Effetto esdebitatorio e garanzia ipotecaria dal socio illimitatamente responsabile: rimessione alle S.U.

13 Maggio 2014

Deve essere rimessa al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se l'effetto esdebitatorio del concordato preventivo si estenda alla garanzia ipotecaria, prestata su propri beni non ricompresi nella procedura di concordato, dal socio illimitatamente responsabile di società personale per i debiti di quest'ultima.
Massima

Deve essere rimessa al Primo Presidente, per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, la questione se l'effetto esdebitatorio del concordato preventivo si estenda alla garanzia ipotecaria, prestata su propri beni non ricompresi nella procedura di concordato, dal socio illimitatamente responsabile di società personale per i debiti di quest'ultima.

Il caso

La vicenda all'origine del provvedimento in commento può dirsi lineare. Ad approdare innanzi alla Suprema Corte, infatti, è il giudizio promosso dal socio di una società in nome collettivo, finalizzato a conseguire l'accertamento della estensione dell'effetto remissorio, conseguente all'ammissione della società stessa al concordato preventivo, anche in relazione alla garanzia ipotecaria concessa dal socio medesimo a favore della banca convenuta per il finanziamento che quest'ultima aveva concesso alla società. Occorre richiamare l'attenzione del lettore sul fatto che il bene che era stato concesso in garanzia non faceva parte dei beni successivamente ricompresi nella procedura di concordato preventivo.
Rimasto soccombente nei primi due gradi di giudizio, il socio ha proposto ricorso innanzi alla cassazione la cui prima sezione ha deciso la rimessione degli atti.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La questione giuridica su cui l'ordinanza in commento ritiene sia opportuno invocare l'intervento chiarificatore delle Sezioni Unite concerne la idoneità o meno del concordato preventivo della società di persone ad operare un effetto di esdebitazione anche in relazione alle garanzie rilasciate dai soci illimitatamente responsabili per le obbligazioni della società.
La lettura dell'ordinanza in commento sembra evidenziare una sostanziale propensione della stessa prima sezione in favore di una lettura interpretativa dell'art. 184 l. fall. in senso favorevole all'affermazione dell'effetto estintivo (totale o parziale) che il concordato preventivo dovrebbe avere anche nei confronti delle specifiche garanzie rilasciate dal socio illimitatamente responsabile. Si deve, infatti, osservare come tutta la ricostruzione contenuta nella ordinanza venga a culminare, nelle conclusioni del quinto paragrafo, in modo nettamente conforme a tale conclusione, peraltro (almeno asseritamente) in un'ottica di concordanza con quanto stabilito dalla sentenza delle Sezioni Unite 3749/1989. Significativo è il fatto che l'argomentazione della prima sezione civile prenda le mosse da una decisa confutazione in ordine alla correttezza dei precedenti giurisprudenziali individuati dalla Banca a sostegno delle proprie tesi. L'intera prima parte del quarto paragrafo della motivazione, infatti, si sostanzia in una argomentata selezione dei precedenti che dovrebbero ritenersi pertinenti alla questione, con netta esclusione della rilevanza di altre decisioni.
Quando, quindi, il percorso argomentativo della decisione sembrerebbe univocamente avviato all'accoglimento della tesi del ricorrente, l'ordinanza registra una sorta di arresto argomentativo, determinato dalla constatazione della presenza di alcuni precedenti della stessa Cassazione idonei a neutralizzare quello che sarebbe uno dei passaggi fondamentali del percorso interpretativo favorevole all'estensione dell'effetto esdebitatorio.
Più che registrare un vero e proprio contrasto diretto, invero, l'ordinanza sembra meritoriamente mostrarsi consapevole del fatto che - anche in assenza di specifici precedenti della S.Corte contrastanti con quello che sembrerebbe un principio generale desumibile dalla citata sentenza delle Sezioni Unite - diversi pronunciamenti della Cassazione recenti, o comunque non remoti, vengono a porre in discussione uno dei postulati alla base dell'approdo interpretativo che la stessa prima sezione mostra di voler far proprio.
Di qui una scelta che evidenzia una certa capacità analitica nella ricostruzione di un quadro complessivo la cui ambiguità avrebbe in ogni caso consentito, ad un interprete meno scrupoloso, di procedere alla decisione in modo diretto.

