Contenuto e limiti degli atti di frode nella revoca del concordato preventivo

Elena Genero
17 Gennaio 2014

Nel concordato preventivo, il procedimento di cui all'art. 173 l. fall può essere attivato in qualsiasi momento e il Tribunale può revocare il provvedimento di ammissione al concordato anche in sede di discussione sull'omologa dello stesso.
Massima

Nel concordato preventivo, il procedimento di cui all'art. 173 l. fall può essere attivato in qualsiasi momento e il Tribunale può revocare il provvedimento di ammissione al concordato anche in sede di discussione sull'omologa dello stesso.

Per "atti di frode" devono intendersi quei comportamenti volti ad ingannare i creditori sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione, e quindi idonei a pregiudicare il potere dei creditori di compiere valutazioni di competenza in merito alla effettiva situazione patrimoniale dell'impresa in crisi L'esposizione di passività insussistenti è idonea ad alterare la formazione della volontà dei creditori, inducendoli a ritenere svantaggiosa qualsiasi alternativa alla proposta di concordato, andando quindi a compromettere il percorso logico che conduce alla determinazione del voto.

Il caso

Il Tribunale fallimentare di Padova è chiamato a pronunciarsi sull'opposizione all'omologa di concordato preventivo ai sensi dell'art. 180 l. fall., proposta da una società creditrice della ricorrente. Tale opposizione si fonda su due episodi, anteriori alla proposizione della domanda di concordato preventivo, che, a parere della creditrice, denotano l'esplicita volontà del debitore di ledere gli interessi del ceto creditorio. Si tratta, nello specifico, di una cessione di ramo d'azienda avvenuta in conflitto di interessi e senza una perizia di stima e della vendita di un magazzino (anche questa non corredata da una perizia di stima) il cui prezzo non era stato corrisposto.

L'inquadramento giuridico e la soluzione

In primis, il Tribunale di Padova riconduce l'opposizione al procedimento ex art. 173 l. fall., sulla scorta dei motivi addotti nella memoria di costituzione e opposizione della società creditrice. Infatti, in quella sede la stessa aveva lamentato il compimento da parte della società ricorrente di atti distrattivi, richiamando così il concetto di “atti di frode” presente nella medesima disposizione. Sulla base di detto inquadramento giuridico, il Tribunale giunge a rigettare l'opposizione - procedendo quindi all'omologa del concordato – sul fondamento delle seguenti argomentazioni: il primo comma dell'art. 173 l. fall. indica una serie esemplificativa di condotte senza dubbio di natura fraudolenta, ma che non per questo comportano che tutti gli atti fraudolenti siano rilevanti ai sensi della norma in esame. A questa conclusione il giudicante perviene attraverso una lettura teleologica e sistematica dell'art. 173 l. fall., in relazione alla circostanza che non è più richiesto dalla legge il requisito della “meritevolezza” per accedere alla procedura concordataria. Pertanto, l'atto che sia pregiudizievole per le ragioni economiche dei creditori, ancorché distrattivo, non è di per sé fraudolento. Gli atti di frode a cui fa riferimento la norma sono quindi quelli idonei ad alterare la formazione della volontà dei creditori, il cui consenso alla proposta di concordato viene carpito con l'inganno, non tutti quelli che oggettivamente pregiudicano la loro posizione economica. A riprova di ciò, il Tribunale porta come esempio l'esposizione di passività insussistenti, menzionata come uno degli atti di frode dall'art. 173 l. fall.: è evidente, infatti, come non si tratti di una condotta pregiudizievole per i creditori, ma che sia non dimeno idonea a sviare il percorso logico che li conduce ad esprimere una posizione in merito alla proposta di concordato. Infine, il Giudicante, nel considerare la condotta della società ricorrente come non frodatoria ai sensi dell'art. 173 l. fall., ricorda come le operazioni contestate fossero state riportate in modo puntuale nella domanda di concordato preventivo, e pertanto i creditori erano a conoscenza fin dall'atto introduttivo delle condotte poste in essere dalla debitrice: se nonostante ciò la maggioranza ha comunque prestato il proprio consenso al concordato, il Tribunale non ravvisa ulteriori estremi per revocarne l'ammissibilità.

