Decreto ingiuntivo e legittimazione passiva nel concordato preventivo con cessione di beni

11 Giugno 2013

Alla luce dell'art. 649 c.p.c., nell'instaurato giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo va sospesa 'esecuzione provvisoria del decreto opposto da una società in concordato preventivo con cessione di beni, previa integrazione del contraddittorio nei confronti del liquidatore giudiziale, essendo stato il decreto ingiuntivo emesso esclusivamente nei confronti della società debitrice in persona del legale rappresentante.
Massima

Alla luce dell'art. 649 c.p.c., nell'instaurato giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo va sospesa l'esecuzione provvisoria del decreto opposto da una società in concordato preventivo con cessione di beni, previa integrazione del contraddittorio nei confronti del liquidatore giudiziale, essendo stato il decreto ingiuntivo emesso esclusivamente nei confronti della società debitrice in persona del legale rappresentante.

Il caso e la decisione del Tribunale di Vercelli

Il caso in commento origina da un'opposizione a decreto ingiuntivo promossa da una società in liquidazione e concordato preventivo, con domanda di declaratoria di nullità e/o inefficacia del decreto ingiuntivo in quanto emesso nei confronti del solo debitore concordatario e non anche del liquidatore giudiziale.
Il Tribunale di Vercelli, a fronte delle eccezioni dell'opponente, richiamandosi a precedenti giurisprudenziali della Suprema Corte, sospendeva l'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto, rilevando come “la pretermissione del liquidatore giudiziale nella fase monitoria comporti la sospensione della provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, stante l'esigenza di integrazione del contraddittorio nel giudizio di cognizione instauratosi a seguito dell'opposizione, impregiudicata in tale sede ogni valutazione in ordine alla fondatezza della pretesa monitoriamente azionata”.
In particolare, secondo l'orientamento richiamato, a seguito della pronuncia di omologazione del concordato preventivo con cessione di beni si determinerebbe una scissione tra titolarità del debito e legittimazione all'adempimento dell'obbligazione cui è tenuto il liquidatore. Pertanto, pur permanendo la titolarità del debito in capo al debitore concordatario, il liquidatore non potrebbe non essere parte in azioni aventi natura di condanna, non potendo lo stesso, in caso contrario, ottemperare ad una statuizione che non gli sarebbe opponibile.

