Amministrazione straordinaria: relazioni periodiche e poteri del Giudice Delegato

Danilo Galletti
04 Marzo 2013

Sussiste il potere-dovere, per il Giudice Delegato della procedura di amministrazione straordinaria, di segnalare ai Commissari Straordinari eventuali incompletezze informative e/o eventuali incongruenze, anche giuridiche, nelle relazioni periodiche, trimestrali e semestrali, da depositarsi presso la Cancelleria del Tribunale, nonché di richiedere chiarimenti ed integrazioni, a beneficio dell'Autorità Amministrativa di vigilanza, dei creditori e di qualsiasi terzo interessato, nell'ambito del controllo di legalità formale e sostanziale rimesso al Giudice, anche a tutela dei canoni costituzionali di trasparenza, economicità, imparzialità e buon andamento.
Massima

Sussiste il potere-dovere, per il Giudice Delegato della procedura di amministrazione straordinaria, di segnalare ai Commissari Straordinari eventuali incompletezze informative e/o eventuali incongruenze, anche giuridiche, nelle relazioni periodiche, trimestrali e semestrali, da depositarsi presso la Cancelleria del Tribunale, nonché di richiedere chiarimenti ed integrazioni, a beneficio dell'Autorità Amministrativa di vigilanza, dei creditori e di qualsiasi terzo interessato, nell'ambito del controllo di legalità formale e sostanziale rimesso al Giudice, anche a tutela dei canoni costituzionali di trasparenza, economicità, imparzialità e buon andamento.

Il caso

Sussiste il potere-dovere, per il Giudice Delegato della procedura di amministrazione straordinaria, di segnalare ai Commissari Straordinari eventuali incompletezze informative e/o eventuali incongruenze, anche giuridiche, nelle relazioni periodiche, trimestrali e semestrali, da depositarsi presso la Cancelleria del Tribunale, nonché di richiedere chiarimenti ed integrazioni, a beneficio dell'Autorità Amministrativa di vigilanza, dei creditori e di qualsiasi terzo interessato, nell'ambito del controllo di legalità formale e sostanziale rimesso al Giudice, anche a tutela dei canoni costituzionali di trasparenza, economicità, imparzialità e buon andamento. (massima)

I Commissari straordinari di una nota procedura di amministrazione straordinaria depositano presso la Cancelleria del Tribunale una relazione semestrale sull'attività svolta.
L'esecuzione del programma è ormai cessata, e così pure l'esercizio dell'attività di impresa, ai sensi dell'art. 73 d. lgs. n. 270/1999, sicché la procedura ha ormai assunto una natura esclusivamente liquidatoria.
I Giudici Delegati rilevano dalla lettura dell'atto alcune incongruenze logiche, inerenti all'organizzazione ed alle strategie dell'attività liquidativa in essere, e provvedono a segnalarle all'organo commissariale, affinché questo provveda agli opportuni chiarimenti ed integrazioni.
I Commissari tuttavia ritengono che tale potere difetti in capo al Tribunale, e che esso sia estraneo alla dialettica fra organi tipica della procedura di amministrazione straordinaria.
Il Tribunale reitera l'invito, replicando alle deduzioni dell'organo di gestione, e ritenendo che la propria funzione sia estesa anche al controllo di legittimità generale sull'attività della procedura, soprattutto nella fase liquidatoria della stessa, prodromica alle attività di riparto dell'attivo in favore dei creditori.