Osservazioni

Come il lettore attento avrà già avuto modo di notare, il percorso argomentativo utilizzato già dalle Sezioni Unite del 1989, e fatto oggetto di implicita adesione da parte dell'ordinanza in commento, si articola su una serie di passaggi.
Il primo è costituito dall'affermazione per cui il primo comma dell'art. 184 l. fall. (a mente del quale i creditori conservano impregiudicati i diritti nei confronti dei fideiussori) opererebbe per i soli casi in cui i terzi garanti siano persone diverse dai soci illimitatamente responsabili, mentre per questi ultimi verrebbe ad operare la regola di piena obbligatorietà del concordato, con estensione dell'effetto di esdebitazione. Ciò in quanto il socio illimitatamente responsabile, nell'ipotesi di fallimento della società, verrebbe a rispondere dei debiti sociali fallendo in proprio, dovendosi conseguentemente ritenere che tale socio "in quanto potenziale fallito, beneficia del concordato volto a sostituire una procedura concorsuale all'altra". Ne conseguirebbe che, anche qualora il socio abbia rilasciato una garanzia a favore della società, per esso comunque opererebbe in ogni caso il disposto di cui al secondo comma dell'art. 184 l. fall. In sintesi, quindi, il primo passaggio argomentativo consiste nell'affermare l'operatività dell'art. 184 l. fall. per tutti i soci illimitatamente responsabili della società, anche quando abbiano concesso delle garanzie.
Il secondo passaggio è costituito dall'affermazione per cui la garanzia rilasciata dal socio illimitatamente responsabile a favore della società sarebbe comunque garanzia per debito altrui e non per debito proprio, anche se poi tale affermazione viene ridimensionata ribadendo immediatamente il principio di cui al primo passaggio argomentativo, e cioè ribadendo il fatto per cui, aperta la procedura concordataria, la diversificazione della posizione del socio come tale dalla posizione del socio come garante della società verrebbe meno, con la già vista estensione anche al socio dell'effetto esdebitatorio.
Terzo, ma non meno rilevante, passaggio argomentativo è costituito dall'affermazione della applicabilità piena di tali principi anche all'ipotesi in cui la garanzia concessa da socio sia di natura reale. Anche in questo caso, quindi, ci si troverebbe di fronte ad una garanzia astrattamente concessa per un debito altrui, ma tale distinzione verrebbe meno nel momento in cui viene ad aprirsi la procedura concorsuale e la posizione del socio si viene in ogni caso a "compattare" su quella della società, con la conseguenza che la parziale estinzione del debito della società stessa comporterebbe come logica conseguenza l'estinzione anche della garanzia reale ipotecaria.
Il potenziale fattore di vanificazione di questo procedimento argomentativo viene individuato dalla decisione in commento in quella cospicua serie di sentenze della Cassazione che negano alla garanzia offerta da socio illimitatamente responsabile il carattere di garanzia per debito altrui, affermandone invece il carattere di garanzia per debito proprio. Viene qui in rilievo la annosa (e mai concretamente risolta, almeno a livello teorico generale) questione del rapporto tra socio e società di persone, e quindi il problema di stabilire se i meccanismi legali di responsabilità dei soci per le obbligazioni della società discendano dalla assenza di una radicale autonomia soggettiva della compagine, o se invece proprio da tali meccanismi sia possibile desumere la possibilità di distinguere anche sul piano soggettivo e patrimoniale la società dai soci.
Se, però, è indubbiamente vero che le recenti pronunce richiamate nella stessa ordinanza vengono a sollevare il problema della qualificazione della garanzia rilasciata dal socio, è tuttavia altrettanto vero che l'ordinanza in commento, nel rilevare tale distonia, sembra dimenticare la vera ragione che nel 1989 aveva condotto le Sezioni Unite ad affermare – in modo solo apparentemente contraddittorio – che la garanzia rilasciata dal socio a favore della società è una garanzia per debito altrui, ma contemporaneamente che l'apertura della procedura concordataria verrebbe a far godere al socio degli effetti dell'art. 184 l. fall., comma secondo, anche nell'ipotesi in cui abbia rilasciato una garanzia.
