Il giudizio di meritevolezza nella revoca dell’ammissione al concordato preventivo

18 Luglio 2013

L'emersione di condotte fraudolente del debitore è ostativa all'ammissione alla procedura di concordato preventivo, perché, se da un lato sono stati eliminati, in sede di riforma concorsuale, i requisiti della meritevolezza e della regolare tenuta della contabilità ai fini dell'ammissione alla procedura, dall'altro, il legislatore, continuando a prevedere, con l'art. 173 l. fall., l'apertura d'ufficio del procedimento per la revoca dell'ammissione a concordato preventivo, ha chiaramente individuato un nucleo di fatti illeciti connotati dalla fraudolenza, incompatibili con la prosecuzione della procedura.
Massima

L'emersione di condotte fraudolente del debitore è ostativa all'ammissione alla procedura di concordato preventivo, perché, se da un lato sono stati eliminati, in sede di riforma concorsuale, i requisiti della meritevolezza e della regolare tenuta della contabilità ai fini dell'ammissione alla procedura, dall'altro, il legislatore, continuando a prevedere, con l'art. 173 l. fall., l'apertura d'ufficio del procedimento per la revoca dell'ammissione a concordato preventivo, ha chiaramente individuato un nucleo di fatti illeciti connotati dalla fraudolenza, incompatibili con la prosecuzione della procedura.

Il caso

Il Tribunale di Milano viene investito di una richiesta di revoca dell'ammissione di una s.r.l. a concordato preventivo. La richiesta era stata fatta dal Commissario Giudiziale in seguito alla scoperta di atti di frode commessi dal debitore a danno dei creditori, atti le cui caratteristiche erano tali da giustificare, appunto, la revoca ex art. 173 l. fall. Il Tribunale esamina la questione, e si sofferma in particolare sia sulle caratteristiche che gli atti di frode devono presentare per essere posti a base della revoca, sia sul ruolo che giocava in passato il requisito della meritevolezza per l'ammissione al concordato preventivo.

Le questioni giuridiche e la soluzione

L'analisi compiuta dal Tribunale di Milano nel decreto in esame si concentra prevalentemente sul seguente aspetto: posto che tra i requisiti per l'ammissione al concordato preventivo non compare più quello della meritevolezza, eliminato in seguito alla riforma della legge fallimentare, occorre individuare se esiste ancora un margine di autonomia del Tribunale nella valutazione sia delle condotte pregresse del debitore sia di quelle posteriori all'ammissione al concordato. Secondo il Tribunale tale autonomia esiste, e va calibrata su due fronti: in primo luogo bisogna individuare quali sono le condotte fraudolente che possono effettivamente ostacolare l'ammissione al concordato preventivo (e in questo è di ausilio l'art. 173 l. fall. ai commi 1 e 3). In secondo luogo, è necessario stabilire in che misura influisce il momento in cui emerge l'esistenza di tali atti.

