Il concordato di gruppo: presupposti di ammissibilità, questioni di competenza territoriale e rapporti con il procedimento prefallimentare

11 Novembre 2013

È ammissibile, tanto sotto il profilo sostanziale, quanto sotto il profilo procedimentale, la presentazione da parte di più società appartenenti allo stesso gruppo di una proposta di concordato preventivo e di un piano nel segno della unitarietà, intesa nel senso dello stretto collegamento negoziale necessario fra le proposte rispettivamente promananti da ciascuna società e da questa rivolte ai propri creditori, purché la proposta unitaria avanzata dai soggetti componenti il gruppo tenga separate le componenti dell'attivo e quelle del passivo di ciascuna persona giuridica da quelle delle altre e, in riferimento a una proposta di concordato con cessione dei beni (nel senso lato in cui tale modalità di ristrutturazione dei debiti viene intesa dall'art. 160, lett. a), l. fall.), preveda la disposizione a favore dei creditori di ciascuna società (e solo di costoro) di tutti gli elementi costituenti il patrimonio di questa. È inammissibile, per contro, la proposta unitaria di concordato da parte di società fra loro collegate da vincolo di direzione e controllo che preveda l'attribuzione ai creditori di ciascuna società solo di parte del patrimonio di questa.
Massima

È ammissibile, tanto sotto il profilo sostanziale, quanto sotto il profilo procedimentale, la presentazione da parte di più società appartenenti allo stesso gruppo di una proposta di concordato preventivo e di un piano nel segno della unitarietà, intesa nel senso dello stretto collegamento negoziale necessario fra le proposte rispettivamente promananti da ciascuna società e da questa rivolte ai propri creditori, purché la proposta unitaria avanzata dai soggetti componenti il gruppo tenga separate le componenti dell'attivo e quelle del passivo di ciascuna persona giuridica da quelle delle altre e, in riferimento a una proposta di concordato con cessione dei beni (nel senso lato in cui tale modalità di ristrutturazione dei debiti viene intesa dall'art. 160, lett. a), l. fall.), preveda la disposizione a favore dei creditori di ciascuna società (e solo di costoro) di tutti gli elementi costituenti il patrimonio di questa. È inammissibile, per contro, la proposta unitaria di concordato da parte di società fra loro collegate da vincolo di direzione e controllo che preveda l'attribuzione ai creditori di ciascuna società solo di parte del patrimonio di questa.

In tema di concordato c.d. di gruppo, solo l'omologazione dei concordati di tutte le società interessate consente la formazione di un consenso soggettivamente complesso sulla proposta e la fattibilità del piano unitariamente predisposto, mentre l'eventuale impedimento all'omologazione del concordato anche per una delle società costituisce ex se impedimento all'omologazione del concordato di ciascuna delle altre società del gruppo.

L'esistenza di un rapporto di gruppo in senso stretto tra diverse società non determina il venir meno dell'autonoma personalità giuridica e dell'autonoma qualità di imprenditore di ciascuna società, che solo con il proprio patrimonio risponde esclusivamente dei propri debiti; con la conseguenza che l'accertamento dello stato di insolvenza non può che riferirsi alla sola situazione economica della società nei confronti della quale lo stesso è sollecitato, nonostante il controllo cui la stessa è assoggettata.

Ai sensi dell'art. 9, comma 1, l. fall. (disposizione avente contenuto analogo a quella dettata dall'art. 161, comma 1, l. fall. in materia di concordato preventivo), la competenza per la dichiarazione di fallimento appartiene al tribunale del luogo ove, secondo le iscrizioni eseguite nel registro delle imprese, si trova la sede (c.d. “sede legale”) della società medesima al momento del deposito del ricorso contenente la sollecitazione a tale dichiarazione, dovendosi presumere che nello stesso luogo si trovi anche la sede effettiva (la “sede principale dell'impresa”, menzionata dalla citata disposizione di legge), salva la prova del contrario, di cui è onerata la parte che afferma la competenza di un tribunale diverso da quello adito sulla base delle iscrizioni in questione.

Per sede effettiva deve intendersi il centro dell'attività direttiva, amministrativa ovvero organizzativa dell'impresa e di coordinamento dei fattori produttivi, senza che rilevi il luogo in cui si svolge l'attività di produzione, qualora non coincida con quello in cui si svolge l'attività di organizzazione dell'impresa.

