Atti autorizzabili ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall.

Roberto Amatore
08 Agosto 2013

Non è necessaria l'autorizzazione del tribunale, ai sensi dell'art. 161, 7 comma, l. fall., in relazione alla prosecuzione di contratti di affidamento se gli stessi permangono negli stessi limiti di fido e alle stesse condizioni già applicate anteriormente al deposito della domanda (fatta ferma la non compensabilità dei crediti della banca con i debiti di restituzione se relativi a posizioni anteriori e con salvezza della efficacia di eventuali clausole compensative), costituendo i predetti negozi atti di ordinaria amministrazione. Del pari, deve ritenersi atto di ordinaria amministrazione il conferimento di incarico ex nunc ad un legale se esso si risolve in attività da svolgere a favore dei creditori della società proponente per il buon esito del procedimento.
Massima

Non è necessaria l'autorizzazione del tribunale, ai sensi dell'art. 161, 7 comma, l. fall., in relazione alla prosecuzione di contratti di affidamento se gli stessi permangono negli stessi limiti di fido e alle stesse condizioni già applicate anteriormente al deposito della domanda (fatta ferma la non compensabilità dei crediti della banca con i debiti di restituzione se relativi a posizioni anteriori e con salvezza della efficacia di eventuali clausole compensative), costituendo i predetti negozi atti di ordinaria amministrazione. Del pari, deve ritenersi atto di ordinaria amministrazione il conferimento di incarico ex nunc ad un legale se esso si risolve in attività da svolgere a favore dei creditori della società proponente per il buon esito del procedimento.

Il caso

Una società, ammessa alla procedura c.d. prenotativa ex art. 161, comma 6, l. fall., aveva chiesto al Tribunale di Milano l'autorizzazione alla prosecuzione dei contratti bancari relativi ad affidamenti con portafoglio cd. autoliquidante e all'affidamento di un incarico ad un legale per gestire i rapporti con alcune banche al fine di concordare nuovi finanziamenti.
Il Tribunale ambrosiano, ritenendo che i predetti atti rientrassero tra quelli di gestione ordinaria del patrimonio sociale, disponeva non luogo a provvedere sulla richiesta della società ammessa al concordato con riserva.

Le questioni giuridiche

Il provvedimento in commento, sebbene succintamente motivato, apre la discussione su un tema di rilevante importanza normativa e con notevoli risvolti pratici, e cioè la distinzione tra atti di ordinaria e straordinaria amministrazione previsti dal settimo comma dell'art. 161 l. fall. in tema di concordato in bianco o con riserva.
Sul punto, giova ricordare, in termini ancora generali e ricostruttivi, che sino alla promulgazione del Decreto Sviluppo, si è a lungo discusso se il c.d. spossessamento attenuato, proprio del concordato preventivo, decorresse dalla data di deposito del decreto ammissivo di cui all'art. 163 l. fall. oppure dalla data anteriore di deposito della domanda (Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, IV, Milano, 1974, 2248 ; per un'ampia disamina dell'istituto mi sia consentito fare rinvio ad un lavoro di prossima pubblicazione: R. Amatore – L. Jeantet, Il nuovo concordato preventivo, Milano, 2013 ).
Secondo un primo indirizzo interpretativo, i limiti e le preclusioni gestionali di cui all'art. 167 l. fall. operavano solo con decorrenza dalla data di deposito del decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo sul duplice presupposto della natura eccezionale dell'art. 168 l. fall. e dell'assenza, sino alla pronuncia del provvedimento di cui all'art. 163 l. fall., degli organi concorsuali deputati al rilascio delle necessarie autorizzazioni al compimento di atti dispositivi (così, in giurisprudenza Cass., 23 luglio 1994, n. 6870; Cass., 23 maggio 1981, n. 3374; in dottrina, cfr. anche Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Speciale Il civilista, 2012, 40; Bonsignori, Concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca. Legge fallimentare, Bologna-Roma, 1979, 132; Ambrosini-Demarchi-Vitiello, Il nuovo concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, Milano, 2005, 91).