Il problema, infatti, era costituito, in realtà, da quel “patto contrario” cui l'art. 184 l. fall. subordina l'esclusione dei soci dall'effetto esdebitatorio del concordato. Patto contrario che, pacificamente, non può essere concluso dal socio al di fuori della procedura ed unicamente con uno o più creditori, giacché un simile accordo si tradurrebbe in una violazione della par condicio. Le Sezioni Unite, quindi, avevano ritenuto che il rilascio, da parte del socio, di garanzie a favore soltanto di alcuni dei creditori della società, potesse integrare un vulnus a tale interpretazione, ammettendo disapplicazioni surrettizie del principio di cui al secondo comma dell'art. 184 l. fall., e creando una contraddizione logica nel momento in cui i soci venivano ad essere soci illimitatamente responsabili beneficiari dell'effetto esdebitatorio e contemporaneamente coobbligati autonomi, tenuti per l'intera obbligazione garantita, nonostante l'assenza di un espresso patto contrario ex art. 184 L.F. stipulato nell'ambito della proposta concordataria ed a favore di tutti i creditori. Di qui la conclusione – non del tutto lineare, come osservato dai più attenti commentatori dell'epoca – per cui, non potendosi dichiarare direttamente la nullità o l'inefficacia della garanzia, si doveva comunque optare per una soluzione che di fatto neutralizzasse il trattamento preferenziale connesso alla garanzia medesima.
Ove si acceda a tale tesi, quindi, il fatto che la garanzia del socio concerna un debito proprio o altrui non sposta i termini della questione, che è, invece, quella del se la garanzia del socio possa costituire (anche nei casi in cui non vi sia consapevole precostituzione a tal fine) aggiramento della regola di par condicio che sarebbe desumibile dall'art. 184, comma 2, l. fall..
ll vero punto debole del ragionamento del 1989, quindi, non è quello individuato dall'ordinanza in commento, ma quello di una equazione (garanzia = violazione del 184, comma 2, l. fall.) che – al di là dei casi dimostrati di fraus - appare una forzatura logica, criticata anche dai commentatori dell'epoca.
Il tutto non senza osservare che nel caso di specie la Corte non sembra porsi il problema di una possibile rilevanza del fatto che il bene oggetto della garanzia reale fosse stato escluso dall'ambito dei beni compresi nel concordato (un concordato “pre-riforma”, peraltro).
Verrebbe da osservare, in conclusione, che l'ordinanza in commento sembra avere problemi a tenere distinto il profilo della qualificazione della garanzia rilasciata dal socio illimitatamente responsabile (come garanzia per debito proprio, oppure per debito altrui), dal profilo della operatività del primo o del secondo comma dell'art. 184 l. fall. anche per la garanzia rilasciata dai soci. Se, infatti, il principio è quello per cui il socio comunque gode dell'effetto esdebitatorio ai sensi del secondo comma dell'art. 184 l. fall., appare logico concludere che, quale che sia la natura della garanzia rilasciata dal socio, tale principio dovrebbe comunque prevalere e non essere rafforzato oppure indebolito dalla questione della natura della garanzia.
Che peraltro sia dato ravvisare una certa incertezza nel percorso dell'ordinanza emerge in modo eclatante nel momento in cui detta ordinanza viene a richiamare fra i precedenti "contrari" una decisione (la n. 23669/2006) che la stessa ordinanza poco prima (ci si riferisce proprio all'esordio del quarto paragrafo) aveva ritenuto non pertinente al caso di specie. Si tratta di una incertezza che si riflette anche sul modo con cui l'ordinanza viene a "gestire" l'ipotesi alternativa del fallimento, a tratti richiamandola espressamente, ed in altri punti accantonandola in favore delle specificità del concordato preventivo, senza affrontare il problema della “non esportabilità” del principio di cui all'art. 147 l. fall. al concordato.
Ulteriormente, appare quantomeno sbrigativa la conclusione secondo cui l'effetto esdebitatorio si dovrebbe trasmettere automaticamente anche alla garanzia di tipo ipotecario, senza che ci si ponga il dubbio se non sia possibile ravvisare una diversità di regime tra garanzie personali e garanzie reali, come pure sembrerebbe possibile ventilare sulla base del riferimento testuale dell'art. 184 l. fall. alla sola fideiussione, e cioè ad una garanzia di tipo personale.

