Le esenzioni da azione revocatoria di cui all’art. 67, comma 3, lett. a) e g) l. fall.

Federico Clemente
16 Luglio 2013

Sono esenti dall'azione revocatoria, ex art. 67, comma 3, lett. a) l. fall., solo i pagamenti relativi a forniture di beni e servizi attinenti alla vita ordinaria e corrente dell'impresa, a condizione che siano eseguiti "nei termini d'uso"; ne restano, quindi, esclusi quelli afferenti ad operazioni straordinarie e/o estranee all'oggetto tipico dell'attività d'impresa ed all'ordinario esercizio dell'azienda.L'esenzione da revocatoria, prevista dall'art. 67, comma 3, lett. g) l. fall. per i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alla procedura concorsuale di concordato preventivo, deve essere interpretata nel senso di escludere l'esenzione nei caso in cui l'imprenditore, che aveva programmato di chiedere l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, decida, poi, di non presentare il ricorso di cui all'art. 161 l. fall., o il Tribunale dichiari ex art. 162 l. fall. inammissibile la proposta di concordato.
Massima

Sono esenti dall'azione revocatoria, ex art. 67, comma 3, lett. a) l. fall., solo i pagamenti relativi a forniture di beni e servizi attinenti alla vita ordinaria e corrente dell'impresa, a condizione che siano eseguiti "nei termini d'uso"; ne restano, quindi, esclusi quelli afferenti ad operazioni straordinarie e/o estranee all'oggetto tipico dell'attività d'impresa ed all'ordinario esercizio dell'azienda.

L'esenzione da revocatoria, prevista dall'art. 67, comma 3, lett. g) l. fall. per i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alla procedura concorsuale di concordato preventivo, deve essere interpretata nel senso di escludere l'esenzione nei caso in cui l'imprenditore, che aveva programmato di chiedere l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, decida, poi, di non presentare il ricorso di cui all'art. 161 l. fall., o il Tribunale dichiari ex art. 162 l. fall. inammissibile la proposta di concordato.

Il caso

La fattispecie posta all'esame del Tribunale di Bergamo, chiamato a vagliare le esenzioni da azione revocatoria di cui all'art. 67, comma 3, lettere a) e g), l. fall., muove da un incarico conferito da un imprenditore ad una società di consulenza finanziaria "per la realizzazione del progetto volto ad ottenere la ristrutturazione del proprio debito bancario o parabancario ed in alternativa l'attivazione di eventuali procedure concorsuali tese alla continuità aziendale".
La fattura emessa dalla società di consulenza a fronte dei pagamenti richiama una serie di prestazioni di consulenza finanziaria, senza alcuna correlazione con un'ipotesi di concordato preventivo.
Il pagamento di quanto convenuto per le prestazioni avviene in via parziale, tramite tratte semplici emesse dall'imprenditore a carico di terzi, e girate alla società di consulenza oltre i termini originariamente concordati di pagamento delle prestazioni; le tratte sono state poi onorate dal terzo debitore.
Intervenuto il fallimento dell'imprenditore (più precisamente: l'assoggettamento a liquidazione coatta amministrativa) senza alcuna preventiva domanda di concordato preventivo, a fronte della revocatoria dei pagamenti promossa dal curatore ex art. 67 l. fall. la società di consulenza convenuta ha in primo luogo opposto l'esenzione ex art. 67, comma 3, lett. a), l. fall. e in via subordinata quella di cui alla lett. g) dello stesso comma.

