Il credito condizionale del fideiussore

Edoardo Staunovo Polacco
16 Settembre 2013

Il fideiussore del fallito che non abbia pagato il creditore prima della dichiarazione di fallimento del debitore principale può proporre insinuazione condizionale in relazione all'eventuale esercizio dell'azione di regresso.
Massima

Il fideiussore del fallito che non abbia pagato il creditore prima della dichiarazione di fallimento del debitore principale può proporre insinuazione condizionale in relazione all'eventuale esercizio dell'azione di regresso.

Con riguardo a fidejussione, la cui durata sia correlata non alla scadenza dell'obbligazione principale, ma all'integrale soddisfacimento di questa, l'azione del creditore non è soggetta ad alcun termine di decadenza, con conseguente estraneità della relativa situazione all'area di operatività dell' art.1957 c.c. , il quale peraltro non può essere invocato dal curatore del fallimento del debitore principale per contrastare l'ammissione al passivo del fideiussore, trattandosi di eccezione de iure tertii.

Il caso

Successivamente alla dichiarazione di fallimento del debitore principale, il garante insinua al passivo un credito corrispondente ad una fideiussione già escussa e, in via condizionale, un ulteriore importo relativo alla medesima fideiussione, ma oggetto di contestazione e, pertanto, non ancora pagato. Il curatore si oppone all'ammissione in via condizionale, sostenendone l'inammissibilità, ed inoltre eccepisce la decadenza ex art. 1957 c.c. in relazione al comportamento del creditore, che non aveva osservato il termine previsto dalla norma per proporre le sue istanze contro il garante. Il Tribunale, in sede di opposizione allo stato passivo, accoglie sia la domanda relativa alla parte già escussa della fideiussione, sia quella condizionale per la somma non ancora versata. Inoltre il Tribunale respinge le istanze del curatore ritenendo inapplicabile il disposto dell'art. 1957 c.c., sia in quanto eccezione de iure tertii, sia perché nel caso di specie la durata della fideiussione non era correlata alla scadenza del debito, ma all'integrale soddisfacimento dell'obbligazione principale.