Le questioni giuridiche

Le relazioni trimestrali sull'attuazione del programma previste dall'art. 61 d. lgs. n. 270 debbono essere depositate presso la Cancelleria del Tribunale, ove ciascun interessato può prenderne visione ed estrarne copia.
L'art. 205 l. fall., in tema di l.c.a., richiamato dallo stesso testo normativo, prevede l'obbligo di inviare all'Autorità di Vigilanza relazioni semestrali sulla situazione patrimoniale dell'impresa e sull'andamento della gestione.
L'art. 14 d. lgs. n. 270 individua in posizione autonoma il Giudice Delegato come protagonista della procedura, nella fase di osservazione, e l'art. 19 richiama gli artt. 31 ss. l. fall.
L'art. 37, di contro, si limita a “far salve” le competenze del Giudice ordinario nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, dopo aver affidato la gestione e la sorveglianza della stessa ai Commissari straordinari ed all'Amministrazione.
Le competenze del Giudice Ordinario, nell'ambito della procedura, sembrano ristrette alla tutela dei diritti soggettivi, anche in modo da rispondere alle censure di rango costituzionale e comunitario che avevano caratterizzato la vecchia “Legge Prodi”. Esse interessano in particolare, oltre all'accertamento dello stato di insolvenza, l'accertamento del passivo, le decisioni sull'impugnazione di atti di liquidazione (art. 65), la proroga del termine del programma di cessione (art. 66), l'approvazione dei progetti di riparto (art. 67), la conversione della procedura in fallimento durante (art. 69) ed al termine dell'esecuzione del piano (art. 70), anche oggetto di proroga, la dichiarazione di cessazione dell'attività imprenditoriale (art. 73) o l'accertamento del recupero delle condizioni di equilibrio (art. 74), la chiusura e la riapertura della procedura e l'approvazione del rendiconto del commissario (artt. 75 ss.), l'omologazione dell'eventuale concordato (art. 78), l'estensione della procedura alle altre società del gruppo (art. 82).
Si pone dunque il problema di valutare se l'impianto sistematico della nuova disciplina consideri il Tribunale, ed in particolare il Giudice Delegato, come organo della procedura, al pari degli altri, alla luce della qualità e della importanza degli interventi che la Legge impone al Giudice.
L'interrogativo susseguente concerne l'ampiezza del ruolo del Giudice, se esso sia esteso anche alla verifica della legittimità dell'attività dell'organo commissariale, a tutela degli interessi dei soggetti coinvolti, ed in particolare dei creditori, e quale sia l'oggetto di tale potere di controllo, se esso possa esplicarsi soltanto nei momenti giurisdizionali in cui ciò è espressamente previsto, oppure in modo “continuo”, usufruendo di ogni occasione istituzionale di relazione fra Commissari e Tribunale, in particolare attraverso il deposito delle relazioni periodiche, trimestrali o semestrali, o comunque oggetto di comunicazione e di deposito presso la Cancelleria.
E ciò tanto nella fase di implementazione del programma prescelto ed autorizzato, quanto nella successiva fase “liquidatoria”, che fa seguito alla cessazione dell'attività dinamica d'impresa; quando cioè la vocazione risanatoria della procedura cede il passo all'attività di liquidazione dell'attivo, strumentale al realizzo ed al successivo riparto del ricavato fra i creditori concorsuali.
Il Tribunale di Roma non ha dubbi nel ritenere di essere attributario di un potere-dovere di controllo sulla legittimità formale e sostanziale dell'attività dei Commissari, e che le relazioni sono uno strumento ideale ove può esplicarsi tale funzione, che ha natura anche collaborativa con l'Autorità Amministrativa e con l'organo commissariale, non a caso chiamato a non “porsi fisiologicamente in antitesi con il Tribunale ed il Giudice Delegato”.
Ciò in forza di una ricostruzione sistematica dei poteri affidati al Giudice lungo tutto l'arco della procedura, nonché dei canoni costituzionali di trasparenza, imparzialità e buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.). A maggior ragione quando la procedura è ormai entrata nella fase “liquidatoria” (art. 73, ult. cpv.), e l'interesse dei creditori al riparto finale si riespande, e ridiventa apicale, focalizzando l'attività dei Commissari, dopo il periodo precedente di scelta e di implementazione delle linee della ristrutturazione, ove tale sfera di interessi non ha invece come è noto un ruolo centrale, ma deve soltanto essere ponderato insieme con gli altri interessi pubblici, e la tutela giurisdizionale è pertanto ed in gran arte affidata al Giudice Amministrativo.
Dunque sussisterebbe a pieno titolo la facoltà del Giudice, ad esercizio doveroso, di indicare ai Commissari le lacune, le incongruenze e le contraddizioni nelle relazioni depositate, nonché di sollecitare chiarimenti ed integrazioni, al fine di consentire a tutti, Autorità di Vigilanza e creditori compresi, di verificare se le linee di esercizio della discrezionalità gestoria dei Commissari siano allineate con la dimensione funzionale assunta dalla Procedura, e se del caso di indirizzare istanze e richieste a tutti gli organi, in tesi anche al Giudice Ordinario.

