Procedimento per la dichiarazione di fallimento di società in liquidazione: termine a comparire, legittimazione processuale dell’amministratore giudiziario, stato di insolvenza

La Redazione
09 Gennaio 2014

Il mancato rispetto del termine dilatorio a comparire di cui all'art. 15, comma 3, l. fall. (versione previgente) deve essere formalmente e immediatamente eccepito dalla parte interessata ai sensi e per gli effetti dell'art. 157 c.p.c., trattandosi di un termine a tutela dell'interesse privato e non a presidio di più generali interessi pubblicistici sulla regolarità della procedura. Né consegue che la nullità della convocazione in giudizio derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di comparizione previsto dall'art. 15, comma 3, l. fall., deve ritenersi sanata nel caso in cui parte resistente si sia costituita in giudizio e, senza eccepire tale violazione, prenda posizione nel merito delle contestazioni mosse da parte ricorrente.

Il mancato rispetto del termine dilatorio a comparire di cui all'art. 15, comma 3, l. fall. (versione previgente) deve essere formalmente e immediatamente eccepito dalla parte interessata ai sensi e per gli effetti dell'art. 157 c.p.c., trattandosi di un termine a tutela dell'interesse privato e non a presidio di più generali interessi pubblicistici sulla regolarità della procedura. Né consegue che la nullità della convocazione in giudizio derivante dall'inosservanza del termine dilatorio di comparizione previsto dall'art. 15, comma 3, l. fall., deve ritenersi sanata nel caso in cui parte resistente si sia costituita in giudizio e, senza eccepire tale violazione, prenda posizione nel merito delle contestazioni mosse da parte ricorrente.

L'amministratore giudiziario è dotato della legittimazione sostanziale e processuale per reclamare la sentenza dichiarativa di fallimento e, a fortiori, per partecipare al procedimento per la dichiarazione di fallimento, solo e nei limiti in cui l'incarico comprenda anche il potere di amministrare e di gestire il bene sottoposto a sequestro.

L'amministratore giudiziario nominato in sede penale assume funzioni ontologicamente diverse da quelle del custode, essendo investito di poteri gestori e di amministrazione oltre a quelli di custodia e di conservazione del bene sottoposto a sequestro.
Tuttavia, considerato che l'art. 104 bis disp. att. c.p.p. consente l'attribuzione anche al custode giudiziario del potere di amministrazione dei beni in sequestro, al fine di valutare la sussistenza della legittimazione sostanziale e processuale nell'ambito dei procedimenti ex artt. 15 e 18 l. fall. dell'organo nominato in sede penale (amministratore/custode giudiziario), occorre verificare in concreto le funzioni demandate allo stesso, attribuendo tale legittimazione solo in ipotesi di accertamento positivo del potere di amministrazione e gestione del bene in sequestro.

A fronte di una società in liquidazione volontaria, la valutazione del giudice, ai fini dell'applicazione dell'art. 5 l. fall., deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l'eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto, non proponendosi l'impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori sociali ed alla distribuzione dell'eventuale residuo tra i soci, non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte. Nel formulare tale valutazione risulta indispensabile verificare se i beni patrimoniali siano o non agevolmente liquidabili perché in caso negativo il presupposto dell'insolvenza ben può essere riscontrato anche in ipotesi di eccedenza dell'attivo sul passivo.

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