In realtà, deve ricordarsi che la prevalente dottrina e giurisprudenza facevano invece decorrere gli effetti d'una procedura di concordato preventivo per l'imprenditore sin dal momento della presentazione della domanda di concordato, ritenendo doversi procedere ad un' interpretazione sistematica degli artt. 167 e 168 l. fall., atteso che sarebbe stato irragionevole e pregiudizievole ammettere che gli effetti d'una procedura di concordato preventivo si producessero per l'imprenditore in un momento successivo (i.e., data dell'ammissione ) rispetto a quello in cui si producono per i creditori (i.e., data della domanda), con la conseguenza che ai creditori sarebbe stata impedita ogni azione esecutiva dopo che un imprenditore avesse chiesto d'essere ammesso al concordato preventivo, mentre questi sarebbe stato libero di disporre del proprio patrimonio con evidente, e notevole, danno per gli stessi creditori (Di Majo, Sub art. 167, in Lo Cascio (a cura di), Codice commentato del fallimento, Milano, 2013, 1976 ss.).
Ebbene, la Corte di Cassazione ha affermato il principio per cui gli effetti del concordato nei confronti del debitore e dei creditori retroagiscono alla “data di presentazione del ricorso”, con la conseguenza che anche a tale data occorre ancorare il termine di decorrenza degli effetti collegati al compimento degli atti indicati nell'art. 167, comma 2, l. fall. (ed ora anche di quelli di cui all'art. 161, comma 7, l. fall. ), poiché “tale convergenza completa il quadro armonico e coerente di un regime paraconcorsuale che produce lo spossessamento così detto attenuato dell'imprenditore, cui segue la sua limitata facoltà di disposizione patrimoniale a far tempo, per espressa volontà del legislatore, dalla presentazione stessa della proposta di concordato e prima ancora che si completi il procedimento di ammissione destinato a concludersi con l'omologazione” (così, anche nel precedente regime normativo, Cass. 10 febbraio 2006, n. 2972 ; nello stesso senso, v. anche Cass. 3 dicembre 2002, n. 17162).
Comunque, a prescindere dal momento di decorrenza, e giusta il disposto dell'art. 167 l. fall., si riteneva che l'imprenditore concordatario conservasse l'amministrazione del patrimonio e la gestione dell'impresa, potendo compiere, sotto la vigilanza del commissario giudiziale, i soli atti ordinari, là dove quelli straordinari (quali, ad esempio i mutui, anche sotto forma cambiaria, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunce alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredità e di donazioni) dovevano essere autorizzati dal giudice delegato, pena la loro illegittimità anche nella prospettiva di cui all'art. 173 l. fall. e, in ogni caso, la loro inefficacia nei confronti dei creditori anteriori al concordato, e ciò al fine di prevenire il compimento di atti incoerenti rispetto al piano concordatario e dunque pregiudizievoli per il patrimonio del debitore e per le ragioni dei suoi creditori (Guglielmucci, La riforma in via d'urgenza della legge fallimentare, Milano, 2005, 98).
Dubbia è sempre stata, invece, la sorte degli atti, ordinari e straordinari, compiuti nel periodo compreso tra il deposito della domanda di concordato e la pronuncia del decreto ammissivo, non essendo ancora stati nominati gli organi della procedura (giudice delegato e commissario giudiziale) e, pertanto, non potendosi questa ritenere ancora iniziata nonostante l'immediata operatività degli effetti protettivi di cui all'art. 168 l. fall.. Si poneva, in altri termini, la questione dell'esercizio della potestà autorizzativa, sostenendosi che il relativo potere fosse di spettanza del Tribunale (così, Trib. Roma, 14 luglio 1989) oppure che gli atti fossero soggetti a ratifica del giudice delegato una volta nominato (Provinciali, op. cit., 2279), oppure ancora che il compimento di atti di straordinaria amministrazione fosse tout court inibito (Trib. Genova, 18 marzo 1958).
Ne discendeva che la proposizione d'una domanda di concordato doveva indurre l'imprenditore, nell'attesa della pronuncia del decreto ammissivo, ad improntare la propria condotta ad estrema prudenza e cautela, anche e soprattutto per evitare, con il compimento di determinati atti, ordinari o straordinari, d'incorrere in un provvedimento sanzionatorio ex art. 173 l. fall..
