Incompatibilità dell’attestatore e revoca del concordato preventivo

Enrico Stasi
10 Dicembre 2013

E' inammissibile la domanda di concordato preventivo fondata su un piano attestato da un professionista privo dei requisiti di indipendenza di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), l. fall. Il caso. Una società a responsabilità limitata, con socio unico, presenta al Tribunale di Modena una domanda di concordato preventivo sulla base di un piano attestato da professionista legato da rapporti di tipo esclusivamente personale alla società di consulenza che, oltre ad avere curato la tenuta delle scritture contabili dell'impresa debitrice, aveva prestato in favore della stessa assistenza professionale nella predisposizione del piano di concordato, risultandone finanche creditrice. Il Tribunale ha ritenuto che tali rapporti – da valutarsi in un'ottica ex ante – rivestano rilievo impediente all'assunzione dell'incarico e, di conseguenza, ha revocato ex art. 173 l.fall. il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo.
Massima

E' inammissibile la domanda di concordato preventivo fondata su un piano attestato da un professionista privo dei requisiti di indipendenza di cui all'art. 67, comma 3, lett. d), l. fall.

Il caso

Una società a responsabilità limitata, con socio unico, presenta al Tribunale di Modena una domanda di concordato preventivo sulla base di un piano attestato da professionista legato da rapporti di tipo esclusivamente personale alla società di consulenza che, oltre ad avere curato la tenuta delle scritture contabili dell'impresa debitrice, aveva prestato in favore della stessa assistenza professionale nella predisposizione del piano di concordato, risultandone finanche creditrice. Il Tribunale ha ritenuto che tali rapporti – da valutarsi in un'ottica ex ante – rivestano rilievo impediente all'assunzione dell'incarico e, di conseguenza, ha revocato ex art. 173 l.fall. il decreto di ammissione alla procedura di concordato preventivo.