In ossequio al divieto (imposto dall'art. 168, comma 1, l. fall.) di inizio di azioni esecutive sul patrimonio del debitore nel periodo compreso fra il giorno dell'iscrizione nel registro delle imprese del ricorso e quello di acquisto di efficacia definitiva del decreto di omologazione del concordato preventivo, l'emissione del decreto dichiarativo dell'apertura della procedura di concordato preventivo determina l'arresto temporaneo di ogni decisione relativa alle istanze di fallimento pendenti nei confronti del debitore, in ragione della necessità di attendere una decisione (l'eventuale omologazione del concordato preventivo) in concreto preclusiva della decisione sul merito delle istanze medesime, ovvero di attendere decisioni (eventuale inammissibilità della domanda o rigetto di quella di omologazione) che l'esame del merito di tali istanze consentiranno.

Il caso

Con il provvedimento in esame il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di ammissione al concordato preventivo mediante cessione dei beni presentata da una società appartenente ad un gruppo di otto imprese (ciascuna delle quali aveva proposto analoga domanda concordataria), affermando la propria competenza territoriale a conoscere di detta domanda, ancorché la società istante avesse la propria sede legale al di fuori della circoscrizione del tribunale adito, sul presupposto che la sede effettiva di detta società si trovasse in Roma, dove aveva sede la società capogruppo, posto che, tra l'altro, ivi erano state assunte le più importanti decisioni gestorie relative alla società ricorrente (approvazione dei bilanci di esercizio, decisione dell'amministratore unico di attivare il procedimento di cassa integrazione guadagni per i dipendenti); con il medesimo provvedimento, il Tribunale di Roma ha sospeso ogni pronuncia in ordine alle istanze di fallimento che nel frattempo erano state presentate nei confronti della ricorrente, in attesa della decisione circa l'omologazione del concordato.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Come indicato nelle prime tre massime, il Tribunale di Roma riconosce l'ammissibilità del c.d. concordato di gruppo, il quale si articola in una pluralità di proposte concordatarie, di contenuto analogo e tra loro connesse, presentate da più società facenti parte del medesimo gruppo di imprese, al fine di consentire il superamento della situazione di crisi in cui versa ciascuna di esse. Dette proposte sono legate da un vincolo di interdipendenza, che determina, in caso di mancata omologazione del concordato relativo anche a una sola delle società del gruppo, l'automatica caducazione delle proposte concordatarie relative alle altre società. Anche in presenza di tale fattispecie complessa, tuttavia, restano fermi, secondo l'impostazione accolta nella pronuncia in commento, tanto la distinta personalità giuridica di ciascuna società proponente, con conseguente necessità di accertare il suo eventuale stato di insolvenza nell'ambito di un'autonoma procedura concorsuale (sia pure collegata a quelle riguardanti le altre società del gruppo), quanto il principio della responsabilità patrimoniale del debitore con tutti i propri beni, di cui all'art. 2740 c.c., con la conseguenza che, in caso di concordato con cessione dei beni, dovrà ritenersi inammissibile la proposta concordataria che preveda l'attribuzione solo parziale degli stessi ai creditori di ciascuna società.
Come si evince dalla quarta e dalla quinta massima, nella pronuncia in esame il Tribunale affronta la problematica dell'individuazione del giudice territorialmente competente a conoscere della domanda di ammissione al concordato preventivo, in caso di presentazione di distinte proposte concordatarie da parte di una pluralità di società che, pur facendo parte del medesimo gruppo di imprese, hanno tuttavia la propria sede legale in ambiti territoriali diversi. La questione viene risolta dal Tribunale in applicazione del criterio della sede effettiva, identificabile con il luogo in cui sono state assunte le decisioni più importanti relative alla gestione della società (nella specie coincidente, anche con riferimento alle altre società del gruppo, con la sede legale della controllante, sita in Roma, con conseguente attrazione in capo al Giudice adito della trattazione delle procedure concordatarie relative a tutte le società in questione).
Secondo il Tribunale di Roma, infine (come indicato nell'ultima massima), il decreto di apertura della procedura di concordato preventivo determina, in applicazione del divieto di cui all'168, comma 1, l. fall., la “sospensione”, in attesa della pronuncia circa l'omologazione del concordato, di ogni decisione in merito alle istanze di fallimento eventualmente presentate nei confronti della società istante.