Ciò premesso, occorre puntualizzare che il quadro normativo è, oggi, mutato, o più propriamente è stato completato, giacché il c.d. Decreto Sviluppo, lasciando immutato l'art. 167 l.fall., ha disciplinato espressamente i poteri gestori del debitore durante il periodo che precede la pronuncia del decreto di ammissione, e ciò tanto in caso di domanda di concordato definitiva, quanto in caso di domanda di concordato con riserva.
Più in particolare, l'art. 161, comma 7, l.fall. stabilisce che, dopo il deposito della domanda di cui agli artt. 160 ss. l. fall. e sino al decreto ammissivo di cui all'art. 163 l. fall., il debitore può compiere gli atti di straordinaria amministrazione soltanto se urgenti ed autorizzati dal tribunale, mentre è libero di compiere tutti gli atti d'ordinaria amministrazione, con la duplice precisazione che i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto di atti legalmente compiuti (perché ordinari oppure straordinari autorizzati) sono, invero, prededucibili ai sensi dell'art. 111 l. fall. e che questi stessi atti sono esenti da revocatoria ai sensi dell'art. 67, comma 3, lett. e), l. fall. (così, Dimundo, Sub art. 161, in Lo Cascio (diretto da), Codice commentato del fallimento, Milano, 2013, 1906 ss.).
Orbene, questo essendo il contesto normativo di riferimento, bisogna oggi domandarsi se gli atti straordinari di cui al novellato art. 161, comma 7, l.fall. differiscano dagli atti straordinari di cui all'art. 167 l. fall.
Sul punto, risulta preferibile la tesi secondo cui per la individuazione degli atti di straordinaria amministrazione occorra richiamare le conclusioni raggiunte dalla dottrina e dalla giurisprudenza in riferimento all'art. 167 l. fall. (così anche Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013, 1088).
Secondo la legislazione vigente, a seguito della proposizione del ricorso ex art. 161, comma 6, e sino alla apertura della procedura di concordato preventivo (data dalla quale diverrà applicabile l'art. 167 l. fall.), l'imprenditore è libero di compiere soltanto gli atti di ordinaria amministrazione.
Quanto agli atti di straordinaria amministrazione, il settimo comma dell'art. 161 l.fall. precisa che gli stessi possono essere compiuti solo se urgenti e previa autorizzazione del tribunale, il quale, al fine di pronunciarsi sul punto, può assumere sommarie informazioni.
Qualora si tratti di atti non urgenti, sembrerebbe dunque di comprendere che il tribunale non possa autorizzarli.
Peraltro, in caso di compimento di atti di straordinaria amministrazione non autorizzati, si è ritenuto che il tribunale possa revocare il provvedimento di cui al comma 6 dell'art. 161 attraverso l'applicazione in via analogica dell'art. 173 l. fall. (Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, ibidem ).
Secondo l'interpretazione formatasi sull'art. 167 l. fall., la straordinarietà d'un atto, diverso da quelli elencati a titolo esemplificativo e non esaustivo dal comma 2 di questa disposizione (così Cass., 18 febbraio 1999, n. 1357; Lo Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 2008, 424), dipende dalla sua incidenza negativa sul patrimonio del debitore (così Cass., 20 ottobre 2005, n. 20291) con la sua modifica in termini sostanziali (Pacchi, Il nuovo concordato preventivo. Dallo stato di crisi agli accordi di ristrutturazione, Milano, 2005, 168; Tedeschi, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova, 2006, 551) oppure dalla sua anormalità rispetto alla gestione dell'impresa (AMBROSINI, Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Trattato Cottino, 11, I, Padova, 2007, 102) oppure ancora dalla sua mancata previsione nel piano concordatario (Censoni, Il concordato preventivo, in Bonfatti e Censoni (a cura di), La riforma della disciplina dell'azione revocatoria fallimentare, del concordato preventivo e degli accordi di ristrutturazione, Padova, 2006, 216), senza che possa assumere valenza discriminante decisiva la sola sua consistenza economica, e ciò anche tenendo conto che, secondo quanto previsto dall'art. 167, comma 3, l. fall., il tribunale può stabilire, nel decreto ammissivo, un limite di valore al di sotto del quale non è dovuta l'autorizzazione del giudice delegato.