Adesione alla decisione del Tribunale di Modena

La pronuncia in esame riveste particolare interesse, perché è la prima che affronta funditus l'esegesi del novellato art. 67, comma 3, lett. d), in tema di requisiti di indipendenza del professionista attestatore.
Come è noto, l'art. 33 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (c.d. “decreto sviluppo”), convertito con modificazioni nella l. 7 agosto 2012, n. 134, ponendo fine ad un dibattito iniziato all'indomani della riforma, ha provveduto, inter alia, a specificare i requisiti di indipendenza che, per effetto del richiamo al terzo comma, lett. d), dell'art. 67 cit., debbono possedere tanto l'attestatore di cui all'art. 161, comma 3, l.fall., quanto lo stimatore di cui agli artt. 124, comma 3, e 160, comma 2, l.fall.
Il nuovo art. 67, comma 3, lett. d), infatti, dopo avere definitivamente chiarito che la nomina dell'esperto attestatore è riservata, in via esclusiva, al debitore, richiede espressamene che il soggetto da lui prescelto, oltre ad essere iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti soggettivi di professionalità e preparazione tecnica di cui alle lett. a) e b) dell'art. 28 l. fall. per la funzione di curatore, si trovi in una situazione di indipendenza, vista quale presupposto indispensabile per un corretto esercizio delle funzioni di certificazione previste dalla legge. Ed in tale ottica la disposizione novellata precisa che “il professionista è indipendente quando non è legato all'impresa e a coloro che hanno interesse all'operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale tali da comprometterne l'indipendenza di giudizio; in ogni caso il professionista deve essere in possesso dei requisiti dell'art. 2399 c.c. e non deve, neanche per il tramite di soggetti con i quali è unito in associazione professionale, avere prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore ovvero partecipato agli organi di amministrazione o di controllo”.
Nella vicenda in esame, il commissario giudiziale, nell'adempimento dei compiti fissati dalla legge, aveva accertato che il professionista nominato dalla società ricorrente ai sensi dell'art. 161 l.fall., era bensì iscritto nel registro dei revisori legali ed in possesso dei requisiti soggettivi di adeguata preparazione tecnica per rivestire la carica di curatore, ma risultava tuttavia legato alla “società di consulenza che aveva operato professionalmente nei confronti della ricorrente, curando la tenuta delle scritture contabili e prestando assistenza professionale nella predisposizione del piano di concordato”, in quanto, pur in assenza di vincoli formali di tipo professionale o associativo con la predetta società, ne condivideva i locali ed i network professionali.
Il Tribunale di Modena, dopo avere evidenziato l'assenza, nel caso di specie, di cause ostative all'assunzione dell'incarico quali lo svolgimento di attività professionale a favore della società debitrice, ovvero la partecipazione ai suoi organi di amministrazione o di controllo ovvero, ancora, l'esistenza di rapporti patrimoniali con la medesima società, ha ritenuto che i legami intercorrenti con la società di consulenza, che tra l'altro era anche titolare di crediti nei confronti dell'impresa ricorrente, fossero elementi sufficienti ad integrare una causa di incompatibilità del professionista, in quanto potenzialmente idonei a comprometterne l'indipendenza di giudizio, vista come il bene giuridico protetto dalla norma in discorso.
Nella pronuncia in esame è agevolmente riscontrabile l'influsso di quella corrente dottrinale (LENOCI, Ruolo e responsabilità dell'esperto, in ilfallimentarista.it; LAMANNA, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, Milano, 2012, 15, cui sia consentito aggiungere STASI, Terzietà dell'attestatore, in ilfallimentarista.it) che, già all'indomani della novella, aveva evidenziato (STASI, op. cit., 2 ss) “come, grazie alla genericità del dettato legislativo, possono ritenersi compresi nella sfera di applicazione del divieto, oltre alle situazioni previste dagli artt. 51 e 63 c.p.c. sulle incompatibilità del giudice e del c.t.u. , tutti quei vincoli personali o professionali che, secondo la prevalente dottrina commercialistica, normalmente sfuggono alla portata precettiva dell'art. 2399, vale a dire le relazioni familiari di mero fatto, nonché i rapporti di amicizia, familiarità, consulenza, anche gratuita, ecc. con l'imprenditore, gli amministratori, lo staff dirigenziale dell'impresa, il socio di controllo o di riferimento persona fisica (e se questa fosse una persona giuridica, con i suoi organi dirigenti). Ed è inoltre possibile ricomprendere, in base al dato testuale della norma, anche i rapporti dello stesso tipo intrattenuti con l'advisor che ha redatto il piano che l'asseveratore deve controllare, nonché con i creditori coinvolti nell'operazione di risanamento”. Con la precisazione che “in questi casi occorrerà verificare l'idoneità in concreto del rapporto ad incidere negativamente sull'indipendenza dell'attestatore, il che implica l'attribuzione all'autorità giudiziaria di penetranti e pervasivi poteri di indagine sulle caratteristiche del rapporto stesso” ( STASI, op. cit., 4).
In proposito, osservano i giudici modenesi come “la definizione di indipendenza introdotta nell'art. 67, 3 c., lett. d), l.fall. prevede nella sua prima parte una formulazione particolarmente estesa: in primo luogo attribuisce rilevanza non solo a rapporti di tipo professionale, ma anche a rapporti di tipo personale con il debitore, che attengono alla più ampia sfera delle relazioni sociali in cui l'ambito di condivisione non è necessariamente connesso allo svolgimento di prestazioni lavorative; in secondo luogo, occorre precisare che non tutti i rapporti di tipo personale acquisiscono rilievo ex art. 67, 3 c., lett. d), l. fall., da incidere sull'autonomia del professionista attestatore ed alterarne l'indipendenza di giudizio: la richiamata disposizione, infatti, assegna al tribunale un potere discrezionale di valutazione in merito all'astratta idoneità del legame con il debitore a compromettere l'autonomia di valutazione del professionista nell'esame delle scritture contabili e del piano concordatario; in terzo luogo, la valutazione di tale idoneità a pregiudicare l'indipendenza di giudizio dell'attestatore deve essere effettuata ex ante, al momento del conferimento dell'incarico al professionista e dell'effettiva predisposizione della relazione ex art. 161, 3 c., l.fall., poiché è in tale momento che il professionista deve valutare ed attestare la propria indipendenza, senza che possano acquisire rilievo circostanze verificatesi successivamente. Mentre, per quanto attiene ai rapporti di tipo professionale o personale intercorrenti in via indiretta con il debitore incaricante, la pronuncia di cui trattasi precisa che essi possono assumere rilevanza ai fini dell'incompatibilità dell'esperto solo se ne possa derivare un'apprezzabile compromissione della sua indipendenza, il che si verifica tutte le volte in cui i terzi siano “portatori di un interesse all'operazione di risanamento”, interesse che “in assenza di un'esplicita qualificazione normativa – non necessariamente deve essere di tipo economico, ma può anche essere di tipo professionale o meramente personale”.
Quanto alla sanzione applicabile nel caso di attestazione resa da un professionista privo dei requisiti di indipendenza, la decisione in commento, in conformità all'opinione espressa da taluno dei primi commentatori (STASI, op. cit., 5), perviene alla conclusione che essa si sostanzi nella inammissibilità della domanda di concordato (ed è mia opinione che sia sul piano dei doveri d'informazione propri della deontologia professionale, sia sul piano dei doveri d'informazione nascenti dal principio di buona fede - operante sia in ambito contrattuale che in ambito extracontrattuale: Cass., 4 maggio 2009, n.10182 -, il professionista abbia l'obbligo di comunicare tanto all'impresa nominante quanto agli altri soggetti interessati, attraverso la relazione di attestazione, le cause di incompatibilità, che non sempre possono essere da essi conosciute o conoscibili; cfr., in tal senso, Trib. Novara, 27 febbraio 2013; Trib. Terni 28 gennaio 2013) ovvero nella revoca dello stesso ex art. 173 l.fall. qualora la causa di incompatibilità sia conosciuta dopo l'apertura della procedura: e ciò in quanto “l'art. 162 l.fall., nel disciplinare l'ipotesi di inammissibilità della domanda, fa riferimento alla carenza dei presupposto di cui agli artt. 160, 1 e 2 c., e 161 l.fall. e che quest'ultima disposizione, integralmente richiamata, prescrive espressamente al comma terzo che il piano e la documentazione allegata siano accompagnati dalla relazione di un professionista nominato dal debitore e che sia in possesso dei requisiti di cui all'art. 67, 3 c., lett. d), l.fall.”.

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