Concordato con continuità aziendale ed affitto di azienda

Gianfranco Di Marzio
06 Novembre 2013

La riconducibilità o meno dell'affitto d'azienda nel paradigma della continuità aziendale, di cui all'art. 186-bis l. fall., deve essere valutata caso per caso, senza limitazioni aprioristiche, nemmeno nella fase procedimentale del concordato “in bianco”, potendo essere strumento essenziale per il buon fine dell'operazione di risanamento, sempre che le controparti nei contratti pendenti abbiano acconsentito per iscritto al subentro dell'affittuario nella posizione negoziale già propria del debitore-concedente.
Massima

La riconducibilità o meno dell'affitto d'azienda nel paradigma della continuità aziendale, di cui all'art. 186-bis l. fall., deve essere valutata caso per caso, senza limitazioni aprioristiche, nemmeno nella fase procedimentale del concordato “in bianco”, potendo essere strumento essenziale per il buon fine dell'operazione di risanamento, sempre che le controparti nei contratti pendenti abbiano acconsentito per iscritto al subentro dell'affittuario nella posizione negoziale già propria del debitore-concedente.

Il caso

Con decreto emesso in data 8 febbraio 2013, il Tribunale di Bolzano ha autorizzato, ex art. 161, comma 7, l. fall., una società commerciale, che aveva già presentato domanda di concordato preventivo c.d. in bianco ovvero prenotativa (v. comma 6 del medesimo articolo), alla stipula di un contratto di affitto di ramo aziendale.
La ragione dell'istanza è stata rappresentata nella finalità di tutela del patrimonio aziendale e perciò, in definitiva, degli interessi dei creditori.
In particolare, detto contratto di affitto avrebbe costituito, secondo la società istante, l'unico mezzo per il proseguimento dell'impresa fino alla compiuta elaborazione del piano di risanamento, a sua volta necessariamente fondato su tale continuità d'impresa. E comunque l'affitto del ramo aziendale avrebbe avuto il positivo effetto di eliminarne i costi di gestione.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

