Sospensione feriale dei termini processuali per il deposito di proposta, piano e documentazione nel preconcordato

02 Dicembre 2013

Il termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione fissato dal Tribunale ai sensi e per gli effetti del sesto comma dell'art. 161 l. fall. ha natura processuale e, quindi, il suo decorso è sospeso di diritto ex art. 1 l. n. 742/1969 dal 1° agosto al 15 settembre.
Massima

Il termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione fissato dal Tribunale ai sensi e per gli effetti del sesto comma dell'art. 161 l. fall. ha natura processuale e, quindi, il suo decorso è sospeso di diritto ex art. 1 l. n. 742/1969 dal 1° agosto al 15 settembre.

Nel caso di deposito di un ricorso per concordato preventivo con riserva ai sensi del sesto comma dell'articolo 161 l. fall., il grave pregiudizio derivante a carico delle parti dalla ritardata trattazione del relativo procedimento è da considerarsi in re ipsa, di talché il Tribunale può, in qualsiasi momento, dichiararne l'urgenza con provvedimento non impugnabile ai sensi dell'art. 92, ultimo comma, R.D. 12/1941, così sottraendosi il termine per il deposito del piano, della proposta e della documentazione alla sospensione di cui all'articolo 1 l. n. 742/1969.

Nel caso in cui il ricorso per l'ammissione al concordato ex art. 161, comma 6, l. fall. sia depositato in pendenza dell'istruttoria pre-fallimentare – ovvero anche allorché detta pendenza sopravvenga al deposito del ricorso – l'inapplicabilità della sospensione feriale dei termini processuali ai giudizi per «la dichiarazione e la revoca dei fallimenti» sancita dal combinato disposto degli artt. 92 R.D. 12/1941 e 3 L. 742/1969 si comunica anche al procedimento di concordato preventivo con riserva.

Il caso

Con decreto del 3 aprile 2013 emesso ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 161, comma 6, l. fall., il Tribunale di Terni fissava il termine di 90 giorni entro il quale il debitore avrebbe dovuto provvedere al deposito del piano, della proposta e della documentazione di cui ai commi secondo e terzo del medesimo art. 161 l. fall. Nell'imminenza della scadenza di detto originario termine – scadenza “fissata” dal Tribunale nello stesso provvedimento di concessione del termine al 3 giugno 2013, e ciò in considerazione della sua ritenuta decorrenza dalla data di pubblicazione del ricorso (con riserva) nel registro delle imprese – il debitore proponeva specifica istanza volta ad ottenerne la proroga. Il tribunale, positivamente delibata questa istanza, concedeva la richiesta proroga, assegnando un ulteriore termine di 60 giorni decorrente, ovviamente, dalla scadenza del termine originario (vale a dire, come sopra visto, il 3 giugno 2013). Poiché, a seguito della concessione di detta proroga, il termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui ai commi secondo e terzo dell'art. 161 l. fall., vedeva, allora, fissata la sua “naturale” scadenza al 2 agosto 2013 – vale a dire, in un giorno “oggettivamente” ricadente nel periodo di sospensione feriale dei termini (processuali) decorrente dal 1 agosto al 15 settembre (estremi inclusi) di ciascun anno – il debitore, approssimandosi questa data, si rivolgeva al Tribunale al fine di conoscere se, nel caso di specie, dovesse o meno applicarsi la sospensione (feriale) di cui all'art. 1 L. 742/1969.

