Effetti della domanda di concordato sulle procedure esecutive e cautelari pendenti

10 Gennaio 2014

In pendenza del termine per la proposizione della proposta di concordato preventivo, la procedura (esecutiva, cautelare o esecutiva di un provvedimento cautelare) si trova in una fase analoga a quella della sospensione che si verifica ex lege all'atto della pubblicazione della domanda di concordato presso il Registro delle Imprese, nonché alla sospensione c.d. “esterna” che si verifica nell'esecuzione forzata ex art. 623 c.p.c. per vicende legate al titolo che apre l'esecuzione.A norma dell'art. 168 l. fall., nessuna azione esecutiva può essere iniziata o proseguita, a pena di nullità, nei confronti del patrimonio del debitore dalla data in cui questi abbia chiesto l'ammissione alla procedura concordataria e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione.
Massima

In pendenza del termine per la proposizione della proposta di concordato preventivo, la procedura (esecutiva, cautelare o esecutiva di un provvedimento cautelare) si trova in una fase analoga a quella della sospensione che si verifica ex lege all'atto della pubblicazione della domanda di concordato presso il Registro delle Imprese, nonché alla sospensione c.d. “esterna” che si verifica nell'esecuzione forzata ex art. 623 c.p.c. per vicende legate al titolo che apre l'esecuzione. (massima Tribunale Milano)

A norma dell'art. 168 l. fall., nessuna azione esecutiva può essere iniziata o proseguita, a pena di nullità, nei confronti del patrimonio del debitore dalla data in cui questi abbia chiesto l'ammissione alla procedura concordataria e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione. (massima Tribunale Verona)

I casi decisi

Le pronunce in rassegna risolvono in termini soltanto in apparenza difformi la questione avente ad oggetto le conseguenze sugli atti esecutivi o cautelari già posti in essere della pubblicazione nel Registro delle Imprese del ricorso per concordato preventivo.
Più in particolare, infatti, il Tribunale di Milano, chiamato a pronunciarsi in sede di reclamo avverso il provvedimento dichiarativo della nullità della procedura di attuazione nelle forme dell'esecuzione presso terzi di un sequestro conservativo, ha accolto il ricorso affermando che, almeno nel periodo anteriore alla presentazione della proposta concordataria, atteso l'effetto meramente sospensivo del c.d. automatic stay, il procedimento esecutivo, cautelare o esecutivo di misura cautelare incardinato nei confronti del debitore che ha presentato ricorso di concordato deve soltanto essere sospeso e non immediatamente dichiarato improcedibile con conseguente nullità anche degli atti antecedenti.
Il Tribunale di Verona ha invece dichiarato estinta la procedura esecutiva promossa prima del deposito del ricorso per concordato preventivo ma nella quale, a fronte della rinuncia del creditore procedente, era rimasta ferma la sola iniziativa di un creditore titolato intervenuto successivamente al deposito della domanda di concordato. Ne deriva che la declaratoria di nullità dell'intervento di tale creditore non postula di per sé anche una più generale presa di posizione sulla nullità degli atti esecutivi posti in essere antecedentemente al deposito ed alla pubblicazione del ricorso per concordato, questione sulla quale il Tribunale di Verona è rimasto silente.

