La revocatoria ordinaria dell’atto di assegnazione di immobile a socio di società cooperativa

04 Aprile 2013

Per il fatto di essere un atto dovuto, l'atto con il quale una società cooperativa, che ha come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, trasferisce al socio la proprietà di un alloggio non è assoggettabile a revocatoria ordinaria, ma soltanto se le attività preliminari dalle quali è sorto l'obbligo di trasferire la proprietà non sono contraddistinte da frode ai creditori.
Massima

Per il fatto di essere un atto dovuto, l'atto con il quale una società cooperativa, che ha come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, trasferisce al socio la proprietà di un alloggio non è assoggettabile a revocatoria ordinaria, ma soltanto se le attività preliminari dalle quali è sorto l'obbligo di trasferire la proprietà non sono contraddistinte da frode ai creditori.

Il caso

Il curatore del fallimento di una società per azioni, creditore di un consorzio di cooperative che aveva realizzato alcuni immobili che erano stati assegnati ai soci, conveniva in giudizio la società consortile, le società socie e diciotto soci di queste ultime, chiedendo che i rispettivi atti di assegnazione fossero dichiarati inefficaci nei confronti del fallimento ai sensi dell'art. 2901 c.c. Il Tribunale rigettava la domanda. Il fallimento proponeva appello, che la Corte di appello di Roma rigettava osservando che gli atti di assegnazione degli immobili dovevano ritenersi atti dovuti in quanto meramente esecutivi della prenotazione, assimilabile ad un preliminare, e, pertanto, dovevano ritenersi non revocabili secondo quanto previsto dall'art. 2901 c.c. con disposizione che, ancorché riferita ai debiti pecuniari, si deve ritenere applicabile a tutti gli atti compiuti in adempimento di un'obbligazione. Avverso detta sentenza il fallimento proponeva ricorso per Cassazione, lamentando che erroneamente la Corte di appello avesse qualificato gli atti di assegnazione come atti dovuti e ciò sia perché la società aveva scelto i tempi dell'adempimento senza che vi fossero termini negoziali obbligatori; sia perché la prenotazione, pur se seguita da accettazione, non può equipararsi al preliminare di compravendita, in quanto si inserisce in una fattispecie complessa che è completata con l'atto di assegnazione. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso.

La questione giuridica e la soluzione

Con il provvedimento in esame la Corte di Cassazione si occupa del tema dell'assoggettabilità a revocatoria ordinaria dell'atto di assegnazione di immobile a socio di cooperativa edilizia, questione sulla quale non constano precedenti specifici del giudice di legittimità.
La Suprema Corte, partendo dal presupposto che non sono soggetti a revoca, a norma dell'art. 2901, comma 3, c.c. i c.d. atti dovuti, e cioè gli atti compiuti in adempimento di una obbligazione, esclude la revocabilità dell'atto di assegnazione ex art. 2901 c.c., ma soltanto se il trasferimento della proprietà rappresenta un atto dovuto a carico della cooperativa e a favore del socio, fattispecie che si verifica allorquando la cooperativa abbia accettato la richiesta di prenotazione di uno specifico immobile avanzata dal socio e quest'ultimo abbia pagato il corrispettivo previsto.
Al riguardo la Corte di Cassazione ritiene di poter fare utile riferimento alla propria posizione in tema di esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c., laddove ha avuto in più occasioni modo di affermare che la domanda di esecuzione in forma specifica, ai sensi dell'art. 2932 c.c., può essere proposta anche nei confronti di una società cooperativa, che abbia come oggetto sociale la costruzione di alloggi da assegnare ai soci, di fronte al rifiuto della società di prestarsi all'atto traslativo dell'immobile al socio assegnatario.
In ordine al rischio che tale soluzione possa comportare l'esclusione della tutela dei creditori, anche in caso di una preordinata frode in loro danno, la Corte ritiene che la non revocabilità dell'atto di assegnazione venga meno quando l'attività preliminare che abbia preceduto l'assegnazione sia connotata da frode in danno dei creditori.
La Corte di Cassazione ritiene, anche qui, di poter attingere ai principi affermati in tema di contratto definitivo e di contratto preliminare, in base ai quali se la sussistenza dell'eventus damni rispetto al creditore procedente va valutata in riferimento al momento della stipula del contratto definitivo, verificandosi solo in tale momento il compimento di un atto dispositivo del patrimonio del debitore, per contro l'elemento soggettivo richiesto dall'art. 2901 c.c. in capo all'acquirente va valutato, invece, in relazione al momento della stipula del contratto preliminare, dovendosi contemperare, in ossequio alla ratio dell'azione revocatoria, la garanzia patrimoniale dei creditori con l'affidamento del terzo nell'esercizio della propria autonomia privata.

