Concordato preventivo: il controllo di fattibilità giuridica e l’attestazione del professionista

04 Aprile 2014

Il professionista nominato ai sensi dell'articolo 161, comma 3,  l. fall. svolge, nella fase dell'ammissione al concordato preventivo, le funzioni di ausiliario del tribunale in considerazione delle competenze che, in questa fase, sono richieste per la valutazione sulla veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano.Il professionista nominato ai sensi dell'articolo 161, comma 3, l. fall.  nell'ambito dell'attestazione deve esporre la metodologia utilizzata per la verifica in ordine alla completezza e veridicità dei dati aziendali (in termini di esigibilità dei crediti, di consistenza di magazzino ecc.). La funzione svolta in posizione di terzietà ed indipendenza rispetto alla società ricorrente gli impone di riscontrare eventuali perizie depositate dalla ricorrente con l'ausilio di altri professionisti, oppure di spiegare compiutamente i motivi che lo portano a concordare con le conclusioni del perito nominato dall'imprenditore.
Massima

Il professionista nominato ai sensi dell'articolo 161, comma 3, l. fall. svolge, nella fase dell'ammissione al concordato preventivo, le funzioni di ausiliario del tribunale in considerazione delle competenze che, in questa fase, sono richieste per la valutazione sulla veridicità dei dati aziendali e della fattibilità del piano.

Il professionista nominato ai sensi dell'articolo 161, comma 3, l. fall. nell'ambito dell'attestazione deve esporre la metodologia utilizzata per la verifica in ordine alla completezza e veridicità dei dati aziendali (in termini di esigibilità dei crediti, di consistenza di magazzino ecc.). La funzione svolta in posizione di terzietà ed indipendenza rispetto alla società ricorrente gli impone di riscontrare eventuali perizie depositate dalla ricorrente con l'ausilio di altri professionisti, oppure di spiegare compiutamente i motivi che lo portano a concordare con le conclusioni del perito nominato dall'imprenditore.

Nell'ambito della verifica della sussistenza in ordine alla c.d. “fattibilità giuridica”, se è preclusa al tribunale ogni valutazione sul merito della proposta, compito del giudice è quello di verificare la causa concreta del concordato al fine di garantire che il successivo giudizio dei creditori sia espresso correttamente.

Il caso

Proposta istanza di “concordato prenotativo”, la società ricorrente deposita successivamente la proposta e il piano con la documentazione prevista dal secondo e dal terzo comma dell'articolo 160; in particolare, il piano prevede la liquidazione del patrimonio sociale e la soddisfazione integrale dei creditori prededucibili e privilegiati nel termine di un anno, nonché il pagamento del ceto chirografario nella percentuale del 39% nel termine di tre anni.
Ai sensi dell'articolo 162 l. fall. il Tribunale di Busto Arsizio chiede un' integrazione della documentazione depositata; successivamente all'integrazione richiesta il tribunale evidenzia come buona parte dell'attivo concordatario sia costituito da crediti nei confronti di clienti, i quali non possono ritenersi certi né esigibili, essendo in corso giudizi civili per il loro definitivo accertamento.
Da parte del tribunale si evidenzia altresì come nell'ambito del piano concordatario non sia stata presa in considerazione l'alea che caratterizza ogni giudizio civile, e tale incertezza andrebbe, necessariamente, ad incidere sulla quantificazione del patrimonio da liquidare, né la verosimiglianza del termine entro il quale effettuare la liquidazione.
Profili di criticità vengono sollevati anche con riferimento all'attestazione del professionista il quale, nonostante le richieste di integrazione da parte del Tribunale, non fornisce una convincente ricostruzione in ordine alla “fattibilità economica” del piano e alla veridicità dei dati aziendali, limitandosi a recepire, acriticamente, le stime e le conclusioni esposte nello stesso piano del debitore,
Ad avviso del Tribunale, l'attestatore è venuto meno, pertanto, al ruolo di “ausiliario del giudice” (che gli è stato riconosciuto da parte della Corte di cassazione nella ormai nota sentenza del 23 gennaio 2013 n. 1521), proprio al fine di rendere edotti e pienamente informati i creditori in ordine alla “fattibilità economica” della proposta concordataria
Osserva ancora il tribunale come l'evidenziata carenza dell'attestazione incida – inevitabilmente - sulla sussistenza della "fattibilità giuridica", in quanto viene meno la stessa funzione che la legge attribuisce all'attestatore e cioè quella di garantire che il giudizio dei creditori venga espresso correttamente.
La mancanza di una corretta e completa informazione nei confronti dei creditori, dovuta anche alle obiettive difficoltà di attestare l'esistenza di un attivo concordatario non ancora liquido ed esigibile, rende la relazione del professionista nominato dal debitore, ad avviso dei giudici lombardi, del tutto inadeguata, con conseguente dichiarazione di inammissibilità del concordato preventivo e decisione sull'istanza di fallimento proposta nei confronti della società debitrice.