I pagamenti in termini d'uso

Il primo aspetto affrontato dall'organo giudicante è dunque quello dell'esenzione da azione revocatoria dei pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso.
Il tema ha conosciuto in dottrina un florilegio di possibili interpretazioni, complice l'indeterminatezza e la atecnicità del dettato normativo (cfr. Cavalli, L'esenzione dei pagamenti eseguiti nell'esercizio dell'attività dell'impresa nei termini d'uso, in Fall., 2007, 981 e ss ), ed anche in giurisprudenza non registra posizioni univoche.
Tra le possibili problematiche interpretative, si rammentano le seguenti:
- se le forniture di beni e le prestazioni di servizi siano da correlarsi al normale esercizio dell'impresa, ovvero la norma si riferisca a qualsiasi tipo di fornitura o prestazione, e ancorché di natura episodica e contingente;
- se la norma sia applicabile anche alle società in liquidazione;
- se i termini d'uso riguardino i tempi di pagamento, le modalità di pagamento o entrambi, e se questi devono essere riferiti ai termini della specifica convenzione tra le parti, agli ordinari pregressi rapporti tra le parti, alle consuetudini imprenditoriali del settore d'appartenenza ovvero dell'attività d'impresa in generale;
- se sia revocabile il contratto a monte, da cui origina il pagamento esente da revocatoria;
- se tra le prestazioni di servizi siano da ricomprendere anche rapporti di natura finanziaria;
- se l'esenzione valga anche per l'azione revocatoria ordinaria;
- se abbia rilevanza la conoscenza lo stato di insolvenza del da parte del terzo allorché riceve il pagamento.

La ratio della norma

Di fronte ad un così ampio novero di incertezze applicative, è opportuno muovere dai principi che sottendono la norma di esenzione, per provare a fissare quantomeno alcuni punti fermi.
La dottrina maggioritaria, cui si aderisce, pare convergere nell'individuare la ratio dell'esenzione nella tutela dell'attività d'impresa anche in presenza di insolvenza (coerentemente a quanto chiarito nella relazione accompagnatoria al D.L. 35/2005).

Le prestazioni oggetto della norma

Se questa è la finalità della norma, allora pare corretto ritenere che l'esenzione esprima il proprio perimetro di applicazione con riguardo a forniture e prestazioni correlate al normale andamento dell'impresa, e che ne consentano la regolare prosecuzione (quali forniture di merce, prestazioni artigianali, intermediazioni commerciali, locazioni, appalti, trasporti, energia ).
Sono conseguentemente da escludersi, in primo luogo, le prestazioni conseguenti a situazioni straordinarie, e tra queste possono ben collegarsi le prestazioni per consulenze connesse ad una revisione dei canoni operativi dell'impresa, sia produttivi che gestionali. Se così non fosse, verrebbe meno l'utilità dell'esenzione di cui alla lett. g) dello stesso art. 67, comma 3, l. fall., che invece attiene proprio ad una specifica situazione straordinaria. Correttamente, dunque, la pronuncia del Tribunale di Bergamo richiama l'applicabilità della norma "a forniture di beni e servizi attinenti alla vita ordinaria corrente dell'impresa, a condizione che siano effettuati nei termini d'uso... esclusi quelli afferenti ad operazioni straordinarie e/o estranee all'oggetto tipico dell'attività di impresa ed all'ordinario esercizio dell'azienda". L'oggetto dell'incarico per cui è vertenza, attenendo ad una fase patologica della vita dell'impresa, "deve ritenersi escluso dai limiti oggettivi della previsione di cui alla lettera a) del terzo comma dell'articolo 67 l.f." (sulla stessa linea si pone la sentenza Trib. Milano 7 giugno 2010, in IlFallimentarista.it, secondo cui la previsione normativa "va ricondotta alla necessità di tutelare l'interesse alla prosecuzione dell'attività di impresa dell'accipiens, garantendogli la tranquillità derivante dal consolidamento dei pagamenti ricevuti nello svolgimento dell'attività imprenditoriale e nei termini d'uso").

