Inammissibilità del ricorso per concordato in bianco in pendenza di una precedente procedura di concordato

16 Maggio 2013

Nelle more della comparizione delle parti per la declaratoria di inammissibilità della procedura di concordato ai sensi degli artt. 179 e 162, comma 2, l. fall., la presentazione della domanda di concordato in bianco costituisce un abuso del diritto al ricorso alla composizione negoziale della crisi disciplinata dalla legge, in quanto volta ad evitare la ineluttabile conseguenza del mancato raggiungimento delle maggioranze nella procedura concordataria, e a perseguire finalità estranee a quelle del legislatore, quali l'intollerabile dilatazione temporale degli effetti protettivi di cui al novellato art. 168 l. fall., la procrastinazione sine die della dichiarazione di fallimento, lo spostamento del termine di cui all'art. 69-bis l. fall. con il rischio di escludere dalla revocatoria fallimentare gli atti compiuti nella gestione dell'impresa.
Massima

Nelle more della comparizione delle parti per la declaratoria di inammissibilità della procedura di concordato ai sensi degli artt. 179 e 162, comma 2, l. fall., la presentazione della domanda di concordato in bianco costituisce un abuso del diritto al ricorso alla composizione negoziale della crisi disciplinata dalla legge, in quanto volta ad evitare la ineluttabile conseguenza del mancato raggiungimento delle maggioranze nella procedura concordataria, e a perseguire finalità estranee a quelle del legislatore, quali l'intollerabile dilatazione temporale degli effetti protettivi di cui al novellato art. 168 l. fall., la procrastinazione sine die della dichiarazione di fallimento, lo spostamento del termine di cui all'art. 69-bis l. fall. con il rischio di escludere dalla revocatoria fallimentare gli atti compiuti nella gestione dell'impresa.

Il caso

A seguito della mancata approvazione della proposta di concordato, e nelle more della comparizione delle parti per la declaratoria di inammissibilità della procedura ai sensi degli artt. 179 e 162, comma 2, l. fall., la società debitrice deposita ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6, l. fall. (c.d. concordato in bianco), cui riconnette l'effetto di una implicita rinuncia al concordato pendente.

Le questioni giuridiche e la soluzione

La principale questione esaminata dal tribunale peloritano attiene alla legittimità, nella fattispecie in esame, del ricorso per concordato in bianco e, in particolare, la sua idoneità ad impedire la declaratoria di inammissibilità della procedura concordataria pendente e la trattazione delle eventuali istanze di fallimento proposte dai creditori o dal p.m., secondo lo schema definito dall'art.179 l. fall. mediante il richiamo all'art. 162, comma 2, l. fall.
Il Tribunale di Messina fornisce una soluzione negativa e perviene alla immediata declaratoria di inammissibilità del ricorso per concordato c.d. “in bianco”, all'esito di una articolata ed approfondita disamina delle finalità perseguite dal legislatore con l'introduzione di tale procedimento, della disciplina positiva delle diverse ipotesi di chiusura della procedura di concordato preventivo (artt. 162, 173 e 180 l. fall.), e delle pronunce giurisprudenziali in tema di contemporanea pendenza del procedimento di concordato preventivo e per dichiarazione di fallimento.
La sentenza in commento ritiene, in particolare, che ricorra un'ipotesi di abuso del diritto qualora, mediante la proposizione del ricorso ai sensi dell'art. 161, comma 6, l.fall., si intenda evitare che il procedimento di concordato preventivo si concluda, secondo le modalità previste dalla legge fallimentare, con la trattazione delle istanze di fallimento proposte dai creditori o dal pubblico ministero, e, ricorrendone i presupposti, con la dichiarazione di fallimento del debitore.
La conferma di tale conclusione viene tratta anche dal complessivo impianto normativo della procedura concordataria, e, in particolare, dalla previsione della dichiarazione di fallimento del debitore nelle diverse ipotesi di rigetto del concordato all'esito del giudizio di omologazione (art.180, ultimo comma, l. fall.); di revoca dell'ammissione al concordato all'esito del procedimento ex art. 173 l. fall.; di inammissibilità della proposta concordataria per carenza iniziale dei presupposti di legge ai sensi dell'art. 162 l. fall.
Tutte le norme sopra richiamate prevedono, infatti, che il tribunale accertati i presupposti di cui agli articoli 1 e 5, dichiara il fallimento del debitore; ciò a riprova dell'indefettibile collegamento tra le diverse ipotesi di esito negativo del procedimento di concordato preventivo e la dichiarazione di fallimento.
Un ulteriore argomento a sostegno dell'inammissibilità del ricorso in esame viene ravvisato nella giurisprudenza che ha escluso, in caso di mancata approvazione del concordato, la possibilità di esaminare una nuova proposta di concordato prima della trattazione delle istanze di fallimento pendenti (Trib. La Spezia 18 giugno 2010, che a sua volta richiama Trib. Roma 29 gennaio 2010). Tali pronunce mettono anche in evidenza il divieto di modificare la proposta di concordato dopo l'inizio delle operazioni di voto, sancito dall'art. 175, comma 2, l. fall. da cui discende che dal procedimento concordatario si esce solo previa verifica in merito alla sussistenza o meno di fondate richieste di fallimento (in tal senso espressamente Trib. Roma 29 gennaio 2010).
La pronuncia in commento, infine, valorizza, a conferma dell'unicità della procedura, la disciplina introdotta dall'art. 69-bis, comma 2, l. fall. che ha recepito positivamente il principio della consecuzione delle procedure di concordato preventivo e fallimento, e segnala il rischio che una diversa interpretazione potrebbe consentire al debitore di posticipare la decorrenza del termine di cui all'art. 69-bis, comma 2, l. fall., e di escludere dalla revocatoria o dalla declaratoria di inefficacia gli atti compiuti nella gestione dell'impresa.