In linea generale, sono considerati atti di ordinaria amministrazione quelli che appaiono normali in relazione allo scopo della gestione e alla entità del patrimonio (cfr. Corsi, Il concetto di amministrazione del diritto privato, 109 ss.), ovvero, enfatizzandosene la natura conservativa, quelli che non implichino un mutamento dell'essenza economica o della situazione giuridica dei vari elementi che formano la composizione base del patrimonio amministrato (Trabucchi, Nov. Dig., I, 1, 545).
In tema di concordato preventivo, la giurisprudenza ha qualificato atti di ordinaria amministrazione quelli che attengono alla conservazione o al miglioramento del patrimonio del debitore, essendo strettamente inerenti alle finalità dell'impresa (Cass. n. 2002/9262; Cass. n. 1999/1357; in dottrina, cfr. anche D'Orazio, in Il nuovo concordato preventivo, a cura di Pacchi, 172).
In realtà, secondo la Suprema Corte i casi specifici previsti dal secondo comma dell'art. 167 l. fall., rientrano tutti nel novero degli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, tali già considerati dal legislatore, con la conseguenza che nell'ambito di questi casi non è possibile una distinzione tra amministrazione ordinaria e straordinaria secondo un criterio di normalità riferito all'attività di impresa (Cass. n. 1999/1357; Cass. n. 1997/7390). Tale valutazione è consentita, in concreto, soltanto rispetto agli atti non tipizzati, dovendosi considerare atti eccedenti l'ordinaria amministrazione quelli potenzialmente idonei ad incidere negativamente sul patrimonio del debitore, pregiudicandone la consistenza e gravandolo di pesi e vincoli cui non corrisponda l'acquisizione di utilità prevalenti (Cass. n. 2005/20291; in dottrina, anche Pacchi, Trattato Fauceglia Panzani, II, 1533). Si tratta di una valutazione da compiersi caso per caso, potendo assumere natura straordinaria, rispetto alla finalità della procedura e all'interesse della massa dei creditori, anche atti di amministrazione che, ove compiuti dall'imprenditore in bonis, rientrerebbero nell'ambito della normalità gestionale (Cass. n. 2004/15484). Converge con questa impostazione l'opinione di chi ritiene che la natura ordinaria e straordinaria degli atti di amministrazione vada rapportata al concreto contenuto del piano concordatario (Censoni, Comm. Jorio, II, 2409 ).
Ebbene, così identificata la straordinarietà nella prospettiva di cui all'art. 167 l. fall., occorre avere riguardo agli atti previsti dall'art. 161, comma 7, l.fall..
La formula legislativa è qui più ampia, atteso che manca un'elencazione anche solo esemplificativa, ed è soggetta al limite specifico dell'urgenza, da intendersi in termini d'incompatibilità tra il differimento dell'esecuzione d'un atto alla fase successiva all'apertura formale della procedura e le esigenze di conservazione del patrimonio del debitore a beneficio dei sui creditori (Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, cit., 49 ; Rolfi, La generale intensificazione dell'automatic stay nel “Decreto Sviluppo”, in www.ilfallimentarista.it, 2012, 12; Panzani, Il concordato in bianco, in www.ilfallimentarista.it, 2012, 10 e ss.).
Va evidenziato, oltre a questo primo elemento distintivo, che potrebbe non esservi piena coincidenza, tuttavia, tra gli atti autorizzabili ai sensi dell'art. 167 l.fall. e quelli soggetti ad autorizzazione nella fase anteriore.
Ed invero, il Decreto Sviluppo prevede la possibilità per il tribunale di autorizzare pagamenti di debiti anteriori relativi a beni o servizi soltanto in ipotesi di concordato od accordo di ristrutturazione in continuità aziendale, essendo dunque logico dedurre che questi atti (che sono certamente straordinari) non possano essere autorizzati, quanto meno nella fase anteriore alla pronuncia del decreto ammissivo di cui all'art. 163 l.fall., in caso di concordato od accordi liquidatori (Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, cit., 49).
