Atti in frode avvenuti prima della presentazione della domanda di concordato preventivo

Maddalena Arlenghi
08 Agosto 2013

Gli atti in frode ostativi all'accoglimento della proposta concordataria della società debitrice devono ravvisarsi anche in quei fatti avvenuti prima della presentazione della domanda di concordato che hanno fraudolentemente diminuito e/o dissipato e/o distratto il patrimonio sociale a danno dei creditori, purchè posti in essere con lo scopo di avvalersi dello strumento concordatario, ponendo i creditori di fronte ad una situazione compromessa; sotto il profilo delle garanzie patrimoniali in modo da far accettare ai creditori stessi un piano migliore di quello acquisibile in sede liquidatoria; o, nel caso di loro occultamento, in quegli atti posti in essere dall'imprenditore; al fine di alterare la percezione dei creditori sulla reale situazione del debitore, influenzandone il giudizio.
Massima

Gli atti in frode ostativi all'accoglimento della proposta concordataria della società debitrice devono ravvisarsi anche in quei fatti avvenuti prima della presentazione della domanda di concordato che hanno fraudolentemente diminuito e/o dissipato e/o distratto il patrimonio sociale a danno dei creditori, purchè posti in essere con lo scopo di avvalersi dello strumento concordatario, ponendo i creditori di fronte ad una situazione compromessa sotto il profilo delle garanzie patrimoniali in modo da far accettare ai creditori stessi un piano migliore di quello acquisibile in sede liquidatoria o, nel caso di loro occultamento, in quegli atti posti in essere dall'imprenditore al fine di alterare la percezione dei creditori sulla reale situazione del debitore, influenzandone il giudizio.

Il caso

Prima della presentazione della domanda di concordato preventivo, la proponente aveva posto in essere una dissipazione dell'attivo sociale (cessione a prezzo vile del magazzino, modalità di affitto dell'azienda con connessa proposta di acquisto a particolari condizioni ecc.), mediante atti fraudolenti in pregiudizio della massa dei creditori, ed aveva occultato gravi perdite, rendendo inveritiera per la massa dei creditori stessi la rappresentazione contabile della propria effettiva situazione patrimoniale ai fini dell'accoglimento della proposta di concordato in fase di predisposizione. Tali atti erano stati rilevati dal commissario giudiziale nella propria relazione ed il tribunale, sentite le parti ed il P.M., avendoli configurati come atti in frode ex art.173 l. fall., aveva revocato per tale ragione l'ammissione alla procedura di concordato, motivando tale decisione “più che non sulla non fattibilità del piano di esdebitazione, su gravi elementi di criticità accaduti prima della presentazione della domanda di concordatocon la conseguente dichiarazione di fallimento a cui si era opposta la società, dando vita al giudizio avanti la Corte d'appello di Roma, conclusosi con la decisione in esame.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso portato all'attenzione della Corte d'appello di Roma poneva al vaglio dei giudici numerose e diverse questioni, anche di natura processuale, tutte risolte in senso negativo, e soprattutto riproponeva la questione, già esaminata e decisa dal Giudice di legittimità, relativamente al perimetro del potere del tribunale di revocare la procedura di concordato nell'ipotesi di accertamento da parte del commissario di atti in frode. Secondo la Cassazione, anche se il Tribunale deve, durante il corso del procedimento di concordato, “verificare la persistenza delle stesse condizioni di ammissibilità della procedura e l'assenza di fatti in revoca ex art. 173 l. fall.”, tuttavia ciò che conta è che anche su questi aspetti i creditori siano “informati, sin dall'inizio e durante le fasi successive, in modo veritiero e trasparente sulla situazione aziendale e sulle ragioni di sostegno del piano concordatario” perché “di tale scelta consapevole il Tribunale (…) deve limitarsi a prendere atto” (Cass. n. 18987/2011). Dunque, l'attenzione ed il controllo devono essere rivolti a verificare soprattutto che vi sia da parte del proponente la massima trasparenza nella rappresentazione della reale situazione giuridica degli elementi attivi e passivi del patrimonio dell'impresa così da evitare che i creditori vengano ingannati sulle reali prospettive di soddisfacimento in caso di liquidazione facendo apparire più conveniente la proposta di concordato rispetto alla liquidazione fallimentare.
Ebbene, la Corte d'appello di Roma, in parte rifacendosi alle decisioni della Corte di cassazione, giunge ad affermare che:
(i) intanto i comportamenti del debitore anteriori alla presentazione della domanda di concordato possono essere qualificati atti di frode e, quindi, valutati ai fini della revoca dell'ammissione, in relazione al disposto dell'art. 173 l. fall., in quanto abbiano una valenza decettiva e dunque siano tali da pregiudicare un consenso informato, ipotesi questa che deve escludersi in relazione a condotte chiaramente individuate e preventivamente rese note con la domanda agli interessati al concordato;
(ii) laddove emerga la prova che determinati comportamenti depauperativi del patrimonio siano stati posti in essere con la prospettiva e la finalità di avvalersi dello strumento del concordato, ponendo i creditori di fronte ad una situazione di pregiudicate o insussistenti garanzie patrimoniali in modo da indurli ad accettare una proposta comunque migliore della prospettiva liquidatoria, il concordato non è ammissibile in quanto rappresenterebbe il risultato utile della preordinata attività contraria al principio di buona fede, immanente nell'ordinamento.

Conclusioni

La Corte d'Appello di Roma sembra proporre una tesi intermedia, in ragione della quale in tema di omologazione del concordato, ciò che rileva maggiormente sarebbe comunque la valutazione che i creditori danno del loro interesse dopo aver esaminato la situazione di fatto e valutato la convenienza della proposta di concordato preventivo in relazione alla contrapposta ipotesi fallimentare, con la possibilità di revoca e/o annullamento degli atti ritenuti dannosi. Ciò non esclude naturalmente che, qualora le condotte poste in essere dall'imprenditore prima della presentazione della domanda di concordato integrino ipotesi di reato, le medesime non debbano essere perseguite in sede penale (art. 236 l. fall.). Ma tale profilo sarà tenuto distinto da quello concorsuale, salvo che tali atti di disposizione siano connotati da una natura decettiva nei confronti dei creditori per alterarne la percezione della reale situazione del debitore e/o siano stati posti in essere in via preventiva con lo specifico scopo di avvalersi dello strumento concordatario, facendo percepire ai creditori stessi una situazione compromessa che faccia apparire comunque preferibile il concordato al fallimento, influenzandone artatamente il giudizio.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sul tema si segnalano le seguenti sentenze, citate anche nella pronuncia della Corte d'appello di Roma: Cass. 25 ottobre 2010, n. 21860; Cass. 23 giugno 2011, n. 13817; Cass. 23 giugno 2011, n. 13818; Trib. Monza 25 novembre 2011, in Riv. dott. comm. 2012, 1, 175 con nota di Goretti, La valutazione di opportunità del tribunale sull'ammissione del concordato preventivo in presenza di atti in frode ai creditori. In dottrina, si segnalano Ambrosini, Il sindacato sulla fattibilità del piano concordatario e la nozione “evolutiva” degli atti di frode nella sentenza 15 giugno 2011 della Cassazione, inIlcaso.it n. 254/2011.

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