Osservazioni

Nella pronuncia in commento il Tribunale di Roma delinea, innanzitutto, i presupposti di ammissibilità del c.d. concordato di gruppo (figura che, come noto, non trova a tutt'oggi alcun riscontro normativo nell'ambito del diritto concorsuale), sia dal punto di vista sostanziale che dal punto di vista processuale. Sotto il primo profilo, i Giudici capitolini richiamano, a sostegno della tesi dell'ammissibilità della presentazione di una proposta concordataria unitaria da parte di più società appartenenti al medesimo gruppo, il principio dell'autonomia contrattuale di cui all'art. 1322 c.c.
Secondo l'impostazione accolta dal Tribunale di Roma, dunque, il concordato di gruppo si configura come una fattispecie giuridica complessa, caratterizzata dalla formulazione di una pluralità di proposte tra di loro collegate in vista del risultato unitario perseguito (vale a dire il superamento della crisi in cui versa ciascuna società del gruppo). Ciò premesso, il Tribunale, pur accogliendo, nella specie, la domanda di ammissione al concordato presentata dalla ricorrente (sulla base di una proposta che prevedeva la liquidazione di ogni elemento attivo della società), ha ritenuto tuttavia di svolgere alcune considerazioni in merito all'inderogabilità, anche nell'ambito del concordato di gruppo, del principio generale sancito dall'art. 2740 c.c., in forza del quale, come noto, ciascun debitore risponde delle proprie obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, e sulla conseguente inammissibilità di una proposta unitaria di concordato di natura liquidatoria che preveda l'attribuzione ai creditori di ciascuna società solo di parte del patrimonio della propria debitrice. In particolare, dall'esame della pronuncia in commento parrebbe desumersi che al Tribunale di Roma fosse stata prospettata (non è dato però comprendere in che termini) l'invocabilità, a sostegno della tesi opposta, della disciplina dei c.d. vantaggi compensativi di cui all'art. 2497, primo comma, c.c. (a norma del quale la responsabilità della capogruppo nei confronti dei soci e dei creditori delle società controllate non opera quando il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell'attività di direzione e coordinamento ovvero risulti integralmente eliminato anche a seguito di operazioni a ciò dirette), disciplina che però il Tribunale ha ritenuto (conformemente a una sua precedente pronuncia: cfr. Trib. Roma, 25 luglio 2012, poi confermata da App. Roma, 5 marzo 2013) “affatto inapplicabile per i creditori di ciascuna società coinvolta in procedimento concordatario di gruppo”. Al riguardo, può solo osservarsi che la norma in oggetto non pare in effetti assumere rilievo in sede di valutazione circa l'ammissibilità delle proposte concordatarie presentate dalle diverse società del gruppo, quanto piuttosto nell'ambito dell'azione risarcitoria eventualmente promossa dai soci o dai creditori delle società controllate nei confronti della capogruppo e/o dei suoi amministratori; e in quest'ultimo caso, peraltro, l'eventuale coinvolgimento delle società del gruppo in una procedura di concordato preventivo non parrebbe costituire, di per sé, circostanza ostativa all'applicabilità della suddetta disciplina (sempre che, ovviamente, nel caso concreto ne ricorrano i presupposti).
Ulteriore corollario del collegamento fra le proposte concordatarie presentate da una pluralità di società facenti parte del medesimo gruppo di imprese è il principio simul stabunt simul cadent, enunciato nella seconda massima, il quale impone, tra l'altro, di rendere edotti i creditori che l'eventuale mancata omologazione del concordato anche per una sola delle società del gruppo impedisce detta omologazione anche per le altre società.
Sotto il profilo processuale, il Tribunale precisa innanzitutto che, in funzione delle modalità di formazione delle maggioranze richieste per l'approvazione della proposta e del piano unitari (artt. 174-178 l. fall.), si rende necessario procedere, sotto la direzione del medesimo giudice delegato, a separate adunanze tra i creditori di ciascuna società, sì da consentire a costoro di esprimere le rispettive manifestazioni di volontà in ordine alla proposta formulata dalla propria debitrice. Sennonché, nella fattispecie in esame la possibilità di ricorrere a tale modalità di gestione unitaria delle procedure connesse era posta in dubbio, alla luce del fatto che alcune delle società del gruppo, tra cui la stessa ricorrente, avevano la propria sede legale al di fuori della circoscrizione del Tribunale adito. Tale ostacolo è stato superato dai Giudici romani, i quali hanno ritenuto, con una decisione senza dubbio rispondente all'esigenza di coordinamento delle procedure concordatarie riguardanti le diverse società del gruppo, di poter superare la presunzione di coincidenza, ai fini della determinazione della competenza territoriale ex art. 161, primo comma, l. fall., della “sede principale” dell'impresa con la sede legale della stessa; ciò sulla base di una serie di indici (primo tra i quali l'individuazione del luogo in cui erano state assunte le decisioni più importanti relative alla gestione sociale) che consentivano di localizzare la sede effettiva della società instante, così come delle altre società del gruppo, nel medesimo luogo in cui aveva sede la società capogruppo, rientrante, quest'ultima, nella circoscrizione del Tribunale adito, con conseguente attrazione in capo allo stesso della competenza a conoscere delle domande concordatarie presentate da tutte le società del gruppo.
In conclusione, il Tribunale di Roma ha ritenuto applicabile il divieto di prosecuzione delle azioni esecutive individuali, sancito dall'art. 168, comma 1, l. fall., anche alle istanze di fallimento presentate, nelle more della procedura concordataria, nei confronti del debitore ammesso al concordato preventivo (equiparabili, quanto ai loro effetti, a un'esecuzione forzata di natura collettiva). Su tale presupposto, i Giudici romani, anziché dichiarare l'improcedibilità di dette istanze, si sono limitati a sospendere ogni decisione sulle stesse (“sospensione” da intendersi, secondo quanto precisato dai Giudici capitolini, non già nel senso proprio di cui all'art. 295 c.p.c., “non sussistendo alcun rapporto di pregiudizialità fra i due procedimenti”, bensì nel senso di “arresto temporaneo del procedimento prefallimentare”, determinato dalla necessità di attendere la decisione circa l'omologazione del concordato).