Osservazioni

Non sembrano poter sussistere molti dubbi circa il fatto che anche il Tribunale ed il Giudice Delegato debbano poter essere considerati come “Organi” della procedura, e questo non soltanto nell'ambito della fase di osservazione (art. 14), ma anche quando la vera e propria procedura viene aperta.
Troppi infatti sembrano gli appigli testuali, che assegnano al Giudice Ordinario compiti e funzioni, per poter far ritenere che tali interventi siano soltanto “episodici”, e non abbiano in realtà una funzione fondante nella matrice funzionale degli interessi tutelati dalla disciplina.
Tali interventi, non a caso, sono “polarizzati” verso la tutela degli interessi del ceto creditorio, la cui sfera non costituisce la “stella polare” della procedura, soprattutto allorquando essa è chiamata a scegliere in quale modo perseguire l'obiettivo, di rilievo generale, della ristrutturazione dell'impresa insolvente.
Il Legislatore ha inteso infatti evitare di consegnare tali sfere soggettive al mero sindacato amministrativo sulla motivazione degli atti dei Commissari e del Ministero, per assegnarne la tutela all'organo istituzionalmente imparziale e dedicato a dirimere i conflitti intersoggettivi, appunto il Giudice Ordinario.
Dunque, al di là della formulazione letterale dell'art. 37, e delle indicazioni (assai poco probanti) che derivano dai rinvii alla disciplina della liquidazione coatta amministrativa, deve essere enfatizzata la pari “dignità” del ruolo del Giudice insieme con quello degli organi amministrativi chiamati a gestire la procedura (cfr. Pacchi, Gli organi della procedura di amministrazione straordinaria, in L'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a cura di Costa, Torino, 2008, 273 ss.; Marraffa, Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi e tutela dei creditori, Torino, 2012, 80 ss.; e v. anche Caiafa, I poteri del Giudice Delegato nell'amministrazione straordinaria, in IlFallimentarista , 15 gennaio 2013, 4).
I poteri del Giudice dunque potranno essere “più limitati, ma non per questo meno incisivi”, come chiosano efficacemente i Giudici Delegati romani nel secondo provvedimento.
Stupisce pertanto la posizione assunta dall'organo commissariale (la cui ricostruzione tuttavia è possibile per noi soltanto attraverso la lettura dei due provvedimenti epigrafati), nella quale sembrerebbe adombrata una posizione teorica e sistematica volta alla più decisa degiurisdizionalizzazione della procedura di amministrazione straordinaria, che non sembrerebbe in linea con la storia e con la sistematica obiettiva dell'istituto.
Analogo equivoco preconcettuale sembra del resto governare la ricostruzione sistematica del ruolo del Giudice nel nuovo concordato preventivo, ove pure si rimarca di frequente la rilevanza di concetti assiologicamente spuri e generici, come la “privatizzazione”, o la “autonomia privata”, in uno sforzo di confinamento del ruolo del Giudice che non potrebbe che arrecare un rilevante danno all'interesse generale, eleggendo a soggetti titolari in via esclusiva del potere di determinare il successo o l'insuccesso di una procedura soggetti (là i creditori, qua l'Autorità amministrativa, per non dire politica) che al loro interno annoverano seriazioni di interessi complessi e fra di loro potenzialmente antitetici; soggetti che l'economia ha già ampiamente dimostrato essere inidonei a compiere quelle scelte, in carenza di adeguati strumenti istituzionali di controllo imparziale (sempre attuale Belcredi, Crisi d'impresa e ristrutturazione d'impresa, Milano, 1995).