Questioni giuridiche e osservazioni

Con questa pronuncia il Tribunale di Latina si esprime su due questioni, una di carattere prettamente concorsuale, l'altra di stampo più marcatamente civilistico.
La più interessante ai fini delle presenti note è la prima, non tanto per ragioni di “materia”, ma perché porta con se un interrogativo che non si poneva prima della riforma della legge fallimentare e che richiede adeguata attenzione.
Il principio al quale il Tribunale di Latina ha aderito è quello secondo il quale il fideiussore che non sia ancora stato escusso alla data della dichiarazione di fallimento può insinuarsi al passivo del fallimento del debitore principale in via condizionale, in relazione al credito di regresso derivante da una eventuale futura escussione.
L'affermazione è consolidata in giurisprudenza, ma il decreto in commento aggiunge qualcosa in più, riprendendo alcune recenti decisioni di legittimità (vengono richiamate Cass. 903/2008 e Cass. 19097/2007), vale a dire che l'insinuazione condizionale non è un obbligo, perché il fideiussore ben può attendere di essere escusso per presentare, a pagamento avvenuto, domanda di insinuazione al passivo senza alcuna condizione, in presenza, a quel punto, di tutti i presupposti per essere ammesso al passivo sic et simpliciter.
Se si condividono entrambi gli assunti, va osservato che essi devono essere ora coordinati con il nuovo procedimento di accertamento del passivo ed in particolare con il divieto delle insinuazioni cc.dd. “supertardive” per causa imputabile al creditore.
La norma di riferimento è l'art. 101, ultimo comma, l. fall., la quale dispone che, quando siano decorsi più di dodici mesi (diciotto nei casi eccezionali) dal decreto che ha dichiarato esecutivo lo stato passivo, le domande tardive sono ammissibili solo se l'istante prova che il ritardo è dipeso da causa a lui non imputabile.
Il problema si pone perché, nel momento in cui il fideiussore sceglie di non presentare la domanda condizionale e di attendere di essere escusso, oltre a non poter beneficiare degli accantonamenti sui riparti, si mette in condizione di vedersi eccepire l'inammissibilità della domanda per super-tardività ingiustificabile; nel senso, cioè, che il curatore ben può sostenere che, giacché l'ordinamento attribuisce la possibilità di insinuarsi sotto condizione, se il fideiussore non se ne avvale si pone nelle condizioni di lasciare spirare in piena consapevolezza il termine massimo di legge per le dichiarazioni tardive di credito.
Il pericolo di incorrere in pronunce di inammissibilità è quindi bene evidente e dovrebbe suggerire ai fideiussori di non attendere di essere escussi e di avvalersi senz'altro delle possibilità riconosciute dalla giurisprudenza.
Lasciando da parte, tuttavia, le considerazioni pragmatiche, occorre ricercare la soluzione del problema, anche perché esso è comune ad altre fattispecie che si stanno verificando nella prassi, ad es. quella dell'insinuazione al passivo del credito per ripetizione di indebito in caso di disconoscimento del titolo contrattuale in forza del quale l'istante aveva chiesto, in origine, di essere ammesso al passivo (titolo diverso da quello contrattuale e che ben potrebbe essere richiesto sin dall'inizio in via subordinata).
La risposta potrebbe dipendere, a mio avviso, dall'esistenza o inesistenza di contestazioni in merito all'obbligazione di garanzia.
Se non vi è contestazione, se cioè il fideiussore non ha motivo di dubitare dell'obbligo di pagare qualora il creditore decida di escuterlo, allora credo che non possa invocare la causa non imputabile per l'ammissione super-tardiva, perché in tal caso l'unico evento che si frappone all'insorgere del credito di regresso è l'escussione, che può avvenire come può non avvenire, ma si tratta di un evento futuro e incerto che, nell'impostazione maggioritaria, può equipararsi alla condizione e non giustifica l'inerzia nel chiedere l'ammissione al passivo con riserva.
Se invece l'obbligo di pagare viene contestato, allora sorge un elemento di incertezza sul presupposto “a monte” del futuro credito di regresso, e fino a che non viene risolto in via definitiva ben può giustificarsi l'atteggiamento del garante che eviti di sottoporre a verifica un credito non più - a tal punto - solo futuro e incerto in dipendenza dell'escussione, ma più radicalmente disconosciuto.
Se si accettano queste premesse si può farne conseguire che, di fronte all'insinuazione super-tardiva, il giudice della verifica dovrebbe valutare di volta in volta se il ritardo sia o non sia dipeso dalla soluzione lato sensu “pregiudiziale” di una controversia, dando ingresso alla pretesa creditoria in caso affermativo e dichiarando invece inammissibile l'istanza in caso contrario. La conclusione dovrebbe valere per il regresso del fideiussore, di cui tratta la pronuncia in commento, come per qualsiasi altro caso in cui un titolo di insinuazione dipenda dal disconoscimento di un altro titolo, ad es. l'ipotesi già ricordata della domanda di ammissione al passivo per ripetizione di indebito a seguito del disconoscimento (in via definitiva), del titolo contrattuale.
Da ultimo, va dato conto dell'altro principio espresso dal Tribunale di Latina, ossia quello dell'ambito di applicabilità della decadenza ex art. 1957 c.c. Sul punto non vi è che registrare l'adesione ai principi più volte espressi dalla Corte di cassazione e la conseguente necessità di verificare, prima di sollevare l'eccezione, quale sia l'evento al quale è collegata l'azionabilità della garanzia, fra la scadenza del credito e l'adempimento dell'obbligazione.

Conclusioni

La decisione del Tribunale di Latina, in definitiva, può essere condivisa su entrambi i punti esaminati, ma deve essere in parte coordinata con la nuova disciplina del diritto fallimentare e con la non più illimitata proponibilità (“fino a che non siano esaurite tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare”), delle dichiarazioni tardive di credito.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sull'insinuazione al passivo del fideiussore si vedano Cass. 1 marzo 2012, n. 3216; Cass. 17 gennaio 2008, n. 903; Cass. 11 settembre 2007, n. 19097; Cass. 21 luglio 2004, n. 13508; Cass. 27 giugno 1998, n. 6355. In dottrina si vedano, da ultimo, BOZZA, Il regresso del fideiussore che ha pagato il creditore principale dopo la dichiarazione di fallimento del comune debitore, in Fall.2012, 938; CATALDO, L'ammissione allo stato passivo del credito di regresso del fideiussore verso il fallito, ivi, 2008, 542.
Sull'ambito di applicabilità dell'art. 1957 c.c., in senso conforme alla pronuncia in commento, Cass. 27 novembre 2002, n. 16758.

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