Le questioni giuridiche e la soluzione

In ordine a detta “preventiva” istanza il Tribunale ha emesso l'articolato provvedimento oggetto di queste brevi osservazioni ritenendo, in breve:
(i) che il termine concesso, ovvero prorogato, dal Tribunale ai sensi e per gli effetti di cui al sesto comma dell'art. 161 l. fall. è, a tutti gli effetti, un termine processuale soggetto, come tale, alla sospensione durante il periodo feriale fissato, per ciascun anno, dal 1 agosto al 15 settembre (estremi inclusi);
(ii) che, tuttavia, il (funzionalmente e strutturalmente autonomo, v. infra) procedimento volto alla ammissione del debitore alla procedura di concordato, allorché esso sia instaurato per effetto del deposito di un ricorso c.d. con riserva, presenta, quasi per definizione, ragioni di possibile pregiudizio a carico delle parti derivanti da una sua ritardata trattazione, di talché al Tribunale è sempre consentito, anche nel corso del procedimento medesimo (ossia, successivamente alla concessione del termine, ovvero alla sua proroga), dichiararne l'urgenza ai sensi e per gli effetti di cui all'ultimo comma dell'art. 92 R.D. 12/1941,
(iii) che peraltro, nel caso di specie, alla pur pronunziata dichiarazione di urgenza del procedimento – e, quindi, alla così disposta “esclusione”, in corso di procedimento, della astrattamente prevista ed applicabile sospensione del termine – potesse e dovesse, comunque, accompagnarsi un differimento della scadenza del termine in scadenza al 2 agosto 2013 di ulteriori trenta giorni.