Serpeggia il canone quantomai ambiguo ed ambivalente del “merito” il cui esame sarebbe precluso in radice al Giudice, e questo benché tale direttiva funzionale sia stata ormai sconfessata in modo palese tanto nel contesto delle azioni di responsabilità (ove la declamata business judgement rule non ostacola fortunatamente, nelle applicazioni giurisprudenziali, né la valutazione della legittimità dei comportamenti degli organi sociali, anche attraverso il loro confronto con gli standards razionali di condotta oggettivamente riscontrabili, né le censure per omissione nella valutazione della adeguatezza dei sistemi organizzativi), quanto nello stesso concordato preventivo (ove la recente Cass., Sez. Un., n. 1521/2013, pur non scevra da indicazioni contraddittorie e generiche, statuisce chiaramente nel senso per cui il controllo diretto della fattibilità è compito del Giudice, lasciando in sospeso, e delegando all'interprete, esclusivamente l'intensità di tale controllo).
In realtà, a chi scrive parrebbe davvero arduo sostenere che il Giudice Delegato non possa formulare rilievi e richieste di chiarimento al Commissario straordinario, allorquando questo deposita in Cancelleria una relazione periodica.
Ciò è vero senz'altro nella fase di implementazione del programma, dove l'art. 61 proprio per questo prescrive il deposito in Cancelleria ogni tre mesi, con facoltà di ciascun interessato di prenderne visione e di estrarre copia.
L'incombente non è stato lasciato di competenza esclusiva del Ministero, nella cui Segreteria pure tali atti dovrebbero essere rinvenibili, ed accessibili con le guarentigie di cui alla l. n. 241/1990, per facilitare la acquisizione delle informazioni da parte dei terzi (soprattutto dei creditori), eleggendo il Tribunale a soggetto di tutela esponenziale delle ragioni di costoro.
Soggetti tutelati che non a caso possono rivolgere al medesimo Tribunale, nella stessa fase, sollecitazioni all'esercizio dei poteri - ancora non a caso officiosi - di cui agli artt. 69-70 l. fall., ossia strumentali alla conversione della procedura in fallimento, se i fini della procedura “speciale” non possono essere perseguiti, e dunque è cessata la ragione dell'affievolimento di quegli interessi, piegati ad una logica superiore non più attuale (cfr. Staunovo Polacco, in La nuova disciplina della amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, a cura di Castagnola e Sacchi, Torino, 2000, 293).
Se ciò è vero, risulta impossibile non rilevare come, a maggior ragione dopo la cessazione dell'attività di impresa e la funzionalizzazione esclusivamente liquidatoria della procedura, tali poteri giurisdizionali debbano restare intonsi, ed anzi divenire oggetto di un'interpretazione semmai estensiva, stante la naturale riespansione delle posizioni soggettive dei creditori che a ciò deve conseguire.
E poco senso ha dunque enfatizzare il dettato letterale dell'art. 205 l. fall., di contro a quello dell'art. 61 d. lgs. n. 270, non più applicabile; posto che la prima norma, oggetto di un mero rinvio, e dunque da recepirsi nei limiti della compatibilità con un sistema di diritto speciale, va interpretata semmai alla luce dell'orizzonte sistematico della seconda, e secondo le linee funzionali anzidette. A rischio di compromettere ancora una volta la compatibilità della disciplina speciale col volto costituzionalmente moderno del nostro sistema concorsuale.

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