Le questioni giuridiche

Le modifiche normative attuate con il D.L. 22 giugno 2012 n. 83, convertito nella L. 7 agosto 2012 n. 134, lette in combinato con le indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521, fanno ritenere che il potere di controllo del Tribunale in ordine alla fattibilità del concordato preventivo debba essere limitato alla “fattibilità giuridica o formale” ed anticipato già alla fase di ammissione.
Del tutto correttamente il Tribunale di Busto Arsizio ha fatto applicazione di tali principi nella fase di ammissione del concordato, interpretando, peraltro in modo condivisibilmente rigoroso, la verifica della sussistenza dei presupposti di "fattibilità giuridica” cui deve ora considerarsi condizionata l'ammissione alla procedura, richiedendo che fra tali presupposti vi sia anche una “attestazione idonea” da parte del professionista.
L'attestazione potrà ritenersi tale solo quando lo stesso professionista, nell'ambito della propria relazione, indichi in modo specifico il percorso logico attraverso il quale giunge ad affermare la fattibilità del piano concordatario, nonché le verifiche effettuate, la metodologia e i criteri seguiti per attestare e certificare la veridicità dei dati aziendali.
Da parte del Tribunale lombardo si evidenzia come – attesa la natura informativa nei confronti dei creditori che è stata attribuita dalla Corte di Cassazione a tale documento – il professionista non potrà più sfuggire ad un onere di stringente motivazione in ordine ai due aspetti che caratterizzano la predetta relazione: la fattibilità del concordato e la veridicità dei dati aziendali.
Con riferimento all'aspetto della c.d. “fattibilità giuridica”, da parte della giurisprudenza (cfr. Trib. Padova, 20 dicembre 2012, decr.), si è richiesto che “la motivazione del giudizio di fattibilità debba essere adeguata, completa e coerente con la motivazione” precisando poi che “… il professionista attestatore dovrà specificare quali verifiche abbia svolto onde appurare la fondatezza e corrispondenza ai principi contabili dei dati messi a sua disposizione, quali verifiche abbia compiuto in ordine all'esistenza ed all'ammontare dei debiti e a fondamento della valutazione di esigibilità dei crediti, nonché quali concrete valutazioni di fattibilità del piano abbia compiuto” (v. anche Trib. Monza, 22 gennaio 2013).
Con riferimento alla valutazione dei crediti si è poi specificato che l'attestatore “… dovrà indicare i criteri di valutazione degli stessi e le ragioni che inducano a non svalutarli, dovrà verificare se siano stati emessi dei protesti nei confronti delle società creditrici, quali siano le date di anzianità dei crediti, le condizioni finanziarie patrimoniali, se i creditori siano soggetti in difficoltà o in procedura concorsuale, se vi siano stati tentativi di recupero e se i crediti siano contestati. Con riferimento alle proposte pervenute, l'attestatore dovrà accertare la genuinità, veridicità e la serietà di un'eventuale proposta irrevocabile d'acquisto di un cespite aziendale contenuta nel piano di cui all'art. 160 l. fall. Riferendo inoltre quali concrete valutazioni di fattibilità del piano abbia compiuto” (Trib. Monza 22 gennaio 2013, cit.).
In altra occasione (Trib. Firenze 7 gennaio 2013), si è poi sottolineato che “... l'attestazione del professionista di cui all'art. 161, comma 3, legge fallimentare, deve offrire garanzia ai creditori, come al giudice, sull'esito positivo delle analisi compiute dal debitore rispetto ai dati aziendali e sulla conseguente verosimile certezza che quanto previsto nel piano possa effettivamente realizzarsi nei modi e tempi proposti. Un'attestazione che esprima valutazioni sulla fattibilità di mera "possibilità" o anche "probabilità" è priva dei requisiti prescritti per legge e deve quindi condurre all'inammissibilità della proposta concordataria, ove il professionista incaricato non provveda a rivederla nel termine all'uopo assegnabile dal tribunale.
Sempre in ordine alla sussistenza di un preciso onere motivazionale in capo all'attestatore si è ancora statuito (Trib. di Siracusa, 2 maggio 2012) che “…In tema di ammissione del concordato preventivo, il tribunale deve verificare non solo che i documenti prodotti siano aggiornati, dettagliati e completi e che la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati e la fattibilità del piano sia adeguatamente motivata, ma anche che non ricorrano - alla luce dei dati conoscitivi disponibili, eventualmente apportati dal P.M. legittimamente intervenuto - ipotesi di nullità ex art. 1421 c.c. attinenti alla violazione di norme imperative, alla illiceità o all'impossibilità dell'oggetto, che - anche mediante sopravvalutazione di cespiti patrimoniali o indebita pretermissione o svalutazione di voci del passivo - si traducano in un vizio genetico della causa, accertabile in via preventiva in ragione della totale ed evidente inadeguatezza del piano e non sanabile dal consenso dei creditori”.