Osservazioni

La soluzione fornita dal Tribunale con riferimento all'applicabilità della sospensione feriale dei termini processuali di cui all'art. 1 della L. 742/1969 al termine concesso al debitore per il deposito della proposta, del piano e della documentazione in caso di presentazione di una domanda di concordato c.d. con riserva è stata ben argomentata. A tal proposito deve, tra l'altro, considerarsi (i) che detto termine è fissato dal giudice, con proprio decreto «motivato», allorché è stato già reso pendente, mediante il deposito della domanda “prenotativa”, un procedimento nel quale viene ad essere disimpegnata, seppur con forme e contenuti peculiari, una funzione oggettivamente giurisdizionale coincidente con la pronuncia di un provvedimento di ammissione (o meno) del debitore alla procedura di concordato, (ii) che esso è strettamente funzionale al raggiungimento di un ben individuato esito di detto procedimento, di talché lo stesso può ben essere qualificato alla stregua di termine entro il quale il debitore è tenuto ad esercitare (completandolo) il potere (processuale) di richiedere l'ammissione alla procedura di concordato preventivo. Entrambe le circostanze appena riferite possono sostenere la conclusione per cui il termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione possiede una oggettiva ed immediata incidenza sulla svolgimento di un procedimento giurisdizionale instauratosi a seguito del deposito del ricorso con riserva e destinato a chiudersi, alternativamente, con un decreto di inammissibilità della domanda, ovvero di apertura della procedura di concordato preventivo. Chiarito che il termine originariamente fissato (ovvero successivamente prorogato) dal Tribunale ai sensi del sesto comma dell'art. 161 l. fall. ha natura processuale e che la sua decorrenza deve, pertanto, ritenersi, almeno astrattamente, sospesa nel periodo di ciascun anno che va dal 1 agosto al 15 settembre (estremi inclusi), occorre verificare se rispetto ad esso (o meglio, rispetto al procedimento in cui detto termine si inserisce ed al cui esito è strettamente funzionale) valgano, o meno, alcune delle ipotesi in cui la legge (mediante il richiamo fatto dall'art. 3 della L. 742/1969 all'art. 92 del R.D. 12/1941) espressamente esclude l'applicazione della sospensione feriale dei termini. A tal proposito, il Tribunale, nel provvedimento in commento, esclude che ad una generalizzata esclusione della sospensione del decorso del termine di cui al comma sesto dell'art. 161 l. fall. durante il periodo feriale possa addivenirsi attraverso l'applicazione al procedimento di ammissione alla procedura di concordato della previsione riguardante il procedimento volto alla dichiarazione di fallimento. Ed invero, la mera eventualità che, alla declaratoria di inammissibilità della domanda di concordato ex art. 162 l. fall., faccia seguito una dichiarazione di fallimento sollecitata, però, da un'autonoma e specifica istanza di parte, non può, evidentemente, rilevare al fine di estendere ai termini che caratterizzano il procedimento di ammissione alla procedura di concordato la regola (eccezionale) che vuole, invece, esclusa la sospensione feriale con riferimento alle «cause civili […] relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti» (arg. ex art. 92 R.D. 12/1941). Ritenuto, quindi, che con riferimento al procedimento instaurato mediante il deposito di una domanda di concordato c.d. “con riserva” non possa trovare applicazione – relativamente al decorso del termine fissato dal Tribunale per il deposito della proposta, del piano e della documentazione di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 161 l. fall. – quanto previsto dall'art. 92 R.D. 12/1941 per i procedimenti di dichiarazione (e revoca) dei fallimenti, a parere del Tribunale l'unico modo per “disapplicare” la sospensione cui è generalmente soggetto, nel periodo dal 1 agosto al 15 settembre di ciascun anno, detto medesimo termine ex art. 161, comma 6, l. fall. è da individuarsi nella c.d. “dichiarazione di urgenza” prevista, in via residuale, dall'ultimo comma dell'art. 92 R.D. 12/1941 in relazione alle cause «rispetto alle quali la ritardata trattazione potrebbe produrre grave pregiudizio alle parti». Prima, però, di indugiare sulla generale condivisibilità (o meno) anche di quest'ultima conclusione attinta dal Tribunale con il provvedimento in commento (e prima di svolgere alcune nostre considerazioni relative, soprattutto, alla concreta applicazione fatta dal Tribunale alla disposizione poc'anzi richiamata) è il caso di soffermarsi su due altre questioni: una direttamente affrontata (seppur, per così dire, a livello di mero obiter dictum) dal provvedimento in commento e relativa alla “sorte”, quanto alla sua decorrenza nel periodo “feriale”, del termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall., per il caso di originaria o sopravvenuta pendenza di un'istanza di fallimento; l'altra, invece non oggetto di analisi, ma che sembra meritare almeno un cenno, avente ad oggetto la possibilità di riconoscere al decreto motivato con cui il giudice fissa il termine per il “completamento” della domanda di concordato (se non la struttura, quantomeno una) funzione cautelare in quanto idoneo ad assicurare una anticipazione degli effetti che d'ordinario conseguono al deposito (meglio, alla pubblicazione nel registro delle imprese) della domanda di concordato “completa” (ciò che, per altra via, comporterebbe di escludere l'applicazione della sospensione di cui all'art. 1 della L. 742/1969 inapplicabile, come noto, ai procedimenti cautelari).