Le questioni aperte

Va, anzi, notato come il problema dell'effetto del concordato sulla garanzia ipotecaria costituisca questione ancora aperta anche nell'ipotesi in cui detta garanzia venga concessa da un soggetto assolutamente terzo rispetto la società. Ciò in quanto il vero problema che sembra doversi affrontare è costituito dalla possibilità o meno di estendere l'effetto di estinzione dell'obbligazione anche alla garanzia reale concessa dal terzo, e cioè l'operatività o meno di quell'art. 2878, n. 3, c.c., che l'ordinanza in commento richiama, ma sulla cui valenza non si sofferma. E' quantomeno lecito auspicare che anche tale profilo venga ad essere affrontato dalla Sezioni Unite, ove la questione venga ad esse rimessa, in modo da offrire una soluzione globale del problema dei rapporti tra concordato e garanzia reale concessa da soggetti diversi dall'impresa.

Conclusioni

Appare evidente come la questione in esame presenti notevole delicatezza per ciò che concerne la formazione di un'adesione consapevole ed informata dei creditori al concordato, atteso che detta adesione potrebbe scaturire dalla (inesatta?) convinzione della conservazione integrale di garanzie che, invece, potrebbero rivelarsi interessate da un effetto di estinzione. E', anzi, agevole che – ove le Sezioni Unite dovessero far propria la tesi della estinzione della garanzia - non solo sarebbe inevitabile prevedere il voto sfavorevole da parte dei creditori muniti di garanzia reale del socio in tutti i concordati preventivi, ma si aprirebbe uno scenario di cram down dagli esiti alquanto scontati, visto che con il fallimento il creditore potrebbe aggredire, nella sottomassa del socio, il bene concesso a garanzia, con riconoscimento del privilegio.
In sintesi, pare evidente, su un piano di politica del diritto generale, che solo una conservazione quanto più ampia possibile delle garanzie in favore dei creditori sembra in grado di assicurare l'adesione piena degli stessi alla procedura di concordato, laddove una estensione delle ipotesi di estinzione delle garanzie di fatto verrebbe ad operare una selezione avversa, favorendo l'approdo della crisi d'impresa al fallimento.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Ovvio punto di partenza giurisprudenziale – atteso il richiamo espresso – è la sentenza delle Sezioni Unite 24/08/1989, n. 3749, in Giur. Comm. 1990, II, 932 (con nota di Canale, Concordato preventivo di società di persone e socio fidejussore: si pronunciano le Sezioni Unite), in Fall. 1990, 38; Corr. Giur. (con nota di Panzani, Effetto remissorio del concordato sul socio illimitatamente responsabile); Dir. Fall. 1990 II, 19 (con nota di Ragusa Maggiore, I soci illimitatamente responsabili non possono essere fideiussori nel concordato preventivo); Giust. civ. 1990, II, 383 (con nota di Lo Cascio, Concordato preventivo delle società di persone ed effetti nei confronti dei soci fideiussori delle obbligazioni sociali). Nella stessa scia Cass. 1/3/1999, n. 1688. Tra i precedenti “contrari” richiamati dall'ordinanza, cfr. Cass. 6/11/2006, n. 23669.
Sul problema della esclusione di singoli beni del socio illimitatamente responsabile (su cui l'ordinanza non si sofferma) cfr. Cass. 29/11/1995, n. 12405, in Fall., 1996, 540 (con nota di Naldini, Responsabilita' diretta dei soci nel concordato con cessione dei beni), la quale aveva affermato il principio per cui il concordato preventivo con cessione dei beni, dovendo riguardare «tutti i beni esistenti nel patrimonio del debitore», deve necessariamente investire tutti i beni dei soci illimitatamente responsabili, senza possibilità per questi ultimi di distrarre parte del loro patrimonio dal soddisfacimento delle obbligazioni sociali per destinarlo al soddisfacimento dei propri creditori particolari.
Per una rassegna di opinioni, cfr. Gianmaria, Art. 184 Effetti del concordato per i creditori, in Cavallini (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, Milano, 2010; Vitiello, Commento all'art. 184 l.f., in Lo Cascio, Codice commentato del Fallimento, Milano, 2013 (2 ed.); Filocamo, Articolo 184 – Effetti del concordato per i creditori, in Ferro (a cura di), La legge fallimentare. Commentario teorico-pratico, Padova, 2011 (2 ed.).

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