Osservazioni

Si tratta di una delle prime pronunce sull'ammissibilità dell'innovativo strumento della domanda di concordato “in bianco o “con riserva” introdotta dal Legislatore con il decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, conv., con modif., in L. 7 agosto 2012, n.134, per consentire l'anticipazione degli effetti protettivi previsti dall'art. 168 l. fall.
La sentenza in esame, ponendosi nel solco di precedenti pronunce sui rapporti tra il giudizio prefallimentare e il concordato preventivo, afferma l'illegittimità dello strumento concordatario laddove persegua effetti distorsivi delle finalità affidate dal legislatore, dando luogo a un vero e proprio abuso del diritto (v. in particolare Trib. Milano 4 ottobre 2012, in IlFallimentarista, con nota di Giovetti, Il nuovo preconcordato: profili di inammissibilità ed abuso del diritto; e Trib. Parma 2 ottobre 2012, ivi, con nota di Ranieli, Rinuncia alla domanda e contestuale ricorso per ammissione a preconcordato in pendenza di revoca dell'ammissione per atti in frode).
Il ricorso per concordato “in bianco” si innesta in uno schema procedimentale definito dall'art.179 l. fall. secondo il quale, nell'ipotesi di mancata approvazione della proposta, il tribunale deve provvedere a norma dell'art. 162, comma 2, l. fall.
La declaratoria di improcedibilità del concordato, ove non segua la dichiarazione di fallimento, determina non solo il ritorno in bonis del debitore e la cessazione degli effetti del decreto di apertura, ma anche la possibilità per il debitore di chiedere nuovamente l'ammissione al concordato preventivo, sulla base di una proposta migliorativa (fermi i limiti per il concordato “con riserva” di cui al nuovo art. 161, comma 9, l. fall).
Tuttavia, nel caso in cui sia stato richiesto il fallimento del debitore, il Tribunale, sempre ai sensi del richiamato art. 162, comma 2, l. fall. dovrà accertare i presupposti di cui agli articoli 1 e 5 l. fall., e pronunciare su dette istanze di fallimento. Pertanto l'eventuale nuova domanda di concordato preventivo potrà considerarsi ammissibile solo all'esito della decisione sulle istanze di fallimento.
Ciò anche alla luce della previsione dell'art.175, comma 2, l. fall., aggiunto dal decreto correttivo del 2007, che esclude la possibilità di modificare la proposta di concordato dopo l'inizio delle operazioni di voto.