Le società in liquidazione

Per tale via può trovare risposta anche la questione correlata alle prestazioni rese alla società liquidazione: se l'attività liquidatoria è connotata dalla prosecuzione dell'attività d'impresa, tanto per il completamento delle commesse che per la cessione dell'azienda in funzionamento, l'esenzione potrà trovare applicazione.
I termini d'uso - La decisione non entra in merito all'interpretazione dei termini d'uso, ma può essere utile un cenno. È discusso infatti se nell'interpretazione della locuzione vada posto l'accento sui tempi dell'adempimento o sulle modalità di esecuzione.
È ragionevole ritenere che si debba guardare ad entrambi, essendo tutt'e due "termini" dell'obbligazione: il quando e il come (così la cit. Trib. Milano 7 giugno 2010, secondo cui "il significato... deve ritenersi comprensivo sia della "qualità" e tipologia del pagamento... sia del dato cronologico, cioè del tempo dell'adempimento"; analogamente Trib. Milano 4 dicembre 2012).
Permangono tuttavia difficoltà interpretative.
Infatti, come accennato, i termini d'uso possono essere valutati secondo i seguenti criteri alternativi:
1) termini fissati contrattualmente per l'operazione specifica, il cui pagamento è oggetto di revoca;
2) termini d'uso tra le parti, ossia i termini che le parti erano solite concordare per operazioni analoghe antecedenti;
3) termini di mercato tra operatori del settore o dell'economia in generale.
Si ritiene in prima battuta che si debba guardare al criterio sub 1), cosicché il rispetto delle prefissate condizioni contrattuali costituirà l'elemento guida.
Il secondo e il terzo criterio, infatti, si collocano nel campo delle eventuali anomalie dell'accordo contrattuale.
Non sfugge, tuttavia, che, secondo l'interpretazione proposta, il legislatore avrebbe potuto utilizzare locuzioni più puntuali, parlando semplicemente di "termini contrattuali".
L'apertura al concetto di "uso" introduce il tema del confronto, cosicché, per dare un senso alla norma, il rispetto delle condizioni di pagamento contrattualmente previste per la specifica operazione andrà confrontato comunque con un aspetto più ampio, ossia la conformità dei termini rispetto a precedenti operazioni tra le parti (se esistenti) e, in subordine, a condizioni di mercato. Non saranno quindi esenti pagamenti che, pur aderendo a quanto concordato tra le parti, costituiscano esecuzione di accordi difformi dalle ordinarie condizioni tra le parti o, in subordine, e per quanto possibile, a quelle espresse dal mercato (in sintonia, una posizione dello stesso Trib. Milano 18 luglio 2011, in IlFallimentarista.it, con nota di Lenoci, Revocatoria fallimentare e pagamento nei termini d'uso, volge all'esame dei “tempi di pagamento che risultino abitualmente utilizzati - già nei pregressi rapporti - fra il fallito e il convenuto in revocatoria, oppure, in mancanza di una particolare consuetudine invalsa inter partes o in presenza di atti di pagamento unici o sporadici, che risultino abitualmente utilizzati dai comuni contraenti nell'adempimento di rapporti negoziali posti in essere nell'esercizio normale dell'attività d'impresa”. In senso conforme si pone ancora Trib. Milano 6 novembre 2012, in www.ilcaso.it, secondo cui non possono essere definite normali “modalità di esecuzione del rapporto che divergono in modo evidente tanto da quelle in precedenza adottate tra le parti quanto da quelle consuete nella prassi commerciale”. Differentemente, la già richiamata sentenza Trib. Milano 7 giugno 2010 sembra propendere decisamente per la prima interpretazione, ossia che si debba guardare espressamente allo specifico regolamento negoziale accettato dalle parti, sottolineando inoltre la sostanziale impossibilità di individuare termini d'uso di mercato).