In definitiva, può dirsi che gli atti autorizzabili ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall. sono quelli qualificabili come straordinari secondo l'accezione di cui all'art. 167 l. fall., se urgenti e, qualora l'imprenditore presenti una domanda di concordato liquidatorio, diversi dal pagamento di debiti anteriori, salvo il libero apprezzamento giudiziale in rapporto a posizioni creditorie strategiche o tali da rendere indifferibile un atto solutorio.
Chiarito così il rapporto che intercorre tra l'art. 167 l. fall. e l'art. 161, comma 7, l. fall., va constatato che quest'ultimo non individua, a parte l'urgenza, quali siano gli esatti presupposti che giustificano una richiesta d'autorizzazione al compimento d'un atto straordinario e, soprattutto, non specifica quale sia l'oggetto della verifica che il tribunale è chiamato ad eseguire.
Innanzi al silenzio legislativo, è ragionevole ritenere che l'imprenditore, specie in ipotesi di deposito d'una domanda di concordato con riserva, non possa limitarsi ad evidenziare solo ragioni d'urgenza d'un determinato atto di straordinaria amministrazione, ma debba anche rappresentarne la necessità o, quanto meno, l'utilità del compimento in funzione del piano che intende presentare e di cui dovrà fornire i necessari dettagli, onde consentire, in sede autorizzativa giudiziale, un riscontro di funzionalità del primo rispetto al secondo, riscontro che, diversamente rispetto alla fattispecie di cui all'art. 167 l.fall., appare tutt'altro che semplice ed agevole, non essendo ancora stato nominato un commissario giudiziale e così mancando il soggetto deputato a fornire al tribunale il necessario ausilio tecnico (Rolfi, La generale intensificazione dell'automatic stay nel “Decreto Sviluppo”, cit., ibidem ).
Di qui, non a caso, la scelta sempre più frequente di nominare col decreto di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. un ausiliario ai sensi dell'art. 68 c.p.c. cui affidare il compito di coadiuvare il Tribunale nel periodo decorrente dalla data di deposito della domanda di concordato preventivo a quella di pronuncia del provvedimento ammissivo (Trib. Reggio Emilia, decr., 27 ottobre 2012; Trib. Benevento, decr., 26 settembre 2012; Trib. La Spezia, decr., 25 settembre 2012).
Sul punto, va inoltre ricordato che il legislatore, intervenuto nuovamente a modificare la normativa sul concordato, ha di recente introdotto con il decreto legge c.d. del “Fare”, proprio in tema di “concordato in bianco”, la possibilità, per il tribunale, di nominare il commissario giudiziale con lo stesso decreto di concessione del termine, recependo in tal modo quegli indirizzi giurisprudenziali già sopra menzionati.
Valutati così i tratti distintivi della straordinaria amministrazione, occorre chiedersi se, in questo stesso periodo, la facoltà di compiere atti gestori di ordinaria amministrazione sia sostanzialmente illimitata.
Ebbene, deve ritenersi che la risposta, specie in ipotesi di concordati liquidatori e, a maggior ragione, di concordati riservati, non potrebbe che essere negativa, atteso che il concetto di ordinaria amministrazione andrebbe inteso in termini essenzialmente, quando non esclusivamente, conservativi (Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, cit., 49 ), dovendo l'imprenditore tenere conto dell'eccezionalità della situazione in cui la sua impresa si è venuta a trovare (Rolfi, La generale intensificazione dell'automatic stay nel “Decreto Sviluppo”, cit., ibidem ).