Pertanto nella prospettiva di una valorizzazione del ruolo che la legge ha assegnato al professionista attestatore, ed a cui ha aderito esplicitamente il Tribunale di Busto Arsizio, si è ancora precisato (Trib. Roma 25 luglio 2012) che qualora il medesimo “... allo scopo di attestare fattibilità del piano concordatario si avvalga dell'operato e delle valutazioni di altri soggetti, deve far proprie le loro conclusioni e produrre una esplicita assunzione di responsabilità in ordine al loro operato”.
La necessità di un adeguato apparato motivazionale che sorregga l'attestazione di fattibilità è stata ribadita anche da parte di quella giurisprudenza che ha evidenziato come il professionista che attesta il piano di cui all'articolo 161 legge fallimentare non può limitarsi alla dichiarazione di conformità della proposta ai dati contabili, “… dovendo invece desumere i dati in questione dalla realtà dell'azienda che egli deve indagare verificando la reale consistenza del patrimonio, esaminando e vagliando i dati che lo compongono. Nell'ambito di questa indagine rientra l'accertamento che i crediti vantati siano esistenti e concretamente esigibili in quanto relativi a debitori solvibili” (Trib. Mantova 28 maggio 2012).
Pertanto, nell'ambito della verifica della “fattibilità giuridica” – da parte dell'Autorità Giudiziaria - non potrà prescindersi da una puntuale verifica in ordine all'esplicita indicazione da parte dell'attestatore circa la concreta fattibilità economica in relazione agli obiettivi che si propone il piano concordatario e alla specifica situazione concreta, e ciò in quanto è proprio l'aspetto della fattibilità del piano che è collegato al contenuto della proposta e alle modalità individuate dal debitore stesso di superamento della crisi di impresa.
In tale prospettiva saranno diverse le condizioni di fattibilità a seconda che il piano sia liquidatorio o di ristrutturazione e contempli o meno la prosecuzione dell'attività d'impresa. Pertanto l'attestatore dovrà dar conto dei criteri seguiti per l'espressione del giudizio ed esplicitare il percorso logico seguito nell'esame della fattibilità, e, con adeguata motivazione, dovrà esprimere un giudizio di “... concreta verosimiglianza, nel senso che la situazione (necessariamente futura) prospettata nel piano deve apparire il naturale sviluppo, secondo logiche di esperienza e in base ai dettami delle discipline economiche finanziarie, delle premesse del piano e delle condotte attuative finalizzate alla sua esecuzione. Anche in questo caso, l'attestatore dovrà attenersi a criteri di prudenza, tenendo conto del fatto che ai creditori non interessa la possibilità astratta, ma la concreta praticabilità della soluzione proposta” (Trib. Firenze 9 febbraio 2012).
Tali considerazioni hanno trovato conferma nelle indicazioni di quella dottrina che afferma che l'obbligo di descrizione analitica delle modalità e dei tempi di adempimento della proposta stabilito dall'art. 161 comma 2 lett. e) non appare riferito unicamente all'ipotesi di ricorso per l'ammissione al concordato preventivo “senza riserva”, precisando poi come “… tale onere dovrà rispettarsi anche nella fattispecie di ricorso ex art. 161, comma 6, l. fall., una volta presentato il piano: viceversa, qualora si ammettesse una descrizione sintetica in caso di concordato “con riserva”, oltre a contrastare con la lettera della disposizione, verrebbe meno il sistema di tutele e “contrappesi” che caratterizzano il nuovo istituto” (cfr. Nocera, Finanziamenti prededucibili ex art. 182-quinquies, in Fall., 2013, 1465).
Il controllo del Tribunale mediante la verifica dell'impianto motivazionale dell'attestazione e la sua adeguatezza al caso concreto sussisterà – naturalmente - anche in caso di finanziamenti prededucibili o autorizzazioni a pagare crediti anteriori al ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6.
Con particolare riferimento all' attestazione della veridicità dei dati aziendali, la giurisprudenza di merito appare ormai consolidata nell'affermare che il professionista dovrà attenersi a criteri particolarmente rigorosi anche per evitare la configurabilità di una responsabilità penale a suo carico prevista dall'art. 236-bis l.f..
