Concordato liquidatorio: per le controversie tributarie la legittimazione spetta al debitore, non al commissario liquidatore

La Redazione
30 Settembre 2014

Nel concordato liquidatorio la legittimazione processuale del commissario liquidatore sussiste solo nei limiti in cui la pretesa o l'obbligo siano sorti nel corso e in funzione delle operazioni di liquidazione, mentre compete al debitore con riferimento a tutti i rapporti tributari, che pertanto a lui fanno direttamente capo. È il principio affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 18755 depositata lo scorso 5 settembre.

Nel concordato liquidatorio la legittimazione processuale del commissario liquidatore sussiste solo nei limiti in cui la pretesa o l'obbligo siano sorti nel corso e in funzione delle operazioni di liquidazione, mentre compete al debitore con riferimento a tutti i rapporti tributari, che pertanto a lui fanno direttamente capo. È il principio affermato dalla Corte di Cassazione, nella sentenza n. 18755 depositata lo scorso 5 settembre.

La vicenda. Nel corso di una controversia tributaria relativa a crediti Iva e Ires, l'Agenzia delle Entrate impugnava per cassazione la sentenza della CTR che aveva riformato il provvedimento di primo grado. Lamentava, in particolare, il difetto di legittimazione attiva del commissario liquidatore ricorrente, atteso che la legittimazione dell'impresa in concordato andrebbe individuata, anche per le pretese tributarie, in capo al titolare dell'impresa e non al commissario liquidatore.
La Cassazione ritiene fondato il motivo di ricorso e precisa i confini della legittimazione processuale dell'imprenditore in concordato preventivo.
Lo spossessamento attenuato e la legittimazione processuale del debitore. Ripercorrendo un pacifico percorso interpretativo, la Cassazione ricorda come il debitore ammesso al concordato, mediante cessione dei beni ai creditori, subisca uno spossessamento attenuato: egli mantiene, cioè, oltre alla proprietà, anche l'amministrazione e la disponibilità dei propri beni, salve le limitazioni derivanti dalla natura concorsuale della procedura.
Ne consegue, quanto ai rapporti tributari, che il debitore ammesso al concordato liquidatorio, con nomina del commissario liquidatore e prosecuzione dell'attività di impresa, conserva la sua capacità processuale e continua ad essere soggetto passivo d'imposta e destinatario di tutti gli obblighi di natura fiscale connessi alla prosecuzione della sua attività. In quanto parte in senso sostanziale di tutti gli atti che concernano il suo patrimonio, lo rimane anche per i rapporti tributari, che fanno capo direttamente a lui. Egli rimane, pertanto, l'interlocutore processuale dell'Amministrazione finanziaria.
La legittimazione limitata del commissario liquidatore. Il potere del commissario liquidatore, ricorda la Suprema Corte, deve intendersi conferito nell'ambito del suo mandato e perciò limitato ai rapporti obbligatori sorti nel corso ed in funzione della liquidazione dei beni. Pertanto la sua legittimazione processuale è riconoscibile nei soli casi in cui la pretesa o l'obbligo siano sorti “nel corso ed in funzione delle operazioni di liquidazione”.

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