Osservazioni

Tutto ciò premesso a chiarimento degli istituti toccati dal provvedimento in commento, deve ritenersi del tutto convincente e condivisibile la ratio decidendi del decreto adottato dal tribunale ambrosiano
Sul punto, va ricordato, per completezza di indagine, che le prime applicazioni giurisprudenziali dell'art. 161, comma 7, l. fall., muovono tutte dal presupposto che, “in presenza di ricorso per concordato preventivo con riserva, al fine di individuare gli atti di ordinaria amministrazione, è possibile far ricorso ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali debbono ritenersi tali gli atti di comune gestione dell'azienda, strettamente aderenti alle finalità e dimensioni del patrimonio e quelli che – ancorché comportanti una spesa elevata - lo migliorino o anche solo lo conservino, mentre ricadono nell'area della straordinaria amministrazione gli atti suscettibili di ridurlo o gravarlo di pesi o vincoli cui non corrispondano acquisizioni di utilità reali su di essi prevalenti” (così Trib. Terni, decr., 12 ottobre 2012 e, più di recente, Trib. Terni, decr., 28 dicembre 2012 ).
In quest'ottica, sono stati ritenuti “atti di straordinaria amministrazione il contratto di comodato di un immobile, la ripresa dell'attività produttiva di una società in liquidazione non solo allo scopo di evadere gli ordini già acquisiti ma anche per "soddisfare le esigenze dello spaccio aziendale”; allo stesso modo è stato giudicato“atto di straordinaria amministrazione l'atto di assunzione a tempo determinato di personale dipendente al fine di garantire il funzionamento dello spaccio aziendale” (così, Trib. Pinerolo, decr., 9 gennaio 2013) ; ed è stato affermato che “la conservazione e l'utilizzo dei contratti di anticipo/sconto fatture deve essere considerato atto di straordinaria amministrazione” (così, Trib. Piacenza, decr., 30 ottobre 2012), precisandosi, per contro, che “la stipula di atti di cessione di immobili, qualora costituisca l'attività caratteristica dell'impresa, non integra la fattispecie degli atti di straordinaria amministrazione di cui all'articolo 161, comma 7, legge fallimentare, con la conseguenza che la richiesta di autorizzazione al loro compimento deve essere dichiarata inammissibile” (v. Trib. Modena, decr., 15 novembre 2012); è stato altresì affermato che “le operazioni di anticipo o sconto di fatture effettuate presso istituti bancari o di factoring, con sottostante cessione dei crediti anticipati, che siano in corso di esecuzione alla data di deposito del ricorso per concordato, siano da ritenersi atti di ordinaria amministrazione e ciò non solo per l'uso pregresso che ne abbia eventualmente fatto l'impresa, ma anche perché si tratta del tipo di operazioni più diffuso nella prassi commerciale e che consentono lo smobilizzo dei crediti d'impresa in funzione cd. “autoliquidante” (così, Trib. Terni, decr., 12 ottobre 2012); inoltre è stato precisato che “sia l'apertura di un conto corrente presso un istituto di credito, sia il pagamento delle retribuzioni ai dipendenti – in ipotesi di domanda di concordato con continuità aziendale - non possono qualificarsi come atto di straordinaria amministrazione e che di conseguenza non necessitino di alcun atto autorizzativo” (Trib. Modena, decr., 8 ottobre 2012 e, più di recente, Trib. Novara, 17 aprile 2013); tutto ciò con previsione di soglie al di sotto delle quali è stata esclusa la necessità di conseguire l'autorizzazione giudiziale (ad esempio, euro 50.000,00 per Trib. Benevento, decr., 26 settembre 2012, e per Trib. Velletri, decr., 18 settembre 2012).
Ebbene, non può non rilevarsi che il quadro emergente dai provvedimenti sopra riportati è che la distinzione tra ordinaria e straordinaria amministrazione presenta margini d'incertezza e d'opinabilità, soprattutto alla presenza di una situazione di crisi aziendale, che esige la massima tutela di tutti i creditori, dipendendo la qualificazione d'un determinato atto anche, e soprattutto, dalla scelta dell'imprenditore di presentare una domanda di concordato preventivo definitiva piuttosto che una domanda di concordato con riserva e, con essa, un piano in continuità piuttosto che un piano liquidatorio.
È tuttavia possibile ricavare dalle affermazioni contenute nella giurisprudenza in rassegna alcune linee guida, sulla scorta delle quali ritenere che siano straordinari tutti quegli atti che, oltre ad essere urgenti nell'accezione cui s'è fatto cenno, non assolvano alla funzione di conservare il valore ed i caratteri oggettivi essenziali del patrimonio dell'imprenditore, abbiano un valore economico elevato in senso assoluto e, cumulativamente, in rapporto al valore totale dei beni aziendali, comportino un margine di rischio significativo e, in ultima battuta, riducano o gravino gli assets imprenditoriali, con loro sottrazione, totale o parziale, alla soddisfazione dei creditori.