Le questioni giuridiche e la soluzione

CONCORDATO PREVENTIVO E DIVIETO DI AZIONI ESECUTIVE E CAUTELARI: PROFILI GENERALI. La problematica affrontata dalle decisioni in esame trova fondamento, come noto, nel disposto dell'art. 168, primo comma, legge fallimentare, secondo cui “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”.
La portata della disposizione dettata dal richiamato art. 168 l. fall. appare ancora più rigida rispetto all'analoga previsione contenuta nell'art. 51 l. fall. con riferimento alla dichiarazione di fallimento in quanto la stessa non contempla deroghe, a differenza di quanto disposto dal precedente art. 51, che, nel sancire analogo divieto con riferimento ai beni compresi nel fallimento, fa al contempo salve le eventuali, diverse disposizioni di legge (Cass. 28 giugno 2002 n. 9488, in Fall., 2003, 393, con nota di Bonfanti ).
Sempre in termini generali, è opportuno ricordare in questa sede che la giurisprudenza si è mostrata incline ad interpretare estensivamente l'ambito di applicazione del primo co. dell'art. 168 l.fall.
Per vero, con riguardo al divieto di promuovere ovvero proseguire azioni esecutive, è stato più volte affermato che nel divieto posto dall'art. 168 l. fall. rientrano non soltanto le azioni proprie del processo di esecuzione ma anche qualsiasi iniziativa del creditore volta a realizzare unilateralmente ed al di fuori della procedura concorsuale il contenuto dell'obbligazione del debitore concordatario (Trib. Busto Arsizio 30 ottobre 2009, in Foro pad., 2012, n. 2, 259, con nota di Giavarrini; in senso conforme Trib. Terni 28 agosto 2001, in Rass. giur. umbra, 2004, 150, con nota di Valongo, con riferimento ad una fattispecie concreta nella quale una Banca aveva venduto i titoli ricevuti in pegno dal fideiussore del debitore, dopo che questi aveva presentato domanda di concordato preventivo con cessione dei beni del fideiussore).
La S.C. ha tuttavia escluso che nel novero di tali iniziative rientri l'azione ex art. 2932 c.c. evidenziando che l'esecuzione specifica dell'obbligo a contrarre non avviene attraverso l'attività materiale che contraddistingue l'esecuzione forzata, ma con un provvedimento di cognizione che si sostanzia in una sentenza costitutiva la quale produce il suo effetto giuridico senza necessità di esecuzione, con la conseguenza che nel corso del concordato preventivo del promittente venditore, il promissario acquirente può agire in giudizio per domandare l'esecuzione specifica dell'obbligo di concludere il contratto, ex art. 2932, non ostando a ciò il divieto dell'art. 168 l. fall., relativo alle azioni esecutive, perché nella fattispecie trattasi di azione costitutiva (Cass. 1 marzo 2002 n. 3022, in Dir. fall., 2003, II, 187, con nota di Merlino).
Sotto un distinto profilo, nella recente giurisprudenza di merito edita si è osservato che il divieto posto dall'art. 168 l. fall. che impedisce al creditore anteriore all'apertura della procedura di concordato preventivo di intraprendere azioni esecutive nei confronti dell'impresa in concordato si estende, per i medesimi creditori anteriori, anche alla fase di esecuzione del concordato preventivo, in quanto l'art. 184 l. fall. vincola il loro soddisfacimento alla proposta concordataria omologata (Trib. Reggio Emilia 6 febbraio 2013, n. 216, in ilfallimentarista.it).
Al riguardo è stato evidenziato, in senso analogo, che ragioni di ordine sistematico inducono a ritenere che, dopo l'omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni ai creditori, è inammissibile il ricorso per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. dei beni oggetto della cessione sino alla esecuzione del concordato e non sino alla definitività del decreto di omologazione, come sembra invece ricavarsi dalla lettera dell'art. 168, comma 1, l. fall., poiché la fase esecutiva del concordato non può essere stravolta da azioni esecutive e cautelari sopravvenute, pena la risoluzione del concordato che non riesca a raggiungere gli obiettivi del piano (Trib. Sulmona 27 febbraio 2008, in Giur. Merito, 2008, n. 10, 2560, con nota di Demarchi).
In sostanza, l'aggressione individuale dei beni ceduti in concordato è inammissibile durante tutta la pendenza della successiva fase di liquidazione e distribuzione del ricavato ai creditori concordatari, in quanto i beni ceduti sono vincolati e resi disponibili unicamente per l'esecuzione del concordato, poiché se l'esecuzione individuale fosse ammissibile prima dell'esaurimento della procedura stessa, vi sarebbe il rischio di soddisfare le ragioni di un solo creditore a detrimento di tutti gli altri, e quindi in violazione della par condicio creditorum (così Trib. Modena 9 febbraio 2006, in Banca dati Giuffre).
Occorre altresì ricordare che anche prima della novellazione dell'art. 168, primo co., l.fall. ad opera dell'art. 33 decreto legge 22 giugno 2012 n. 83 quanto alla chiarificazione in ordine all'estensione del divieto in questione alle azioni cautelari, almeno una parte della giurisprudenza aveva ritenuto che, pur in mancanza di specifica disposizione normativa, non era possibile escludere a priori l'esperibilità di azioni cautelari nei confronti di un'impresa che avesse presentato domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, potendo concedersi, ad esempio, il sequestro conservativo sui beni della società che avesse presentato domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo in considerazione dell'esigenza di tutelare il patrimonio della stessa per il periodo che intercorre dalla domanda alla apertura della procedura ed altresì per l'ipotesi in cui ad una eventuale dichiarazione di inammissibilità non facesse seguito la dichiarazione di fallimento (Trib. Verona 28 gennaio 2012; in senso conforme, tra le altre, Trib. Firenze 23 dicembre 2006, in Giur. Merito, 2008, n. 10, 2570, con nota di Murino; Trib. Genova 9 febbraio 2011, ibidem, per la quale, tuttavia, non possono affermarsi le medesime conclusioni con riguardo ad altre azioni cautelari quali il sequestro giudiziario (art. 670 c.p.c.), il sequestro preventivo penale (art. 321 c.p.p.), le azioni di nuova opera e di danno temuto (art. 688 c.p.c.) ed i provvedimenti di urgenza, istituti il cui fine non è quello di consentire al creditore la realizzazione unilaterale del proprio credito al di fuori del concorso).