Osservazioni

Nella pronuncia in commento il Tribunale adito applica i principi e criteri direttivi elaborati dalla più recente giurisprudenza di legittimità relativamente al primo comma dell'art. 173 l. fall., soprattutto per quanto concerne la portata dei cd. atti di frode. La sentenza, infatti, richiama testualmente in più parti la decisione della Suprema Corte n. 13817 del 2011, in cui la Cassazione ha fissato alcuni punti fermi, non ultimo il tipo di controllo che il Tribunale esercita nel valutare l'ammissibilità o meno della proposta di concordato. Il problema della portata del sindacato giurisdizionale sul concordato è forse una delle questioni più dibattute in materia, su cui peraltro si sono pronunciate le Sezioni Unite nel gennaio 2013 (Cass. Sez. Un. n. 1521/2013). Se infatti è vero che successivamente alla riforma del 2007 al giudice è affidato un controllo formale – ossia accertare che la documentazione allegata alla domanda sia regolare e completa - senza entrare nel merito della fattibilità della proposta, da ciò consegue che non può riproporsi lo stesso problema in sede di giudizio ex art. 173. Per contro, una lettura “sistematica” della disposizione porta il Tribunale di Padova a ritenere che solo gli atti idonei a sviare il giudizio dei creditori rientrano nella disposizione menzionata, indipendentemente dal fatto che gli stessi siano pregiudizievoli per le loro ragioni economiche. Facendo applicazione dei principi di diritto elaborati nella citata sentenza della Cassazione, il Tribunale non ravvisa nel caso concreto gli estremi di una condotta frodatoria da parte della debitrice, e ciò per due ragioni. Per la prima, entrambe le condotte contestate erano state precisamente indicate nella domanda di concordato: nulla era stato taciuto ai creditori, per cui non poteva dirsi integrato il presupposto della “scoperta” richiesto dal 173 l. fall. Sul punto vi è però da rilevare che non tutte le sentenze di merito concordano con questa impostazione: una pronuncia del Tribunale di Monza del 25 novembre 2011, per esempio, nega con chiarezza che ciò sia sufficiente ad escludere il carattere frodatorio dell'atto. In secondo luogo, per il Collegio, il modus operandi della società ricorrente non integra quell'abuso dello strumento concordatario che, come affermato dalla Cassazione, si realizza quando “determinati comportamenti depauperativi del patrimonio siano stati posti in essere con la (…) finalità di avvalersi dello strumento del concordato”.

Conclusioni

La sentenza del Tribunale di Padova ha l'indubbio merito di aver dato una panoramica della questione, aggiornata ai più recenti orientamenti giurisprudenziali relativamente al procedimento di revoca dell'ammissione al concordato preventivo ex art. 173 l. fall., meno “rigidi” nei confronti dell'imprenditore ricorrente e soprattutto volti a tutelare il creditore non aprioristicamente, ma soltanto laddove lo stesso sia stato tratto in inganno. Inoltre, è da rilevare che lo stesso Giudice, per arrivare ad escludere i presupposti della frode, ha compiuto una specifica indagine sulle circostanze concrete, al fine di valutare la sussistenza o meno del carattere doloso degli atti posti in essere dal proponente il concordato.

Riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

La sentenza in commento fa applicazione dei principi sanciti dalle cd. sentenze gemelle Cass. Civ. Sez. I, 23 giugno 2011, n.13817 e n. 13818 in Giur. It., 1, 2012, 82 (con nota di Tedoldi, A., Il sindacato giurisdizionale sulla fattibilità del piano e l'art. 173 l. fall. nel concordato preventivo: la Cassazione e il cigno nero).
Per quanto concerne la nozione di “altri atti di frode”, si segnala Cass. Civ. Sez. I, 5 agosto 2011, n. 17038, in Dir. Fall., 3-4, 2012, 355 (con nota di Vecchione, L., Sull'indagine del carattere doloso degli “altri atti di frode” nel procedimento di revoca dell'ammissione al concordato preventivo ex art. 173 l. fall.), dove la Suprema Corte ha affermato che gli altri atti di frode rilevanti per la revoca dell'ammissione al concordato preventivo ex art. 173 l. fall. necessitano dell'indagine del carattere doloso della condotta del proponente anteriormente alla presentazione della domanda di concordato. Di particolare interesse anche Trib. Monza, 25 novembre 2011 (con nota di Goretti, P.S., La valutazione di opportunità del Tribunale sull'ammissione al concordato preventivo in presenza di atti in frode ai creditori, in Riv. Dott. Comm., 2012, 1, 175) in cui i Giudici di merito affermano, tra l'altro, che per l'accertamento di cui all'art. 173 l. fall. non rileva la circostanza che il debitore abbia o meno indicato nel proprio ricorso il fatto contestato come frodatorio. Si veda anche Trib. Mantova, 12 luglio 2012 (con nota di Penta, A., La sottile linea di demarcazione tra le valutazioni di convenienza del ceto creditorio ed il giudizio di fattibilità del Tribunale, in Fall. 2013, 452. Affronta il più ampio tema della fattibilità del concordato, con risvolti inerenti l'art. 173 l. fall., Cass. Sez. Un. 23 gennaio 2013, n. 1521 in Riv. dir. comm. 2013, 189 (con nota di Terranova, G., La fattibilità del concordato).
La norma che viene in rilievo nel caso di specie è l'art. 173, I co., l. fall., indicante gli atti di frode commessi dal ricorrente, che comportano l'apertura del procedimento di revoca dell'ammissione al concordato preventivo.

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