Uno spunto in tale ultimo senso, invero, potrebbe trarsi da quanto si è ritenuto di poter affermare in relazione al contiguo rimedio di cui al sesto comma dell'art. 182-bis l. fall. (per certi aspetti, oramai, di applicazione davvero residuale, attesa la maggior “facilità” di conseguire quanto ivi previsto proprio per effetto del deposito di una domanda di concordato “in bianco”), vale a dire l'anticipazione degli effetti protettivi del patrimonio del debitore per il caso di pendenza di trattative, tra questi ed i creditori rappresentanti almeno il 60 per cento dei crediti, volti alla conclusione (e successiva omologazione) di un accordo di ristrutturazione dei debiti. Rilevato, quindi, che al provvedimento di cui al comma sesto dell'art. 182-bis l. fall. è stata, da parte di molti (seppur con alcune significative, e rilevanti, eccezioni; v. infra nell'appendice bibliografica), riconosciuta struttura e funzione cautelare in ragione della ritenuta strumentalità tra detto provvedimento “anticipatorio” (degli effetti protettivi del patrimonio del debitore) ed il successivo provvedimento di “merito” (ossia, il decreto di omologazione dell'accordo di ristrutturazione), si potrebbe essere tentati di “applicare” una siffatta ricostruzione anche all'ipotesi prevista dal sesto comma dell'art. 161 l. fall. in cui, come noto, si assiste ad una, per certi versi, equiparabile anticipazione degli effetti prodotti dalla ammissione alla procedura. Contro tale accostamento, peraltro, sarebbe possibile muovere obiezioni. Pur al di là dell'osservazione, già da altri fatta, in virtù della quale anche nella ipotesi disciplinata dal sesto comma dell'art. 182-bis l. fall. non potrebbe dirsi disimpegnata alcuna funzione giurisdizionale di natura cautelare – e ciò in quanto l'anticipazione (e/o assicurazione) degli effetti protettivi del patrimonio del debitore non è strumentale ad un successivo provvedimento di merito ma, diversamente, alla conclusione di un accordo con i creditori (ciò che, mutatis mutandis, potrebbe in effetti ripetersi anche per il caso che stiamo esaminando laddove, in effetti, l'anticipazione assicurata dal deposito del ricorso con riserva e dal successivo provvedimento di fissazione del termine è da porre in relazione, non tanto al successivo provvedimento di ammissione alla procedura ma, diversamente, al precedente momento cui è invariabilmente riconnessa la produzione di detti effetti protettivi, ossia la pubblicazione nel registro delle imprese della sola domanda di concordato; arg. ex art. 168 l. fall.), pure al di là di questo, si diceva, l'attribuzione di natura cautelare al procedimento instaurato mediante il deposito di un ricorso (per l'ammissione al concordato) c.d. “con riserva” pare da escludere sia in ragione dell'obbiettiva mancanza di alcuna (pur sommaria) valutazione del fumus (in ciò fondamentalmente differenziandosi l'ipotesi di cui al sesto comma dell'art. 182-bis da quella di cui all'art. 161, comma 6), sia in ragione della natura rigorosamente unilaterale (vale a dire, non “aperta” alla partecipazione dei creditori, invece assicurata nel contesto del procedimento di inibitoria ex art. 182-bis, comma 6) del (segmento di) procedimento che conduce alla pronuncia del decreto motivato di fissazione del termine.
Ritenuto, conclusivamente, che nel caso in questione una generalizzata disapplicazione della sospensione feriale dei termini possa essere ricavata dalla riconduzione del procedimento di cui al comma sesto dell'art. 161 l. fall. ad uno di quelli per cui detta sospensione è legislativamente esclusa (v. supra), e riservato al prossimo paragrafo, come anticipato, l'esame di talune questioni che la decisione del Tribunale di fare applicazione della c.d. dichiarazione di urgenza ex art. 92 R.D. 12/1941 indubbiamente finisce col porre (v. infra), resta, ora, da dire qualcosa sul tema relativo all'influenza determinata in ordine alla ritenuta applicabilità o meno della sospensione feriale al termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione, dalla (originaria o sopravvenuta) pendenza di un'istanza di fallimento. Nel provvedimento in commento – che, come già rilevato, ha affrontato la questione a mo' di obiter dictum, sia perché nel caso di specie non vi erano istanza di fallimento pendenti contro il debitore, sia perché la finale scelta di addivenire alla c.d. dichiarazione di urgenza ha, comunque, posto fuori gioco qualsiasi altra ipotesi di (non) sospensione feriale dei termini – si è rilevato che, allorché la domanda di concordato in bianco sia stata presentata in pendenza di un'istanza di fallimento o, ancora, quando una istanza siffatta sopravvenga alla fissazione (originaria) del termine ex art. 161, comma 6, L.F., l'esonero dalla sospensione feriale previsto per le «cause civili […] relative alla dichiarazione ed alla revoca dei fallimenti» (arg. ex art. 92 R.D. 12/1941) verrebbe a trasmettersi «per connessione» al procedimento volto all'ammissione alla procedura di concordato. Non è questa, certo, l'occasione per soffermarsi sui delicati – e non ancora chiariti, soprattutto al lume della modifica introdotta proprio a seguito della previsione del c.d. “concordato in bianco” – rapporti tra procedimento prefallimentare e procedura di concordato preventivo. Qui, diversamente, può semplicemente notarsi che, anche a voler ritenere condivisibile l'idea di un (semplice) coordinamento tra procedure mediante loro riunione in un unico “processo”, si correrebbe, allora, il rischio di dover fare applicazione, quantomeno ai limitati fini che qui interessano, del principio per cui, in caso di procedimenti e/o cause cumulate, a trasmettersi per connessione è il più favorevole regime sospensivo, piuttosto che il contrario. Diversamente, pare corretto ritenere che le due “procedure” conservino, almeno in relazione a questo limitato profilo, una loro (strutturale) “separatezza” tale per cui, in buona sostanza, così come la concessione del termine non è, certamente, in grado di caducare la precedente (o anche successiva) istanza di fallimento – che, al contrario, rimarrà “viva” quantomeno ai fini di cui agli artt. 162, comma 2, secondo periodo, e 180, ultimo comma, l. fall. – allo stesso modo detta pendenza non è in grado di incidere (se non a livello “quantitativo”, arg. ex art. 161, ultimo comma, l. fall.) sul (decorso del) termine medesimo.

