Sulla incompatibilità tra la carica di commissario giudiziale e liquidatore nel concordato liquidatorio

22 Aprile 2013

In tema di concordato preventivo - posto che l'art. 183, comma 1, l. fall. nel testo sostituito dal D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, stabilisce che avverso il decreto del tribunale che pronuncia sull'omologazione può essere proposto reclamo alla corte d'appello, e che l'art. 180, comma 3, l. fall. stabilisce invece che detto decreto, in mancanza di opposizione dei creditori, non è soggetto a gravame - il reclamo alla corte d'appello è proponibile allorchè la domanda di omologazione sia respinta, ovvero sia accolta nonostante la presenza di opposizioni, mentre, se nessun creditore abbia proposto opposizione, è ammissibile il ricorso immediato per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7, trattandosi di decreto dotato dei caratteri della decisorietà e della definitività, in quanto obbligatorio per i creditori rispetto ai quali determina una riduzione delle rispettive posizioni creditorie.
Massima

In tema di concordato preventivo - posto che l'art. 183, comma 1, l. fall. nel testo sostituito dal D. Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, stabilisce che avverso il decreto del tribunale che pronuncia sull'omologazione può essere proposto reclamo alla corte d'appello, e che l'art. 180, comma 3, l. fall. stabilisce invece che detto decreto, in mancanza di opposizione dei creditori, non è soggetto a gravame - il reclamo alla corte d'appello è proponibile allorchè la domanda di omologazione sia respinta, ovvero sia accolta nonostante la presenza di opposizioni, mentre, se nessun creditore abbia proposto opposizione, è ammissibile il ricorso immediato per cassazione ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7, trattandosi di decreto dotato dei caratteri della decisorietà e della definitività, in quanto obbligatorio per i creditori rispetto ai quali determina una riduzione delle rispettive posizioni creditorie.

Nel concordato preventivo con cessione dei beni la nomina a liquidatore della persona già nominata commissario giudiziale collide con il requisito (desumibile dal combinato disposto degli artt. 182, comma 2, e 28, comma 2, l. fall.) che il liquidatore sia immune da conflitti di interessi, anche potenziali; situazione conflittuale che si verifica invece nel caso in cui nella persona del liquidatore si cumulino la funzione gestoria con quella di sorveglianza dell'adempimento del concordato, di cui all'art. 185, comma 1, l. fall.

Il caso

Chiamato ad omologare un concordato che contemplava il pagamento al 30% dei creditori chirografari, con garanzia (mediante apposite fideiussioni bancarie a prima richiesta) offerta da due società partecipanti al capitale della stessa società in concordato, il Tribunale di Ravenna - dopo aver affermato che la natura essenzialmente liquidatoria del concordato (sia pure con la presenza di garanzie offerte da terzi)” rendeva necessaria la nomina del liquidatore giudiziale, ex art. 182 l. fall.; e dopo aver rilevato l'assenza di indicazioni in proposito nella proposta concordataria - procedeva alla nomina del liquidatore nella persona dello stesso professionista chiamato a svolgere le funzioni di Commissario. Rilevava il Tribunale l'opportunità di procedere alla nomina anche in considerazione dell'eventualità che il Liquidatore dovesse procedere all'escussione della garanzia rilasciata dalle due società partecipanti, le quali in quanto socie di maggioranza della debitrice hanno certamente concorso alla nomina dell'attuale liquidatore.