Va precisato che la necessità di un controllo effettivo ed analitico da parte del professionista sulla contabilità del proponente era stata evidenziata, oltre che dalla giurisprudenza, in passato anche dalla dottrina (cfr. Genoviva, I limiti del sindacato del tribunale nel concordato preventivo alla luce del “correttivo”, in Fall., 2008, 688 ss.) la quale, al fine di chiarire i limiti del sindacato del tribunale nella fase iniziale della procedura di concordato preventivo, aveva affermato che “… a norma dell'art. 162 l.fall, così come modificato dal D.Lgs. n. 169/2007, il tribunale deve verificare la sussistenza dei “presupposti” di cui all'art. 161 l.fall., tra i quali vi è appunto la relazione dell'esperto, attestante la veridicità dei dati aziendali”.
Una volta introdotta la specifica ipotesi di responsabilità penale per il professionista attestatore ai sensi dell'art. 236-bis l. fall.(su tale aspetto in dottrina cfr. Bertolini Clerici, Bottai, Pagliughi, Il professionista attestatore: relazioni e responsabilità, Milano, 2013, in particolare 71; Manfredi, Appunti brevi sulle competenze e sulle responsabilità dell'attestatore ex art. 67 l.fall., in ilFallimentarista.it), da parte della giurisprudenza si è ribadito che “… nel concordato preventivo, con specifico riguardo all'attestazione di veridicità dei dati aziendali, il giudizio dell'attestatore non può limitarsi a una mera dichiarazione di conformità, ovvero di corrispondenza formale dei dati utilizzati per la predisposizione del piano a quelli risultanti dalla contabilità, ma, al contrario, tale giudizio comporta che il professionista accerti e attesti che i dati in questione siano “effettivamente reali” (Trib. Benevento 23 aprile 2013, in Fall. 2013, 1373, con commento di Ranalli, Il controllo del professionista attestatore: elementi di criticità).
Si è poi specificato come “… il concetto di “veridicità” dei dati aziendali di cui all'articolo 161, comma 3, l. fall.deve essere ricondotto a quello di “rappresentazione veritiera e corretta” ex art. 2423 c.c., e deve, quindi, essere inteso in termini di “corrispondenza al vero”. In questa prospettiva, il professionista attestatore sarà tenuto ad esaminare e verificare i singoli elementi contabili ed extracontabili su cui il piano concordatario si fonda, vale a dire tutti i dati di natura contabile, aziendalistica e giuridica rilevanti ai fini dell'attuabilità del piano, con la precisazione che particolare attenzione l'attestatore deve prestare agli elementi di maggiore importanza in termini quantitativi (ad esempio, crediti rilevanti), alle componenti del capitale circolante che generano flussi di cassa (ad esempio, scorte, crediti, debiti, ecc.), ed agli elementi con profili di rischio elevato ai fini dell'attestazione (ad esempio, avviamenti di assets da dismettere, fondi di rischio ed oneri).
Alla luce di tali premesse è stato considerato (Trib. Novara 27 novembre 2012 ) “… inadempiente il professionista che, incaricato di redigere la relazione di cui all'articolo 161, comma 3, legge fallimentare, con riferimento alla questione della veridicità dei dati aziendali, si sia limitato a richiamare la relazione redatta dalla società di revisione, senza dar atto di alcuna attività accertativa da lui specificamente svolta, che trascuri di valutare la fattibilità del piano, ometta ogni considerazione sulla omogeneità della posizione giuridica e sugli interessi economici dei creditori che compongono le varie classi, sulla congruità delle diverse percentuali di soddisfazione offerte ai creditori nonché sul raffronto comparativo tra la soddisfazione proposta in sede concordataria e quella realizzabile in sede fallimentare e che, infine, trascuri di riferire sul rispetto dell'ordine delle cause legittime di prelazione”.
L'esigenza di una verifica autonoma ed indipendente da parte del professionista attestatore è stata ribadita dal Tribunale di Casalmonferrato (25 marzo 2011 in OCI.it, mass. n. 488) da parte del quale si è condivisibilmente precisato che “in sede di ammissione al concordato preventivo, il controllo giudiziale, benchè non diretto alla verifica della convenienza e della fattibilità della proposta, deve dar conto positivamente della regolarità e completezza della documentazione, tra cui il riscontro di una relazione di attestazione conforme al tipo legale e dunque adeguatamente motivata, con indicazione delle verifiche effettuate, nonché della metodologia e dei criteri seguiti per pervenire all'asseverazione sulla veridicità dei dati aziendali ed alla conclusione di fattibilità del piano”.
Analoghe indicazioni dovranno essere esposte nella valutazione delle passività, ove l'attestatore dovrà verificare “…. che quelle esposte siano (quantomeno) quelle risultanti dalla contabilità e dagli altri documenti aziendali (non solo dal bilancio), nonché dalle informazioni che egli possa assumere presso clienti, banche e fornitori; che il debitore abbia tenuto conto, nella proposta, della natura dei crediti vantati nei suoi confronti (privilegiati o chirografari), indagando la condizione del creditore e la causa del credito; che il debitore abbia palesato l'esistenza di diritti reali di garanzia esistenti sui suoi beni; che abbia tenuto conto delle passività potenziali connesse agli obblighi contributivi o fiscali, ovvero la posizione di garanzia assunta rispetto ai lavoratori; che abbia adeguatamente considerato i rischi connessi ai contenziosi pendenti o prevedibili; che abbia risolto (o programmato di risolvere) secondo legge e contratto i rapporti giuridici pendenti. Anche in questo caso, dovrà seguire criteri di prudenza assumendo, nel dubbio, al valore più alto le passività accertate” (Trib. Mantova, 28 maggio 2012).