Osservazioni

La sentenza che si commenta presuppone, nell'escludere, a determinate condizioni, la revocabilità ex art. 2901 c.c. dell'atto di assegnazione a socio di cooperativa edilizia, la corretta ricostruzione del rapporto che si instaura tra cooperativa edilizia e socio.
Il socio di cooperativa edilizia, che sia anche beneficiario del servizio mutualistico reso dalla medesima cooperativa, è parte, infatti, di due distinti, anche se collegati, rapporti: l'uno, di carattere associativo, che discende direttamente dall'adesione al contratto sociale e dalla conseguente acquisizione della qualità di socio; l'altro, di natura sinallagmatica, che deriva dal contratto bilaterale di scambio mediante il quale acquista il bene immobile che la cooperativa costruisce.
Il fatto che il contratto di assegnazione dell'immobile sia frutto di una contrattazione ulteriore e diversa rispetto a quella da cui discende il rapporto sociale e che sia dotato di una propria distinta causa, quantunque all'altra collegata, comporta che non ogni eventuale patologia relativa al rapporto sociale si traduca, di per sé, in un vizio del contratto di cessione dell'immobile; le vicende relative all'attribuzione patrimoniale possono e devono, infatti, essere tenute distinte da quelle afferenti al rapporto societario, sebbene talune di queste ultime - si pensi al recesso - siano suscettibili, a determinate condizioni, di incidere anche sul primo.
Ulteriore aspetto da chiarire è il momento in cui il socio acquista la proprietà del bene immobile.
Nelle cooperative non fruenti di contributi statali il trasferimento della proprietà dell'immobile si attua attraverso un complesso procedimento, la cui prima fase è solitamente rappresentata dalla prenotazione, dalla quale deriva, però, solo un diritto - di credito - del socio nei confronti della cooperativa all'assegnazione dell'immobile.
Alla prenotazione può seguire o meno un atto di consegna dell'immobile, in genere per consentire ai soci cc.dd. prenotatari di eseguirvi rifiniture di proprio gradimento: neanche questo momento, almeno nelle cooperative non a contributo statale, è idoneo, però, a determinare il trasferimento della proprietà che si ha, invece, solo con la stipula dell'atto di assegnazione.
L'attribuzione patrimoniale effettuata dalla cooperativa edilizia con l'assegnazione integra gli estremi di un contratto traslativo che, al pari di una compravendita, è un contratto ad effetti reali che si perfeziona con il consenso delle parti e determina, ipso facto, il trasferimento pieno e definitivo al socio assegnatario della proprietà del bene immobile che ne è oggetto in esecuzione della prenotazione effettuata dal medesimo.
Quel bene, dunque, con l'assegnazione cessa di far parte del patrimonio sociale ed entra nel patrimonio del singolo socio.
Ciò non significa, peraltro, che l'assegnazione del bene integri una sorta di liquidazione parziale ed anticipata della società, in quanto l'assegnazione del bene immobile non è altro che la naturale esplicazione del servizio per il quale la società è stata costituita e deve operare.
In tema di revocatoria, la circostanza che il contratto di assegnazione venga stipulato in esecuzione della prenotazione effettuata dal socio ha portato la Corte di Cassazione a ritenere applicabile l'orientamento che esclude da revocatoria ordinaria il contratto definitivo concluso in esecuzione di un contratto preliminare, salvo che sia provato il carattere fraudolento del negozio con cui il debitore abbia assunto l'obbligo poi adempiuto, in quanto la stipulazione del negozio definitivo costituisce l'esecuzione doverosa di un pactum de contrahendo cui il promissario non potrebbe unilateralmente sottrarsi.
Se, con riferimento al carattere fraudolento del comportamento delle parti, la Corte di Cassazione fa riferimento ai presupposti che l'art. 2901 c.c. prevede affinché un atto sia revocabile, e cioè che il debitore conosca il pregiudizio che l'atto arrechi alle ragioni del creditore o, trattandosi di atto anteriore al sorgere del credito, che l'atto sia dolosamente preordinato al fine di pregiudicarne il soddisfacimento, e che, inoltre, trattandosi di atto a titolo oneroso, il terzo sia consapevole del pregiudizio e, nel caso di atto anteriore al sorgere del credito, sia partecipe della dolosa preordinazione; con riguardo alla doverosa stipula del contratto definitivo la Corte di Cassazione richiama la norma di cui all'art. 2901, comma 3, c.c., che esenta da revocatoria ordinaria l'adempimento di un debito scaduto.
Come, peraltro, ha avuto modo di precisare la stessa Corte di Cassazione, l'esenzione trova la sua ragione nella natura di atto dovuto della prestazione del debitore, una volta che si siano verificati gli effetti della mora ex art. 1219 c.c.: quello del debitore in mora è un comportamento doveroso che, se non attuato, lo espone a responsabilità nei confronti del creditore ai sensi dell'art. 1218 c.c.