Le questioni aperte

In precedenza ci siamo riservati di svolgere alcune considerazioni in ordine alla scelta, infine, adottata dal Tribunale di procedere alla dichiarazione di urgenza del procedimento ai sensi di quanto previsto, in via generale e residuale, dall'ultimo comma dell'art. 92 R.D. 12/1941, e ciò al fine di escludere, in ordine al decorso del termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall., la sospensione feriale prevista dall'art. 1 L. 742/1969. È ora il caso di soffermarsi su tale ultimo ed ulteriore aspetto preso in considerazione in queste brevi righe di commento. La possibilità per il Tribunale di escludere, per il tramite della c.d. “dichiarazione di urgenza”, la sospensione del termine per il deposito della proposta, del piano e della documentazione durante il periodo feriale non può, in astratto, essere negata. Ciò che, a nostro avviso, merita di essere osservato è che: (i) ritenere che «il presupposto dell'urgenza, e del possibile pregiudizio ad essa sotteso, risult[i] pressoché in re ipsa nei procedimenti di pre-concordato» equivale, in buona sostanza, a consentire una generalizzata esclusione “giudiziale” della sospensione feriale del termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. che, a nostro avviso, non solo si pone in contrasto con la scelta di non escludere dalla sospensione feriale il decorso di detto termine, ma che, di più, finisce con il non tener conto dei (pur ampi) margini di discrezionalità che legge concede al Tribunale al momento della concessione del termine, ovvero della sua proroga (di talché – e così pare orientata la prassi di alcuni giudici di merito – della possibilità concessa al debitore di godere, per effetto della sospensione, di un termine “maggiore” di quello massimo previsto dalla legge si potrà ben tener conto, ad es., al momento in cui si tratti di dover delibare, verosimilmente con maggior rigore, un'istanza di proroga). Del resto, se ci si pone dal punto di vista degli effetti (potenzialmente negativi) che la pendenza di questo termine provoca sui diritti dei creditori, ci si avvede che si tratta, in realtà, di elemento obbiettivamente connaturato al procedimento di pre-concordato e generalmente ricorrente, di modo che, se solo (o anche) su di esso si volesse fondare un giudizio in ordine alla “urgenza” del procedimento medesimo, si dovrebbe allora spiegare perché non sia stato lo stesso legislatore a modulare diversamente, una volta per tutte, i configgenti interessi sin da subito e manifestamente in campo. Così come, d'altra parte, neppure, crediamo, possa risultare vincente, ai fini che qui interessano, l'idea che una ritardata trattazione possa recare pregiudizio allo stesso debitore posto che per questi una sollecita definizione del procedimento (mediante il deposito della proposta, del piano e della documentazione in un termine addirittura precedente a quello originariamente concesso o prorogato) non è affatto impedito dalla ritenuta sospensione feriale del termine. Correttamente, quindi, il Tribunale ritiene in conclusione di poter affermare – almeno in parte sconfessando, diciamo così, o comunque sensibilmente (e condivisibilmente) attenuando la assolutistica portata di un generale principio pur affermato in una precedente parte del proprio provvedimento – che «sembra potersi concludere che il Tribunale sia chiamato a valutare, caso per caso, l'entità del termine da fissare, ed eventualmente prorogare in presenza di giustificati motivi, ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. Fall., tenendo conto anche dell'incidenza del periodo feriale, anche al fine di scongiurare eventuali profili di abuso nello strumento concordatario e perciò accedendo alla dichiarazione di urgenza ai sensi dell'art. 92 O.G., laddove ciò si ravvisi necessario o anche semplicemente opportuno». Non sembra, peraltro, inutile segnalare che, ad es., una siffatta necessità, o anche semplice opportunità, potrà darsi proprio nei casi di presentazione di una domanda di concordato “in bianco” allorché sia già pendente una istanza volta ad ottenere la dichiarazione di fallimento del debitore proponente.