Si è poi presa esplicita posizione anche in ordine alla necessaria attestazione di veridicità di dati contabili nelle ipotesi di finanziamenti prededucibili ex art. 182-quinquies l. fall.(Trib. Terni, in Fall. 2013, 1463) specificando che “ nell'ambito dell'autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili ex art. 182-quinquies l.fall., sebbene non espressamente contemplata dalla lettera di tale disposizione, l'attestazione della veridicità dei dati aziendali costituisce un passaggio implicito ed imprescindibile della relazione richiesta al professionista circa la funzionalità dei finanziamenti alla migliore soddisfazione dei creditori, la quale risulterebbe, altrimenti, viziata a monte, da un difetto di attendibilità tale da inficiare qualsiasi voglia- per quanto ineccepibile – argomentazione logica e tecnica di supporto alle conclusioni rassegnate”.
In tale prospettiva da parte della dottrina (Cfr. Nocera, op. cit., 1467) si è evidenziato che “non può più revocarsi in dubbio che il professionista sia chiamato ad attestare anche la veridicità dei dati aziendali, che come anche le informazioni, la cui rispondenza al vero è presidiata ora dalla sanzione penale di cui all'art. 236-bis l. fall., sono tutte quelle riguardanti dati economici, finanziari, e patrimoniali del debitore, richiamati funzionalmente nel piano “ .
Il rigoroso orientamento giurisprudenziale e dottrinale – che riteniamo di condividere pienamente - trova peraltro conferma in ulteriori solide argomentazioni dottrinali (Patti, Quale professionista per le nuove soluzioni della crisi di impresa: alternative al fallimento, in Fall. 2008 1071 ss.).
Il Tribunale di Busto Arsizio, prevedendo l'esplicitazione della metodologia utilizzata per la verifica in ordine al giudizio di completezza e veridicità dei dati aziendali, si colloca nell'ambito del citato orientamento giurisprudenziale, secondo cui, affinché la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano possa dirsi adeguatamente motivata, dovranno essere indicate le verifiche effettuate nonché la metodologia ed i criteri seguiti per pervenire all'attestazione di veridicità dei dati aziendali.
È evidente la ragione dell'esplicitazione di tali criteri: solo in tal modo il commissario giudiziale potrà essere messo in condizione di valutare criticamente la documentazione prodotta ed elaborare una relazione idonea a rendere possibile, da parte dei creditori chiamati a votare la proposta, la percezione quanto più esatta possibile della realtà economica ed imprenditoriale.
L'importanza e la necessità di “adeguate” attestazioni di veridicità dei dati contabili appare importante anche sotto un altro aspetto recentemente analizzato in dottrina con riferimento al problema dell'”abuso” dello strumento del concordato preventivo (cfr. Lamanna, Profili di abuso e limiti nella reiterazione di domande di preconcordato, di concordato e di omologa di accordi, in ilFallimentarista.it): un'adeguata e ben motivata relazione costituisce un “filtro preventivo”, diretto ad evitare l'inizio di procedure destinate, fin dall'origine, ad un esito infausto, ma che, per il solo fatto della intervenuta ammissione, nel frattempo sono idonee a porre in essere effetti paralizzanti delle azioni esecutive dei creditori o a far scadere i termini per le eventuali azioni revocatorie.
In altre parole, la serietà e la completezza della relazione dell'attestatore serve oltre che a rendere pienamente informati i creditori, anche ad evitare un “abuso” della procedura da parte del debitore.
Da ultimo è altresì evidente che in caso di concordato in continuità “la veridicità dei dati aziendali” rappresenta un (ulteriore) presupposto logico necessario anche in vista della valutazione dell'incidenza delle operazioni che il debitore intende porre in essere con la nuova finanza, sul valore del patrimonio aziendale, prodromica all'espressione del giudizio circa la loro funzionalità alla migliore soddisfazione dei creditori” (cfr. in tal senso Trib. Terni, cit., 1463; nonché Ranalli, Il giudizio integrativo sul miglior soddisfacimento dei creditori nei concordati in continuità: un profilo centrale dell'attestazione del professionista, in ilFallimentarista.it).

