Distrazione e/o distruzione dell’avviamento commerciale

06 Giugno 2013

In tema di bancarotta patrimoniale (art. 216 l. fall.), non può configurarsi la distrazione dell'avviamento commerciale dell'impresa fallita se, contestualmente, non siano stati oggetto di disposizione i beni aziendali che lo incorporano; tuttavia, pur in mancanza di atti di disposizione del patrimonio del fallito, l'avviamento commerciale può costituire di per sé stesso l'oggetto materiale della bancarotta per distruzione, e ciò nel caso d'intenzionale dispersione dello stesso da parte dell'imprenditore. (massima)
Massima

In tema di bancarotta patrimoniale (art. 216 l. fall.), non può configurarsi la distrazione dell'avviamento commerciale dell'impresa fallita se, contestualmente, non siano stati oggetto di disposizione i beni aziendali che lo incorporano; tuttavia, pur in mancanza di atti di disposizione del patrimonio del fallito, l'avviamento commerciale può costituire di per sé stesso l'oggetto materiale della bancarotta per distruzione, e ciò nel caso d'intenzionale dispersione dello stesso da parte dell'imprenditore. (massima)

Il caso

In primo e secondo grado gli imputati Tizio (amministratore della società fallita Alfa S.r.l.) e Caio (concorrente esterno nel reato ed amministratore della società Beta S.r.l.) venivano condannati per bancarotta patrimoniale per avere gli stessi distratto l'avviamento commerciale della società fallita attraverso lo sviamento della clientela e l'impiego del suo personale e delle sue infrastrutture in favore della società concorrente Beta S.r.l., senza alcun apparente corrispettivo. La Corte di Cassazione, con la sentenza in commento, ha affermato il principio di diritto secondo cui non è configurabile la distrazione dell'avviamento commerciale se non in presenza di atti di disposizione dei beni aziendali che lo incorporano. Ha quindi annullato la sentenza impugnata, in quanto non adeguatamente motivata in relazione all'esistenza o meno di atti di disposizione del patrimonio sociale, disponendo il rinvio ad altra sezione della Corte di Appello per una nuova valutazione in ordine alla configurabilità della distrazione dell'avviamento nei termini sopra delineati ovvero, in alternativa, per verificare “se possa eventualmente ipotizzarsi la distruzione dell'avviamento”, accertamento che non esulava dai poteri dei giudici d'appello.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il caso posto all'attenzione della Corte di Cassazione porta ad esaminare la questione se, ed in quali eventuali limiti, l'avviamento commerciale possa costituire oggetto materiale della bancarotta per distrazione ovvero - in alternativa - se possa costituire oggetto della bancarotta per distruzione.
La Corte - con la decisione in commento - ha ammesso esplicitamente la configurabilità della distrazione dell'avviamento commerciale, purché ad essa si accompagnino atti di disposizione dei beni aziendali.
Invero, la Corte - in accordo con la prevalente giurisprudenza e dottrina civilistica - ha precisato che l'avviamento commerciale costituisce una qualità dell'azienda e non un nuovo bene, ancorché immateriale, dell'azienda medesima, ragione per cui esso non può costituire oggetto di distrazione indipendentemente dall'azienda medesima (o quantomeno dei beni aziendali che lo incorporano), perché deve evidentemente escludersi che “la qualità” di un bene possa essere oggetto di distrazione o comunque di disposizione indipendentemente dal bene cui si riferisce.
La Corte ha quindi esaminato le condotte poste in essere dagli imputati e, cioè, lo sviamento della clientela e la “movimentazione” del personale dalla fallita a beneficio della concorrente Beta, rilevando che tali condotte potrebbero, in astratto, configurare l'ipotesi contestata della distrazione dell'avviamento commerciale; in particolare, ha osservato che le condotte in questione possono costituire atti di disposizione del patrimonio sociale, “dovendosi in proposito considerare i rapporti obbligatori sottostanti ai contratti di lavoro con i dipendenti e quelli di fornitura in favore dei clienti. In altri termini, oggetto di potenziale distrazione non sono i clienti o i dipendenti, bensì i rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica intrattenuti con essi dall'azienda”. E, secondo la Corte, la cessione di tali rapporti comporterebbe “di fatto la cessione anche dell'avviamento commerciale, che necessita di adeguata ed autonoma retribuzione”. La Corte ha, però, rilevato che la motivazione della sentenza impugnata non aveva evidenziato in maniera sufficiente se, nel caso concreto, le condotte tenute dagli imputati avevano comportato o meno la cessione di rapporti contrattuali in atto, ragione per cui, sul punto, era necessaria una nuova valutazione di merito.
Infine, la Corte ha sottolineato che la sentenza impugnata non aveva valutato se le condotte contestate potessero integrare la diversa ipotesi di distruzione dell'avviamento commerciale “e, cioè, di annullamento del valore economico di uno degli elementi del patrimonio dell'imprenditore”.