Va inoltre considerata l'ipotesi in cui tra le parti fosse invalsa la consuetudine di pagamenti ritardati (in spazi temporali variabili) rispetto alla formale scadenza (ad esempio, la classica scadenza a "90 giorni fine mese data fattura") (in linea di principio contrario Trib. Milano 4 dicembre 2012, cit., secondo cui “non può beneficiare dell'esenzione il pagamento effettuato in ritardo, a maggior ragione se avvenuto a seguito di solleciti”).
In questo caso pare di poter affermare che proprio il richiamo agli usi (e quindi, secondo l'interpretazione fornita, agli usi tra le parti) potrebbe mandare indenne da revocatoria il pagamento avvenuto in ritardo rispetto alla scadenza contrattuale, ma nell'ambito di una tolleranza consolidata tra le parti.
Diversa l'ipotesi della presenza di solleciti, che per loro stessa natura fanno venire meno il concetto di tolleranza.
Il pagamento dovrà comunque essere effettuato secondo le modalità prefissate (ricevute bancarie, assegno, bonifico, compensazione ecc.). Peraltro, un pagamento alla normale scadenza con assegno o con bonifico in luogo, ad esempio, del preventivato ritiro di ricevute bancarie non sarebbe sufficiente a far perdere l'esenzione, trattandosi di mezzi di pagamento equivalenti.
La revocabilità del contratto a monte - Un ambito di significativa incertezza rispetto alle finalità di consolidamento dei pagamenti è dato da un ulteriore tema, ovvero se sia revocabile il contratto a monte pur nell'ipotesi di irrevocabilità dei relativi pagamenti.
Sebbene la fattispecie possa costituire una distonia del sistema, la norma è espressamente volta alla irrevocabilità dei pagamenti, cosicché non sembrano esserci margini per statuire l'irrevocabilità dei contratti.
A maggior ragione, saranno revocabili quei contratti che conterranno termini più stringenti rispetto ai precedenti accordi tra le parti.
Le operazioni finanziarie - Resta ancora il problema di valutare se tra i pagamenti vi siano anche quelli correlati ad operazioni di credito o comunque finanziarie.
In linea di principio, si concorda con quella dottrina che vede una netta cesura tra i debiti di funzionamento e quelli di finanziamento, e che pertanto esclude per questi ultimi l'applicazione della norma di esenzione.
Tuttavia, il dubbio è legittimo, posto che nei "servizi" potrebbero trovare collocazione tutte le prestazioni, diverse dalle forniture, suscettibili di valutazione economica, svolte a favore dell'impresa, quindi anche quelle di natura finanziaria.
Solo un richiamo alla ratio della norma, volta secondo quanto in precedenza espresso a garantire l'ordinario svolgimento dell'attività produttiva, può consentire di stringere il campo solo alle forniture di beni e servizi finalizzati in via diretta ed immediata agli scopi produttivi e/o commerciali dell'azienda. Così come si escludono le prestazioni di natura straordinaria, così si escludono quelle di natura finanziaria.
Permangono due aspetti che meritano un breve richiamo.
La revocatoria ordinaria - Il primo attiene all'esperibilità dell'azione revocatoria ordinaria per le fattispecie di cui all'art. 67, comma 3.
Secondo parte della dottrina, la collocazione della norma di esenzione all'interno dell'articolo 67 ne comporterebbe l'inapplicabilità all'azione revocatoria ordinaria, il cui esercizio da parte del curatore è disciplinato dall'art. 66 l. fall.
Peraltro, l'incipit del comma 3 è assolutamente chiaro, laddove dispone che "non sono soggetti a revocatoria" gli atti di cui alle lettere che seguono, cosicché pare contraddittoria sotto il profilo letterale l'ipotesi che l'esenzione sia limitata alle situazioni di cui all'art. 67, commi 1 e 2, l. fall.
Queste ultime, in ogni caso, differiscono dall'azione revocatoria ordinaria in primo luogo per un diverso regime probatorio, con cui si vuole rendere meno impegnativa l'azione giudiziale eventualmente promossa dal curatore. Parlare di esenzione dall'azione, evidentemente, è affermazione ben più importante che limitarsi ad escludere un determinato regime di agevolazioni probatorie. Opinando diversamente, si verrebbe a sostenere che non si tratta di norma di esenzione dall'azione, ma solo di esenzione dalle facilitazioni giudiziali di cui ai primi due commi: il che, è completamente contrario al dettato letterale e alle finalità della disposizione.