E' evidente, dunque, che non tutti i contratti definitivi siano suscettibili di essere qualificati come “atti dovuti” ai sensi dell'art. 2901, comma 3, c.c., solo perché stipulati in adempimento di un contratto preliminare, perché la norma in discorso esenta da revocatoria ordinaria non l'adempimento di debiti, bensì l'adempimento di “debiti scaduti”: solo, dunque, se e nella misura in cui la stipula del contratto definitivo avvenga allorquando il debitore sia in mora ex art. 1219 c.c. si potrà ritenere che il contratto definitivo costituisca “adempimento di debito scaduto” e, come tale, esente da revocatoria ordinaria ai sensi dell'art. 2901, comma 3, c.c..
Solo il debitore in mora non ha alternative all'adempimento; mentre, come si avrà modo di precisare nel prosieguo del discorso, il debitore che non ha ancora adempiuto, ma non è in mora, ha dalla sua i rimedi previsti dall'ordinamento a garanzia della sinallagmaticità delle prestazioni contrattuali.
Che il contratto definitivo non sempre costituisca atto dovuto, solo perché stipulato in adempimento di un pregresso contratto preliminare, emerge chiaramente dalla posizione della Suprema Corte assunta in tema di revocatoria fallimentare del contratto definitivo.
In tema di revocatoria fallimentare la Corte di Cassazione ha, infatti, affermato che la precedente stipula del contratto preliminare non rende necessariamente dovuta, alle condizioni in precedenza stabilite, la stipula del contratto definitivo, in quanto anche al contratto preliminare si applicano le disposizioni di cui all'art. 1460 c.c. sull'eccezione di inadempimento, e di cui all'art. 1461 c.c. sulla facoltà di sospendere l'esecuzione della prestazione dovuta quando sussista un evidente pericolo di non ricevere il corrispettivo in ragione delle condizioni patrimoniali dell'altro contraente.
L'applicabilità degli artt. 1460 e 1461 c.c., come delle altre disposizioni dettate a presidio del nesso di sinallagmaticità nella fase di esecuzione dei contratti a prestazioni corrispettive, comporta che la stipula di un contratto definitivo in adempimento di un contratto preliminare sia soggetta all'applicabilità dell'art. 67 l. fall., non trovandosi il promittente venditore in una situazione differenziata rispetto agli altri creditori, e difettando, di conseguenza, i presupposti per una implicita previsione di esenzione dalla revocatoria.
Ai fini della valutazione dei presupposti, oggettivo e soggettivo, dell'azione revocatoria ex art. 67 l. fall. non può, quindi, che farsi riferimento al contratto definitivo nonostante la doverosità - peraltro non assoluta - dell'adempimento: il promittente venditore, infatti, è libero di attivare i rimedi predisposti dall'ordinamento a tutela del vincolo della sinallagmaticità delle prestazioni, ivi compresa la facoltà di sospendere l'esecuzione della prestazione dovuta in conseguenza del mutamento delle condizioni patrimoniali dell'altro contraente, come previsto dall'art. 1461 c.c.
Ne consegue, nel ragionamento della Suprema Corte, che, una volta ricostruito il contratto di assegnazione di alloggio a socio di società cooperativa come adempimento di un obbligo scaturente dalla prenotazione effettuata da quest'ultimo, prenotazione a sua volta suscettibile di essere accostata ad un contratto preliminare, anche il contratto di assegnazione, insuscettibile di formare oggetto di revocatoria ordinaria se non alle condizioni sopra precisate, ben può costituire oggetto di revocatoria fallimentare.
Non si comprende, però, perché i rimedi previsti dall'ordinamento a garanzia della sinallagmaticità delle prestazioni, e segnatamente i rimedi di cui agli artt. 1460 e 1461 c.c., ritenuti decisivi in materia di revocatoria fallimentare, non vengano presi in considerazione dalla Corte di Cassazione per valutare la doverosità o meno della prestazione allorquando si discorra di revocatoria ordinaria.
La doverosità della prestazione, consistente nella stipula di un contratto definitivo in adempimento di un pregresso contratto preliminare, dovrebbe, infatti, essere sempre valutata anche alla luce della possibile attivazione da parte del promittente venditore dell'eccezione di inadempimento (art. 1460 c.c.) e della sospensione dell'esecuzione (art. 1461 c.c.); la prima consente a ciascuno dei contraenti di rifiutare di adempiere la sua obbligazione se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria; la seconda legittima ciascun contraente a sospendere l'esecuzione della prestazione da lui dovuta se le condizioni patrimoniali dell'altro sono divenute tali da porre in evidente pericolo il conseguimento della controprestazione.
Entrambe le norme prevedono e disciplinano, dunque, fattispecie suscettibili di verificarsi in situazioni che, ex post, legittimerebbero l'attivazione sia di una azione revocatoria fallimentare che di una azione revocatoria ordinaria.