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Oltre alla giurisprudenza ed alla dottrina richiamate nel testo, si consultino altresì per opportuni approfondimenti in giurisprudenza: Trib. Roma, 5 maggio 2012, in ilFallimentarista.it; Trib. Roma 1 febbraio 2012, ivi; Trib. Crotone, 26 ottobre 2011, in Dir. fall., 2012, II, 408 ss.; Trib. Milano, 4 ottobre 2012, in ilFallimentarista.it; Trib. Novara, 29 giugno 2012, ivi; App. Firenze, 27 febbraio 2013.
In dottrina cfr. Bersani, Brevi note in tema di criteri di ammissibilità del concordato preventivo, in ilFallimentarista (commento a Trib. Padova, 20 dicembre 2012); Di Marzio, Il principio di diritto sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato stabilito dalla Cassazione a Sezione Unite, ivi; Pirruccio, Limitati i poteri di controllo sulle conclusioni del professionista allegate alla proposta, in Guida al dir., 2011, 91 ss.; Rago, I poteri del tribunale sul controllo della fattibilità del piano nel concordato preventivo dopo il decreto correttivo, in Fall. 2008, 265; Commisso, Il soddisfacimento non integrale dei creditori privilegiati nel concordato preventivo, in ilFallimentarista.it; Nardecchia, Esame della proposta di concordato preventivo, nota a Trib. Udine 6 maggio 2011, in Fall., 2011, 1449 ss.; Staunovo Polacco, Concordato: inammissibilità per difetto di attestazione sulla veridicità dei dati e per pagamento dilazionato dei creditori privilegiati, in ilFallimentarista.it; Conca, Il rapporto tra autonomia privata e controllo giudiziale nel concordato preventivo, ivi.

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