Sulla istanza di rinvio, nell'istruttoria prefallimentare, per il deposito di una domanda di concordato

Gianfranco Di Marzio
14 Maggio 2013

È inaccoglibile l'istanza di concessione di termine per deposito di domanda di concordato preventivo - presentata in luogo della proposizione della domanda medesima ex art. 161, comma 6, l. fall., che consente rinvio di sessanta giorni prorogabile di altri sessanta per deposito di proposta concordataria, relativi documenti e piano - siccome inosservante dell'onere posto da tale previsione normativa, salva tuttavia la prova di eccezionali situazioni impedienti quali l'esistenza di provvedimento cautelare o interdittivo che limiti i poteri deliberativi dell'organo amministrativo ovvero l'attesa di necessari provvedimenti autorizzatori da concedersi dalle competenti autorità e sempre che sia preventivabile il breve lasso di tempo ragionevolmente necessario per la presentazione della domanda.
Massima

È inaccoglibile l'istanza di concessione di termine per deposito di domanda di concordato preventivo - presentata in luogo della proposizione della domanda medesima ex art. 161, comma 6, l. fall., che consente rinvio di sessanta giorni prorogabile di altri sessanta per deposito di proposta concordataria, relativi documenti e piano - siccome inosservante dell'onere posto da tale previsione normativa, salva tuttavia la prova di eccezionali situazioni impedienti quali l'esistenza di provvedimento cautelare o interdittivo che limiti i poteri deliberativi dell'organo amministrativo ovvero l'attesa di necessari provvedimenti autorizzatori da concedersi dalle competenti autorità e sempre che sia preventivabile il breve lasso di tempo ragionevolmente necessario per la presentazione della domanda.

Il caso

Con la sentenza in esameil Tribunale di Milano ha dichiarato il fallimento di una società commerciale. La declaratoria è stata preceduta da un diniego di rinvio richiesto per il deposito di una domanda di concordato preventivo. Più precisamente, detto diniego ha avuto la sua espressa ragione nel richiamo al contenuto del novellato art. 161 l. fall. che permette, in seguito al deposito del ricorso contenente la domanda di concordato e dei bilanci degli ultimi tre esercizi, la concessione di un termine di sessanta giorni, prorogabile di altri sessanta, per la presentazione della proposta concordataria con i suoi allegati e del relativo piano. Il Tribunale ha ritenuto che “la concessione di un termine di durata imprecisata a fronte di una generica volontà di proposizione di una proposta concordataria non ancora seriamente concretizzatasi in alcuna attività alla stessa prodromica, si risolverebbe in un facile aggiramento dei limiti stabiliti dalla norma citata, con la conseguenza che tale potere - pur sempre spettante al tribunale (e di certo non nella disponibilità del ricorrente) - potrà essere esercitato solo in via residuale, in presenza di situazioni eccezionali e comunque ove sia preventivabile il sempre breve lasso di tempo ragionevolmente necessario per la presentazione della domanda”. Situazioni considerate non verificatesi nella fattispecie esaminata ed ipoteticamente individuate nel “provvedimento cautelare o interdittivo che limiti i poteri deliberativi dell'organo amministrativo”, nonché, eventualmente, in quello, genericamente indicato come autorizzatorio, ove fosse stato davvero prescritto da alcuna disposizione ed inoltre effettivamente necessario per l'accesso alla procedura concorsuale alternativa.