Non è, pertanto, sul piano della fattispecie che va differenziata l'azione revocatoria ordinaria da quella fallimentare; quanto, piuttosto, sul piano probatorio: sarà cioè, molto probabilmente, più facile dimostrare, per escludere la doverosità dell'adempimento, la ricorrenza delle fattispecie di cui agli artt. 1460 e 1461 c.c. in caso di revocatoria fallimentare che non in caso di revocatoria ordinaria.
Ciò non legittima, però, l'ulteriore conclusione, la quale sembra invece implicita nelle affermazioni della Suprema Corte, che in caso di revocatoria ordinaria i rimedi di cui agli artt. 1460 e 1461 c.c. non siano in grado di rendere non dovuta la stipula del contratto definitivo.
Ulteriore aspetto da esaminare è se, allorquando il contratto definitivo costituisca atto dovuto nei termini sopra precisati, sia suscettibile di costituire oggetto di revocatoria il pregresso contratto preliminare.
La Corte di Cassazione ha più volte escluso che il contratto preliminare di vendita di un immobile, non producendo effetti traslativi e non essendo, perciò, configurabile quale atto di disposizione del patrimonio, sia assoggettabile all'azione revocatoria ordinaria.
Se si esaminano, però, le sentenze che esentano da revocatoria ordinaria i pagamenti di debiti scaduti e le ulteriori fattispecie che a questa norma vengono riportate, si ricava che la ratio dell'esclusione dell'adempimento del debito scaduto dalla categoria degli atti revocabili vada rinvenuta nella circostanza che la diminuzione della garanzia patrimoniale generale, che si realizza con l'adempimento, ha la propria causa giuridicamente determinante non nella prestazione - atto dovuto - ma nella fonte genetica dell'obbligazione che, concretizzandosi in un atto di disposizione del debitore del proprio patrimonio, è aggredibile dagli altri creditori con l'azione revocatoria ordinaria, se ne ricorrono i presupposti.
Del resto la stessa Corte di Cassazione, che esclude l'esperibilità dell'azione revocatoria ordinaria in caso di contratto preliminare, afferma che l'azione revocatoria fallimentare è suscettibile di essere esperita anche nei confronti di un contratto preliminare di vendita.
Le differenti conclusioni non vengono ritenute dalla Corte di Cassazione contradditorie avuto riguardo alla diversità delle due azioni di revocatoria, ordinaria e fallimentare: la revocatoria ordinaria persegue lo scopo di evitare che gli atti di disposizione posti in essere dal debitore riducano la garanzia generica patrimoniale, con pregiudizio per le ragioni del singolo o dei singoli creditori; la revocatoria fallimentare, inserita nel sistema concorsuale, è, invece, finalizzata alla tutela della par condicio creditorum.
Nella revocatoria ordinaria costituisce presupposto dell'azione il fatto che l'atto, astrattamente pregiudizievole del patrimonio del debitore, non sia comunque un atto dovuto, come testimonia l'art. 2901, comma 3, c.c. secondo cui non sono revocabili i pagamenti di debiti scaduti.
Al contrario, nella revocatoria fallimentare l'art. 67, comma 2, l. fall. prevede espressamente che sono revocabili anche i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili.
Tale differenza di disciplina, nel confermare che la revocatoria ordinaria tutela l'integrità del patrimonio del debitore mentre quella fallimentare la parità di trattamento di tutti i creditori, non rende, però, altrettanto doverose le ulteriori conclusioni alle quali perviene la Corte di Cassazione.
Quanto al primo aspetto, la diversità di ratio delle due azioni non vale di per sé a giustificare l'applicabilità o meno di rimedi astrattamente previsti per tutti i contratti a prestazioni corrispettive e per ipotesi suscettibili di verificarsi, sia in caso di revocatoria fallimentare che di revocatoria ordinaria.
Un contratto definitivo stipulato in adempimento di un pregresso contratto preliminare è suscettibile di essere qualificato “atto dovuto” sia in caso di esperimento avverso il medesimo di un'azione di revocatoria ordinaria, che in caso di esperimento contro lo stesso di un'azione revocatoria fallimentare.
Parimenti, come il possibile esperimento di un'azione revocatoria fallimentare contro il contratto definitivo non esclude la possibilità di proporre un'azione revocatoria fallimentare nei confronti del contratto preliminare, la qualificazione in termini di atto dovuto del contratto definitivo non solo non esclude la possibilità di proporre azione revocatoria nei confronti del solo contratto preliminare, ma addirittura la presuppone e la deve presupporre nella misura in cui l'esenzione da revocatoria ordinaria dei cc.dd. atti dovuti si giustifica con la circostanza che la diminuzione della garanzia patrimoniale, che si realizza con l'adempimento, ha la propria causa non nella prestazione - atto dovuto -, ma nella fonte dell'obbligazione, aggredibile dai creditori con l'azione revocatoria ordinaria.

