L’azione risarcitoria contro l’istituto di credito responsabile di abusivo finanziamento: segnali evolutivi dalla giurisprudenza

Paolo Dal Soglio
18 Settembre 2013

Il commissario straordinario è legittimato a promuovere azione risarcitoria contro l'istituto di credito finanziatore della società poi dichiarata insolvente, quando sia invocato il concorso nel fatto illecito commesso anche dagli amministratori della società insolvente, costituito dal finanziamento e dalla conseguente illegittima prosecuzione dell'attività d'impresa, e ciò pur in assenza di una pronuncia resa in sede penale.
Massima

Il commissario straordinario è legittimato a promuovere azione risarcitoria contro l'istituto di credito finanziatore della società poi dichiarata insolvente, quando sia invocato il concorso nel fatto illecito commesso anche dagli amministratori della società insolvente, costituito dal finanziamento e dalla conseguente illegittima prosecuzione dell'attività d'impresa, e ciò pur in assenza di una pronuncia resa in sede penale.

Il caso

Il Tribunale di Parma decide con sentenza non definitiva sulle eccezioni preliminari sollevate da un istituto di credito e relative – fra l'altro – al difetto di legittimazione ad agire del commissario straordinario in ordine all'azione di responsabilità proposta per abusiva concessione di credito, collocata in un periodo in cui sarebbe stata nota l'insolvenza della società finanziata. Il Tribunale, rigettata anche un'eccezione di prescrizione, inquadra la domanda risarcitoria nell'ambito dell'illecito ascrivibile a più soggetti, amministratori della società insolvente e banca, e conclude affermando che l'azione transita in capo agli organi della procedura quale azione di massa, a differenza di quanto accade per le azioni che, mirando a sanzionare i fatti di gestione lesivi delle pretese dei creditori sociali, rimarrebbero precluse agli organi fallimentari, in forza del generale divieto di sostituzione processuale di cui all' art. 81 c.p.c. e della riserva di legge ivi contenuta.

Le questioni giuridiche

Al di là del tema della prescrizione dell'azione risarcitoria, la questione fondamentale riguarda la titolarità dell'azione in capo agli organi fallimentari. Come noto, il principale ostacolo all'iniziativa del curatore fallimentare, o del commissario straordinario, è costituito dal dictum di Cass. S.U. 28 marzo 2006, nn. 7029, 7030, 7031; le note pronunce, relative al dissesto del gruppo Casillo, negavano al curatore un indistinto e generalizzato potere di rappresentanza di tutti i creditori e riconducevano le azioni in concreto esperite, fondate sull'allegazione di una falsa opinione sullo stato di salute dell'impresa nei confronti del mercato, al novero delle pretese individuali dei singoli creditori, come tali precluse all'organo fallimentare (artt. 2394 bis e 2395 c.c.). Esse tuttavia lasciavano aperto uno spiraglio per domande differenti, non esaminate perché tardivamente introdotte in quei processi, fondate sulla responsabilità dell'organo amministrativo verso l'ente di appartenenza, certamente di matrice contrattuale, e sul concorso della banca finanziatrice nell'inadempimento; in tal caso, in obiter dictum, veniva prefigurato un intreccio fra differenti titoli di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale, che la dottrina non tardava a valorizzare, prefigurando possibili futuri sviluppi. La pronuncia in esame coglie il segnale e attribuisce al commissario giudiziale la titolarità dell'azione, ancorandola alla responsabilità degli amministratori disciplinata dall'art. 2393 c.c., dunque proprio all'area contrattuale; compiuto il primo passo, è agevole poi espandere la platea dei convenuti fino a coinvolgere i coautori dell'illecito, dunque gli istituti di credito erogatori dei finanziamenti e collocatori del prestito obbligazionario, senza che sia di ostacolo a tale operazione il differente titolo di responsabilità, aquiliano e non contrattuale. La decisione trova conforto in Cass. 1 giugno 2010, n. 13413, che in motivazione aveva spianato la strada ad una soluzione di questo tipo, pur rigettando il ricorso della curatela per motivi puramente formali. La pronuncia aveva fatto uso di schemi tradizionali sia del diritto societario, in primis la responsabilità di cui all'art. 2393 c.c., sia del diritto civile, vale a dire l'induzione del terzo all'inadempimento. L'esito pratico era apprezzabile sotto il profilo della sua linearità, perché l'affermazione della responsabilità della banca poteva affrancarsi da fattispecie e percorsi processuali ben più complessi, ad es. la ricerca di un ruolo di soggetto esercente attività di direzione e coordinamento, o di fiancheggiatore della capogruppo, in capo all'istituto di credito, secondo una controversa interpretazione dell'art. 2497 c.c., tesa ad estendere oltre modo l'applicazione del primo e del secondo comma della disposizione. D'altro canto, esso sacrificava l'azione del curatore nei fallimenti degli imprenditori individuali, dove per definizione manca il primo anello della fattispecie, vale a dire l'inadempimento dell'organo gestorio ai doveri di corretta gestione, e l'abusiva concessione del credito si collega direttamente ad una manifestazione di volontà del soggetto fallito.