LE DIVERSE TESI SULLA SORTE DELLA PROCEDURA ESECUTIVA GIÀ PENDENTE AL MOMENTO DELLA PUBBLICAZIONE DEL RICORSO NEL REGISTRO DELLE IMPRESE. In una prospettiva conforme a quella fatta propria dalla decisione in esame del Tribunale di Milano, si segnala la posizione affermata da una recente pronuncia del Tribunale di Pesaro (Trib. Pesaro 16 marzo 2012, in Banca dati Giuffré) per la quale la presentazione della domanda di concordato preventivo da parte del debitore esecutato non comporta l'estinzione della procedura esecutiva già iniziata nei confronti del debitore stesso, ma soltanto la sospensione della stessa sino alla definizione del giudizio di omologazione (In senso conforme v. anche Trib. Bologna 19 dicembre 2006, in Giur. Merito, 2007, n. 9, 2272).
In particolare, nella fattispecie concreta, il debitore esecutato aveva presentato domanda di concordato preventivo dopo il perfezionamento di un pignoramento presso terzi con la dichiarazione positiva del terzo pignorato, e chiesto l'estinzione della procedura esecutiva, mentre, in applicazione del richiamato principio, il giudice dell'esecuzione ha invece disposto la sospensione della procedura, con ordinanza confermata in sede di reclamo.
Altre pronunce, per converso, hanno ribadito la tesi tradizionale, peraltro maggiormente fedele alla formulazione letterale dell'art. 168, primo co., l.fall., affermando che nessuna azione esecutiva può essere iniziata o proseguita, a pena di nullità, nei confronti del patrimonio del debitore dalla data in cui questi abbia chiesto l'ammissione alla procedura concordataria e fino al passaggio in giudicato della sentenza di omologazione (App. Roma, sez. I, 15 giugno 2009 n. 2483).
Conseguenza dell'adesione a quest'ultima prospettazione interpretativa è, a fronte della presentazione del ricorso per concordato preventivo nel corso di una procedura esecutiva già incardinata nei confronti dello stesso debitore concordatario, che tale procedura venga immediatamente definita con una pronuncia di rito, ossia di improseguibilità o di estinzione.
In realtà non appare indifferente, in punto di rimedi esperibili avverso una siffatta decisione, ricondurre la stessa all'una o all'altra categoria. Nella stessa giurisprudenza di legittimità, invero, appare ormai consolidato l'orientamento per il quale tutti i provvedimenti del giudice dell'esecuzione, dichiarativi dell'estinzione del processo, sono soggetti al controllo previsto dall'art. 630 c.p.c. (e cioè il reclamo al collegio, il quale provvede con decreto che ha natura di sentenza appellabile, e non ricorribile per cassazione) (cfr., tra le più recenti, Cass. 4 settembre 2012 n. 14812), mentre il provvedimento con il quale il giudice dell'esecuzione dichiara l'estinzione del processo esecutivo per cause diverse da quelle tipiche ed implicanti, piuttosto, l'improseguibilità dello stesso, ha natura sostanziale di atto viziato del processo esecutivo ed è, pertanto, impugnabile con l'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., che costituisce il rimedio proprio previsto per tali atti (cfr., ex coeteris, Cass. 3 febbraio 2011, n. 2674. Sulla questione si è pronunciata anche, in sede di merito, Trib. Latina 3 ottobre 2011, in Banca dati giuffre, per la quale avverso il provvedimento di improcedibilità dell'esecuzione sono esperibili i seguenti rimedi: a) ove l'assunta misura sia equiparabile ad un provvedimento di estinzione dell'esecuzione quanto ai presupposti in forza dei quali è stato assunto, il reclamo ex art. 630 c.p.c.; b) laddove si qualifichi il provvedimento di improcedibilità in termini di atto del processo esecutivo, l'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c.; c) qualora si deduca l'abnormità della declaratoria di improcedibilità con conseguente natura sostanziale di sentenza del provvedimento assunto dal giudice dell'esecuzione, l'appello).

