Atti esenti da revocatoria in quanto effettuati nell’esercizio dell’attività di impresa nei termini d’uso

Giulia Serena Paganini
29 Maggio 2013

E' preferibile l'interpretazione dell'art. 67, comma 3, lett. a) l. fall. per cui non sono revocabili i pagamenti relativi all'acquisizione di beni o servizi che sono necessari ad una conduzione normale, ovvero usuale dell'azienda; i “termini d'uso” vanno riferiti, nella costruzione sintattica del testo normativo e in conformità alla ratio legis, alle modalità di conduzione dell'impresa e non alle modalità dei pagamenti delle forniture.
Massima

E' preferibile l'interpretazione dell'art. 67, comma 3, lett. a) l. fall. per cui non sono revocabili i pagamenti relativi all'acquisizione di beni o servizi che sono necessari ad una conduzione normale, ovvero usuale dell'azienda; i “termini d'uso” vanno riferiti, nella costruzione sintattica del testo normativo e in conformità alla ratio legis, alle modalità di conduzione dell'impresa e non alle modalità dei pagamenti delle forniture.

Il caso

Innanzi al Tribunale di Busto Arsizio veniva instaurato un giudizio per la revocatoria ai sensi dell'art. 67, comma 2, l. fall. di pagamenti effettuati nel semestre precedente l'avvio di una procedura di amministrazione straordinaria. La società convenuta eccepiva la sussistenza dei presupposti per l'esenzione da revocatoria di cui al terzo comma, lett. a), dell'art. 67 l. fall. e deduceva in subordine la mancanza della conoscenza dello stato di insolvenza.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il fatto materiale dell'avvenuto pagamento nel periodo sospetto non forma oggetto di contestazione, ragione per cui la questione verte sulla sussistenza dei presupposti per l'esenzione di cui alla lett. a) del terzo comma dell'art. 67 l. fall., secondo cui non sono soggetti a revocatoria “i pagamenti di beni e servizi effettuati nell'esercizio dell'attività d'impresa nei termini d'uso”. Premesso che per dottrina unanime tale norma concerne solo gli atti solutori e non quelli dispositivi e che l'esenzione rimane circoscritta agli atti compiuti nell'ambito dell'attività d'impresa, l'attenzione è sulla lettura da darsi all'espressione “termini d'uso”, che - come nota il Tribunale di Busto Arsizio - risulta “generica sia sul piano logico che sotto il profilo strettamente giuridico, posto che non rimanda ad una categoria normativamente determinata”.
Si hanno due possibili interpretazioni, cioè se i termini d'uso debbano riferirsi ai pagamenti (con verifica del versamento nei tempi e con modalità usuali) o all'attività dell'imprenditore (relativamente all'acquisto di beni o alla fruizione di servizi, rientranti nella normale conduzione dell'impresa, di cui i pagamenti costituiscono corrispettivo). Il Tribunale di Busto Arsizio, accogliendo l'eccezione formulata da parte convenuta, ritiene, basandosi sulla formulazione della norma nel suo testo attuale, che la seconda opzione sia quella corretta ed argomenta come segue:
1) L'interpretazione per cui la parola “termine” non ha il significato tecnico di tempo dell'adempimento (nei pagamenti), bensì quello più generico di modalità di gestione dell'attività d'impresa, è giustificata dal fatto che l'utilizzo nella locuzione di un termine atecnico fa assumere una connotazione di atecnicità a tutto il sintagma, sicché essa “non può riferirsi ai tempi e alle modalità del pagamento, ma costituisce un attributo dell'esercizio dell'attività d'impresa”.
2) La ratio legis, da utilizzare quale parametro interpretativo, va individuata nell'”esigenza di considerare come rilevante e degna di tutela la stabilità dell'atto in quanto destinato a consentire la continuazione dell'esercizio dell'impresa”. Se i termini d'uso fossero riferiti ai pagamenti, si aprirebbero diversi problemi, da un punto di vista sia pratico sia sistematico. In particolar modo, visto che il ricorso a pagamenti differiti o dilazionati è del tutto normale quando l'impresa è in crisi, l'esenzione in parola avrebbe un'applicazione del tutto marginale, “vanificando l'intento del legislatore”. Mentre l'interpretazione condivisa è perfettamente conforme alla ratio legis; si evita che all'imprenditore insolvente vengano negate, per timore di revocatorie future, le forniture di beni o servizi necessarie alla prosecuzione dell'attività e finalizzate al mantenimento in esercizio dell'azienda. Ci si riferisce a modalità connotate dall'usualità in quanto comunemente praticate nell'ambito di un determinato comparto produttivo o dettate da una conduzione dell'azienda in crisi oculata e finalizzata al risanamento. In tal modo, gli atti esenti risultano più facilmente qualificabili in sede contenziosa e più agevolmente e razionalmente individuabili dall'accipiens stesso in via logica prima ancora che giuridica.