La motivazione del decreto esprime un preciso orientamento circa l'interpretazione dell'istituto del concordato con continuità aziendale, regolato dall'art. 186-bis l. fall.
Il Tribunale rileva, in primo luogo, che non ogni ipotesi di prosecuzione dell'impresa (individuale o societaria che sia) può dirsi compresa nell'ambito della menzionata forma di concordato. Il tenore letterale delle disposizioni contenute nei primi due commi dell'art. 186-bis l. fall. riconduce infatti la fattispecie legale alla necessaria presenza di specifici presupposti: “la prosecuzione dell'attività di impresa da parte del debitore” oppure “la cessione dell'azienda in esercizio ovvero il conferimento dell'azienda in esercizio in una o più società”; oltre, in ogni caso, alla comprensione, nel piano, di “un'analitica indicazione dei costi e dei ricavi attesi dalla prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato, delle risorse finanziarie necessarie e delle relative modalità di copertura”, fermo restando che “la relazione del professionista di cui all'art. 161, terzo comma, deve attestare che la prosecuzione dell'attività d'impresa prevista dal piano di concordato è funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori”.
Precisa inoltre il Tribunale che presupposto necessario della forma di concordato esaminata è la “prosecuzione dell'attività” e per ciò stesso la concessione in affitto dell'azienda costituisce ipotesi di concordato con continuità aziendale, essendovi appunto indiretta prosecuzione dell'impresa mediante l'affitto di azienda. In particolare, dopo l'affitto d'azienda l'attività imprenditoriale proseguirebbe in capo al concedente attraverso l'esecuzione delle obbligazioni dedotte in contratto: percezione dei canoni ed esborsi relativi alla gestione contrattuale costituirebbero, rispettivamente, ricavi e costi d'impresa; con la conseguenza dell'assoggettamento del concedente al regime legale della continuità aziendale; e con la precisazione che il concedente continuerebbe ad essere gravato dal rischio d'impresa, ravvisabile nel raffronto, appunto, tra le componenti economiche positive e negative.
La conclusione è nel senso che, per aversi continuità aziendale, il debitore-concedente dovrebbe rendere dimostrazione della verosimiglianza dell'adempimento della proposta concordataria mediante uso della liquidità fornita dal regolare pagamento dei canoni di affitto; sempre che le controparti nei contratti pendenti abbiano acconsentito per iscritto al subentro dell'affittuario d'azienda nella posizione negoziale già propria del debitore-concedente, risultando altrimenti preclusa la forma di concordato considerata.
Questo orientamento giurisprudenziale può essere condiviso nella sua premessa generale: non ricorre concordato con continuità aziendale in ogni caso di prosecuzione dell'attività, bensì nei soli casi e termini contemplati dall'art. 186-bis l. fall.
Per il resto la motivazione del provvedimento non appare condivisibile.
Il Tribunale di Bolzano affronta la questione circa la ricorrenza o meno della fattispecie di concordato con continuità aziendale allorquando l'imprenditore-debitore conceda in affitto l'azienda, partendo dall'assunto secondo cui, dopo la stipula di tale contratto, l'attività d'impresa del concedente proseguirebbe attraverso il regolare pagamento delle spese negoziali, l'incasso dei canoni di affitto ed il calcolo della somma algebrica tra i conseguenti importi rispettivamente negativi e positivi, con l'auspicabile esito di una rimanenza di liquidità sufficiente all'adempimento dell'onere concordatario. Deve tuttavia osservarsi che il contratto - quale suggello delle convergenti dichiarazioni reciprocamente rese dai protagonisti della trattativa - se costituisce atto d'impresa, per ciò stesso non si identifica con l'impresa medesima. In altri termini e con maggiore brevità: mentre l'imprenditore è sempre contraente, il contraente non è sempre imprenditore. Se poi l'imprenditore concede in affitto l'unica azienda esercitata, abdica addirittura alla sua attività professionale.
Deve ad ogni modo osservarsi che il contratto di trasferimento d'azienda, quale che sia, non determina soltanto la fine dell'impresa originaria, ma anche - al contempo – il presupposto per l'immediata nascita di una nuova impresa in capo all'accipiens. Con ulteriore esercizio d'azienda senza apprezzabile periodo di interruzione.
Nel dettaglio, pare doversi ritenere che in tutti e tre i casi di concordato con continuità aziendale espressamente contemplati dalla normativa, l'imprenditore conservi l'azienda ed il suo esercizio fino all'inizio della fase esecutiva della procedura concorsuale, ove soltanto troverà attuazione lo specifico mezzo di continuità aziendale previsto dal piano.
Infatti, posto che la previsione del primo comma dell'art. 186-bis l. fall. inerisce alla dovuta indicazione nel piano della eventuale scelta di “prosecuzione dell'attività di impresa” ovvero di cessione/conferimento “dell'azienda in esercizio”, risulta evidente la sopravvivenza, in ogni caso, dell'impresa durante lo svolgimento della procedura concorsuale; ciò sia perché le espressioni “impresa” e “azienda in esercizio” sono sinonime, sia in quanto il piano concordatario è documento programmatico ovvero rivolto non già alla descrizione della situazione presente al momento della sua redazione bensì a quanto dovrà compiersi per l'adempimento del concordato.
La conferma della ordinarietà della sopravvivenza dell'impresa durante la procedura di concordato preventivo è comunque riscontrabile nella lettera della legge.
L'art.167, comma 1, l. fall., stabilisce infatti che “Durante la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale”. Mentre l'ultimo comma dell'art. 186-bis prevede la declaratoria di revoca dell'ammissione al concordato, salvo modifica della proposta, per l'ipotesi di cessazione dell'attività di impresa nella pendenza della procedura concorsuale.
Non occorre, in definitiva, sostenere la prosecuzione dell'impresa attraverso la stipula del contratto di affitto d'azienda voluto dall'imprenditore in concordato preventivo; quest'ultimo contratto infatti, non è espressione di permanenza dell'impresa, bensì, tutto all'opposto, fatto che ne determina la cessazione.
Tanto val quanto dire che il concordato durante il quale sia stato stipulato un contratto di affitto d'azienda, proprio per tale ragione non è, o quanto meno non potrà più essere, concordato sottoposto alla disciplina normativa di cui all'art. 186-bis l. fall.
Al contrario, il concordato ove tale contratto d'affitto, previsto dal piano, sia stato stipulato dopo l'omologazione della proposta, è - nella ricorrenza degli altri elementi della fattispecie legale - concordato con continuità aziendale fino al momento della stipula.
Del resto, la ratio della normativa sulla continuità aziendale è proprio nel senso dell'esigenza di contenimento del rischio che la protrazione dell'attività d'impresa possa produrre perdite in danno dei creditori concorsuali; rischio che, all'evidenza, viene fisiologicamente meno con il trasferimento aziendale.