Da ultimo, vanno spese alcune parole con riferimento alla concreta modalità di esercizio del potere esercitato dal Tribunale di addivenire alla dichiarazione di urgenza. Rilevata la “singolarità” dell'istanza cui il Tribunale è stato chiamato a dare risposta – “singolarità” insita nel carattere preventivo e, per così, meramente “conoscitivo” della stessa, volta ad ottenere un “parere” piuttosto che un vero e proprio provvedimento “giurisdizionale” – rilevato questo, si diceva, alcune perplessità è lecito nutrire in ordine alla stessa possibilità di incidere sul decorso di un termine già concesso mediante una sopravvenuta dichiarazione di urgenza ex art. 92 R.D. 12/1941. Seppure è vero, infatti, che la disposizione poc'anzi citata non esclude – ed anzi espressamente permette – che a detta dichiarazione di urgenza si possa addivenire anche con riferimento alle «cause già iniziate», è anche altrettanto vero che, come ben si intende, escludere la sospensione del termine allorché questo sia prossimo alla sua “naturale” scadenza, o addirittura già scaduto, nel periodo feriale è in grado di arrecare un serio ed irrimediabile pregiudizio alla parte che deve compiere l'atto (parte che, tra l'altro, vedrebbe così minato il suo, più che legittimo, affidamento su una durata del termine stesso assai più ampia). L'esclusione della sospensione durante il periodo feriale che consegue alla dichiarazione di urgenza (peraltro pronunciata, come pur sembrerebbe possibile, d'ufficio) dovrebbe, allora, valere (in assenza di una disciplina specifica che regoli siffatta evenienza) solo per i termini (processuali) destinati ad operare in un momento successivo alla dichiarazione d'urgenza stessa. Nel caso di specie, insomma, parrebbe da negare la possibilità per il Tribunale di pronunciare la dichiarazione di urgenza ex art. 92, ultimo comma, R.D. 12/1941 allorché il termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. sia stato già concesso ed abbia, così, già cominciato a decorrere. Si potrebbe, semmai, ammettere che un intervento in tal senso del Tribunale possa legittimamente aver luogo, al più tardi, nel momento in cui venga eventualmente concessa una proroga del termine. Di tutto ciò, invero, è consapevole lo stesso Tribunale che, in qualche modo “riadattando” alla fattispecie quanto olim espressamente previsto a tal riguardo da una disposizione contenuta nella previgente L. 818/1965 (legge, poi, abrogata e sostituita dalla L. 742/1969 che nulla prevede a tal proposito, rinviando puramente e semplicemente, nella materia civile, all'art. 92 R.D. 12/1941), ha provveduto a differire la (naturale e, a seguito della dichiarazione d'urgenza, anche formale) scadenza del termine (già prorogato) di trenta giorni. Scelta, quest'ultima, certamente opportuna, ma sulla cui formale legittimità è obbiettivamente lecito, quantomeno, dubitare, equivalendo essa, nella sostanza, o ad un'ulteriore (e non prevista) proroga del termine (e ciò sul presupposto della “efficacia” della contestuale dichiarazione di urgenza), ovvero ad una (anch'essa) non prevista – sicuramente nell'ambito di procedure di preconcordato precedenti il 22 giugno 2013 – abbreviazione del termine stesso (e ciò sul presupposto, questa volta, della “inefficacia” della contestuale, ma pur sopravvenuta, dichiarazione di urgenza).
Resta, poi, da dire che, a seguito di detta dichiarazione di urgenza (e fatto salvo quanto in precedenza osservato in chiave parzialmente critica), ad essere “inciso” non sarà, esclusivamente, il termine per il deposito del piano, della proposta e della documentazione, ma, se del caso, anche tutti quegli ulteriori termini che saranno destinati ad operare nel (sub)procedimento di ammissione alla procedura (ad es., il termine non superiore a 15 giorni previsto dal primo comma dell'art. 162 l. fall. per il deposito di integrazioni al piano e nuovi documenti funzionali ad evitare la declaratoria di inammissibilità). È bene, peraltro, precisare