Così chiarito anche il panorama giurisprudenziale da ultimo formatosi in ordine all'art. 161, comma 7, l. fall., deve ritenersi del tutto condivisibile il decisum contenuto nel provvedimento in esame là dove afferma che la prosecuzione di contratti di affidamento, se interviene negli stessi limiti di fido e alle stesse condizioni già applicate anteriormente al deposito della domanda, non è assoggettabile ad autorizzazione giudiziale ex art. 161, comma 7, l. fall., costituendo i predetti negozi atti di ordinaria amministrazione.
Ed invero, la straordinarietà d'un atto dipende dalla sua incidenza negativa sul patrimonio del debitore (così, Cass., 20 ottobre 2005, n. 20291, cit. supra) con sua modifica in termini sostanziali (Pacchi, Il nuovo concordato preventivo. Dallo stato di crisi agli accordi di ristrutturazione, cit., 168) oppure dalla sua anormalità rispetto alla gestione dell'impresa.
Per contro, devono essere considerati atti di ordinaria amministrazione quelli che appaiono normali in relazione allo scopo della gestione e alla entità del patrimonio ovvero quelli che non implichino un mutamento dell'essenza economica o della situazione giuridica dei vari elementi che formano la composizione base del patrimonio amministrato.
In ultima analisi, può dirsi che atti di ordinaria amministrazione sono quelli che attengono alla conservazione o al miglioramento del patrimonio del debitore, essendo strettamente inerenti alle finalità della impresa.
Se così è, allora non possono residuare dubbi sulla correttezza della decisione del tribunale milanese là dove riconduce la questione della prosecuzione dei predetti contratti di affidamento bancario nell'alveo degli atti di ordinaria amministrazione (se la prosecuzione avviene invero negli stessi limiti di fido e alle stesse condizioni già applicate anteriormente al deposito della domanda), dovendosi ritenere tali negozi “normali” in relazione all'attività di gestione del patrimonio sociale e non implicando peraltro un mutamento dell'essenza economica ovvero della situazione giuridica delle componenti del patrimonio amministrato.

Conclusioni

Se le superiori considerazioni possono ritenersi difficilmente contestabili, ciò che dovrebbe essere ancora oggetto di approfondimento riguarda invero la ulteriore e diversa questione dell'ambito di intervento “istruttorio” del tribunale, ai sensi dell'art. 161, comma 7, l. fall. in relazione agli obblighi di allegazione della parte istante.
Detto altrimenti, se è vero che il tribunale, prima di autorizzare l'atto urgente di straordinaria amministrazione, può “assumere sommarie informazioni”, e dunque acquisire un patrimonio conoscitivo il più completo possibile per assolvere all'esercizio del suo potere autorizzatorio (ed ora - con la possibilità di nomina del commissario giudiziale già nel decreto di concessione del termine - tale acquisizione di informazione appare vieppiù rafforzata), ciò che rimane ancora da chiarire è quanto invece la parte proponente il concordato preventivo, attraverso la propedeutica fase prenotativa, debba integrare la domanda iniziale con ulteriori informazioni dirette a chiarire, sin dal momento in cui richiede l'autorizzazione al compimento dell'atto di straordinaria amministrazione, quale tipologia di proposta concordataria (liquidatoria ovvero conservativa) e di piano di esdebitamento abbia intenzione di presentare alla scadenza del termine concesso dal tribunale, atteso che non è contestabile, anche in questo caso (come anche nella diversa ipotesi regolata dall'art. 169-bis l. fall. ), il principio secondo cui il tribunale per poter esercitare, in termini di correttezza, il suo potere autorizzatorio deve comunque essere posto in grado di valutare anche la eventuale incidenza (negativa dell'atto di straordinaria amministrazione da autorizzare sulla futura fattibilità del piano concordatario.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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