Le questioni giuridiche e la soluzione

Il ricorso proposto dalla società ammessa al concordato preventivo avverso il provvedimento di omologa ha chiamato la Suprema Corte a dirimere due questioni logicamente concatenate. La prima era quella di stabilire se un concordato avente le caratteristiche di quello concretamente omologato potesse qualificarsi quale concordato con cessione dei beni, atteso che solo per questa ipotesi di concordato l'articolo 182 l. fall. consente al tribunale di procedere alla nomina di un liquidatore giudiziale. La seconda era quella di valutare in astratto la possibilità di nominare quale liquidatore in sede di concordato lo stesso soggetto che svolge la funzione di commissario giudiziale.
Quanto al primo profilo la Corte - dopo aver affermato l'ammissibilità del ricorso, sul postulato dell'applicabilità del reclamo ex art. 183 l. fall. ai soli casi in cui l'omologazione sia respinta, ovvero sia accolta nonostante la presenza di opposizioni, trovando invece applicazione l'art 111 Cost. nei casi di omologazione in assenza di opposizione dei creditori - ha ribadito il principio per cui la nomina giudiziale del liquidatore è configurabile per il solo concordato preventivo "con cessione dei beni" (che peraltro "non disponga diversamente" quanto alla designazione ed ai poteri del liquidatore o alle modalità della liquidazione), con un netto richiamo alla “valorizzazione” dell'autonomia privata nella determinazione del contenuto di tale forma di concordato preventivo, in consonanza con la natura prevalentemente contrattuale che caratterizza il concordato preventivo. Affermato il principio, la Corte ha censurato l'atteggiamento apodittico del Tribunale nell'affermare la natura liquidatoria del concordato, nonostante la presenza di garanzie offerte da terzi, rilevando come peraltro la stessa decisione impugnata operasse una sovrapposizione tra la qualificazione del concordato in termini liquidatori, ed il richiamo a concrete ragioni di opportunità ai fini della nomina del liquidatore.
Il secondo profilo, poi, è stato risolto in termini netti dalla Corte, negando la possibilità di cumulare i ruoli di Commissario e di Liquidatore, atteso il contrasto di una simile situazione con il requisito dell'assenza di possibili profili di conflitto di interessi. Conflitto che, invece, secondo la Corte, sussiste nel caso di cumulo della funzione gestoria del Liquidatore con quella di sorveglianza dell'adempimento del concordato (in fase post-omologa) del Commissario.

Osservazioni

La prima massima afferma un principio che sembra scaturire pianamente dal dato normativo immediato, e che è condiviso dalla prevalente dottrina, anche se non sono mancate soluzioni alternative quali:
i) il reclamo del decreto (sul postulato della soccombenza del debitore la cui proposta non sia stata integralmente recepita);
ii) la richiesta di revoca del decreto allo stesso Tribunale;
iii) l'actio nullitatis (cfr. Fabiani, Concordato preventivo per cessione dei beni e predeterminazione delle modalità della liquidazione, in Fall., 2010, 5, 593).
La scelta della Suprema Corte appare tuttavia quella più lineare e di immediata intuibilità sul piano ermeneutico [ma per una lettura più meditata cfr. Pagni, Commento all'art. 183 L.F., in Cavallini (a cura di), Commentario alla legge fallimentare, Milano, 2010].
Quanto al secondo principio, appare indubbio che il provvedimento impugnato (almeno per quel che è dato comprendere dagli stralci di motivazione riprodotti nella decisione della Cassazione) fosse caratterizzato da una qual certa infelicità sul piano argomentativo, tale da sfociare in una parziale contraddittorietà della motivazione, visto che non è ben chiaro se la decisione di procedere alla nomina del liquidatore scaturisse dalla valutazione del concordato come liquidatorio o da una valutazione discrezionale di opportunità, peraltro non ancorata esplicitamente al dato normativo, come pure sarebbe stato forse possibile, atteso che il Tribunale di fatto sembrava ipotizzare una situazione di conflitto di interessi in capo al liquidatore designato, seppure sulla base di un mero sospetto. La Corte, quindi, ha avuto ampio agio nel riformare il decreto di omologa, con una motivazione che, tuttavia, almeno nella sua prima parte, lascia un senso di insoddisfazione. Non è dato, infatti, comprendere se la Corte abbia ritenuto o meno che il concordato all'origine della decisione fosse qualificabile come concordato di tipo liquidatorio. Un veloce passaggio della motivazione sembra lasciare intendere che per la Cassazione già la mera presenza di garanzie offerte da terzi valga ad espellere l'ipotesi concordataria dall'area della mera cessione di beni. Tuttavia si deve rilevare comunque che la contraddittorietà della decisione impugnata è stata in un certo senso sfruttata dalla Corte per eludere in parte il problema di qualificazione del concordato, ed andare a colpire quello che invece era il vero punto debole della decisione, e cioè il richiamo ad una valutazione di opportunità che, per quanto sussistente, non avrebbe mai potuto giustificare una nomina giudiziale del liquidatore al di fuori dell'ipotesi espressamente prevista dalla legge.
Quanto all'affermazione dell'incompatibilità tra la veste di liquidatore e quella di commissario, il principio enunciato dalla corte appare pienamente condivisibile (cfr. in tal senso Didone, La liquidazione nel concordato con cessione dei beni: piano concordatario e decreto di omologa alla luce della l. n. 134/2012, in IlFallimentarista, 10/10/2012), e difatti vi è da registrare la prassi predominante dei tribunali di non provocare mai una simile situazione di cumulo delle cariche, anche qualora il concordato non preveda direttamente l'indicazione del nominativo del liquidatore. È indubbio che i due ruoli sono distinti ed in un certo senso antagonistici, come sempre avviene nella dialettica tra controllore e controllato, con la logica conseguenza della illogicità, prima ancora che inopportunità, di una loro concentrazione in capo alla stessa persona.

