Il dolo degli amministratori non esecutivi e i sintomi di allarme dell'operazione distrattiva

12 Aprile 2013

Perché l'amministratore privo di delega che abbia preso parte alla approvazione della operazione distrattiva possa essere ritenuto concorrente nel reato di bancarotta occorre che lo stesso sia stato consapevole dei “segnali di allarme” del rischio di verificazione dell'evento pregiudizievole, che se li sia rappresentati come dimostrativi di fatti potenzialmente dannosi e nondimeno sia rimasto deliberatamente inerte, accettando il rischio della realizzazione del reato.
Massima

Perché l'amministratore privo di delega che abbia preso parte alla approvazione della operazione distrattiva possa essere ritenuto concorrente nel reato di bancarotta occorre che lo stesso sia stato consapevole dei “segnali di allarme” del rischio di verificazione dell'evento pregiudizievole, che se li sia rappresentati come dimostrativi di fatti potenzialmente dannosi e nondimeno sia rimasto deliberatamente inerte, accettando il rischio della realizzazione del reato.

Il caso

La Corte di Cassazione esamina i presupposti necessari per l'insorgenza della responsabilità penale dell'amministratore non esecutivo che abbia concorso a deliberare l'operazione pregiudizievole e ribadisce come il dolo, sia pure nella forma del dolo eventuale, presupponga pur sempre la conoscenza e non già la mera conoscibilità dei “segnali di allarme” e per lo meno l'accettazione del rischio della sua causazione.

Dal generale obbligo di vigilanza all'obbligo di agire informati

La sentenza in commento muove dalla ridefinizione del quadro normativo dei doveri di chi è preposto alla gestione della società e dalla compiuta regolamentazione della responsabilità dell'amministratore non destinatario di delega operata dal D.Lgs. n. 6 del 2003.
Il legislatore della riforma in particolare ha sostituito l'“obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione” (già contemplato dall'art. 2392, comma 2, c.c.), con l'onere di “agire informato”, atteso il potere (che si qualifica invero come doveroso nel disegno normativo) di richiedere informazioni (senza che ciò assegni anche un' autonoma potestà di indagine) di ciascun amministratore.
Il criterio direttivo dell'“agire informato” nel disegno del codice è, inoltre, sistematicamente coordinato con l'obbligo di ragguaglio informativo posto sia a carico del presidente del consiglio di amministrazione (che, ai sensi dell'art. 2381, comma 1, c.c. “provvede affinché adeguate informazioni sulle materie iscritte all'ordine del giorno vengano fornite a tutti i consiglieri”), sia in capo agli amministratori delegati, i quali, con prestabilita periodicità, devono fornire adeguate notizie “sul generale andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione, nonché sulle operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o caratteristiche, effettuate dalla società o dalle sue controllate” (art. 2381, comma 5, c.c.).
L'art. 2392, comma 1, c.c., inoltre, sancisce che gli amministratori non esecutivi sono responsabili verso la società nei limiti delle attribuzioni proprie, quali stabilite dalla disciplina normativa.
La sentenza, peraltro, evidenzia come gli amministratori nell'adempimento del mandato gestorio siano tenuti ad osservare la diligenza “richiesta dalla natura dell'incarico e dalle loro specifiche competenze” ai sensi dell'art. 2392 c.c.; tale parametro di diligenza non comporta che gli amministratori debbano essere necessariamente periti in contabilità, in materia finanziaria ed in ogni settore della gestione e della amministrazione dell'impresa, bensì esclusivamente che le loro scelte siano informate e meditate, basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato e non già di irresponsabile o negligente improvvisazione.

L'accertamento del dolo tramite la disamina dei "segnali di allarme"

