallimentarista.it; STEFINI, La cessione del credito con causa di garanzia, Milano, 2007, 41; in giurisprudenza: Cass. 27 aprile 2011, n. 9387; Cass. 1° settembre 2011, n.17999; Cass. 5 agosto 1997, n.7194; Cass. 23 luglio 1994, n. 6870; Trib. Vicenza 25 giugno 2013; Trib. Torino 30 settembre 2013; Trib. Monza 13 gennaio 2013, ilFallimentarista.it; Trib. Piacenza 5 aprile 2013; Trib. Bologna, 26 aprile 2013; Trib. Terni 12 ottobre 2012;
Sulla necessità del contraddittorio con il contraente in bonis: BENASSI, Concordato preventivo e contratti pendenti: applicabilità dell'art. 169 bis l.f. al concordato con riserva e convocazione del terzo contraente; Trib. Udine 25 settembre 2013; Trib. Ravenna 28 gennaio 2014, ivi; App. Milano, 8 agosto 2013, ivi; App. Venezia, 20 novembre 2013, ivi; Trib. Novara, 4 aprile 2013, in ilFallimentarista.it.

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