Le questioni aperte

Trattandosi di sentenza non definitiva, rimangono aperte le questioni attinenti il merito della domanda proposta, dunque l'esistenza di un'effettiva responsabilità degli organi sociali, da accertare in via incidentale, e in seconda battuta la ricerca del fatto illecito della banca convenuta, a partire dall'elemento soggettivo. Anche la quantificazione del pregiudizio appare problematica, posto che nel caso di specie l'azione non è proposta dal singolo creditore pregiudicato dall'illegittima prosecuzione dell'attività sociale, ma dall'ente dichiarato insolvente, rappresentato dal commissario straordinario ai sensi del combinato disposto degli artt. 36 e 40 d.lgs. 270/1999, e 206 l. fall. La decisione parmense sgombra il campo da una prima eccezione sul punto, vale a dire la pretesa neutralità del finanziamento ricevuto che, di per sé, non determinerebbe alcun pregiudizio, se non limitato agli oneri accessori, vale a dire le spese e commissioni di istruttoria, e agli interessi. Tale eccezione, frutto di un atteggiamento che il tribunale bolla giustamente come semplicistico, viene liquidata con una constatazione piuttosto sbrigativa, fondata sull'osservazione che “nella stragrande maggioranza dei casi i capitali acquisiti difficilmente vengono indirizzati in impieghi produttivi, ma vengono solitamente dispersi”. Evidentemente, il pregiudizio arrecato al patrimonio sociale, da prendere in considerazione in una prospettiva dinamica di concorso in un'attività illecita più che in singoli atti illeciti, dovrà essere allegato e provato su basi più solide; il ritardo nell'accertare e pubblicizzare la causa di scioglimento prevista dall'art. 2484, n. 4, c.c., e ancor prima dal previgente art. 2448, n. 4, c.c., visto che la curatela colloca lo scioglimento all'anno 1990, certamente è in grado di arrecare danno tanto ai creditori sociali quanto alla società, ma poi nel processo è necessario distinguere i due profili, proprio in considerazione della tipologia di azione svolta, secondo quanto spiegato a proposito della legittimazione attiva del commissario straordinario. La quantificazione del danno operata dal commissario straordinario era agevolata dall'ammontare dell'indebitamento generato dalle obbligazioni sottoscritte e collocate dalle convenute, in tesi utilizzato per effettuare pagamenti preferenziali di cui queste avrebbero beneficiato, in conflitto di interessi. Se supportato da adeguati riscontri, il percorso argomentativo pare solido.

Conclusioni

La pronuncia raccoglie le indicazioni di Cass. civ., 1 giugno 2010, n. 13413 sez. I, sent., e apre la strada alle azioni di responsabilità per abusiva concessione di credito, nelle fattispecie di prosecuzione dell'attività d'impresa oltre il momento consentito dagli artt. 2484 e 2485 c.c., anche in casi differenti da quelli del finanziamento effettuato mediante la collocazione di obbligazioni, nei quali le difficoltà maggiori riguarderanno la quantificazione del pregiudizio risarcibile. Non sono all'orizzonte, invece, azioni di responsabilità proposte dai singoli creditori sociali contro le banche finanziatrici, probabilmente a causa degli elevati costi di un simile contenzioso “di frontiera”.

Minimi riferimenti giurisprudenziali e bibliografici

Le tre sentenze delle SS.UU. sul finanziamento abusivo e sul difetto di legittimazione del curatore fallimentare, pubblicate su numerose riviste, sono Cass. S.U. 28 marzo 2006, n. 7029; Cass. S.U. 28 marzo 2006, n. 7030; Cass. S.U. 28 marzo 2006, n. 7031. Un ampio commento è svolto da Cennerazzo, Azione di responsabilità per concessione abusiva di credito: gli spazi di legittimazione del curatore fallimentare dopo la sentenza delle Sezioni Unite, in Riv. dir. comm., 2007, II, 2. Un significativo precedente di merito è costituito da Trib. Messina 2 settembre 2008, in Nuova giur. civ. comm., 2009, I, 864, con nota di Puliatti. Su Cass. 1 giugno 2010, n. 13413 cfr. Pinto, La responsabilità da concessione abusiva di credito fra unità e pluralità, in Giur. comm., 2011, II, 1157. Per un aggiornato quadro di sintesi cfr. Rascio, La legittimazione attiva alle azioni risarcitorie del curatore nel fallimento, in Giur. comm., 2013, I, 146. Sul tema sconfinato del danno per prosecuzione non consentita dell'attività sociale dopo il verificarsi della causa di scioglimento cfr. da ultimo Cass. civ., 24 luglio 2012, n. 12966., sez. I, sent.

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