Le questioni aperte

Come già accennato, uno dei profili di maggiore delicatezza della questione affrontata dalla Suprema Corte è costituito dalla individuazione dell'area del concordato con cessione di beni, atteso che e solo in tale ipotesi che si apre la possibilità per il tribunale di nominare un liquidatore. Già si è visto come sul punto la Cassazione si pronuncia in modo fugace negando al concordato con garanzie di terzi il carattere di concordato con cessione di beni. Sul punto occorrerà valutare in futuro anche l'impatto della nuova previsione di cui all'art 186-bis l. fall., introdotta nel giugno 2012, la quale, come è noto, finisce per delineare e definire in modo chiaro l'ambito della figura del concordato con continuità aziendale, espandendola ad ipotesi che in precedenza erano fatte rientrare nel concordato meramente liquidatorio, posto che l'ampliamento del concetto di "continuità aziendale" operato dalla mini riforma del 2012 potrebbe delimitare in modo drastico l'area del concordato meramente liquidatorio, riducendola di fatto ad ipotesi esclusivamente residuali.

Conclusioni

L'affermazione dell'incompatibilità tra la carica di commissario e quella di liquidatore risulta del tutto condivisibile, ed in tal senso la decisione in commento vale a dettare un principio-guida che deve indirizzare sia la scelta del debitore nella designazione del liquidatore in sede di proposta, sia l'eventuale scelta del tribunale: la figura del liquidatore deve porsi come figura di garanzia per l'intera platea dei creditori, assicurando ai medesimi un'esecuzione del concordato del tutto immune da profili di conflitto di interessi. In quest'ottica, la differenziazione tra liquidatore e commissario costituisce esigenza fondamentale di buon funzionamento del concordato (oltre che di logica minimale), la quale non può trovare deroga in mere considerazioni di economicità o di opportunità. Parimenti, appare ormai evidente che, qualora il liquidatore venga designato in sede di proposta, la designazione stessa possa non essere recepita, ove la stessa risulti priva dei requisiti di legge, primo fra tutti l'assenza di un conflitto di interessi.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sul piano normativo risultano fondamentali le previsioni di cui agli artt. 28, comma 2; 180, comma 3; 182, comma 2, l. fall.
Il principio di cui alla prima massima conferma quanto già statuito da Cass. 15 luglio 2011, n. 15699.
Anche la seconda delle massime risulta tributaria del già citato precedente, il quale tuttavia ha avuto modo di chiarire che, se è vero che nel concordato preventivo con cessione dei beni, la designazione del liquidatore giudiziale può anche costituire oggetto della proposta del debitore volta a fissare le modalità di esecuzione del piano, è tuttavia parimenti vero che in caso di assenza dei requisiti soggettivi - tra cui le incompatibilità di cui all'art. 28 l. fall. - previsti per la nomina a curatore, la designazione sostitutiva compete al tribunale.
La questione del cumulo dei ruoli di liquidatore e commissario era stata sfiorata, ma non affrontata direttamente, da Cass. 15 dicembre 2011, n. 27085, in quanto in quella occasione la Suprema Corte si era occupata del solo profilo delle liquidazione del compenso del soggetto che avesse rivestito entrambe le cariche.

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