Osservazioni

Il caso affrontato dalla Corte di Cassazione traccia i contorni entro i quali l'avviamento commerciale può assumere rilevanza in tema di configurabilità del reato di bancarotta patrimoniale.
Innanzitutto, chiarendo un apparente contrasto interpretativo tra due precedenti pronunce, la Corte, da una parte, esclude che l'avviamento commerciale rientri nella categoria concettuale delle mere aspettative di fatto (universalmente escluse dai possibili oggetti materiali della bancarotta); dall'altra, nega però che l'avviamento commerciale possa costituire l'oggetto autonomo della bancarotta, quale bene immateriale dell'impresa.
Viene invece affermato il principio per cui l'avviamento commerciale - esprimendo una qualità dei beni aziendali ed essendo inscindibile da essi - non può costituire oggetto materiale della distrazione, prescindendo da atti di disposizione dei beni aziendali che lo incorporano.
Si precisa, poi, sulla base di plurimi dati normativi, che l'avviamento commerciale costituisce, di per sè stesso considerato, un valore dell'azienda cui accede, presenta un'indubbia natura patrimoniale ed è suscettibile di quantificazione economica. Da ciò consegue che - in presenza di atti di disposizione dei beni aziendali cui esso accede - l'avviamento commerciale può anche da solo rappresentare l'oggetto materiale della distrazione: così, ad esempio, se il passaggio di mano dell'azienda avviene senza un adeguato controvalore dell'avviamento, potrà configurarsi, anche da sola, la distrazione con riferimento a tale elemento, sebbene non vi sia distrazione di beni aziendali.
Sulla base di tali principi, sono state, quindi, esaminate le condotte contestate agli imputati e, cioè,: a) la “movimentazione” del personale dalla fallita alla società concorrente; b) lo sviamento della clientela.
La Corte ha rilevato che tali condotte possono in astratto considerarsi atti di disposizione del patrimonio sociale, dovendosi in proposito considerare i rapporti obbligatori sottostanti ai contratti di lavoro con i dipendenti e quelli di fornitura in favore di clienti; in altri termini, oggetto di potenziale distrazione non sono “i clienti” o i “dipendenti” dell'azienda, bensì i rapporti giuridici suscettibili di valutazione economica intrattenuti con essi dall'azienda.
Quindi, la Corte ha sottolineato che l'eventuale cessione di tali rapporti comporta di fatto la cessione anche dell'avviamento aziendale, che necessita di adeguata ed autonoma retribuzione.
Da ultimo, la Corte ha evidenziato che - anche in mancanza di atti di disposizione del patrimonio sociale - non sarebbero comunque privi di rilevanza penale tutti quei comportamenti in cui sia possibile individuare una condotta - attiva o passiva - in capo al fallito, idonea a dissolvere l'avviamento commerciale.
In relazione al caso concreto, la Corte ha indicato, ad esempio, le condotte dell'imprenditore tese ad indirizzare i clienti che si rivolgono alla sua azienda verso altra concorrente ovvero ad istigare il personale alla risoluzione volontaria del rapporto di lavoro nella prospettiva di una riassunzione presso una società concorrente.
In tutti questi casi, pur in mancanza di atti di disposizione del patrimonio sociale, potrebbe comunque configurarsi la bancarotta per distruzione dell'avviamento commerciale, in quanto “la mancata conservazione di quest'ultimo costituisce certamente una lesione della garanzia patrimoniale, frustrando l'interesse del ceto creditorio alla potenziale realizzazione di quel plusvalore impresso dal medesimo all'azienda all'atto della liquidazione dell'attivo fallimentare”.

Le questioni aperte

Al riguardo, vanno evidenziate le problematiche connesse alla differenza fra avviamento soggettivo ed oggettivo; quelle relative all'accertamento del valore economico dell'avviamento rispetto a valore dei singoli beni aziendali oggetto di disposizione; le difficoltà di individuare le concrete condotte attive e passive idonee ad integrare l'ipotesi di bancarotta per distruzione dell'avviamento commerciale (si è fatta l'ipotesi della rivelazione ad un concorrente di rilevante segreto di fabbrica, senza alcun corrispettivo); la possibilità d'ipotizzare la distruzione parziale dell'avviamento commerciale; la possibilità di ritenere applicabile, in caso di distruzione dell'avviamento commerciale, la norma di cui all'art. 223, n. 2, l. fall.

Conclusioni

L'avviamento commerciale dell'impresa fallita assume rilevanza in tema di bancarotta patrimoniale, potendo costituire - in caso di atti di disposizioni dei beni aziendali che lo incorporano - autonomo oggetto materiale della distrazione ovvero, pur in mancanza di atti di disposizione, oggetto materiale della bancarotta per distruzione.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sullo specifico argomento si segnalano soltanto due precedenti pronunce della Suprema Corte: Cass. 24 maggio 1982, n. 8598, in Foro it., 1987, IV, 234; e Cass. 8 marzo 2006, n. 9813, in Giur. it., 2007, 10, 2309. Le due pronunce in questione sembrano arrivare a due conclusioni opposte, ma - come evidenziato nella sentenza in commento - si tratta di un contrasto interpretativo apparente, trattandosi invece di due orientamenti complementari. Sullo sviamento della clientela e sulla movimentazione del personale vi è un'altra recente pronuncia della S. Corte (Cass. sez. V, n. 43001 del 27 settembre 2012). In dottrina, qualche cenno alla problematica in oggetto si rinviene in Pagliaro, Il delitto di Bancarotta e in Pedrazzi “art. 216-218; 220-226”, in commentario “Scialoja-Branca”, Legge fallimentare, a cura di F. Galgano.
Riferimenti normativi sono gli artt. 216-218 e 220-226 l. fall., l'art. 34 L. 392/1978, gli artt. 2424, 2426, 2557 c. c., l'art. 51, comma 4, DPR 26 aprile 1986 n. 131.

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