Minimi riferimenti giurisprudenziali, bibliografici e normativi

Sulla natura del rapporto che il socio di cooperativa edilizia instaura con la cooperativa si veda, in dottrina, Re, Criteri di favore nell'assegnazione di alloggi in cooperativa, in Immobili e proprietà, 2005, 77 ss..
Per la ricostruzione della scansione temporale dell'assegnazione di immobili a soci di cooperativa si veda, in dottrina, Bassi, Cooperazione e mutualità, Napoli, 1976, 88 ss.; Id., Assegnazione di immobili ai soci di cooperativa e azione revocatoria, in Dir. fall., 1990, III, 894 ss.
In giurisprudenza, sull'ambito di applicazione dell'azione revocatoria ordinaria all'assegnazione di immobili a socio di cooperativa, v. Trib. Napoli, 20 luglio 1989, in Società, 1990, 30 ss., con nota di Dabormida, Assegnazione di immobile al socio di cooperativa; in dottrina v. Bassi, Assegnazione di immobili ai soci di cooperativa e azione revocatoria, cit., 894.
Sulla revocatoria ordinaria di contratto definitivo v. Cass. 18 agosto 2011, n. 17365, in Immobili e proprietà, 2011, 730; Pelle, Preliminare, definitivo ed azione revocatoria, nota a Cass. 21 ottobre 2011, n. 21927.
Sulla revocabilità del contratto definitivo posto in essere in adempimento di un preliminare e sentenza pronunziata ex art. 2932 c.c. v. Cass., 11 ottobre 2006, n. 21813, in Fall. 2007, 277 ss., con nota di Trentini, Sentenza ex art. 2932 e revocatoria fallimentare.
Circa l'ambito di applicabilità della norma di cui all'art. 2901, comma 3, c.c. v., in giurisprudenza, Cass. 5 agosto 1996, n. 7119.
Sul tema della revocatoria fallimentare di contratto definitivo v. Cass. 21 ottobre 2011, 21927, cit., in Fall., 2012, 956, con nota di Federico, L'elemento soggettivo dell'azione revocatoria tra preliminare e definitivo; Cass. 29 gennaio 2008, n. 2005, in Notariato, 2009, 382, con nota di Cavazzana - Cevasco, Preliminare, definitivo, ed azione revocatoria.
Sull'esenzione da revocatoria fallimentare degli atti a titolo oneroso che hanno come effetto il trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di godimento di immobili da costruire, nei quali l'acquirente si impegni a stabilire, entro dodici mesi dalla data di acquisto o di ultimazione degli stessi, la residenza propria o di suoi parenti o affini entro il terzo grado, se posti in essere al giusto prezzo da valutarsi alla data della stipula del preliminare, v. art. 10, D.Lg.vo 20 giugno 2005, n. 122; in termini generali v. ora art. 67, comma 2, lett. c, l. fall.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario