Brevi note in tema di criteri di ammissibilità del concordato preventivo

05 Dicembre 2013

La veridicità dei dati da valutare al fine della manifestazione di consenso da parte dei creditori deve essere garantita soprattutto dal commissario giudiziale. L'assolvimento del suo compito richiede che la proposta di concordato sia seria e non abbia finalità meramente dilatorie, e la documentazione prodotta dal debitore, che costituisce la base di partenza delle sue indagini e valutazioni, sia completa e soprattutto che possa essere inquadrata effettivamente nel tipo richiesto dal legislatore. Tale fondamentale esigenza richiede di verificare che la relazione sulla situazione patrimoniale ed economica e finanziaria dell'impresa sia aggiornata e che contenga effettivamente una dettagliata esposizione della situazione sia patrimoniale sia economica sia finanziaria dell'impresa.Deve considerarsi inammissibile la proposizione di concordato in cui si è prevista la falcidia dei crediti privilegiati generali in presenza di risorse destinate ai creditori chirografari.
Massima

La veridicità dei dati da valutare al fine della manifestazione di consenso da parte dei creditori deve essere garantita soprattutto dal commissario giudiziale. L'assolvimento del suo compito richiede che la proposta di concordato sia seria e non abbia finalità meramente dilatorie, e la documentazione prodotta dal debitore, che costituisce la base di partenza delle sue indagini e valutazioni, sia completa e soprattutto che possa essere inquadrata effettivamente nel tipo richiesto dal legislatore. Tale fondamentale esigenza richiede di verificare che la relazione sulla situazione patrimoniale ed economica e finanziaria dell'impresa sia aggiornata e che contenga effettivamente una dettagliata esposizione della situazione sia patrimoniale sia economica sia finanziaria dell'impresa.

Affinché la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano possa dirsi adeguatamente motivata devono essere indicate le verifiche effettuate nonché la metodologia ed i criteri seguiti per pervenire all'attestazione di veridicità dei dati aziendali e alla conclusione di fattibilità del piano. Solo in tal modo il commissario giudiziale può essere messo in condizione di valutare criticamente la documentazione prodotta ed elaborare una relazione idonea a rendere possibile, da parte dei creditori chiamati a votare la proposta, la percezione quanto più esatta possibile della realtà imprenditoriale.

Deve considerarsi inammissibile la proposizione di concordato in cui si è prevista la falcidia dei crediti privilegiati generali in presenza di risorse destinate ai creditori chirografari.

Il caso

Con ricorso presentato in data 30 novembre 2012 veniva chiesto al Tribunale di Padova un termine per integrare la documentazione relativa alla valutazione del patrimonio mobiliare ed immobiliare della società ricorrente.
Nel piano concordatario veniva prevista la cessione dei beni, finalizzata al pagamento integrale dei debiti IVA, al pagamento percentuale dei creditori ipotecari nella misura del 92,5 % al pagamento dei creditori muniti di privilegio generale nella misura del 50%; veniva inoltre previsto il pagamento dei creditori chirografari nella misura del 31,5%.
Il Tribunale dopo aver esaminato la documentazione prodotta e ritenuto che il termine richiesto non poteva essere concesso ai sensi dell'art. 162 l. fall. in considerazione delle gravi lacune che caratterizzavano la proposta concordataria, l'attestazione e la documentazione allegata al piano, dichiarava inammissibile il concordato, disponendo, al contempo la trasmissione di copia degli atti alla Procura della Repubblica per le determinazioni di competenza.

Le questioni giuridiche

La pronuncia del Tribunale di Padova appare molto interessante - innanzitutto - con riferimento alla problematica della relazione del professionista attestatore ex articolo 161 l. fall. in riferimento all'art. 236-bis l. fall.
Il Tribunale, in particolare, analizzando l'attestazione ex art. 161 l. fall. la ritiene inidonea ad integrare i presupposti di ammissibilità, in quanto lo stesso professionista riferisce nel documento di non aver effettuato una autonoma verifica in ordine ai crediti indicati dalla società, riproducendo, in buona sostanza, il piano concordatario.
Tale relazione - ad avviso del Tribunale - non assolve alla sua funzione di sostenere la veridicità dei dati e la fattibilità del piano, così non integrando i requisiti minimi dell'art. 161 l. fall.
Inoltre il Tribunale veneto valuta la fattibilità del piano analizzando la possibilità di far fronte con l'attivo indicato ai debiti nella percentuale proposta, giungendo alla conclusione che le percentuali indicate appaiono incongruenti con le conclusioni assunte dalla società ricorrente.
Il Tribunale affronta anche il problema - risolvendolo in senso negativo - della possibile previsione nell'ambito della proposta concordataria, del pagamento parziale dei creditori muniti di privilegio generale in presenza di una percentuale di pagamento per i creditori chirografari indicata nel piano concordatario

Osservazioni

Con riferimento alla prima massima - pur segnalando che la pronuncia del Tribunale veneto è avvenuta prima dell'attesa pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite del 23 gennaio 2013, n. 1521 (per un commento cfr. Lamanna, L'indeterminismo creativo delle sezioni unite in tema di fattibilità nel concordato preventivo: «così è se vi pare» in ilfallimentarista.it; Vitiello, Il problema dei limiti del controllo del tribunale sulla fattibilità del piano come risolto dalle Sezioni Unite, ivi), che ha stabilito le modalità e le tipologie di controllo da parte del Tribunale al momento dell'ammissione di concordato e nella fase di omologazione - va dato atto che il provvedimento in commento si inserisce perfettamente nella tipologia dei controlli che sono stati definiti di “fattibilità giuridica”, pacificamente riconosciuti in capo all'Autorità giudiziaria anche successivamente alle ultime indicazioni in tema di concordato preventivo da parte della Suprema Corte.
Come è noto, la giurisprudenza di merito ha enucleato alcuni elementi minimi ed imprescindibili, in presenza dei quali la proposta di concordato preventivo poteva ritenersi ammissibile, riservando alla successiva fase dell'omologazione un vero e proprio controllo sulla “fattibilità materiale” del concordato.
Alla luce delle più recenti interpretazioni che la Corte di Cassazione (Cfr. Cass. civ, sez, I, 25 ottobre 2010, n. 21860 citata dal Tribunale di Padova in motivazione) aveva fornito in ordine all'esame della fattibilità del concordato preventivo al momento dell'ammissione della procedura, l'attenzione giurisprudenziale si era spostata verso una rigorosa valutazione della sussistenza dei presupposti formali, tra cui rientra, alla luce del chiaro disposto dell'articolo 160 l. fall., l'attestazione del professionista, nei confronti del quale il legislatore ha previsto una specifica sanzione penale in caso di dichiarazione non veritiera.
In questa prospettiva interpretativa si era affermato che il tribunale potesse esercitare sulla proposta effettuata dal debitore un controllo di tipo “formale”, finalizzato, peraltro, a verificare la completezza e correttezza dei dati esposti e la fattibilità del piano, con particolare riguardo alle ragioni dei creditori privilegiati non ammessi al voto.
Le recenti modifiche normative attuate nell'estate del 2012, lette in combinato con le indicazioni fornite dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza del 23 gennaio 2013, n. 1521, confermano la soluzione secondo cui il potere di controllo del Tribunale in ordine alla fattibilità del concordato preventivo debba essere limitato alla “fattibilità giuridica o formale” ed anticipato nella fase di ammissione.
Del tutto correttamente il Tribunale di Padova ha fatto applicazione di tali principi nella fase di ammissione del concordato, interpretando - peraltro in modo condivisibilmente rigoroso - la verifica dei presupposti di "fattibilità giuridica” cui deve ora considerarsi condizionata l'ammissione alla procedura, richiedendo che fra tali presupposti vi sia anche una “attestazione idonea” da parte del professionista, la quale deve ritenersi tale solo quando quest'ultimo, nell'ambito della propria relazione, indichi in modo specifico il percorso logico attraverso il quale giunge ad affermare la fattibilità del piano concordatario nonché le verifiche effettuate, la metodologia e i criteri seguiti per attestare e certificare la veridicità dei dati aziendali.
Si tratta di un principio molto importante, in quanto vengono enunciati e ribaditi, successivamente alla creazione legislativa di una ipotesi di responsabilità penale in capo allo stesso professionista attestatore, i criteri in forza dei quali l'attestazione non può ritenersi "veritiera".
La necessità di un controllo effettivo ed analitico da parte del professionista sulla contabilità del proponente era stata peraltro prospettata, oltre che dalla giurisprudenza, anche dalla dottrina (cfr. Genoviva, I limiti del sindacato del tribunale nel concordato preventivo alla luce del “correttivo”, in Fall., 2008, 688 ss.) la quale, al fine di chiarire i limiti del sindacato del tribunale nella fase iniziale della procedura di concordato preventivo, aveva precisato che “… a norma dell'art. 162 l.fall., così come modificato dal D.Lgs. n. 169/2007, il tribunale deve verificare la sussistenza dei “presupposti” di cui all'art. 161 l.fall., tra i quali vi e` appunto la relazione dell'esperto, attestante la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità”.
L'assoluta rilevanza dei dati contenuti nella relazione del professionista che accompagna il “piano” (e la relativa assunzione di responsabilità con la sottoscrizione della relazione) era stata evidenziata anche da parte di altra dottrina (Patti, Quale professionista per le nuove soluzioni della crisi di impresa: alternative al fallimento, in Fall., 2008, 1071 ss.), la quale aveva rilevato come l'attestazione di veridicità dei dati aziendali “… non possa limitarsi ad un'assicurazione di corrispondenza tra i dati indicati nel piano proposto dall'imprenditore e la sua contabilità, dovendone piuttosto garantire l'esattezza con illustrazione dei criteri e delle metodologie seguite nel procedimento di revisione e ciò sulla base di un attento e critico scrutinio del bilancio e delle scritture contabili che dia conto anche delle modalità della loro tenuta in funzione della finalità informativa e di tutela dei creditori della relazione, pure senza l'analiticità di una revisione contabile non esigibile né richiesta dal tenore letterale, oltre che dallo spirito della normativa”.
In particolare - nel caso esaminato dal Tribunale padovano - in presenza di lacune particolarmente gravi che caratterizzavano oltre alla proposta concordataria, anche l'attestazione del professionista - non si è ritenuto di concedere nemmeno il termine per l'integrazione ai sensi dell' articolo 162 l. fall..
Pertanto, al di là delle specifiche caratteristiche del caso concreto, appare evidente come le future attestazioni effettuate dal professionista che accompagneranno la proposta di concordato preventivo dovranno essere redatte con congrua motivazione in ordine alla fattibilità, specificando altresì quali verifiche siano state effettuate, nonché i criteri e la metodologia seguiti per giungere alla attestazione di veridicità dei dati aziendali.
I principi indicati nella sentenza del Tribunale di Padova sono – pertanto - pienamente coerenti con quelli che potremmo definire i nuovi profili di responsabilità civile e penale del professionista attestatore, così come emergono a seguito delle modifiche attuate con il cosiddetto decreto 134/2012 e la creazione dell'articolo 236-bis l. fall. (cfr. Lamanna, Il c.d. decreto sviluppo: primo commento sulle novità in materia concorsuale, in ilfallimentarista.it; Vitiello, La nuova responsabilità penale del professionista attestatore, in ilfallimentarista.it).
Un ulteriore aspetto per cui si segnala la sentenza del Tribunale di Padova riguarda la trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica “per ogni valutazione di competenza”: nel caso di specie, pur non avendo il Tribunale espressamente indicato che la trasmissione degli atti avveniva per l'esercizio penale nei confronti dell'attestatore ai sensi dell'art 236-bis l. fall., è indubbio che nel caso specifico, alla luce delle “ gravi lacune" che affliggevano la proposta concordataria e soprattutto l'attestazione del professionista, il rischio penale per quest'ultimo appare estremamente concreto, come peraltro emerge dalla lettura della parte finale della sentenza in commento.
Anche con riferimento a tale particolare aspetto esaminato dal decreto del Tribunale di Padova, riteniamo necessario svolgere alcune considerazioni preliminari al fine di meglio delineare il percorso compiuto dal legislatore prima di giungere all'esame della soluzione che ha dato luogo alla trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica da parte del Tribunale di Padova.
Prima dell'intervento legislativo dell'estate 2012, la previsione di un'autonoma fattispecie penale a carico del professionista attestatore è stata preceduta da un ampio e vivace dibattito fra dottrina e giurisprudenza in ordine alla qualifica giuridica che poteva essere attribuita al professionista attestatore ex art. 161 l. fall.. (per una sintesi di tale dibattito ci permettiamo di rinviare a Bersani, Il Concordato preventivo, 207 ss. nonché a Tetto, Le false o fraudolente attestazioni del professionista ex art. 161 comma 3 l. fall.: alla ricerca di un'evanescente tipicità penalmente rilevante, in Fall., 2012, 842 ss.; Spinosa, Il c.d. decreto sviluppo nel sistema della legge fallimentare: i rapporti tra nuove procedure concorsuali e profili di responsabilità penale, dirittopenalecontemporaneo.it).
In dottrina, sul condivisibile presupposto che una delle principali garanzie per i creditori in ordine alla serietà della proposta di concordato preventivo fosse rappresentata proprio dalla relazione del professionista che certifica la fattibilità del piano e la veridicità dei dati aziendali, si concludeva nel senso che in capo al medesimo si configurava una precisa responsabilità. Tale responsabilità era stata – tuttavia – limitata agli aspetti civili, escludendosi la configurabilità di condotte penalmente rilevanti nelle eventuali falsità contenute nella relazione del professionista.
Le interpretazioni giurisprudenziali erano state, inevitabilmente, contraddittorie: da parte del Tribunale di Bologna (17 ottobre 2006 ; nello stesso senso cfr. Trib. Torino, IV sez. pen., in Fall., 2010, 1439, con commento di M. Lanzi, Il professionista incaricato della relazione per l'ammissione al concordato preventivo non e` pubblico ufficiale, ivi, pag. 1440) si era affermato che “… pur emergendo il tentativo di “qualificare il "piano" per il c.p. e le sue allegazioni, il Legislatore non ha sanzionato sotto alcun profilo – viceversa tipico delle attività "fidefacienti" – la responsabilità del professionista di cui all'art. 28 l. fall., incaricato dal debitore perchè attesti la veridicità dei dati aziendali ivi riportati e la fattibilità del piano concordatario: ne deriva che gli elementi forniti dai suddetti documenti (individuati sub art. 161, comma 2, cit.) costituiscono la base primaria per le fasi successive della procedura, ma che – salvo costituire un prezioso contributo critico sull'attendibilità dei valori contabili, un approfondimento ed un chiarimento sull'entità delle risorse a disposizione, ecc. – anche la relazione di cui all'art.161, comma 3, assume rilievo al medesimo "livello" degli altri atti, cui si riferiscono le valutazioni affidate al Tribunale”.
Da parte di altra giurisprudenza era stata valorizzata la valenza probatoria riconducibile all'attestazione di veridicità dei dati aziendali contenuti nella relazione redatta ai sensi dell'art. 161 comma 3 l. fall. ed allegata a supporto documentale della domanda di concordato preventivo, sottolinenando come la dolosa falsità concernente tale attestazione è idonea ad integrare gli elementi costitutivi del delitto di cui all'art. 481 c.p., rivestendo il professionista indicato dall'imprenditore la qualità di persona esercente un servizio di pubblica necessità. (cfr. Trib. Rovereto, 12 gennaio 2012,).
Il Legislatore ha posto fine a tale dibattito dottrinale e giurisprudenziale e - anche per effettuare un parallelismo con l'ipotesi di cui all' art.19, comma 2, della legge 27 gennaio 2012, n. 3 - ha previsto sanzioni penali per le false attestazioni rese dal professionista nell'ambito del proprio elaborato.
Come è noto, la nuova fattispecie di cui all' art. 236-bis l. fall. sanziona la condotta di colui che nell'ambito delle attestazioni rese nei piani attestati, negli accordi di ristrutturazione e nei concordati preventivi “espone informazioni false” ovvero “omette di riferire informazioni rilevanti”.
Proprio con particolare riferimento all'attestazione di veridicità dei dati contabili ed aziendali in generale si è accentrata l'attenzione del Tribunale di Padova, il quale ha correttamente ritenuto che il professionista non possa limitarsi ad una formale verifica della regolarità della documentazione, ma abbia l'onere - al fine di tutelare i creditori – di svolgere un controllo reale, accertando in modo analitico la congruenza tra i dati allegati alla proposta di concordato preventivo e la contabilità aziendale, nonché la genuinità di quest'ultima.
In tal senso si è affermato – in conformità a quanto emerso nel dibattito dottrinale - che la relazione del professionista attestante la veridicità dei dati deve contenere una motivazione sostanziale ed oggettiva delle attestazioni di veridicità, dando conto della sufficiente corrispondenza con i dati contabili, della regolarità formale della contabilità aziendale e delle verifiche di attendibilità sostanziale effettuate dallo stesso professionista.
Va peraltro evidenziato come anche prima della previsione dell'art. 236-bis l. fall. in giurisprudenza si evidenziava come nella relazione il professionista dovesse attestare “… la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità del piano medesimo”, rendere “… ricostruibile l'iter logico … posto a base delle sue valutazioni …” dando “…conto dei riscontri e della documentazione esaminata, nonché della metodologia seguita nei controlli effettuati …” (Trib. Piacenza, 23 giugno 2009).
Da tali indicazioni emerge come, ancor prima dell'intervento di riforma, seppure con diverse sfumature, si richiedeva un controllo non meramente formale, bensì effettivo oltre che puntuale ed analitico in ordine alla veridicità dei dati contabili aziendali; dalla serietà e completezza di tali controlli conseguiva una precisa assunzione di responsabilità per il professionista accertatore.
Va peraltro sottolineato come, al di là della trasmissione della notizia di reato, il problema interpretativo ed applicativo della fattispecie di cui all'art. 236-bis l. fall. si pone con riferimento all'elemento soggettivo richiesto dalla nuova fattispecie criminale; in altre parole si può affermare che il professionista che volontariamente e consapevolmente esegue un controllo inadeguato e superficiale vuole effettivamente attestare il falso ?
Il problema è di non poco momento, perché la risposta negativa consentirebbe di escludere dall'applicazione della fattispecie coloro che per effetto di “scarsa professionalità”, ma senza alcuna volontà di aiutare il debitore, hanno attestato la veridicità delle scritture contabili rivelatesi non genuine.
A nostro avviso, poiché la fattispecie in esame si caratterizza per la presenza del dolo generico, attraverso la contestazione del c.d. “dolo eventuale” si può giungere a ritenere integrato l'elemento soggettivo anche in tale fattispecie, che costituirà - statisticamente - l'ipotesi di maggiore frequenza.
L'importanza della attestazione di veridicità dei dati contabili sotto questo aspetto, pertanto, emerge dalla circostanza che essa costituisce un “filtro preventivo”, diretto ad evitare l'ammissione a procedure destinate, fin dall'origine, ad un esito infausto, ma che, per il solo fatto della intervenuta ammissione, nel frattempo sono idonee a porre in essere effetti paralizzanti delle azioni esecutive dei creditori o a far scadere i termini per le eventuali (ormai poche) azioni revocatorie. In altre parole la serietà della relazione serve ad evitare un “abuso” della procedura da parte del debitore, come peraltro emerge, seppure implicitamente, dalla motivazione del Tribunale di Padova.
Deve quindi essere valutata in modo favorevole la soluzione fornita dal legislatore e l'applicazione che in concreto è stata data da parte del Tribunale veneto.
L'ulteriore punto degno di rilievo esaminato dal tribunale di Padova è compendiato nella terza massima, ove si prende espressamente posizione su uno dei punti più controversi che caratterizzano il “ nuovo concordato preventivo", e cioè se nell'ambito della proposta concordataria possa essere previsto il pagamento solo parziale dei creditori muniti di privilegio c.d. “ generale" , pur in previsione di un pagamento dei creditori chirografari.
Nell'ambito dell' autonomia riconosciuta al creditore, finalizzata a facilitare gli accordi fra debitore e creditori, il testo legislativo è silente in ordine al contenuto della proposta di concordato preventivo, il quale, pertanto, può essere il più vario e non è vincolato al pagamento dei creditori (chirografari) in un preciso ammontare percentuale.
L'attuale formulazione dell'articolo 160 l. fall., pertanto, non prevede che la domanda di concordato indichi un'offerta di pagamento di importo minimo predeterminato, nè impone la prestazione di garanzie.
All'originaria formulazione del 2005 si è poi affiancata l'importante novità introdotta dal D.Lgs. n. 169/07 in ordine alla possibilità di prevedere per il debitore un pagamento percentuale per i creditori privilegiati “speciali” (cfr. Ferro, La legge fallimentare. Decreto legislativo 12 settembre 2007 n. 169. Disposizioni integrative e correttive. Commentario teorico pratico. Padova, 2008, 292 ss.; Nisivoccia, Le procedure diverse dal fallimento nel decreto correttivo, in Giur. comm., 2009, I, 101 ss.).
Alla luce di tale modifica si è affermato in giurisprudenza ed in dottrina che deve ritenersi possibile che il pagamento percentuale non debba essere limitato ai soli creditori privilegiati “speciali”, ma esteso anche ai creditori muniti di privilegio generale.
Da parte nostra avevamo ritenuto - alla luce del silenzio legislativo sul punto - che sopravvivesse (in presenza del pagamento dei creditori chirografari) l'obbligo di pagare integralmente i creditori privilegiati, in forza di quanto previsto dall'art. 177 l. fall.che mantiene intatto il principio secondo il quale i creditori privilegiati sono esclusi dal voto, salvo che rinuncino – almeno parzialmente – al privilegio.
Le difficoltà attuative della soluzione cui ha aderito parte della giurisprudenza di merito, ma che non riteniamo praticabile alla luce del chiaro dato legislativo, sono state rese evidenti dalla dottrina, la quale evidenzia l'esistenza di (a nostro avviso insuperabili) problemi pratici: infatti, prendendo in esame il presupposto dell'insufficienza del valore dell'oggetto della garanzia rispetto all'importo del credito garantito, non si vede come possa essere pagato anche il creditore di grado inferiore, lasciando insoddisfatto parzialmente quello di rango superiore e rispettare - al tempo stesso - il principio sopra indicato.
Deve essere segnalato che la Corte di Cassazione si è espressa nel senso da noi indicato su tale aspetto, affermando che nella vigenza del D.Lgs. n. 5/2006 e` inammissibile la proposta di concordato preventivo che, in mancanza di un assenso dei creditori privilegiati, preveda il pagamento non integrale, anche con riferimento all'art. 124 l.fall., dettato in tema di concordato fallimentare, non applicabile in via analogica, ed all'art. 182-ter l. fall., costituente norma speciale in tema di transazione fiscale.
La dottrina (Cfr. Genoviva, commento a Cass. Civ. 22 marzo 2010, in Fall., 2010, 655) ha peraltro osservato - non senza delusione - come con tale pronuncia la Corte di legittimità abbia di fatto disatteso “il prevalente orientamento interpretativo espresso dalla giurisprudenza di merito che, nella vigenza del D.Lgs. n. 5/2006, aveva …. ritenuto possibile, nel concordato preventivo, il pagamento non integrale dei creditori privilegiati, sia pure nei limiti della capienza dei beni su cui si esercita la prelazione, con interpretazione in via analogica del novellato art. 124 l.fall. sul concordato fallimentare”.
A tali principi si è attenuto il Tribunale di Padova nel provvedimento in commento.

Conclusioni

Il Tribunale di Padova si è espresso su almeno tre problematiche di grande attualità nell'ambito del concordato preventivo, giungendo a condivisibili conclusioni che consentono di rispettare pienamente lo spirito della riforma, coniugando l'aspetto contrattualistico del concordato con le conseguenze che a tale aspetto devono necessariamente conseguire, quali la piena responsabilità (civile e penale) dell'attestatore.
Anche con riferimento all'ultima delle massime indicate la pronuncia del tribunale veneto appare – a nostro avviso - pienamente condivisibile – e si colloca nell'ambito di quella giurisprudenza che non consente - se non in assenza di una preventiva adesione da parte degli stessi creditori - il pagamento percentuale dei creditori privilegiati (generali) in presenza di una percentuale di pagamento dei creditori chirografari.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Oltre alla giurisprudenza ed alla dottrina richiamate nel testo si consulti altresì per opportuni approfondimenti in giurisprudenza:
Trib. Roma, 5 maggio 2012, in ilfallimentarista.it; Trib. Roma 1 febbraio 2012, in ilfallimentarista.it.; Trib. Milano, sez. II, 4 ottobre 2012, in ilfallimentarista .it; Trib. Novara, 29 giugno 2012, in ilfallimentarista.it.
In dottrina: Lamanna, Graduazione tra IVA, ritenute fiscali e altri privilegi generali nel concordato in caso di incapienza dei beni su cui farli valere, in Ilfallimentarista.it; Di Marzio, Il principio di diritto sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato stabilito dalla Cassazione a Sezione Unite, in ilfallimentarista.it; Pirruccio, Limitati i poteri di controllo sulle conclusioni del professionista allegate alla proposta, in Guida dir., 2011, 91 ss.; Commisso, Il soddisfacimento non integrale dei creditori privilegiati nel concordato preventivo, in Ilfallimentarista.it; Nardecchia, Esame della proposta di concordato preventivo, nota a Trib. Udine 6 maggio 2011, in Fall., 2011, 1449 ss.; Staunovo Polacco, Concordato: inammissibilità per difetto di attestazione sulla veridicità dei dati e per pagamento dilazionato dei creditori privilegiati, in ilfallimentarista.it; Conca, Il rapporto tra autonomia privata e controllo giudiziale nel concordato preventivo, in Ilfallimentarista.it.

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