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per una trattazione degli aspetti giuridici ed aziendalistici del c.d. concordato di gruppo, si veda, tra gli altri, FERRO, La legge fallimentare – commentario teorico-pratico, Padova 2011, 1806. Sull'inammissibilità della proposizione di un unico ricorso per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo di una pluralità di imprese facenti parte del medesimo gruppo cfr. Trib. Perugia, 3 marzo 1995, in Foro It., 1995, I, 1952; Trib. Ivrea, 21 febbraio 1995, in Fall., 1995, 9, 969 (in senso contrario, si veda però Trib. Ancona, 22 settembre 2006, inedita). Sulla possibilità, per le società facenti parte di un gruppo di imprese, di sottoporre ai creditori un piano di riorganizzazione unitario, cfr. Trib. Milano, 17 giugno 2009, in Dir. Fall., 2011, 1, 2, 40. Sull'autonoma responsabilità patrimoniale di ciascuna società del gruppo, cfr. Cass., 18 novembre 2010, n. 23344 e Cass., 16 luglio 1992, n. 8656, e in dottrina TEDESCHI, Manuale del nuovo diritto fallimentare, Padova 2006, 537; sul punto, peraltro, vi è chi ritiene ammissibile il ricorso a una vendita congiunta dei beni delle differenti società, laddove ciò risponda all'esigenza di assicurare all'intero ceto creditorio un trattamento migliore (così GALLETTI, sub art. 160 l. fall., in Commentario alla legge fallimentare, CAVALLINI C. (diretto da), Milano 2010, 380). Circa l'ammissibilità, in generale, del concordato preventivo con cessione parziale dei beni si rinvia, su questo stesso portale, a BOTTERO, Condizioni di ammissibilità della proposta concordataria e concordato con parziale cessione dei beni in ilfallimentarista.it; con specifico riferimento al concordato di gruppo, si veda, in senso conforme alla pronuncia in commento, App. Roma, 5 marzo 2013, Trib. Roma 25 luglio 2012 e Trib. Roma, 29 luglio 2010.
In merito all'individuazione del giudice territorialmente competente a conoscere della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, si veda, in dottrina, APRILE-CELENTANO, Requisiti formali ed assistenza legale, Competenza territoriale in Concordato preventivo, concordato fallimentare e accordi di ristrutturazione dei debiti, FERRO-RUGGIERO-DI CARLO (a cura di), Torino 2009, 14; FILOCAMO, Le condizioni di ammissibilità del concordato preventivo, in Fall., 2010, 1456, nonché, con specifico riferimento al concordato c.d. di gruppo, RAGAGLIA-NORELLI, Concordato di gruppo, ibidem, 16.
Per quanto riguarda infine i rapporti tra concordato preventivo e istruttoria prefallimentare, si è sostenuto in dottrina che la dichiarazione di fallimento prevalga sulla domanda di concordato solo se pronunciata da tribunale diverso, mentre in caso di pendenza dei ricorsi avanti al medesimo ufficio, il concordato preventivo dovrebbe essere deciso per primo, condizionando l'altra istruttoria (cfr. PACCHI-D'ORAZIO-COPPOLA, Il concordato preventivo, in Comm. Didone, II, 1774-1775). In giurisprudenza si segnala, sul punto, la recentissima Cass., 11 giugno 2013, n. 14684 (la quale ha statuito che “in caso di ammissione del debitore alla procedura minore e di contestuale presentazione di un'istanza di fallimento, l'unica soluzione alternativa alla c.d. sospensione impropria sia quella di dichiarare detta domanda improcedibile, ai sensi della L. Fall., art. 168”), nonché Cass., 8 febbraio 2011, n. 3059, che, al pari della pronuncia in commento, ha escluso la configurabilità di un nesso di pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. tra domanda concordataria e dichiarazione di fallimento.

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