che, al contrario, detta dichiarazione di urgenza non potrà estendere i suoi effetti sui termini che riguardino procedure e/o procedimenti che, in qualche misura, godono di una certa “autonomia” rispetto al (sub)procedimento di ammissione; cosicché, e per esemplificare, nel caso di avvenuta ammissione del debitore alla procedura di concordato, la preventiva (e oramai “inefficace”) dichiarazione d'urgenza pronunciata nella fase di ammissione non potrà valere a far ritenere esente dalla sospensione (invece, a nostro modo di vedere, applicabile; salva altra e diversa dichiarazione di urgenza) i termini relativi allo svolgimento del giudizio di omologazione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Sulla applicabilità della sospensione feriale al termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. v., nella giurisprudenza di merito, Trib. Pescara, 7 maggio 2013, Trib. Trento, 18 giugno 2013; Trib. Roma, 20 giugno 2013, Trib. Catania, 15 luglio 2013; Trib. Roma, 4 luglio 2013, Trib. Roma 17 luglio 2013, Trib. Reggio Emilia, 5 agosto 2013. In senso contrario v., invece, la giurisprudenza del Tribunale di Milano e Trib. Monza 6 agosto 2013, Trib. Perugia, 29 luglio 2013. In dottrina per la espressa affermazione che il termine di cui all'art. 161, comma 6, l. fall. sia un termine processuale e, come tale, soggetto alla sospensione durante il periodo feriale v. G.B. Nardecchia, L'inammissibilità del concordato preventivo con riserva, in Fall., 2013, 961. Nella giurisprudenza di merito ritengono (pur implicitamente) che la pendenza di un'istanza di fallimento non comporti, ipso iure, l'esclusione della sospensione feriale (del decorso) del termine le citate pronuncia del Tribunale di Roma, nonché la anch'essa già citata pronuncia del Tribunale di Trento del 18 giugno 2013 per la quale, invero, un'evenienza siffatta giustifica, al più, la dichiarazione di urgenza ex art. 92 R.D. 12/1941 (in quel caso, peraltro, concessa contestualmente alla proroga del termine). Nell'articolata motivazione del citato provvedimento del Trib. Reggio Emilia, 5 agosto 2013, si rinviene, altresì, l'espressa presa di posizione in ordine alla ininfluenza della pendenza (originaria e, a maggior ragione, sopravvenuta) di un'istanza di fallimento sul decorso del termine ex art. 161, comma 6, l. fall. (termine, quindi, che anche in questi casi rimane sospeso durante il periodo feriale). In dottrina, con riferimento ai rapporti tra concordato con riserva e procedimento prefallimentare v. P. Vella, Il controllo giudiziale sulla domanda di concordato preventivo “con riserva”, in Fall., 2013, 89 e ss.; più in generale sul tema dei rapporti tra procedura prefallimentare e procedimento di ammissione al concordato v. l'approfondita indagine di I. Pagni, Del controllo del tribunale sulla proposta di concordato dopo la sentenza 23 gennaio 2013, n. 1521 (e sui rapporti tra concordato e fallimento), in Corr. Giur., 2013, 641 e ss.
Per l'impossibilità che si addivenga ad una dichiarazione di urgenza allorché il termine sia stato già concesso, o prorogato, v. la già citata pronunzia del Trib. Reggio Emilia, 5 agosto 2013, secondo la quale «far sopraggiungere la dichiarazione di urgenza in un momento successivo alla concessione del termine […] sarebbe palesemente iniquo per l'imprenditore che sulla sospensione aveva fatto affidamento».
In ordine alla ritenuta natura e funzione cautelare del provvedimento inibitorio di cui all'art. 182-bis, comma 6, l. fall. v. M. Fabiani, L'ulteriore up-grade degli accordi di ristrutturazione e l'incentivo ai finanziamenti nelle soluzioni concordate, in Fall., 2010, 903; in senso contrario v. M. Montanari, La protezione dell'imprenditore in crisi, in M. Fabiani - A. Guiotto (a cura di), Il ruolo del professionista nei risanamenti aziendali, Torino, 2012, 127 ss., che detta natura esclude sulla base della ritenuta inesistenza di un rapporto di strumentalità tra il provvedimento inibitorio ed un successivo provvedimento di merito.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.