Si ritiene infine che la norma di esenzione costituisca norma speciale, e come tale prevalente rispetto a quella generale di cui all'art. 2901 c.c.
In giurisprudenza, tuttavia, pare potersi cogliere un indirizzo differente: la regolarità nei pagamenti è un indicatore oggettivo tale da non far sorgere il sospetto sulla solvibilità del debitore. Ciò pare peraltro aprire spazi di revocabilità a fronte della percezione dell'insolvenza da parte del fornitore, nonostante i pagamenti in termini d'uso.
La scientia decoctionis - L'ultimo aspetto riguarda la rilevanza della scientia decoctionis da parte dell'accipiens al fine di escludere l'applicabilità dell'esenzione.
Il dettato letterale, come visto, non condiziona l'esenzione ad alcuna limitazione. D'altro canto, esentare dall'azione significa proprio sterilizzare le iniziative giudiziarie, e non limitarle ad ipotesi di buona fede del terzo, in assenza di specifiche indicazioni.
Le norme di esenzione sono evidentemente dettate da scelte di opportunità economica e sociale, volte a consolidare determinate situazioni che, per diversificati motivi, si ritengono meritevoli di tutela e stabilità.
Si pensi ad esempio all'esenzione correlata all'acquisto di immobili destinati ad essere abitazione principale dell'acquirente: ammetterne la revoca ex art. 2901 c.c. o ancor più vincolare l'esenzione alla non conoscenza dell'insolvenza da parte del terzo significherebbe lasciare un ampio margine di incertezza ad una fattispecie che, al contrario, si vuole tutelare per la sua rilevanza sociale.
Ed ancora, escludere l'esenzione a fronte della conoscenza dello stato di insolvenza da parte del terzo significa, di fatto, tornare ai principi di cui al secondo comma dell'articolo 67 l. fall., togliendo ogni senso (e operatività) al terzo comma del medesimo articolo.
In giurisprudenza, tuttavia, pare potersi cogliere un indirizzo differente (Trib. Monza 24 aprile 2012, e Trib. Milano 19 aprile 2012, in www.ilcaso.it): la regolarità nei pagamenti è un indicatore oggettivo tale da non far sorgere il sospetto sulla solvibilità del debitore. Ciò pare peraltro aprire spazi di revocabilità a fronte della percezione dell'insolvenza da parte del fornitore, nonostante i pagamenti in termini d'uso.
I pagamenti di prestazioni per servizi strumentali all'accesso dell'impresa al concordato preventivo - Il secondo aspetto affrontato dal provvedimento in esame concerne l'esenzione da revocatoria di cui all'art. 67, comma 3, lett. g) per i “pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza per ottenere la prestazione di servizi strumentali all'accesso alla procedura concorsuale di concordato preventivo”.
Due affermazioni spiccano nella sentenza:
- l'esenzione va esclusa quando "l'imprenditore, che pur aveva programmato di chiedere l'ammissione alla procedura di concordato preventivo, decida, poi, di non presentare il ricorso di cui all'articolo 161 l.f., o il Tribunale dichiari ex art. 162 l.f. inammissibile la proposta di concordato";
- i pagamenti oggetto di esenzione devono riguardare servizi strettamente funzionali all'accesso la procedura concordataria, "e sono tali quelli specificamente diretti a consentire l'ammissione dell'imprenditore alla procedura, con esclusione di quei servizi di carattere generale, o, comunque, diretti ad altro scopo rivelatisi accidentalmente utili al fine dell'accesso alla procedura".
Entrambe le statuizioni paiono condivisibili.