Le ulteriori questioni esaminate

Sullo sfondo della pronuncia in commento rimane la piú ampia questione dei rapporti tra il procedimento prefallimentare e quello di concordato preventivo.
A tale proposito la motivazione della sentenza del Tribunale di Messina valorizza l'esclusione di ogni rapporto di pregiudizialitá tra le due procedure, richiamando le statuizioni di una recente pronuncia della Suprema Corte sul punto (Cass. 24 ottobre 2012, n. 18190), che hanno trovato piena conferma nell'ultimo arresto delle Sezioni Unite (Cass. 23 gennaio 2013, n. 1521).
In particolare, le Sezioni Unite hanno escluso che la trattazione del procedimento prefallimentare sia subordinata all'avvenuta definizione del procedimento per concordato preventivo, disattendendo l'assunto secondo il quale l'istanza di fallimento sarebbe equiparabile all'atto introduttivo di una procedura esecutiva, come tale preclusa dall'art. 168 l. fall., con conseguente improponibilità o improcedibilità del procedimento per dichiarazione di fallimento fino al passaggio in giudicato del provvedimento di rigetto del concordato.
Hanno, quindi, confermato quanto statuito in precedenti arresti, e in particolare: il venir meno del criterio della prevenzione a seguito della modifica dell'art. 160 l. fall (Cass. 24 ottobre 2012, n. 18190, cit.); l'esclusione della pregiudizialità necessaria ovvero di altre ipotesi di sospensione (Cass. 8 febbraio 2011, n. 3059); la configurazione del rapporto tra concordato preventivo e fallimento in termini di conseguenzialità (eventuale) del fallimento e di assorbimento dei vizi del provvedimento di rigetto in motivi di impugnazione del successivo fallimento (Cass. n. 3059/2011); l'esclusione che la facoltà del debitore di proporre una procedura concorsuale alternativa, in attuazione del proprio diritto di difesa, costituisca fatto impeditivo alla dichiarazione di fallimento (Cass. n.18190/2012 e Cass. 4 settembre 2009 n.19214); la circostanza che la conseguenzialità logica tra le due procedure non si traduca in una conseguenzialità procedimentale, ferma restando la connessione tra la pronuncia di inammissibilità del concordato e la dichiarazione di fallimento.
L'esigenza di coordinamento sostanzialmente affidato alle tecniche organizzative del singolo Ufficio ha dato luogo, peraltro, a soluzioni diverse, quali: la necessità di pronunziarsi prima sulla proposta di concordato indipendentemente dal fatto che sia stata precedentemente proposta (Trib. Roma 20 aprile 2010); la riunione per connessione dei due procedimenti (Trib. Milano 10 novembre 2009); il rinvio dell'istruttoria prefallimentare a data successiva alla scadenza del termine per il deposito della proposta e del piano di concordato, o dell'accordo di ristrutturazione (Trib. Terni 26 febbraio 2013 e Trib. Vicenza 24 agosto 2012).

Riferimenti giurisprudenziali

Sul rapporto tra il procedimento prefallimentare e quello di concordato preventivo: Cass. 5 giugno 2009, n. 12986; Cass. 4 settembre 2009, n. 19214, cit.; Cass. 8 febbraio 2011, n. 3059, cit.; Cass. 24 ottobre 2012, n. 18190, cit. ; Cass. s.u. 23 gennaio 2013, n.1521, cit.
Sulla proposizione di una nuova proposta di concordato in pendenza di una precedente procedura concordataria o di procedura prefallimentare cfr. le sentezne citate nel testo, nonché Trib. La Spezia 18 giugno 2010, Trib. Roma 29 gennaio 2010, Trib. Sassari 13 settembre 2011, T. Macerata 30 marzo 2010, in Osservatorio-oci.org.
Sulle “tecniche di coordinamento” tra le due procedure: Trib. Milano 10 novembre 2009, in Fall. 2010, 195, con nota adesiva di Fabiani “Competizione fra processo per fallimento e accordi di ristrutturazione e altre questioni processuali”; Trib. Milano, 25 marzo 2010, ivi, 2011, 92 con note di Paluchowski “L'accordo di ristrutturazione ed il controllo del tribunale nel giudizio di omologazione” e Rolfi “Gli accordi di ristrutturazione: profili processuali e ricadute sostanziali”.

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