Osservazioni

Con questa tipologia di esenzione il legislatore ha inteso tutelare l'attività produttiva dagli effetti perversi del sistema revocatorio, evitando che la revocabilità dei pagamenti possa ostacolare la prosecuzione dell'ordinaria attività imprenditoriale, considerata come uno strumento importante di tutela dei creditori, in linea con l'abbandono dell'indirizzo principalmente liquidatorio delle procedure concorsuali voluto dalla riforma.
La posizione espressa nella sentenza in commento per cui l'espressione “termini d'uso” è da riferirsi alla conduzione dell'attività d'impresa - pur non prendendosi posizione se si debba guardare alle modalità normalmente praticate nel settore di mercato pertinente (c.d. criterio oggettivo) o allo specifico ciclo produttivo e ai rapporti con i clienti dell'impresa in questione (c.d. criterio soggettivo) - trova conforto in dottrina: v. fra gli altri, F. Martorano, in L'esenzione della revocatoria dei pagamenti nei “termini d'uso”, in Dir. Fall., 2006, I, 189, per cui sono da ritenersi sottratti alla revocatoria tutti i pagamenti effettuati per beni e servizi relativi all'attività corrente dell'impresa; G. Cavalli, L'esenzione dei pagamenti eseguiti nell'esercizio dell'impresa nei termini d'uso, in Fall., 2007, 981, per il quale peraltro sarebbe irrevocabile soltanto il pagamento strettamente necessario per mantenere in esercizio il ciclo produttivo.
Di diverso avviso è il Tribunale di Torino, 23 aprile 2009, in Fall., 2010, 368 (e v. anche Id., 4 maggio 2010, in Giur. it., 2011, 123, e 10 gennaio 2011, in Banca dati De Jure), secondo cui “l'espressione termini d'uso implica la contestualità e la normalità dello scambio e si declina in un rapporto sinallagmatico che continua a svolgersi de plano rimanendo di fatto estraneo, soprattutto nella percezione dell'accipiens, alle sopravvenienze negative imputabili al sopraggiungere dello stato di insolvenza: sicché il concetto di termine d'uso andrebbe riferito al pagamento, avendo riguardo tanto al tempo dell'adempimento quanto alle modalità di esecuzione, in relazione ai comportamenti tenuti abitualmente dalle parti nell'esecuzione delle relazioni commerciali e ricondotti alla contestualità e normalità dello scambio, in conformità alla finalità di rassicurare i normali interlocutori della parte in difficoltà. Nello stesso senso, Trib. Marsala, 24 giugno 2011, in Ilcaso.it.
Il Tribunale di Milano, 18 luglio 2011, (in Ilfallimentarista.it, con nota di Lenoci, Revocatoria fallimentare e pagamento nei termini d'uso), ha invece ritenuto l'espressione “termini d'uso riferita in senso sia modale che cronologico, da un lato, alle modalità solutorie, dall'altro, ai tempi di pagamento che risultino abitualmente utilizzati - già nei pregressi rapporti - fra il fallito e il convenuto, oppure, in mancanza di una particolare consuetudine invalsa inter partes o in presenza di atti di pagamento unici o sporadici, che risultino abitualmente utilizzati dai comuni contraenti nell'adempimento di rapporti negoziali posti in essere nell'esercizio normale dell'attività d'impresa. Lo stesso Tribunale, 3 maggio 2012, riconduce la ratio dell'introduzione della causa di esonero alla necessità di tutelare l'interesse alla prosecuzione dell'attività d'impresa dell'accipiens, garantendogli la tranquillità derivante dal consolidamento dei pagamenti (oggettivamente tali da non far sorgere sospetto sulla solvibilità del debitore) ricevuti nello svolgimento dell'attività imprenditoriale e nei termini d'uso, espressione quest'ultima comprensiva sia della qualità e tipologia del pagamento (con mezzi fisiologici ed ordinari) sia del dato cronologico; ci si riferisce qui solo al regolamento negoziale accettato dalle parti e a quanto tra loro concordato, non parendo possibile rifarsi ad un parametro di confronto che nella sostanza non esiste, o quanto meno è di ardua individuazione, cioè a quello integrato da termini d'uso individuati genericamente per tutti i rapporti commerciali o per i rapporti interni ad un determinato settore produttivo-commerciale. E v. anche Tribunale di Monza, 24 aprile 2012, per cui ci si deve riferire alle condizioni di tempo e modo dei pagamenti normalmente in uso e in concreto pattuiti tra le parti, sempre che siano mezzi fisiologici, non potendo divenire termini d'uso prassi patologiche e forme anomale di pagamento.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Per comodità espositiva e per agevolare il lettore si è ritenuto di inserire le pronunce rilevanti, i contributi dottrinari e le disposizioni normative interessate, direttamente nel commento.

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