Mancata presentazione o inammissibilità della domanda di concordato - Quanto al primo profilo di indagine, il sacrificio dei creditori concorsuali, che subiscono la diminuzione patrimoniale correlata ai pagamenti in esame, può in effetti trovare giustificazione solo ove la procedura di concordato venga ad esistenza (ancorché poi sfoci in fallimento). Diversamente, si aprirebbero spazi di esenzione anche a fronte di tentativi concordatari maldestri, se non addirittura ad operazioni artatamente costruite per beneficiare dell'esenzione, a prescindere dagli esiti dell'attività posta in essere.
E' pur vero che, secondo l'indirizzo del Tribunale di Bergamo, la tutela del prestatore di servizi è subordinata alle definitive determinazioni dell'imprenditore e alle successive valutazioni del Tribunale. Ciò però pare un adeguato bilanciamento tra interessi contrapposti, quelli degli operatori che ricevono i pagamenti de quibus e quelli dei creditori che ne subiscono gli effetti in termini di capienza patrimoniale del debitore.
Afferma infatti la sentenza che "la successiva apertura della procedura concordataria rappresenta la dimostrazione della serietà del tentativo della soluzione della crisi proposto dall'imprenditore e, dall'altro, rende maggiormente accettabile il sacrificio della par condicio creditorum, che l'esonero dall'azione revocatoria comporta".
La strumentalità dei servizi, in definitiva, viene a configurarsi proprio quando si ha l'accesso alla procedura, accesso in difetto del quale le prestazioni vengono a perdere la loro valenza per il fine cui sono state programmate e quindi perdono anche il beneficio dell'esenzione.
Le prestazioni oggetto della sentenza - Venendo al secondo aspetto, il restringimento del raggio d'azione dell'esenzione è coerente con gli stessi principi qui sopra enunciati. Solo le prestazioni direttamente volte all'instaurarsi della procedura di concordato possono beneficiare dell'esenzione.
Nel caso di specie, l'incarico solo in via alternativa ed eventuale ipotizza l'accesso ad una procedura concorsuale (neppure specificata), e la fattura emessa dall'accipiens non richiama alcuna ipotesi concordataria, che poi non si è configurata. Lo stretto legame tra prestazioni e ammissione del debitore alla procedura non si è quindi realizzato, né quale finalità immediata delle prestazioni, né quale risultato concreto.
Doverosa, quindi, l'attestazione di inapplicabilità dell'art. 67, comma 3, lett. g) l. fall.
I pagamenti di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza - La sentenza in commento non si occupa dell'aspetto per cui l'esenzione, per potersi applicare, deve concernere pagamenti “di debiti liquidi ed esigibili eseguiti alla scadenza”.
La norma pare piuttosto restrittiva, in quanto espone certamente a revocatoria i pagamenti anticipati e quelli posticipati rispetto alla scadenza.
Se ne ravvisa un collegamento con l'esenzione di cui alla lettera a), e si può provare a trarne un indirizzo di fondo: le operazioni volte alla sopravvivenza dell'impresa e quelle indirizzate alla soluzione concordataria devono, in ogni caso, essere condotte entro binari di regolarità. Al di fuori di questi, si aprono spazi ad operazioni strumentali o comunque devianti, verso le quali permane un giudizio di negatività e il conseguente assoggettamento a revocatoria.

Conclusioni

La sentenza in esame comporta un approccio restrittivo alle norme di esenzione di cui all'art. 67, comma 3, l. fall.
D'altro canto, tale approccio trova ad avviso di chi scrive una sicura giustificazione nel carattere eccezionale delle previsioni, e nella necessità di contemperare le esigenze operative o di accesso al concordato dell'impresa con le ragioni dei creditori, al cui interesse in via mediata mirano comunque le fattispecie qui in esame, cosicchè non possono trovare il beneficio dell'esenzione le situazioni che non siano strettamente correlate ai casi di legge, in un quadro di correttezza di termini e adempimenti.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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