In tale contesto interpretativo in tanto può configurarsi il dolo dell'amministratore privo di delega che abbia partecipato all'approvazione di una operazione distrattiva, in quanto il medesimo sia concretamente venuto a conoscenza di dati da cui potesse desumersi un evento pregiudizievole per la società o almeno il rischio che un siffatto evento si verificasse ed abbia volontariamente omesso di attivarsi per scongiurarlo. In tal caso sussiste il dolo eventuale, in quanto l'amministratore ha deliberatamente accettato il rischio della realizzazione della condotta delittuosa.
La giurisprudenza in tale ambito usualmente inferisce la sussistenza del dolo ricorrendo alla dimostrazione dei c.d. segnali di allarme, sintomi eloquenti della commissione di un fatto di reato in itinere.
La rappresentazione degli elementi del fatto tipico congruenti con il tipo legale può essere, infatti, desunta, secondo una consolidata interpretazione della giurisprudenza di legittimità, dalla presenza (e, segnatamente, dalla effettiva percezione da parte degli imputati) di segnali chiari e peculiari in relazione all'evento illecito nonché dall'accertamento del grado di anormalità di questi sintomi (si vedano, ex plurimis: Cass. pen. 4 maggio 2007, n. 23838; Cass. pen. 16 aprile 2009, n. 36595).
La prova della rappresentazione dell'evento, peraltro, non presuppone una completa conoscenza dello stesso, né è richiesto che pervenga al soggetto per tramiti formali e predeterminati, anche se la sua dimostrazione discende dalla positiva verifica della rappresentazione di una ragionevole probabilità del suo avveramento.
Secondo la sentenza in commento, pertanto, la situazione in cui l'amministratore privo di delega rimanga indifferente dinanzi ad un “segnale di allarme” percepito come tale, in quanto decida di non tenere in alcuna considerazione l'interesse dei creditori ed il destino stesso della società, va distinta da quella in cui egli continui a riconoscere fiducia, per quanto mal riposta, verso le capacità gestionali altrui.
Nel primo caso l'amministratore potrà, pertanto, essere chiamato a rispondere penalmente delle proprie azioni o omissioni, ma non già nel secondo ove, ferma restando la possibilità, nella ricorrenza dei suoi presupposti, dell'insorgenza della responsabilità civile, sarebbe ipotizzabile solo la colpa.

Il discrimine tra conoscibilità e conoscenza dell'evento

Se la regola di diritto è sufficientemente chiara nella sua formulazione astratta, maggiore complessità evidenzia la sua declinazione concreta.
La disamina della sintomatologia di allarme che connota l'operazione deve, infatti, essere svolta in modo estremamente rigoroso ed accurato al fine di evitare di confondere la consapevolezza (il dolo) da parte dell'amministratore con la inosservanza degli obblighi conoscitivi incombenti sul medesimo (la colpa).
Nel caso di specie la Pubblica Accusa aveva invocato a sostegno della propria impostazione che i fattori di anomalia erano tali da emergere dalla semplice lettura del carteggio.
Secondo la Corte di Cassazione, tuttavia, tale rilievo comporta ex se un chiaro addebito di colpa, anche grave, e non costituisce fondamento idoneo ad affermare il dolo di chi espresse il voto favorevole, sia pure come semplice accettazione del rischio di eventi pregiudizievoli.
Significativamente la Corte afferma come alcune delle operazioni distrattive erano obiettivamente assai complesse e gli elementi dai quali desumere il loro carattere illecito era emerso ben dopo l'adozione delle delibere da parte del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo; gli stessi organi interni della banca, nel corso delle varie istruttorie, avevano regolarmente espresso valutazioni di carattere positivo.
Alcuni amministratori, da ultimo, avevano investito in azioni della società fallita andando incontro a perdite rilevanti e tale dato si poneva in assoluta ed incontrovertibile antitesi con l'ipotesi del dolo degli stessi.

Le conclusioni

La pronuncia in commento si segnala per la riaffermazione del principio per cui nel dolo eventuale non può esservi equiparazione tra “conoscenza” e “conoscibilità” dell'evento che si deve impedire, in quanto la prima attiene all'area della fattispecie volontaria e la seconda, quale violazione ai doveri di diligenza, all'area della colpa.
La sentenza, inoltre, condivisibilmente riafferma la necessità di accuratezza metodologica nella disamina della sintomatologia di allarme della operazione distrattiva al fine di evitare di pervenire all'affermazione del dolo in presenza di condotte sorrette esclusivamente dalla colpa.
La differenza ontologica tra le due forme di colpevolezza impedisce, sul piano logico prima ancora che giuridico, di inferire il dolo dalla colpa, ancorché grave.
L'inadempimento ai doveri di vigilanza e controllo dovuto a negligenza, pertanto, non può costituire il fondamento per addebitare una condotta delittuosa a titolo di dolo.

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