Le questioni aperte

Questione di rilievo è quella inerente alla posizione, rispetto alla stipula dell'affitto d'azienda, dei terzi che abbiano contratti in corso di esecuzione con l'imprenditore in concordato.
In merito, il Tribunale di Bolzano ritiene che senza previo consenso scritto di tali terzi non potrà aver luogo la stipula del contratto appena menzionato.
L'importanza della questione è vieppiù evidente ove si consideri che l'“ostacolo” costituito dal gradimento dei terzi circa il perfezionamento del negozio di trasferimento aziendale non riguarda il solo caso dell'affitto d'azienda (tutto sommato nemmeno espressamente contemplato dall'art. 186-bis l. fall.) bensì anche le ipotesi di cessione e conferimento aziendale (entrambe invece esplicitamente considerate dalla normativa sul c.d. concordato con continuità aziendale).
Invero, posto che l'attività d'impresa è fondamentalmente esercitata mediante la stipula di una certa varietà di contratti, ove si consolidasse in giurisprudenza l'appena richiamato orientamento del Tribunale di Bolzano diverrebbe problematico per il debitore raggiungere l'obiettivo del buon esito della procedura di concordato che comprenda il negozio di trasferimento aziendale. Il perfezionamento di tale negozio sarebbe infatti rimesso alla insindacabile decisione di ognuno dei terzi – e potrebbero essere tanti - che abbia qualche contratto in corso di esecuzione con l'imprenditore in concordato.
Tuttavia, a ben vedere, l'“ostacolo” della decisione del terzo circa il perfezionamento o meno del contratto di trasferimento aziendale è meno pregiudicante ed ingombrante di quanto possa sembrare, dato che ai sensi dell'art. 2558, commi 1 e 3 c.c., salvo diverso accordo, acquirente ed affittuario d'azienda subentrano entrambi “nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale” (in tal senso cfr. Trib. Monza 23 maggio 2013).
Infine, ancora nel senso del ridimensionamento dell'“ostacolo” al trasferimento aziendale posto dal gradimento del terzo contraente, va pure evidenziata la prerogativa offerta dall'art. 169-bis l. fall., al debitore in concordato preventivo, di scioglimento unilaterale del contratto pendente previa autorizzazione giudiziale ed a fronte di indennizzo, salvo il tassativo elenco, ivi contemplato, di negozi esclusi.

Conclusioni

La disciplina normativa inerente al concordato con continuità aziendale trova ragione nella tutela dei creditori concorsuali mediante la previsione di specifici oneri a carico dell'imprenditore che intenda valersi della procedura, l'osservanza dei quali consente la verifica, con ragionevole approssimazione, circa l'eventualità che la protrazione dell'attività d'impresa costituisca mezzo per il “miglior soddisfacimento dei creditori”. E non invece occasione di aumento dei debiti dell'imprenditore in concordato, con inevitabile pregiudizio per i creditori concorsuali, che in tal caso vedrebbero soddisfatta una minore quantità dei rispettivi crediti.
Affinché però detta tutela sia effettiva occorre che l'istituto sia rettamente interpretato.
Il rischio finanziario che grava sui creditori concorsuali e la misura normativa volta a filtrarlo non riguardano necessariamente l'intero periodo di continuità aziendale, bensì soltanto quella sua parte governata dall'imprenditore in concordato.
Se dunque nell'ipotesi di prosecuzione dell'attività d'impresa il periodo di rischio finanziario coincide con quello intero, così non è, invece, nei casi di trasferimento aziendale.
Allorquando infatti l'imprenditore in concordato ceda l'azienda ovvero la conferisca in società oppure la conceda in affitto, il periodo di rischio finanziario per i creditori concorsuali corrisponderà a quello di gestione dell'azienda da parte di tale debitore, non oltre.
Ciò perché attraverso il trasferimento aziendale, qualunque ne sia la causa negoziale, il rischio d'impresa passa all'accipiens. Soltanto quest'ultimo, infatti, quale imprenditore subentrato nell'esercizio d'azienda, potrà produrre utili o perdite d'esercizio.
Dunque, il contratto di trasferimento aziendale costituisce veicolo per la fuoriuscita del rischio d'impresa dalla procedura di concordato preventivo ed insieme confine della tutela normativa apprestata in favore dei creditori concorsuali.
In altri termini, l'ambito di applicazione dell'art. 186-bis l. fall. è pari al periodo di esercizio d'azienda da parte del debitore in concordato, cosicché non riguarda la gestione d'impresa da parte dell'eventuale accipiens.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per un approccio generale all'istituto del concordato con continuità aziendale, anche attraverso il raffronto con quello della liquidazione concordataria, v. F. Di Marzio, Liquidazione e continuità nel concordato preventivo, in ilfallimentarista.it, 15/05/2013; Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, Milano, 2012; Id., La problematica relazione tra pre-concordato e concordato con continuità aziendale alla luce delle speciali autorizzazioni del Tribunale, in ilFallimentarista. Per le nozioni di “impresa” e “azienda” secondo le scienze aziendalistiche, cfr. P. Capaldo, L'azienda centro di produzione, Milano, 2013, 43 e ss.
In giurisprudenza: la pronuncia richiamata nel testo per il rapporto considerato tra contratto intuitu personae e disciplina di cui all'art. 2558 c.c. è Trib. Monza, 23 maggio 2013, cit.; sui limiti di esercizio della facoltà di scioglimento dei contratti pendenti in funzione dell'accesso alla procedura di concordato con continuità aziendale, v. Trib. Monza, 21 gennaio 2013.

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