Osservazioni

Il caso sottoposto all'attenzione del Tribunale di Vercelli introduce il tema della legittimazione passiva del debitore concordatario e del liquidatore giudiziale in ipotesi di emissione di un decreto ingiuntivo successivamente all'omologazione di un concordato preventivo con cessione dei beni. Laddove si ritenga sussistente un litisconsorzio necessario tra i soggetti in questione, pertanto, occorre verificare se possa ritenersi valido ed efficace un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso nei soli confronti del debitore concordatario e non anche del liquidatore giudiziale.
Per risolvere la questione, il Tribunale di Vercelli ha citato in primo luogo la sentenza Cass. SS.UU. 28.05.1987, n. 4779, la quale ha inteso dirimere un contrasto giurisprudenziale insorto tra le sezioni semplici della Suprema Corte tra sentenze che affermavano l'esclusiva legittimazione passiva del debitore concordatario (facendo leva sulla natura dei liquidatori giudiziali quali meri mandatari nella gestione e liquidazione dei beni del debitore, con conseguente esclusione della loro legittimazione passiva in ipotesi di accertamento dei crediti nei confronti del debitore medesimo), e sentenze che, al contrario, sostenevano la legittimazione del liquidatore giudiziale con riferimento ai giudizi relativi all'accertamento dei crediti fatti valere nei confronti dell'imprenditore (facendo leva sui poteri dispositivi e solutori di cui egli dispone nei giudizi relativi ai beni oggetto della liquidazione ed alla distribuzione delle somme realizzate).
Le Sezioni Unite della Suprema Corte, con la sentenza citata dal Tribunale di Vercelli nel provvedimento in commento, hanno affermato che “In virtù della sentenza di omologazione del concordato con cessione dei beni […] rispetto ai crediti concordatari si determina una scissione tra titolarità del debito, che resta all'imprenditore - debitore, e legittimazione all'adempimento dell'obbligazione, cui è tenuto il liquidatore, il quale deve provvedervi con il ricavato della liquidazione; e poiché questo effetto è correlato, appunto, alla qualificazione del debito come concordatario, la pronuncia che accerti tale carattere dell'unico rapporto deve necessariamente essere resa in contraddittorio di entrambi i soggetti, nei cui confronti è destinata ad operare in modo diretto ed inscindibile”. Una pronuncia resa nei confronti esclusivamente dell'uno o dell'altro dei soggetti in questione non potrebbe essere adempiuta in sede concordataria “giacchè il liquidatore né è tenuto ad ottemperare ad una decisione non opponibile a lui e, dunque, agli altri creditori, né può dare esecuzione ad una sentenza che, pur essendo opponibile al debitore concordatario, impedisce di conteggiare il debito ai fini della procedura” (SS. UU. 28 maggio 1987, n. 4779, cit.).
Alcune pronunce successive della Suprema Corte, pure richiamate dal provvedimento in commento, hanno in parte disatteso tale linea interpretativa, distinguendo le azioni di verifica dei crediti da quelle che investono direttamente lo scopo liquidatorio della procedura ed affermando la legittimazione passiva del liquidatore giudiziale, quale litisconsorte necessario, soltanto in queste ultime. In questi termini Cass. 29 settembre 1993, n. 9758; Cass. 15 gennaio 1997, n. 363, nonché, più recentemente e non citata nel provvedimento in commento, Cass. 20 maggio 2004, n. 9643.
Si è affermata, in tal modo, la legittimazione passiva dei liquidatori nelle sole azioni di condanna in forza della considerazione che le stesse non possono che influenzare l'attività di liquidazione condotta nell'ambito della procedura concorsuale, con conseguente necessaria partecipazione del liquidatore giudiziale.
Alla luce della natura condannatoria del procedimento monitorio, correttamente il Tribunale di Vercelli ha sostenuto la sussistenza di un litisconsorzio necessario del liquidatore giudiziale nella procedura instaurata nei soli confronti del debitore concordatario, sospendendo la provvisoria esecutorietà del decreto. In mancanza di sospensione, infatti, il decreto avrebbe potuto essere eseguito (almeno teoricamente) nei confronti di un soggetto rimasto estraneo alla procedura monitoria.
Affermata la correttezza della decisione, merita osservare, con riferimento ai precedenti giurisprudenziali in essa richiamati, come la dottrina abbia rilevato che la distinzione tra domanda di accertamento e domanda di condanna sia priva di significato ai fini dell'individuazione del soggetto legittimato passivo, in quanto entrambe le domande sono finalizzate alla partecipazione al concordato. Alla luce di tale considerazione, risulta più agevole affermare la legittimazione del liquidatore giudiziale nelle cause aventi ad oggetto crediti destinati a partecipare al futuro riparto, indipendentemente dalla qualifica della relativa azione (in tal senso G. TARZIA, Accertamento dei crediti nel concordato preventivo con cessione dei beni e legittimazione passiva, Foro it. 2002, I, 1859; P. CATALOZZI, Ancora sulla legittimazione passiva del liquidatore nel concordato preventivo con cessione dei beni, Fall. 2002, 841).
L'impostazione dottrinale poc'anzi richiamata appare condivisibile per chi scrive, posto che le azioni di accertamento e di verifica dei crediti non possono certo ritenersi avulse dallo scopo liquidatorio nella procedura e pertanto non troverebbe giustificazione un'esclusione del liquidatore giudiziale nelle azioni medesime. Contrariamente a quanto accade in caso di fallimento, infatti, nel concordato preventivo vige un divieto per i creditori di intraprendere qualsiasi iniziativa volta a realizzare al di fuori della procedura concorsuale i propri crediti concordatari, stante il disposto di cui all'art. 168 l. fall., crediti che possono essere soddisfatti soltanto nei limiti della procedura concordataria (Cass. 30 marzo 2005, n. 6672). In ipotesi di fallimento, al contrario, la giurisprudenza è ormai concorde nell'affermare la facoltà per i creditori di intraprendere o proseguire azioni volte ad ottenere un titolo esecutivo cui verrà data esecuzione nel momento in cui il fallito sarà tornato in bonis, senza alcun effetto nei confronti del fallimento (Cass. 20 giugno 2011, n. 13447).
Un'ultima considerazione merita di essere svolta in merito agli effetti della pretermissione del liquidatore giudiziale dalla procedura monitoria ed alle sorti del decreto ingiuntivo opposto. La questione non ha trovato una trattazione compiuta in giurisprudenza e dottrina; il tema è stato in parte affrontato da una risalente pronuncia della Suprema Corte, secondo cui “la stessa particolare struttura del processo monitorio, che si svolge e si conclude con l'emissione del decreto ingiuntivo inaudita altera parte, cioè senza alcun contraddittorio con l'intimato, non consente di configurare il dovere del giudice di ordinare l'integrazione del contraddittorio nei confronti del litisconsorte necessario, e, d'altra parte, tale dovere è esercitabile in sede di opposizione al decreto, la quale apre un ordinario giudizio di cognizione” (Cass. 9 giugno 1977, n. 2377, in Giur. It. 1978, I, 302).
Alla stregua di tale precedente è possibile sostenere che dalla pretermissione del liquidatore giudiziale nel procedimento monitorio non consegua la nullità del decreto ingiuntivo opposto, essendo il contraddittorio suscettibile di integrazione in sede di giudizio di opposizione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

In dottrina sul tema: G. TARZIA, Accertamento dei crediti nel concordato preventivo con cessione dei beni e legittimazione passiva, in Foro it. 2002, I, 1859; P. CATALOZZI, Ancora sulla legittimazione passiva del liquidatore nel concordato preventivo con cessione dei beni, in Fall. 2002, 841.
In giurisprudenza: Cass. 28 marzo 1987, n. 2187; Cass., 19 dicembre 1978, n. 6083; SS. UU. 28 maggio 1987, n. 4779, cit; Cass. 29 settembre 1993, n. 9758, cit.; Cass. 15 gennaio 1997, n. 363, cit.; Cass. 20 maggio 2004, n. 9643, cit.; Cass. 14 maggio 2005, n. 10134; Cass. 18 marzo 2009, n. 6533; Cass. 12 maggio 2010, n. 11520; Cass. 28 settembre 2012, n. 16534; Cass. 30 marzo 2005, n. 6672, cit.; Cass. 20 giugno 2011, n. 13447, cit.; Cass. 9 giugno 1977, n. 2377.

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