Osservazioni

La norma principale che viene in rilievo nel decreto del Tribunale di Milano, è l'art. 173 l. fall., secondo cui “1. Il commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti di frode, deve riferirne immediatamente al tribunale, il quale apre d'ufficio il procedimento per la revoca dell'ammissione al concordato, dandone comunicazione al pubblico ministero e ai creditori. (…) 2. All'esito del procedimento, che si svolge nelle forme di cui all'articolo 15, il tribunale provvede con decreto e, su istanza del creditore o su richiesta del pubblico ministero, accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore con contestuale sentenza, reclamabile a norma dell'articolo 18. 3. Le disposizioni di cui al secondo comma si applicano anche se il debitore durante la procedura di concordato compie atti non autorizzati a norma dell'articolo 167 o comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque momento risulta che mancano le condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato”.
Le disposizioni previste dall'art. 173 l. fall., come risulta chiaramente dal loro tenore letterale, sono dirette non solo a sanzionare determinati comportamenti del debitore, da lui posti in essere sia anteriormente (nel primo comma), che posteriormente (nel terzo comma) all'apertura del procedimento, ma anche a consentire al Tribunale di valutare la permanente sussistenza delle “condizioni prescritte per l'ammissibilità del concordato”. In questo modo, come ha osservato più di un autore, la linea di confine fra autonomia privata e controllo giurisdizionale nel concordato preventivo ne risulta piuttosto incerta (v. a questo proposito CENSONI, Autonomia negoziale e controllo giudiziale nel concordato preventivo, in Autonomia negoziale e crisi d'impresa, a cura di F. DI MARZIO- F. MACARIO, Milano, 2010, 493 ss.).
Per quanto attiene al contenuto degli atti che l'art. 173 l. fall. considera come rilevanti per l'apertura di un procedimento di revoca dell'ammissione al concordato preventivo, occorre fare alcune considerazioni riguardo alla differenza fra atti compiuti prima e atti compiuti dopo la presentazione della domanda di concordato. Con riferimento ai primi, in particolare, si può subito notare che, nonostante il Legislatore abbia eliminato dalla disciplina del concordato preventivo qualsiasi richiamo al giudizio di meritevolezza del debitore, la rilevanza degli atti di frode previsti dal comma 1 dell'art. 173 l. fall. induce a ritenere che la necessità di un esame della condotta pregressa di costui permanga, risultando sostitutivo, nella sostanza, del giudizio di meritevolezza, non più previsto.
Già nella vigenza del precedente modello di concordato preventivo, del resto, la giurisprudenza aveva più volte ribadito che la sottrazione di somme di denaro, così come ogni altro atto di frode che il debitore ammesso al concordato avesse effettuato prima di proporre il concordato stesso, potevano, una volta scoperti o emersi in altro modo, costituire senza ombra di dubbio causa del blocco della procedura di concordato o causa di diniego dell'omologazione. Il debitore era quindi considerato “immeritevole” quando l'esame della sua condotta denunciava vizi tali da escludere ogni affidamento circa la veridicità del contenuto della proposta di concordato o la sua eseguibilità, in armonia con l'idea che i requisiti personali dovevano costituire un'ulteriore garanzia per una corretta applicazione dell'istituto nell'interesse dei creditori.
Sotto il profilo del momento della commissione degli atti fraudolenti, poi, è da notare un certo disaccordo tra i Giudici milanesi autori del decreto che qui si commenta e la posizione della Corte di cassazione. Con la recente sentenza n. 13818 del 2011, infatti, la S. Corte la ritenuto che l'atto di frode, per avere rilievo ai fini della revoca dell'ammissione, deve essere accertato dal commissario giudiziale, dunque scoperto, successivamente all'ammissione, in quanto prima ignorato dagli organi della procedura e, naturalmente, deve rientrare nelle fattispecie enunciate dall'art. 173 l. fall. La Cassazione assume che, diversamente, il Tribunale potrebbe essere indotto a riprendere in considerazione e valutare fatti già conosciuti (perché riconosciuti espressamente dal debitore nella domanda di ammissione) e, in quanto tali, ritenuti non ostativi all'ammissione stessa.
Tentando di schematizzare quello che deve essere il contenuto del giudizio legato alla commissione dei fatti pregiudizievoli per i creditori, possiamo notare quanto segue: 1) riguardo agli atti pregiudizievoli per i creditori commessi precedentemente alla domanda di ammissione e “confessati” dal debitore, essi, in quanto tali, vengono necessariamente valutati dal Tribunale e, se riconosciuti irrilevanti per l'ammissione, non sono più suscettibili di riesame successivo; tuttavia, se si tratta di atti di vera e propria frode, essi costituiscono già di per sé un ostacolo all'ammissione alla procedura di concordato preventivo, che pertanto non potrà essere aperta; 2) relativamente, invece, agli atti pregiudizievoli per i creditori commessi antecedentemente alla domanda e non “confessati” dal debitore, e a quelli commessi successivamente alla domanda stessa, essi devono essere valutati ai fini dell'eventuale revoca dell'ammissione alla procedura. Questo riesame, però, andrà condotto sulla base dei parametri stabiliti dall'art. 173 l. fall. e quindi potranno essere considerati rilevanti ai fini della revoca solo gli atti di frode di cui al comma 1 o al comma 3.

Minimi riferimenti di dottrina e giurisprudenza

Per la dottrina cfr.: AMBROSINI, Il sindacato in itinere sulla fattibilità del piano concordatario nel dialogo tra dottrina e giurisprudenza, in Dir. fall., 2012, II, 348; FAUCEGLIA, Revoca dell'ammissione al concordato e dichiarazione di fallimento in corso di procedura, in Fallimento e altre procedure concorsuali (diretto da FAUCEGLIA-PANZANI), vol. III, Torino, 2009, 1691, GALLETTI, La revoca dell'ammissione al concordato preventivo, in Giur. comm., 2009, I, 730 ss.; VECCHIONE, Fattibilità del piano concordatario e “altri atti di frode”; in Giust. civ., 2011, I, 1673 ss.; e in Giur. it., 2012, 81 ss.
Per la giurisprudenza: Cass. n. 13818/2011; Cass. 2250/1985; Tribunale Mantova 18 settembre 2008, Ilcaso.it, documento 1333/2008, del 25/09/2008; Tribunale Roma 20 aprile 2010, in Ilcaso.it, documento 2253/2010, del 22/06/2010.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.