Le questioni giuridiche e le soluzioni

La pronuncia prende posizione sulla prassi, fino a tempi recenti molto diffusa, di chiedere un rinvio di udienza per la presentazione della domanda di concordato preventivo. Come insegna l'esperienza pratica, i tribunali hanno sempre variamente risposto a detta istanza esercitando il loro potere discrezionale in ragione della particolarità del caso concreto (essenzialmente, valutando la probabilità di una effettiva presentazione della domanda di concordato e comparando, in ogni caso, l'interesse del debitore con quello, tendenzialmente contrapposto, del creditore istante).
Il rilievo della pronuncia in esame deriva dal fatto che l'istanza sia stata proposta in una procedura prefallimentare aperta successivamente alla entrata in vigore del c.d. Decreto Sviluppo e dunque dopo l'introduzione nell'ordinamento della c.d. domanda di concordato preventivo “in bianco” o “prenotativa”.
La disciplina di riferimento è nel combinato disposto dei commi 6 e 10 del novellato art.161 l. fall.; commi entrambi aggiunti dall'art. 33, comma 1, lettera b), numero 4, del d. l. n. 83/2012.
Come rilevato dal Tribunale di Milano, tale normativa attribuisce al debitore la facoltà di presentare una domanda prenotativa di concordato, depositando un “ricorso contenente la domanda di concordato unitamente ai bilanci relativi agli ultimi tre esercizi”, e di ottenere dal giudice termine di sessanta giorni - eventualmente prorogabile, in presenza di “giustificati motivi”, di altri sessanta - per la presentazione della proposta concordataria definitiva, comprensiva di produzioni e piano.
La possibilità di fruire del primo termine è connessa pertanto ad adempimenti semplici ed agevoli: il debitore, oltre agli ultimi bilanci, deve soltanto depositare il ricorso contenente la domanda di concordato.
Quest'ultima, nella contrapposizione normativa alla (sostanziale) nozione di “proposta” (concordataria), sembra peraltro manifestare il contenuto, schiettamente rituale, di mera prenotazione dell'offerta ai creditori. Come è stato infatti più in dettaglio rilevato, il sesto comma dell'art. 161 l. fall. “marca col diritto positivo una distinzione fra piano, proposta e domanda che era stata elaborata in dottrina e che ha il pregio di differenziare ciò che attiene al processo (la domanda), ciò che attiene al contenuto negoziale (la proposta) e ciò che attiene al modo in cui si pensa di rendere realizzabile la proposta (il piano)”.
Resta il fatto che questa disciplina porta ad escludere la legittimità della concessione di un rinvio della udienza prefallimentare a prescindere dal deposito del suddetto ricorso.
Il fatto che la richiamata prassi giudiziaria sia ormai contra legem ne impone pertanto l'abbandono.
Ritiene però la pronuncia in esame che un ridotto spazio di discrezionalità giudiziale permanga ancora: si tratta dello spazio aperto dalla dimostrata impossibilità del debitore di valersi della prerogativa di presentazione della domanda “prenotativa”.
Effettivamente, ad impossibilia nemo tenetur. Anche se poi sarebbe logico distinguere tra impossibilità oggettiva e soggettiva; ma la disciplina di chiaro favore per la scelta concordataria stabilita dall'art. 161, comma 6, l. fall., consente forse di non indugiare troppo su tale distinzione; almeno fin quando l'impossibilità soggettiva non sia stata dolosamente autoprovocata. Tanto val quanto dire che potrebbe apparire inopportuno negare l'accesso al concordato preventivo per mancato deposito della domanda “in bianco” a chi si sia involontariamente ritrovato nella impossibilità di presentare la domanda. In fin dei conti, se l'esigenza da salvaguardare è quella della effettiva applicazione della novella legislativa, non pare possa essere di ostacolo allo scopo la concessione di termine senza previo deposito di domanda “in bianco” quando il richiedente sia stato realmente impossibilitato all'adempimento. Presumibilmente, infatti, l'insieme delle ipotesi di impossibilità oggettiva e soggettiva non sarebbe sufficiente alla formazione di una prassi esautoratrice della normativa inerente alla domanda “prenotativa”. Ciò in quanto si tratterebbe, in ogni caso, di riuscire nell'assolvimento di un gravoso onere probatorio: dimostrazione sia della realtà dello stato di impotenza, sia della sua protrazione per tutto il periodo compreso tra l'inizio della procedura prefallimentare e la data della richiesta di rinvio, oltre che, in via presuntiva, per il (futuro e) rimanente periodo che precede l'emissione della pronuncia conclusiva.

Conclusioni

In definitiva, appare condivisibile l'orientamento posto a base del provvedimento in esame; orientamento che, mentre è nel senso della reiezione della richiesta di temine per proposta di concordato preventivo allorquando ingiustificatamente formulata senza far uso di domanda “prenotativa”, al contempo assegna il termine medesimo nell'opposto caso di comprovata impossibilità all'esercizio della prerogativa; seppure, in quest'ultimo caso, soltanto “ove sia preventivabile il sempre breve lasso di tempo ragionevolmente necessario per la presentazione della domanda”. Come del resto appare naturale trattandosi di procedura così connotata da speditezza da non essere soggetta al periodo feriale di sospensione dei termini processuali.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Circa le informazioni e dimostrazioni dovute con la domanda “prenotativa” o “in bianco” ed i relativi allegati, cfr. Lamanna, La legge fallimentare dopo il “Decreto sviluppo”, in Il civilista, Milano, 2012; Id., Pre-concordato e procedura prefallimentare pendente: il termine minimo e l'oscuro riferimento al decreto di rigetto dell'istanza di fallimento, in IlFallimentarista.it; Panzani, Speciale D.L Sviluppo - Il concordato in bianco, ivi; D'Orazio, Il concordato preventivo di gruppo nella dottrina e nella giurisprudenza (nota a Trib. Roma, 25 luglio 2012).
In giurisprudenza, Trib. Velletri, 18 settembre 2012, con nota di Vitiello, Domanda di concordato con riserva in pendenza di un procedimento prefallimentare: limiti del sindacato e poteri del Tribunale, in IlFallimentarista.it.

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