Osservazioni

Orbene, considerato che l'estinzione del processo esecutivo segue propriamente a condotte di inattività processuale del creditore procedente (ovvero dei creditori intervenuti titolati) o alla rinuncia alla procedura esecutiva, riteniamo che nella diversa fattispecie in esame, in cui il procedimento si arresta per una vicenda esterna che non consente più allo stesso di proseguire, la soluzione più corretta sia quella dell'improcedibilità (In termini analoghi, con riferimento alla liquidazione coatta amministrativa, Trib. Monza 8 giugno 2010 n. 1733).
In tal senso sembra porsi anche, in motivazione, la decisione in esame del Tribunale di Milano la quale, peraltro, essendo stato il provvedimento reclamato emanato nella fattispecie concreta in una procedura di attuazione di una misura cautelare e, quindi, in ambito differente rispetto a quello dell'esecuzione forzata, ha ritenuto di qualificare il ricorso proposto in termini di reclamo cautelare ex art. 669-terdecies c.p.c.

Conclusioni

La giurisprudenza appare pertanto attualmente divisa circa gli effetti della presentazione del ricorso per concordato preventivo (rectius, della pubblicazione dello stesso nel registro delle imprese) sulle procedure esecutive già pendenti.
In sostanza, se la formulazione dell'art. 168 l. fall., analogamente a quella dell'art. 51 della stessa legge con riguardo alla procedura fallimentare, facendo riferimento alla categoria della nullità, farebbe propendere per la tesi dell'improcedibilità dell'esecuzione forzata individuale a fronte della pubblicazione del ricorso di concordato presentato dal debitore esecutato, tuttavia non peregrine esigenze di tutela del creditore procedente inducono una parte della giurisprudenza a propendere per la tesi della sospensione della procedura esecutiva, atteso soprattutto, come evidenzia la decisione del Tribunale di Milano, l'effetto meramente sospensivo correlato al termine concesso per la presentazione della proposta concordataria, effetto che può essere assimilato alla sospensione c.d. “esterna” del processo esecutivo ex art. 623 c.p.c.
Una siffatta soluzione consente, per vero, tenuto conto del disposto dell'art. 626 c.p.c., di ritenere che, sebbene conseguenza della sospensione sia l'impossibilità di compiere atti esecutivi, operando la sospensione ex nunc, gli atti posti in essere prima del relativo provvedimento rimangano pienamente validi ed efficaci (cfr. Cass. 16 ottobre 1992 n. 11342), con evidente rafforzamento della tutela per il creditore procedente per l'ipotesi in cui venga meno la procedura di concordato, ipotesi nella quale, avallando la tesi della sospensione, il creditore potrà giovarsi, ad esempio, degli effetti della notifica del pignoramento nonché della trascrizione dello stesso nel caso del pignoramento immobiliare, ferma per converso la nullità degli atti esecutivi eventualmente compiuti dopo la declaratoria di sospensione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario